La Biblioteca Aprosiana era parte di un tutto cioè il "Museo Aprosiano", costituito da un insieme di libri, quadri, e di reperti archeologici romani, monete antiche greche e romane. con libri e manoscritti asportati e soprattutto l'intiero intiero patrimonio di reperti purtroppo andato disperso per vicende guerresche, scelte politiche e furti. CLICCA SULLE FRECCE PER RITORNARE ALL'INDICE DEL VOLUME
L'erudito intemelio era principalmente un bibliofilo come qui si vede dai tanti volumi consultati o assimilati nella sua "Libraria" ma fu anche, cosa pressoché ignota, un importante collezionista di antichità specialmente di Roma imperiale
iniziando siffatta meno nota passione,(come scrisse G. Rossi a T. Mommsen) quale esploratore dei reperti romani di Albintimilium che raccolse sin da giovane
rammentandogli quanto il futuro bibliotecario pubblicò nel suo repertorio biblioteconomico del 1673 in cui si legge nella qui digitalizzata pagina 74 con collegamenti attivi delle voci sottolineate in rosso =
" ... l'antica
Ventimiglia, di cui parla Strabone 'urbs ingens ut Albion
Intemelium', non può essere l' attuale ; imperocché non si
veggono in essa quelle vestigie che per tale la potrebbero dichiarare. Ma piuttosto un'altra da essa discosta un
picciol miglio di cammino, attaccata al fiume Nervia, ove
si vedono reliquie di fabbriche antichissime . E mi ricordo
che essendo giovinetto, le acque di detto fiume cresciute fuor dell'usato, passando vicino ad una possessione della
mensa episcopale, con portarne via gran parte, scoprirono
alcune stanze, nelle quali furono ritrovate monete, lucerne
con altre anticaglie; ne importa che ivi non passi il fiume
Rota o Rodoria, perchè da Strabone di fiumi alcuno non
si favella.... '"
[Aprosio raccolse parte di quei reperti ma nell'agro intemelio fece altre rilevazioni, scoperte e osservazioni specie dopo il suo ritorno nella città natia caratterizzato attraverso tante traversie dall'erezione della Biblioteca-Museo (come nel caso come nel caso della scoperta di reperti archeologici a Latte celebre come "villeggiatura di Ventimiglia") per varie ragioni non editandole ma sperdendole nella massa delle sue opere e soprattutto del suo epistolario e trattandone nel ricostruibile manoscritto intitolato Antichità di Ventimiglia.
e che accorpò poi a quanto in vari modi recuperò in altre contrade italiane sì che la sua collezione nel '600 e nei primi del '700 continuò ad avere buona rinomanza anche sotto la gestione dei due bibliotecari successigli, il Gandolfo e il De Lorenzi.
Poi in tempi difficili per Ventimiglia siffatta raccolta è andata totalmente dispersa per le vicissitudini della Biblioteca/Museo e nonostante le cautele per difesa della propria "creatura culturale" a tempo debito prese da Aprosio tramite un Breve Papale di Innocenzo X del 1653 =
la perdita di questo patrimonio museale fu certamente un evento infausto oltre che gravissimo per la cultura in Ventimiglia che colpì, con altri e per diversi motivi con le raccolte di altri seicenteschi collezionisti, pure l'amico e corrispondente G. B. Casali
il quale istituì un ben più grande museo di antichità romane che utizzò per scrivere libri all'epoca ammirati sulla grandezza di Roma imperiale.
Si possono tuttavia conoscere alcuni reperti (descritti per via documentaria cartacea) della raccolta e degli interessi antiquari dell' Aprosio collezionista = 1 - una moneta effigiante Didone registrata da Thomas Bartholin nel suo volume qui digitalizzato sugli "Unicorni" che la definì conservata nella raccolta numismatica di Aprosio e poi nel contesto della letteratura complessissima sulle lucerne degli antichi studiando la corrispondenza tra "il Ventimiglia" e Fortunio Liceti si apprende del giudizio richiesto da Aprosio sulla lucerna di
Vulcano da lui studiata a Bologna con dopo la chiusa dell'epistola del Ventimiglia che chiede la decifrazioni delle immagini impresse sulla lucerna l'eruditissima risposta del celebre Liceti: risposta al pari della missiva aprosiana edita poi nella sua opera De Lucernis...". Colpito da questo reperto aprosiano il Liceti ne trasmise l'aspetto da un disegno inoltratogli dal "Ventimiglia" (non può dirsi quanto eventualmente modificato per la pubblicazione) attraverso alcune stampe entro la sua menzionata opera: esse si possono vedere qui nella stampa numero 1 e quindi nella numero 2).
