cultura barocca

KASPAR SCHOPPE -dal nome italianizzato in GASPARE SCIOPPIO (anche latinizzato in SCIOPPIUS), vedine qui un RITRATTO A 27 ANNI D'ETA' ESEGUITO DA PETER PAUL RUBENS =l'erudito tedesco che che parlò della morte sul rogo di GIORDANO BRUNO e che altro riportò sugli ultimi tragici momenti di vita del filosofo nolano portato al rogo con in bocca una MORDACCHIA DI FERRO QUI RIPRODOTTA PER IMPEDIRGLI DI RIVOLGERSI ALLA FOLLA CON PAROLE COMPRENSIBILI in qualche modo simili o prossime a quelle dal BRUNO rivolte ai suoi giudici: "Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla": tra i nove cardinali che giudicarono G. BRUNO un ruolo di rilievo ebbe il BELLARMINO, l'intransigente cardinale difensore della Controriforma nel suo scontro con un altro grande, vale a dire PAOLO SARPI = il rapporto del giovane Aprosio con l'ormai anziano Schoppe e lo stralcio di una lettera dello Schoppe all'Aprosio, custodita in Biblioteca Universitaria di Genova - Fondo Aprosio.

Un caso particolare, fra i contatti aprosiani con eruditi stranieri e soprattutto nord-europei, è quello delle relazioni instaurate dall'aprosiano intemelio con KASPAR SCHOPPE (1576-1649) ), il poligrafo e filologo tedesco che dall'originaria religione luterana si convertì al Cattolicesimo suscitando formidabili polemiche per i suoi attacchi a calvinisti e luterani: dal lato culturale fu autore di numerosissime OPERE anche edite sotto pseudonimo, dal nome italianizzato in GASPARE SCIOPPIO (anche latinizzato in SCIOPPIUS), qui in un RITRATTO eseguito da Pietro Paolo Rubens = nononostante la fama di grande erudito l'EVENTO ESISTENZIALE più significativo dello SCHOPPE fu di aver assistito alla morte sul rogo del filosofo GIORDANO BRUNO = Approfondisci - tra moltissime altre soluzioni possibili - la figura del BRUNO avvalendoti della fonte: "Il Sole 24Ore" 4 giugno 2000 e inoltre leggi qui, sulla base di varie fonti, le PAROLE che il filosofo nolano rivolse ai suoi giudici dopo la sua condanna.
Con cui KASPAR SCHOPPE Aprosio ebbe una certa relazione epistolare (5 lettere tra gli anni 1637-46) nel Ms.E.VI.4 della Biblioteca Universitaria di Genova: Aprosio col tempo raccolse dello Scioppio moltissime opere e molte di queste sono tuttora custodite nella "Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia".
Lo SCIOPPIO godeva all'epoca di grande prestigio come filologo e specificatamente si era posto contro la pedagogia gesuitica del latino, da lui (ed altri) giudicata forma di istruzione obsoleta, astratta ed egemonizzante rispetto alle reali esigenze dei tempi e della cultura in essere.
Il primo incontro tra Aprosio e lo Scioppio avvenne a Padova nel 1637; dal repertorio della Biblioteca Aprosiana... si evincono poi altri passi dedicati a citare, espressamente o meno, la relazione culturale fra l'agostiniano intemelio e l'erudito tedesco: come si può leggere a P. 153 (citazione bibliografica), PP.200-201 (riscontro epistolare dello Scioppio ad Aprosio per il ricevimento di un suo libro: registrazione della nota autografa dello Scioppio nella Philoteca (Filoteca) Aprosiana o registro [andato perduto] in cui l'agostiniano intemelio faceva apporre note e giudizi da parte di visitatori, corrispondenti, amici, personalità varie in merito al suo lavoro di bibliofilo: il giovane Aprosio lo definì buon vecchio ed infatti quando appose la sua firma e le relative complimentazioni era il 10 agosto 1646 sì che lo Scioppio era già d'età parecchio avanzata), PP. 252-254 (lunga sarcina di lettera dello Scioppio all'Aprosio del 1646), P. 302 (opera dello Scioppio donata ad Aprosio da Agostino Lampugnani), P. 414 (opera dello Scioppio, contributo in miscellanea filologica, donata ad Aprosio da Anfrano Mattia Fransoni), P. 489 (pubblicazioni gesuitiche contro la filologia dello Scioppio) e finalmente PP. 605-611 (questioni di didattica e filologia classica).
