cultura barocca

AZZARDO - GIOCHI

Uno fra i divertimenti più praticati nell'età intermedia fu il GIOCO D'AZZARDO: giudicato peraltro in epoca cristiana FORMA DI SUPERSTIZIONE in quanto anche basato su fortuna, pronostici, divinazione del futuro.
L' ascendenza del GIOCO D'AZZARDO era naturalmente assai antica e nettamente precristiana: basti ricordare la passione degli antichi romani per il GIOCO DEI DADI e l'esistenza nelle loro città, pur fra vari condizionamenti legislativi, delle TABERNAE LUSORIAE sostanzialmente equivalenti ai moderni CASINO'.
La passione per il gioco d'azzardo nel genovesato giunse a tale livello di popolarità che uno fra questi giochi, un'invenzione tipicamente genovese, il LOTTO, fu alla fine riconosciuto come legale dallo Stato che prese quindi a gestirne, direttamente o per appalto, l'esistenza.
La pericolosità del GIOCO D'AZZARDO (specie quello caratterizzato dai GIOCHI DELLE CARTE E DEI DADI non a torto ritenuti causa di perdizione economica e morale dall'ORATORIA ECCLESIASTICA cui partecipò anche, ma occorre indire con intelligenza, anche l'
**************ORATOR SACRO A. APROSIO**************
peraltro notevolmente interessato (oltre che quale erudito, ai GIOCHI STORICI ED IN PARTICOLARE A QUELLI DEGLI "SCACCHI" E DEL "CALCIO") in qualità di religioso ed inquisitore anche ai GIOCHI D'AZZARDO che poteva rovinare i patrimoni o scatenare gravi risse si riscontra ancora nei REGOLAMENTI MILITARI DI GENOVA DEL XVIII SECOLO allorché si scrissero severe NORME CONTRO SOLDATI CHE ERANO BARI O CHE GIOCAVANO D'AZZARDO.
Oltre al LOTTO un gioco che godette dal XVII secolo grande successo fu quello del BIRIBISSI detto anche "BIRIBIS".
L'argomento dei GIOCHI STORICI fu dibattuto a vari livelli ed in siffatto contesto, a testimonianza di giochi ritenuti leciti contrapposti a giochi reputati illeciti, godette fortuna ancora nel XVIII secolo un'opera di ANONIMO AUTORE intitolata
***********Trattato de' Giochi e de' Divertimenti permessi, o proibiti ai Cristiani***********
qui integralmente digitalizzata e di cui, per agevolarne la consultazione al moderno lettore, si è ritenuto opportuno predisporre qui una serie di
Moderni Indici Tematici.
Comunque per i PROBLEMI SOCIALI ED ECONOMICI ARRECATI DAL GIUOCO D'AZZARDO ancora una volta (per cui la rovina di interi patrimoni era il principale dramma, senza però trascurare l'evenienza concomitante di risse e duelli scatenati dagli eccessi del vino e da questione di donne) è la CHIESA ROMANA ad offrire le documentazioni più approfondite su usi ed abusi del giuoco: in simile contesto un sunto basilare delle discussioni giuridiche in merito a tale tematica compare nella BIBLIOTHECA CANONICA, JURIDICA... di Padre Lucio Ferraris.
La voce LUDUS - SPONSIO vi è trattata in modo eccezionalmente esaustivo e non solo in merito al LUDUS (GIUOCO) ma anche a riguardo dello SPONSIO (SCOMMESSA): il tutto viene fatto con un rigore estremo con una costante voglia di aggiornamento sì che ancora in fine della voce di propongono ulteriori postulazioni su LUDUS - SPONSIO.
Nell'INDICE - SOMMARIO
vengono analizzate tutte le variabili possibili tra gioco lecito e non, divieti, considerazioni per i religiosi, valutazioni sui figli che dissipano i patrimoni di famiglia al gioco d'azzardo: nulla viene trascurato e, a titolo esemplificativo, vale la pena qui di segnalare un tema tuttora controverso quello che riguarda il RAPPORTO TRA UN GIOCATORE ESPERTO ED UN PRINCIPIANTE che dal Ferraris viene trattato al PUNTO 54.
Come detto oltre al LOTTO un gioco che godette dal XVII secolo grande successo fu quello del BIRIBISSI detto anche "BIRIBIS".
Per giocare si utilizzava un tavoliere di 36 caselle ed ogni giocatore doveva estrarre tre numeri consecutivi.
Qualora indovinasse uno dei 36 numeri guadagnava 32 volte la posta.
Per giocare si utilizzava un tavoliere di 36 caselle ed ogni giocatore doveva estrarre tre numeri consecutivi.
Qualora indovinasse uno dei 36 numeri guadagnava 32 volte la posta.
I tre banchieri del BIRIBISSI erano chiamati BIRBANTI: uno di loro teneva il sacco dei numeri per l'estrazione, l'altro il denaro ed il terzo controllava il tavoliere.
Le autorità sia civili che ecclesiastiche cercarono di proibire o comunque impedire il gioco e addirittura un vescovo di Ventimiglia in un suo "discorso prosinodale" lo condannò severamente, visto che la popolazione per seguirlo trascurava la frequentazione di Messa e Vespro.
Lo Stato genovese intervenne poi estesamente contro ogni forma di GIOCO D'AZZARDO e con le leggi del 15 marzo 1692 e del 18 aprile 1697 cercò di colpire severamente quanti giocassero a "biribis, bassetta, venturella e faraona" come anche coloro i quali li favorissero od offrissero i loro locali per la pratica del gioco d'azzardo (e tra costoro erano davvero tanti gli osti, i locandieri, i caffettieri).
Rimuovere la passione del gioco fu un'impresa impossibile: e del resto se si calcola che, verso la fine del '600, uno dei giocatori più incalliti nel territorio di Ventimiglia era quel Capitano Giusdicente della città, che al contrario avrebbe dovuto reprimere quell'usanza, è facile intendere quanto fosse irrealizzabile il proponimento delle autorità di Genova.













