L'incarico ottenuto di Vicario dell'Inquisizione per la Diocesi di Ventimiglia avrebbe dovuto e potuto por fine a molte dicerie in suo merito senza escludere assieme alle curiosità per il libertinismo e per la letteratura oscena quelle per la lettura di libri proibitissimi tenendo per di più nel debito conto che egli andava espletando i suoi doveri di Vicario Inquisitoriale "[p.228,linea 1: si seguirà sempre in questo modo la numerazione del manoscritto genovese]
nella Diocesi di Ventimiglia che era di fatto particolare rispetto alle altre Diocesi Liguri = era cioé una Diocesi di Frontiera o come scriverà Padre Valsecchi una Diocesi Usbergo al pari di Diocesi consimili e in particolare quasi ala stregua di quelle tedesche sospese tra viciniori aree riformate e cattoliche più esposte alla penetrazione di libri ereticali e bisognose di un controllo costante e assiduo sia degli Inquisitori che delle autorità laiche
Tutte queste riflessioni, sono basilari per conoscere il "funzionamento" dell'
"Inquisizione" e quindi più specificatamente della Congregazione dell'Indice dei Libri Probiti (qui proposti nella loro evoluzione fino alla soppressione ad opera di papa Paolo VI)
Intelligentemente però Aprosio nel suo Scudo di Rinaldo II a lungo rimasto inedito edito, indica molti
libri anche profani leciti per la lettura anche se aggiunge
Io però, invece di questi ed altri simili, essorterei gli Ecclesiastici a ricrearsi leggendo le opere ascetiche del P. Pavolo di Barri, Del P. Adriano Adriani del P. Alardo le Roy... [continuando in un impressionante elenco di volumi specifici per i religiosi].
Egli infatti scrive entro la citata opera contestando i giuochi, d'azzardo in particolare, esalta il "dilettare dell'arte" e in particolare la lettura di buoni libri
6 Lo Scudo di Rinaldo parte II (ora in gran parte editato) si custodisce manoscritto nel "fondo Aprosiano" della Biblioteca Universitaria di Genova (sigla B.U.G.): vi pervenne dopo la mancata realizzazione dell’iniziativa napoleonica, citata nel testo, di un’unica grande Biblioteca Centrale Ligure: ho editato gran parte dell’opera nel "Quaderno dell’Aprosiana", N.S., I, 1992, numero monografico dal titolo Angelico Aprosio il "Ventimiglia": le “carte parlanti d’erudite librarie”, cui si può qui, anche, far riferimento per un’aggiornata bio-bibliografia aprosiana. Il capitolo che interessa questo studio è quindi sviluppato alle pp.57-60 per la I sua parte. Risulta dedicato ad Antonio od Antonino Galeani (? - 28 aprile 1649 = le parole evidenziate da sottolineatura in rosso nel qui digitalizzato testo della "Biblioteca Aprosiana" son attive e multimediali come pure nelle stampe), canonico e decano della cattedrale di Piacenza, dottore in teologia, autore di poesie in sparse opere ed in particolare di un sonetto preposto alle poesie per la nascita di Alessandro Farnese nel 1610 (L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza, 1899, p. 192: vedi anche la breve silloge in La Letteratura Italiana - Storia e Testi, Ricciardi ed., Milano-Napoli, 1954, vol. 37 Marino e i Marinisti a cura di G.G.Ferrero, p. 812 sgg.). Il Galeani era noto nel ‘600 per aver scritto La Supplica per la Pace al Serenissimo di Piacenza, Parma etc. raccomandata al Sig. Giacomo Gaufrido Segretario di Stato, Piacenza, per Ardizzoni, 1637. Fu amico tra l’altro di Bernardo Morando, del Jacopo Gaufrido potente segretario di Stato dei Farnese destinato però, dopo tanta gloria, ad una tragica fine per decapitazione sul patibolo
e dell’Aprosio, anche se in B.U.G., Mss.E.VI.9 rimane di lui solo una lettera al "Ventimiglia" dalla data non ben leggibile, da ricondursi comunque agli anni ’40 del secolo. Fu caro all’Aprosio per avere scritto un carme latino esastico sul quadro che il Ridolfi fece del "Ventimiglia" nel 1647 ma non realizzò altro di straordinario per la biblioteca intemelia: stupisce ancor più che l’agostiniano abbia lasciata immutata la dedica a distanza di tanti anni ma forse, viste le tematiche misogine del Galeoni ed il suo probabile appoggio nella polemica antifemminista contro la Tarabotti, tale conservazione può essere un attestato di riconoscenza.
