cultura barocca
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Di una corrispondenza epistolare tra Angelico Aprosio ed Ole Worm si è scritto pochissimo, lasciandola a tomi divenuti polverosi.
Ole Worm (Olaus Wormius) illustre scienziato danese fu verosimilmente contattato da Aprosio per le sue investigazioni e per il suo incredibile "Museo": il fascino esercitato da quest'ultimo era pervenuto ad Angelico grazie all'opera di amici danesi soggiornanti per studio in Italia. Da essi era stato invogliato ad avvicinarsi a questa gloriosa figura di ricercatore e collezionista.
I molteplici interessi del Worm dovettero affascinare il giovane ed ambizioso erudito intemelio: indubbiamente in Worm egli poteva trovare e scoprire argomenti al limite delle conoscenze, spesso destinati a sfociare in quell'aura di ricerche particolari cui non erano estranee voci di investigazioni esoteriche cui non fu estranea, anche in tempi abbastanza moderni, l'alimentazione di una leggenda che sosteneva l'equazione WORMIUS = MAGO.
Nel leggere le epistole aprosiane contenute nel tomo II di questa edizione postuma dell'epistolario di Ole Worm si possono registrare svariate osservazioni, tutte comunque caratterizzate da un sostanziale timore reverenziale dell'agostiniano intemelio verso l'affermato studioso di Danimarca.
Scorrendo la biografia di Ole Worm corrispondente all'elogio funebre fattone dall'amico Thomas Bartholin si apprende della rinomanza che, con altre celebri, ebbe la sua pubblicazione De Cornu Aureo con cui, trattando del Corno d'oro dei re danesi, studiò e descrisse, come gli era stato chiesto, il corno dorato scoperto nello Jutland nel 1639, in seguito rubato e distrutto, affrontando la dibattuta questione dell'unicorno: Aprosio a suo scrivere allo stesso Worm rimase colpito dall'erudizione palesata e riservò al personaggio, per quanto non personalmente conosciuto, ma verosimilmente ammirato per intercessione dei comuni sodali Thomas Bartholin e Heinrich Fuiren all'epoca soggiornanti in Italia, a Padova e comunque in ambito veneto.
In merito alle opere del Worm certamente Aprosio lesse oltre il De Cornu Aureo i Monumenti Danici -certo i Danicorum monumentorum libri sex... in cui compare una vasta raccolta di antichissime
RUNE
- e un'altro libro de Lingua Getica (verisimilmente la Danica literatura antiquissima) che andarono ad arricchire la sua biblioteca, come scrisse: al contrario non ebbe modo di avere al 12 maggio 1644 i Fasti Danici.
Di quest'ultima opera entrò in possesso (?) [o comunque la lesse] prima del Novembre 1645: la stessa sorte non gli sovvenne in merito ad un Hesiodum alludendo sicuramente alle Quaestionum Hesiodarum Heptades duae.
Contestualmente, e con verosimiglianza dal Bartholin, Aprosio andava ragguagliandosi sull'interesse di Ole Worm per l'Italia, un interesse che l'aveva portato a peregrinare attraverso la penisola sin a visitare Genova - Savona - Nizza - Marsiglia via via procedendo verso la "Gallia" e le "Spagne": un patrimonio di spostamenti, missioni ed investigazioni del quale Angelico colse prioritariamente l'intendimento antiquario oltre che la profondità medica e le cognizioni nell'ambito delle scienze naturali.
L'affascinante figura di Ole Worm per tante ragioni peraltro non poteva non coinvolgere il giovane intellettuale agostiniano (ad esempio rimprendeva con rigore scientifico gli studi del mitico Olao Magno): circondato da uno stuolo di ammiratori in ogni campo, Worm stava divenendo celeberrimo per la stesura dei MONUMENTI DANICI (ove venne inserita -ed ove verisimilmente Aprosio potè leggere- la già stampata opera di INTERPRETAZIONE DELL'ENIGMATICO "CORNO D'ORO" SCOPERTO IN DANIMARCA NEL 1639) in cui era andato ad esplorare l'arduo linguaggio delle rune (opera per cui si eran sprecati gli elogi poetici tra cui quello di Vito Bering, storico di corte, autore di pere minori, appena oggi ricordato dalla Bibliotheca Danica eppure a sua volta gratificato - forse proprio per questa frequentazione del Worm con l'intitolazione del Grillo XVIII della Grillaia del 1668).
Contestualmente proprio nel LIBRO I di quest'opera affrontò argomenti che andarono a costituire una sorta di bagaglio culturale, non comune agli Italiani e ambitissimo dal curioso Aprosio, come CAPITOLO I (ragione dei monumenti danesi), CAPITOLO II (Sui vari tipi di monumenti danesi), CAPITOLO III (Sui templi e gli altari degli antichi Danesi), CAPITOLO IV (Su dei ed idoli degli antichissimi Danesi), CAPITOLO V (Sui sacrifici dei Danesi), CAPITOLO VI (Sulle forme di sepoltura in uso fra gli antichi Dani), CAPITOLO VII (Sui riti di inumazione), CAPITOLO VIII (Sul vallo "Danico"), CAPITOLO IX (Sulle lapidi danesi iscritte in lingua runica, dagli stranieri definita gotica), CAPITOLO X (Sulle costumanze forensi e giuridiche nell'antica Danimarca: la maniera di risolvere le liti con il ricorso al "duello o monomachia"), CAPITOLO XI (Sul ricorso in Danimarca all'"Ordalia" o "Giudizio di Dio"), CAPITOLO XII (Sui luoghi preposti per l'elezione dei Re Danesi), CAPITOLO XIII (Su lapidi, epigrafi, epitaffi, iscrizioni degli antichi Danesi), CAPITOLO XIV (Su altri monumenti, non funerari, caratterizzati da iscrizioni ed epigrafi)