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1 Secondo il Dizionario della Letteratura Italiana, a cura di E. Bonora, Milano, 1977, II, p.101, col. 1 Carlo Casalicchio sarebbe nato a Sant’Angelo Le Fratte, Potenza, 1624 e sarebbe defunto a Napoli nel 1700. Invece secondo l’indice informatico “ICCO” dell’ “ISBN” la data di nascita sarebbe da porre verso il 1620 e quella di morte al 1680.

2 E' curioso che la più estesa e letterariamente nota menzione su Aprosio predicatore compaia in un romanzo barocco La Rosalinda [ La Rosalinda, in Opere del Conte Bernardo Morando, lV, Barochi, Piacenza, 1662] del genovese Bernardo Morando (Sestri Ponente 1589 - Piacenza 1656) che è oggi un'opera senza lettori i cui pochi esemplari superstiti sono quasi pezzi da museo. La sua fortuna nasce e tramonta nel '600, epoca in cui vive splendori di effimera celebrità una tradizione romanzesca i cui prodotti, respinti dalla posteriore critica letteraria, sono ormai difficilmente reperibili, costringendo il bibliofilo ad autentiche indagini tra i meandri di biblioteche, scaffali, cataloghi d'antiquariato e non [D. Bianchi, B. Morando prosatore. B. Morando verseggiatore, in Atti dell' Accademia Ligure di Scienze e Lettere, 1959, pp. 110-22 - E. Cremona, Bernardo Morando, poeta lirico drammatico e romanziere del Seicento, Piacenza, 1960 - D. Conrieri, Il romanzo ligure dell' età barocca, in "Annali di Sc. Norm. Sup. di Pisa", IV, 3, 1974, pp. 1074-1088 - Romanzieri del Seicento, a. c. di M. Capucci, Torino, 1974, pp. 44-48, 529-572]. Il racconto, tra instancabili digressioni moralistiche, narra le peripezie di due giovani cattolici, Rosalinda figlia di Sinibaldo, mercante genovese trapiantatosi a Londra, e Lealdo, che fuggono dalI'lnghilterra antipapista dove, dopo il sovvertimento delle istituzioni religiose, si sta concretizzando anche quello dei valori etico-sociali attraverso la condanna legale del re Carlo I. L'urto colle brutture di una storia alterata dalle violenze umane porta i due giovani, dopo innumerevoli avventure, separazioni e ricongiungimenti, a rifiutare il disordine morale di un mondo che non omprendono ed a cercare la quiete delI'animo nella pace dei silenzi claustrali. Indubbiamente il cattolicesimo è il connotatore primario dell'opera, ma non sotto la specie di un fideismo dinamico, di matrice controriformista, che presuppone autentiche crociate contro l'Idra protestante. Di tale religione il Morando recupera piuttosto la funzione consolatrice, la capacità cioè di portare un'anima sgomenta, attraverso una lenta meditazione, alla quiete spirituale o, nei casi estremi, a quella felicità tutta interiore ed individuale che offre la vita del convento. Dopo una visita alle chiese di Genova il calvinista Edemondo che, al di là del suo credo, è figura positiva e protettore degli infelici protagonisti, trova la forza di meditare criticamente sulle sue scelte religiose. Egli, dopo un naufragio sul lido di Taggia, viene soccorso dal buon frate cappuccino Egidio che lo cura, senza prevenzioni, nel fisico e nello spirito, portandolo ad una conversione, la cui apoteosi si concretizza nella Cattedrale di Ventimiglia. Al proposito il Morando scrive "Il luogo per la conversione fu destinato nella Cattedrale di Ventimiglia, città indi poco