7 Giovanni Domenico Ottonelli (Fanano - Modena 1584 - Firenze 1670) viene qui citato per gli scritti moralistico-religiosi delle sue opere: quando redasse questo capitolo (1656 - 1657) Aprosio però non possedeva ancora dell' Ottonelli il fortunato e controriformistico libello Della pericolosa conversatione con le donne, Firenze, per Franceschini e Logi, 1646 (a p.337, linea 16 del manoscritto genovese dello Scudo di Rinaldo II si legge infatti: "Gio Domenico Ottonelli nel Floriferum de multiplici conversationum genere, ver foeminea, p. 119 e di lui m'imagino sia un libro citato ivi a p. 121 sotto titolo Della pericolosa conversatione con le Donne, impresso in Firenze nel 1646 come che egli non habbia altro fine (essendo Religioso di santissimi costumi) che di estirpare i vitij dal mondo"). Oltre che i libri devozionali menzionati nel testo come a p. 239 Il Peccatore angustiato dalla vicina morte per l'abuso della Fede) l'Aprosio, per altre citazioni, nel suo lavoro non si vale dall'opera principale dell' Ottonelli (Della christiana moderatione del theatro, I, Firenze, per Franceschini e Logi, 1648, II, Firenze, per Bonardi, 1649, III, Firenze, per Franceschini e Logi, 1649, IV, Firenze,per Bonardi, 1652) ma del più pratico, economico e diffuso Compendio dell 'opera della christiana moderatione del teatro. Nella biblioteca intemelia si conservano tuttora i lavori dell'Ottonelli più specificatamente connessi alla storia dell'arte: il Memoriale agli spettatori delle teatrali oscenità (in Firenze, per Sermartelli, Firenze, 1640) ed il Trattato della Pittura, e Scultura, uso et abuso loro (Firenze, per il Bonardi, 1652 = opera in sintonia con il disprezzo del vescovo Lorenzo Azzolini per le pitture sacre "disdicevoli o contenenti nudi impropri"). In B. U. G., Mss.E.VI.9 si conservano 37 lettere di varia erudizione e di contenuto moralistico inviate all'Aprosio da questo uomo di indubbia cultura negli anni 1659 - 1666, donde si evince che il "Ventimiglia" entrò in possesso delle opere che gli mancavano in questo periodo, fruendo dei meriti acquisiti presso l'Ottonelli dalla circolazione di questo suo inedito Scudo di Rinaldo II: particolare attenzione meritano gli accenni ad una operetta moralistica dell' Ottonelli (tuttora presente in C.B.A. e stampata in Roma nel 1661), L'interrogatorio con le risposte circa le comedie de' moderni comici mercenarii, strutturata, secondo parametri di aperta misoginia, in forma di contraddittorio. Per esempio al "Quesito n. 5" emblematicamente si legge " (Interrogatorio). La Donna porge maggior occasione di peccare all'huomo stando alla finestra o recitando in Teatro? / R(isposta). Recitando in Theatro massimamente se è Comica perita nell'Arte, che con parole e gesti sa ferire & involar i cuori" [Aprosio non cita in questo elenco il romanziere Bernardo Morando da lui ampiamente trattato nel repertorio della Biblioteca Aprosiana pag. 547 in fine e seguenti ed in particolare la sua Rosalinda un celebre romanzo barocco (vedi) di cui il frate è addirittura coprotagonista in merito alla conversione di un calvinista da "Il Ventimiglia" orchestrata nella Cattedrale di Ventimiglia = nonostante questo, e la realtà di una profonda amicizia, di tale autore (Fautore dell'Aprosiana (vedi sotto lettera O) e pure Corrispondente di Aprosio) "il Ventimiglia" non cita la Rosalinda romanzo controriformistico, cattolicissimo e che esalta la grandezza della Repubblica di Genova in quanto edito tardi, in rapporto alla stesura di questa sarcina dello Scudo di Rinaldo II = Aprosio, in altro punto del manoscritto cui verosimilmente mise mano in tempi anche piuttosto distinti e fra loro lontani, suggerendo agli autori di pubblicare sempre le proprie opere non lasciandole cadere nell'oblio perché se come giustamente scrisse il Battista mai bisogna dimenticare che una punta di penna il tempo uccide bisogna riconoscere che le opere del Morando, restio a pubblicare anche per i tanti impegni, sarebbero in gran parte rimaste manoscritte e poi andate disperse come quelle di Ludovico Antinori, se a differenza di questi il Morando o Morandi non avesse avuto figli e nipoti che desiderosi di tramandarne la fama non si fossero, loro, impegnati a farle stampare. Si può aggiungere che l'Aprosio non citò nemmeno Lorenzo Lippi in questa sarcina pur avendone parlato (pag. 527 e seguenti) nella Biblioteca Aprosiana del 1673 editando una ampia sequenza del suo capolavoro letteraro, avuta verosimilmente dal Cinelli Calvoli, cioè del celebre poema eroicomico Il Malmantile Racquistato edito postumo nel 1676 sotto pseudonimo di Perlone Zipoli]
.