Pur se occorre una precisazione: la tortuosa scrittura aprosiana lascia aperto un interrogativo: se cioè l'agostiniano gestisse tale reperto come proprio, al modo che sembra intendersi leggendo la sua lettera, o ne richiedesse un parere a pro di Ovidio Montalbani che oltre a dedicarsi, tra i suoi infiniti interessi di poligrafo, all'archeologia possedeva una importante libreria ed un museo a Bologna, andati dispersi per contenziosi tra gli eredi = libreria-museo che il ventimigliese intimissimo del Montalbani, da cui era spesso omaggiato di libri e reperti antichi frutto delle sue ricerche, frequentava costantemente durante il suo soggiorno felsineo, al punto di riprodurre nel proprio repertorio biblioteconomico significative documentazioni grafiche delle scoperte archeologiche dell'amico, tramite il quale sperava di entrare in contatto con un celeberrimo studioso di reperti archeologici anche egizi cioè il gesuita Athanasius Kircher
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Riprendendo il discorso sulla Biblioteca/Museo Aprosiana o se vogliamo "Camera delle Meraviglie" o "Wunderkammer" si possono conoscere qui i tempi distinti della parziale spoliazione di materiale cartaceo (con pur minima sopravvivenza della Pinacoteca o "Galleria di Ritratti") e della totale spoliazione dei reperti antiquari romani e non = XVIII secolo: Guerra di Successione al Trono Imperiale d'Austria: occupazione austro-sabauda del Convento di S. Agostino e della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia (notte tra il 13 e il 14 gennaio 1748 = la Battaglia di S. Agostino tra Convento e Biblioteca: i saccheggi di libri, quadri non furono dovuti ad avidità ma all'utilizzazione di ogni cosa contro il nemico con i soldati austriaci rinchiuse nel convento trasformato i una sorta di fortilizio che diedero fuoco a siffatti pregiati oggetti per scagliarli sui miliziani francesi che dalle mura conventuali e poi dall'accesso al "Museo" vanamente cercavano di sopraffare i nemici.
I militi austriaci che non attribuivano peculiare valore a libri e quadri non sapendo come trarne profitto, furono invece attratti dalle raccolte antiquarie e numismatiche, tra cui non pochi erano i reperti in metallo, giudicati quindi preziosi e commerciabili.
A tale devastazione seguì altra spoliazione sotto Napoleone I per centralizzare la cultura a Genova tramite l'operazione Prospero Semino/-i a scapito di materiale librario della Biblioteca Aprosiana(non sussistono dati su asportazioni di reperti archeologici ma viste le caratteristiche di questa operazione Semino/Semini formalmente eseguita per i deliberati della rivoluzionaria Repubblica Ligure di fine '700 - primi '800, in effetti succube delle volontà napoleoniche non si può escludere per il progetto rivoluzionario di laicizzazione dell' istruzione a scapito delle scuole gestite da religiosi, con, onde sovvenzionare le nuove scuole pubbliche, oltre all'incameramento dei beni di già soppressi conventi, si sia proceduto alla requisizione di oro, argento e preziosi di chiese e conventi alla quale fu soggetto pure il convento di Ventimiglia con l'annessa biblioteca/museo con assimilazione di oggettistica in oro ed argento sia della chiesa conventuale che della biblioteca museo: i dati superstiti però si limitano a menzionare genericamente gli oggetti citando solo un preziososo candelabro in argento) = purtroppo a questo infausto depauperamento del complesso ecclesiastico e culturale intemelio seguirono contestualmente anni di ulteriori depauperazioni tramite vendite "lecite" ma pure furti ad opera di vari operatori al servizio di facoltosi collezionisti antiquari.