discosta, il tempo, tosto che Edemondo fosse in termine per consiglio del medico di licenziarsi dal letto, il che speravasi fra pochi giorni: e il modo con quella maggiore solennità che per loro possibile fosse. Volle il P. Egidio prender egli stesso di ciò l'assunto. Licenziatosi pertanto con teneri abbracciamenti dal figliolo nuovamente da lui con lo spirito generato, e raccomandato a quei padri particolarmente alla continua assistenza del P. Raffaele, andò a prendere quanto era d'uopo. Si trasferì a Rezzo luogo non molto quindi lontano ove trovavasi come in proprio suo Feudo il Marchese Nicolò suo fratello: ivi da Genova egli poco prima s'era ridotto, per ischermirsi dagli estivi colpi, in quel luogo che situato sopra di un colle può godere i freschi fiati di Zefiro lusinghiero, anche sotto noiosi latrati di Sirio ardente. Informatolo del successo [la conversione di Edemondo] lo pregò ad onorare quella funzione [un “Atto di fede” ed un’ “Abiura”] con la sua presenza, non solo, ma insieme con la sua liberalità, onde più splendida e più solenne ne apparisse. Quel Signore, che alle nobilissime prerogative del sangue accoppiava la nobiltà e la generosità dell'animo, più promise di ciò che fosse richiesto e più mantenne che non promise. Si trasferirono ambidue Vintimiglia, ed ivi concertato il tutto col Vescovo di quell'antica città, prelato, e per pietà di costumi e per grandezza di meriti, degno d'eterni encomi, fecero apparare superbamente la Chiesa, preparare solenne musica e disporre molte altre cose, a rendere più ragguardevole fa festa. Fu forse favorevole che si trovasse allora in quella città, ch'è sua patria, il Padre Angelico Aprosi, accademico eruditissimo, predicatore insigne, scrittore di libri famosi, soggetto per eccellenza di dottrina, per soavità di costumi, e per cento altri titoli, uno dei più ragguardevoli di cui si vanti oggidì la nobilissima religione agostiniana, il quale agli inviti del Padre Egidio accettò di buona voglia il carico di accompagnare con una sua predica adattata al soggetto la solennità di quel giorno.....". E finalmente quel giorno giunse; il Morando ne scrive al cap.VII del romanzo: "...L'accompagnarono [Edemondo ormai guarito] alla città di Ventimiglia, ove il medesimo Padre Egidio col fratello e con altri Signori lietamente l'accolse. La mattina, che all'arrivo di lui successe, riempitasi di spettatori la Cattedra e tapezzata di finissimi arazzi e risonante di musicali concerti, il conte Edemondo, prostrato sopra un tappeto a terra, davanti il Vescovo, Abiurò con alta e chiara voce tutti gli errori di Calvino e recitato poi il simbolo degli Apostoli e la parafrasi sopra di quello di Atanasio Santo fece solenne profession della fede. Indi ergendosi in piedi, con atto magnanimo e risoluto, pose la destra sul pomo della sua spada e giurò di mantenere e col ferro e col sangue, se d'uopo fosse, la verità infallibile della Fede, sotto l'obbedienza di Santa Chiesa Romana. Ciò finito si sentì risonare a piena musica il Rendimento delle grazie secondato dall'applauso e dal giubilo dei Circostanti, ma piu dagli affetti del Convertito. Indi il Padre Angelico Aprosio con Elegantissima orazione, esaltando la Fede, abbattendo l' eresia e lodando il candidato suggellò quella nobilissima azione... ".