8 Da qui al successivo paragrafo il "Ventimiglia" sviluppa sequenze erudite sui danni cagionati dal giuoco a molti patrimoni: a p.230-da linea 7 a linea 15- Aprosio registra anche un'ottava di "un faceto Poeta" di cui non fornisce le referenze bibliografiche (l'ottava, contro la solita buona grafia dei manoscritti aprosiani, come questo già predisposti alla stampa, risulta però, stranamente, scritta in maniera faticosa, con diverse correzioni a penna su lettere e parole vergate in modo abbastanza scorretto: "Gioco siam noi di questa avara etade/ Quanti provar vid 'io da gli Avversari/ Intra COPPE di mensa arme di SPADE/ Et a quanti i BASTON tolser i DENARI./ E se ciò non vi basta udite questo/ Quanti pochi in buon PUNTO han fatto PASSO/ Quanti in tal PUNJO hanno perduto il RESTO/ E quanti RE vidi restarne in ASSO!".
9 Si riferisce al De Lucernis antiquorum reconditis in quattro libri (Venezia, per il Deuchino, 1621): " Al Signor Fortunio Liceto Filosofo Medico e theorico Supremo nell'Atheneo di Padova " cui Aprosio ha già dedicato il capitolo VlII della Grillaia edita nel 1668 intitolato Delle Scuse degli Plagiarij - quando sono colti, come si suol dire, col furto nelle mani.
3 - Trattasi di un repertorio di autori ecclesiastici, per la cui completa interpretazione occorrerebbe un intervento settoriale: grossomodo il frate intemelio riprende tale elenco nella Bibliot. Apros., pp.58-59: un cenno a parte vale per Andrea Alciato, Emblematum liber, Venezia, per il Manuzio, 1546.
4 - L'elenco è una prova degli interessi araldici ed eruditi di Aprosio sul tema degli "Emblemi": Paolo Arese, al secolo Cesare (Cremona 1574 - Tortona 1644) scrisse 7 volumi delle Imprese Sacre, edizione completa in Venezia per il Giunti e Baba, poi in Tortona per il Viola e Calenzani, poi in Genova, 1630 - '49, per il Calenzani (Aprosio cita da questa che possiede nella Biblioteca); Giovanni Ferro, Teatro di Imprese (Venezia, per il Sarzina, 1623) e Ombre apparenti nel Teatro d'Imprese di G.F. illustrate dal medesimo autore, Venezia, senza indicazione tipografo-editore, 1629; Alcibiade Lucarini, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato, 2 vol., Siena, per il Gori, 1628 - '29; Scipione Bargagli, Dell'Imprese I parte, Siena, per il Bonetti, 1578, II - III parte, Venezia, per Francesco de' Franceschi, 1594 (con diverse RISTAMPE
6 - Giovan Battista Lalli (Norcia 1572-ivi 1637), autore di poemi eroicomici, qui citato per L 'Eneide Travestita (imprimatur in Editio Princeps, Roma, 1633 -rarissima- e in 2 edizioni per gli eredi del Facciotti, 1634: seguono edizioni a Venezia e Macerata negli anni 1635, 1651, 1675. Appena un anno dopo la morte di Aprosio, a testimonianza di un duraturo successo di pubblico, viene editata a Venezia, per Stefano Curti, un'ulteriore edizione (in 8°) di buona qualità: si veda G.Mombelli, Gli annali delle edizioni virgiliane, Firenze, 1954, p.327 nn. 1548-1551). Il frate ventimigliese risulta attratto dall'agile e spesso lubrica versificazione del Lalli; per intendere il gioco celle allusioni concettose basta iperaltro sbirciarne l’ “attaccatura” del "Proemio": "Io canto l'arme, e'l bravo capitano / d'una Troia figliuol, che al Tebro venne. / E per terra, e per mar, con tempo strano, / Fortune del gran Diavolo sostenne ". Aprosio non ha certo torto a ritenere