Angelico Aprosio (VEROSIMILMENTE INDOTTO DALLA SUA VOLONTA' DI APPRENDERE SPECIE IN MERITO A UN FATTO EPOCALE, COME LA MORTE SUL ROGO DI GIORDANO BRUNO CONOSCENDO L'UOMO ORMAI VECCHIO, CHE NE AVEVA SENTITE LE ULTIME PAROLE, APPUNTO LO SCHOPPE) non mancò di impegnarsi per conoscere, alla fine riuscendovi, il poligrafo tedesco in area veneta, e non nel genovesato, dove pure lo Scioppio ebbe occasione di soggiornare brevemente: la corrispondenza intercorsa fra i due eruditi come sopra si può leggere fu verosimilmente superiore alle cinque lettere (epistole SCRITTE IN LATINO, TUTTE CON GRAFIA MINUTISSIMA COME QUI SI VEDE) che di KASPAR SCHOPPE(VEDINE UN GIOVANILE RITRATTO) si possono consultare nell'Epistolario dei Corrispondenti di A. Aprosio custodito presso la Biblioteca Universitaria di Genova.
Una missiva in particolare tuttavia, senza sminuire la valenza documentaria delle restanti, merita in particolare di essere analizzata: si tratta di una missiva datata Padova li 17 Luglio 1637 la quale, oltre a rappresentare il sigillo di un incontro fruttuoso per il giovane erudito intemelio, testimonia, nella sua sostanziale brevità, alcuni temi che resteranno impressi nelle memoria e nella metodologia aprosiana quali sono
polemismo, documentazione bibliografica, erudizione, pseudonimia ed interscambio culturale.
Per siffatta ragione si è ritenuto di trascrivere qui criticamente questa interessante
LETTERA DEL 1637
di KASPAR SCHOPPE prima di concederci il preannunciato momento di riflessione sul suo breve soggiorno nel genovesato.
Agostino Schiaffino [ Memorie di Genova (1624-1647) stralcio da "quaderni.net" ], testimone oculare di tanti eventi dell'epoca aprosiana, in merito scrisse: " [16]40 - Nelli due ultimi mesi dell’anno passato [1639] e nel genaro di questo [1640] fu in Genova Gaspare Scioppio, Consigliere Imperiale, grande letterato di natione todesco. Costui passava a Prencipi a cercare aiuto per un certo che si diceva fratello del Gran Turco maggiore ch’era christiano, chiamandosi il Soldano Jachet. Pretendeva esso Soldano che a lui pervenisse l’Impero turchesco e cercava di provare se potesse levar il fratello di Stato. Dimorava in questo tempo in Turino, scrisse alla Republica con cercarle aiuto, promettendole, se mai avvenisse che si ripponesse in Stato, tutti i Dominii che per avanti possedeva nel Levante. Ottenne lo Sciopio per costui un decreto di gran promessa dalla Republica, sempre che egli ponesse insieme armata per l’impresa che praticava. Nel mese di genaro scrisse in Genova, esso Sciopio, una epistola latina al Signor Federico de Federici, dell’ordine dei Senatori, nella quale loda in estremo Genova città et ad essa rispose il Federici con un assai lungo discorso in cui mostra l’imprese e le glorie della Genovese Republica in volgar favella, che colla epistola si legge in stampa [Lettera dell’Illustriss. Signor Federico Federici nella quale si narrano alcune memorie della Republica Genovese, Genova, Pavoni, 1634] et il Soldano Jachet, ritornando di Turino, passando a Malta, passa per Genova".