quest'opera, senza dubbio accattivante, un buon deterrente contro ozio, noia e tentazioni del gioco d'azzardo ma, d'altro canto, da uomo di mondo sa altrettanto bene che è arduo parlare a chi non vuole intendere: questo crescente stato d'animo, permeato di malinconico pessimismo sulle reali possibilità di riscatto dall'umana debolezza, finisce col permeare il suo discorso, specie verso la fine del capitolo, quando esplicitamente, pur richiamandoli severamente ai doveri spirituali e a nobili letture, deve pur riconoscere che pure non pochi ecclesiastici si dedicano al pericoloso trastullo delle scommesse, coi giochi delle carte e dei dadi. Poco più oltre nel testo dello Scudo di Rinaldo II, dello stesso autore, Aprosio cita due altre opere di cui apprezza la naturale vivezza: si tratta della Moscheide overo Domiziano moschicida (Venezia, per il Sarzina, 1624) e della Franceide (Ibid. 1629): edite criticamente da G.Rua, Torino, 1927. Nella Moscheide, traendo spunto da una notizia di Svetonio, il Lalli racconta come le mosche si fossero vendicate di Domiziano, che si divertiva ad acchiapparle per poi trafiggerle con un acutissimo stilo, mentre nella Franceide facendo interagire, secondo modulazioni care al "Ventimiglia", la divulgazione scientifica, il vezzo d'arte e gli argomenti piccanti, sono descritte genesi, guasti e vicende relative alla diffusione della sifilide o mal francese. Oltre che che ad Anton Francesco Doni (edizione veneziana della Libraria del 1580, par. l, carta 41, a tergo, dove leggesi "sfumare il grillo" per "sfogar la mente o la penna") Aprosio, come lascia intendere a p.7 della Grillaia si ispirò, per il titolo e la caratteristica nominazione dei capitoli, proprio al Lalli che nel proemio della Moscheide invoca curiosamente i "grilli" come sue Muse (si veda: A.Orvieto, I poemetti del Lalli, in Il Marzocco, 1928, n. 2).
7 - Piero de' Bardi (nato prima del 1570 e morto dopo il 1600) = vedi aprosiana Visiera Alzata a pagina 41
Bartolomeo Bocchini (Bologna 1604 - m. 1648 / 1653) figlio di Giovan Battista si dedicò soprattutto al teatro ed alla pittura col nome d'arte di Zan Mussina. Dipinse spesso Zanni ed altri soggetti di teatro: compose pure testi per le scene ed il poema eroicomico, qui menzionato dall'Aprosio, Le Pazzie de' Savi overo: Il Lambertaccio (Venezia, per il Bertani, 1641): si veda D.Ortisi, Le pazzie de' savi ovvero Il Lambertaccio di G.Bocchini in It., XXII, 1955, pp. 248-258).
Egli scrisse il poema eroicomico Avino, Avolio, Otone e Berlinghieri, più noto sotto il titolo di Poemone (Firenze, 1643) che in qualche modo precede Forteguerri sulla strada che porterà al Ricciardetto (vedi: F.Foffano, Un secentista plagiario dell'Aretino, in Miscellanea Scherillo-Negri, Milano, 1904).
Fra questi autori eroicomici l'Aprosio non cita Giuseppe Berneri (Roma 1634 - 1701) il cui Meo Patacca uscì dalle stamperie quasi 15 anni dopo la morte del "Ventimiglia" (che ebbe comunque occasione di contattarlo per ragguagli sulla sua primigenia produzione teatrale = 1 lettera del Berneri del 1677, in B.U.G., Mss.E.VI. 10., in merito particolarmente a La Susanna Vergine e Martire del 1675, in Bologna, per il Longhi) mentre usa sporadicamente (p.334 per es.) Giulio Cesare Cortese di cui possiede l'edizione del 1612 (Napoli, per T.Longo) della Vaiasseide (Canto III, st.21).
8 - Giovanni Francesco Negri (Bologna 1593 - 1659) architetto (fu autore della pianta della chiesa dei Gesuiti in Bologna) e pittore bolognese, figlio di Giovanni Battista e Caterina Cipolli, conosciuto nel secolo anche come letterato e fondatore nel 1640 dell'Accademia petroniana degli Indomiti che tenne in casa sua le prime adunanze: raggiunse discreta fama per la traduzione in dialetto bolognese della Gerusalemme Liberata, con il titolo La Gerusalemme Liberata/ del Signor Torquato Tasso/ tradotta in lingua popolare antica/ di Bologna per Gio. Francesco Negri/ pittore con l'originale a canto per comodità/ di chi legge e le annotazioni a ciaschedun/ canto al di Fabritio Alodnarim./ All'Eminentissimo e Reverendissimo Signore/ Cardinale Spada, mai stampata (ma fatta circolare in copie fra gli eruditi italiani) e conservata in diversi esemplari presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna ed in quella Universitaria (Denise Aricò, Il Patetico grottesco - "La Gerusalemme Liberata" Bolognese di Gio. Francesco Negri in "Studi Secenteschi", XXVI - 1985: parte di pubblicazione, interrotta alle ottave del canto XIII, "in folio" avvenne per l'Orlandi a Bologna nel 1628) Allievo per due anni in Venezia del più celebre Odoardo Fialetti, autore degli inediti Annali delle Storia di Bologna e delle Crociate, il Negri fu considerato un eccellente ritrattista meritandosi ii nome di "Negri de' ritratti" (G.C.Malvasia, La Felsina Pittrice. Vite de' pittori bolognesi per l'edizione bolognese -184 1- del Guidi all'Ancora, parte II, pp. 236 - 237 = Le Glorie de gli Incogniti o vero gli huomini Illustri de' Signori Incogniti di Venetia, in Venetia, appresso Francesco Valvasense, 1647, pp.163 - 164): per il suo "museo pittorico" fece un ritratto di Angelico Aprosio poco prima di metà XVII secolo: come si evince dalla lettura del capitolo XXXII della Grillaia, Aprosio, cui il Negri - presso il quale il frate anche soggiornò essendo in viaggio per Roma aveva donato alcuni suoi sonetti in dialetto bolognese e suggerito nel 1651 il titolo del "Grillo" ovvero Serie degli Imperatori Romani, chiede al figlio Bianco Negri che gli spedisca come promesso dal padre il di lui ritratto e copia di un'opera in poesia, la "Guerra Sacra", da Francesco fatta stampare poco prima della morte. Peraltro, alle sollecitezioni in merito dell'Aprosio, lo stesso Francesco Negri aveva risposto con una lettera scritta da Bologna il 10-III-1659 poco tempo prima di morire ove si legge: "m'hanno fatto indugiare la dovuta risposta alla gentilissima lettera di V.S. le Chiragre [intendi “chiragra”=grecismo medico per indicare una forma di gotta che colpisce le mani], cha tutto questo Inverno m'hanno tenuto in letto, e le molte occupationi dopo cessate. Hora che posso, rispondo, rendendole infinite gra tie della memoria, che tiene id'un suo servitore. E quanto alla sodisfatione di mandarle il mio ritratto, procurarò di servirla: che quando potrò levarmi di letto, dove sono dal giorno di S.Luca in qua, ne farò uno nell'età, che mi trovo e gliene invierò un transunto, sì come ancora accoppiarò la Guerra Sacra che già cantai grezzamente, con la Historia di essa, che ho raccolta e fatta stampare ma non ancora publicata, e fin tanto che la Dedicatoria non sarà presentata al Papa non si publicarà (allude alla Prima Crociata, overo lega di militie christiane segnalate di Croce Liberatrice del Sacro Sepolcro di GIESU' Christo, e del regno di Terra Santa, stampata a Bologna dal 1658 dal Ferroni). Che è quanto m'occorre dirle con angustia di tempo, mentre per fine la riverisco./ Bologna li 10 Marzo 1659/ Di V.S.& Humilissimo divotissimo e cordialissimo servitore/ Gio. Francesco Negri " (B. U. G., Manoscritti Aprosiani: lettera, sotto data, di Francesco Negri; regesto in Fontana, Indice...cit., sotto voce): Bianco Negri, verisimilmente verso la fine del 1668, mandò poi un ritratto paterno da mettersi nella Pinacoteca aprosiana in Ventimiglia assieme al libro richiesto Prima Crociata, overo Lega di Militie Christiane, segnalate di Croce, Liberatrice del Sacro Sepolcro di Giesù Christo e del Regno di Terrasanta. Raccolta da Gio. Francesco Negri Bolognese. In Bologna, presso G.B.Ferro, 1658 (in folio). L'altro figlio Alessandro, Protonotaro apostolico e Canonico della Collegiata di S.Petronio in Bologna, "fautore dell'Aprosiana" e studioso di monumenti antichi donò inoltre al Ventimiglia Maniliani Bononionsi Monumenti Historico Mystica Lectio, Interprete Alexandro Nigro, lo. Francisci Filio l.V.D. Perinsignis Collegiatae Ecclesiae Bonon. Canonico, Protonotaro Apostolico, Bononiae, Typis HH. de Ducijs, 1661, in 4° (Alessandro aveva anche fatto fare un suo ritratto da donare alla Biblioteca dell'Aprosio per risultar effigiato a fianco del padre ma dopo la sua precoce morte nel 1661 -registrata in Bibliot.Apros. p.315- la trascuratezza del fratello Bianco fece si che l'opera, mai giungesse in mano del bibliotecario intemelio).