Per comprendere però l'evento più significativo della vita culturale dello SCHOPPE bisogna ricorrere ad un fatto non di semplice cultura ma ad uno di quei drammi epocali in cui la cultura, soggetta all' Inquisizione ed alla sanzione dell' Indice dei libri proibiti, poteva portare alla condanna per eresia con la conseguente morte sul rogo = in base a quanto riferito dallo SCHOPPE che peraltro secondo molte referenze scientifiche (anche se alcuni dubitano della precisione dello Schoppe quale cronachista corretto) riportò pronunciata la condanna a morte che apprese da parte dei nove cardinali inquisitori (Madruzzo, Santorio, Dezza, Pinelli, Berberi; Sfondrati, Sasso, Borghese, Arrigoni e Bellarmino, l'intransigente cardinale difensore della Controriforma nel suo scontro con un altro grande, vale a dire PAOLO SARPI (IN QUESTO COLLEGAMENTO ANALIZZA DUE OPERE DEL BELLARMINO QUI DIGITALIZZATE). Dopo che gli venne letta la sentenza di condanna come eretico impenitente, pertinace e ostinato; con la condanna alla degradazione, l'espulsione dal Foro ecclesiastico e la consegna al braccio secolare per la pratica dell'esecuzione. GIORDANO BRUNO ascoltò la sentenza in ginocchio, ma, alla fine della lettura, evatosi in piedi e, rivolto ai giudici con viso minaccioso, avrebbe esclamato la celebre frase: Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla.
Il nobile erudito tedesco aveva ancora negli occhi lo strazio della morte sul rogo del filosofo Giordano Bruno il 17 febbraio del 1600 allorché scrisse, al suo corrispondente Corrado Ritterchausen, in merito all'esecuzione pubblica del Bruno: "...reso oggetto di morbosa osservazione e scrutando egli stesso gli altri, in Campo dei Fiori, davanti al teatro di Pompeo, pubblicamente [Giordano Bruno, impossibilitato a parlare dall'applicazione di una mordacchia di ferro che ne rendeva spaventoso l'aspetto] è bruciato".
L'osservazione, apparentemente pietosa e forse davvero tale nell'animo del filologo tedesco, non comportava però alcuna giustificazione delle idee bruniane contro cui lo Schoppe aveva apertamente prso posizione.
Nella citata lettera l'erudito osservatore della drammatica esecuzione, facendo cenno alle eresie anche a suo parere insite nelle opere del Bruno (dal De l'infinito universo et mondi al De immenso et innumerabilibus ed ancora al De umbris idearum), di seguito scrisse: "Insegnano cose orrende e del tutto assurde, come ad esempio che ci sono infiniti mondi, che l'anima passa di corpo in corpo, anzi che addirittura può trasmigrare in uno degli altri mondi, che una sola anima può informare due corpi, che la magia è cosa buona e lecita, che lo Spirito Santo non è altro che l'anima del mondo, e che questo principio ha voluto affermare Mosè, quando scrive che quello Spirito cavò le acque, che il mondo esiste dall'eterno...".
La lettera integrale è stata edita da A. Montano, Gaspare Schopp a Corrado Ritterchausen: l'unica testimonianza sulla morte di Giordano Bruno, in "Quaderni dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale", V (1998), pp. 29 - 56.
Indubbiamente sulla sorte di Giordano Bruno a prescindere dalla già pesante accusa di pratiche di magia (con l'aggravante che il filosofo nolano aveva in qualche maniera "riegizianizzato" l'ermetismo rinascimentale) aveva svolto un ruolo per lui estremamente negativo, nelle sue opere, la sanzione del il comma relativo all'eternità del mondo del tutto in contrasto con la tematica del creazionismo costantemente ribadita dalla Chiesa.