9 - A riguardo dell'amico e corrispondente Gian Francesco Loredan (Venezia 1606 - Peschiera del Garda Verona 1661) fondatore nel 1630 dell'Accademia degli Incogniti Aprosio cita la protasi dell'Iliade Giocosa (Venezia, per il Guerigli 1661), che è un rifacimento burlesco in ottave del poema omerico.
10 - Il l poeta marinista Scipione Herrico od Errico (Messina 1592 - ivi 1670), tra l'altro accademico Incognito, Ozioso e membro eminente della Fucina di Messina oltre che amico (conosciuto a Venezia) e corrispondente di Aprosio, vien qui menzionato non, come ci si aspetterebbe, per l'antistiglianeo Occhiale appannato (Messina, per Bianco 1629), ma per i poemi eroici La Babilonia distrutta (Venezia, per Tozzi, 1624) e Della Guerra Troiana del 1642, in sintonia colle indicazioni aprosiane sulla letteratura storico-mitologica e sui suoi volgarizzamenti. Il frate agostiniano allude altresì agli interessi politici di quello, facendo riferimento agli interventi polemici contro il Sarpi che pubblicò anche sotto nome di Teologo Aquilano (dall'Antisquitinio edito in Messina nel 1653 alla Censura theologica, Dillingen, per il Mayer 1654 poi tuttavia contraddetta dal De tribus scriptoribus historiae Concilii tridentini, Amsterdam, per Weyerstraten 1662) e al romanzo Le Guerre di Parnaso (Venezia, 1644) parodia delle Guerre di Fiandra del Bentivoglio ove immagina che lo Stigliani con un'armata di scrittori muova guerra al Marino, venendone però sconfitto.
11 - Angelo Ingegneri
nacque a Venezia nel 1550 e morì nella stessa città nel 1613. Non si hanno molte notizie sulla sua vita. Tradusse nel 1572 Ovidio in ottava rima (Rimedi contra l’amore, e nel 1578 ebbe modo di conoscere Tasso a Torino. Nel 1581 curò la stampa della Gerusalemme liberata e (nel 1608 avrebbe fatto pubblicare le tassiane Sette giornate del mondo creato).
Si dedicò a tutt’altro nel 1585, quando fu chiamato a Guastalla da Ferrante II Gonzaga per aprire un opificio per la fabbricazione del sapone.
Ulteriori notizie biografiche lo vedono ancora a Guastalla nell’87, in prigione per debiti. Si trasferì poi a Roma, al servizio del cardinale Aldobrandini, e scrisse il trattato Del buon segretario (Roma, 1594).
Fu in seguito a servizio del duca di Urbino e dei Savoia.
Partecipò alla polemica sul dramma pastorale, aperta da Guarini, con il
Discorso della poesia rappresentativa e del modo di rappresentare le favole sceniche.
Scrisse anche un Discorso delle lettere famigliari (Viterbo, 1607) e una commedia dal titolo Tomiri (Napoli, 1607).
Aprosio qui cita dalla sua traduzione dei Rimedi contro l'amore di Ovidio in ottava rima edita in Avignone per Pietro Rosso nel 1572.
Il frate intemelio dell'lngegneri conosceva però soprattutto i Versi Venetiani d'Anzolo Inzegner, in Vicenza, per il Brescia, 1613, in 12°.
Alla Civica Biblioteca Aprosiana si custodisce tuttora:
Danza di Venere, boschereccia singolare del Sig. Angelo Ingegneri ..., In Vicenza : per Dominico Amadio, 1613. - 117 p. ; 12°
Dato il rilievo assunto nella storia teatrale si propone qui la digitalizzazione informatica del testo:
- [ANGELO INGEGNERI] DISCORSO DELLA POESIA RAPPRESENTATIVA E DEL MODO DI RAPPRESENTARE LA FAVOLE SCENICHE