3 [Scipio Glareano: pseudonimo di Angelico Aprosio] Lo Scudo di Rinaldo ovvero lo Specchio del disinganno, Venezia, per lo Hertz, 1676; La Grillaia. Curiosità erudite di Scipio Glareano, Accademico Incognito, Geniale, Apatista e Ansioso, Conte Palatino, Napoli, per Novello de Bonis, 1668; tra le opere biblioteconomiche quella che conserva la maggior parte di disquisizioni di costume e di contenuto moraleggiante è certamente La Biblioteca Aprosiana. Passatempo autunnale di Cornelio Aspasio Antiviglimi [altro pseudonimo di Aprosio], tra i Vagabondi di Tabbia detto l'Aggirato, Bologna, per li Manolessi, 1673.

4 In particolare si leggano: Antonietta Ida Fontana, Il P. Aprosio e la morale del ‘600 - note in margine a 4 grilli inediti in "Quaderno dell’Aprosiana", V.S., I, 1984, pp. 9 - 40 e B. Durante, Aprosio Critico e Morale in "Quaderno dell’Aprosiana", V.S., II, 1985, pp. 45 - 66.

5 Sui provvedimenti contro giocatori d'azzardo, bari e truffatori dello stesso "giro" nel genovesato si può leggere: B. Durante - F. Zara, Figliastri di Dio - "...a coda d'una bestia tratto...", CooperS ed., Ventimiglia, 1996, passim : la piaga era comunque molto grave e peraltro molto diffusa tra i soldati della Repubblica di Genova ancora nel pieno XVIII secolo come ci suggerisce lo studio di: L. M. Zignago, Instituti et Ordini militari da osservarsi dalle truppe della Serenissima Repubblica di Genova approvati da' Seren. Collegi per loro Decreto de' 22 Genaro 1722, in Genova, per G.B.Casamara, Nella Piazza delle cinque lampade, 1722 [dal Regolamento delle pene, si legga per esempio il capo 11: "Quelli che giocheranno a giochi di zara in quartiere si manderanno per otto giorni ai ceppi col solo pane e chi avrà guadagnato restituirà al compagno il guadagno e avendo praticato trufferia o inganno restituirà parimenti il denaro e starà un'ora ogni giorno degli otto accennati sul cavallo di legno [leggi "eculeo" = forma di trotura panitaliana].

6 Lo Scudo di Rinaldo parte II si custodisce manoscritto nel "fondo Aprosiano" della Biblioteca Universitaria di Genova (sigla B.U.G.): vi pervenne dopo la mancata realizzazione dell’iniziativa napoleonica, citata nel testo, di un’unica grande Biblioteca Centrale Ligure: ho editato gran parte dell’opera nel "Quaderno dell’Aprosiana", N.S., I, 1992, numero monografico dal titolo Angelico Aprosio il "Ventimiglia": le “carte parlanti d’erudite librarie”, cui si può qui, anche, far riferimento per un’aggiornata bio-bibliografia aprosiana. Il capitolo che interessa questo studio è quindi sviluppato alle pp.57-60 per la I sua parte. Risulta dedicato ad Antonio od Antonino Galeani (? - 28 aprile 1649), canonico e decano della cattedrale di Piacenza, dottore in teologia, autore di poesie in sparse opere ed in particolare di un sonetto preposto alle poesie per la nascita di Alessandro Farnese nel 1610 (L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza, 1899, p. 192: vedi anche la breve silloge in La Letteratura Italiana - Storia e Testi, Ricciardi ed., Milano-Napoli, 1954, vol. 37 Marino e i Marinisti a cura di G.G.Ferrero, p. 812 sgg.). Il Galeani era noto nel ‘600 per aver scritto La Supplica per la Pace al Serenissimo di Piacenza, Parma etc. raccomandata al Sig. Giacomo Gaufrido Segretario di Stato, Piacenza, per Ardizzoni, 1637. Fu amico tra l’altro di Bernardo Morando, del potente segretario di Stato dei Farnese Jacopo Gaufrido e dell’Aprosio, anche se in B.U.G., Mss.E.VI.9 rimane di lui solo una lettera al "Ventimiglia" dalla data non ben leggibile, da ricondursi comunque agli anni ’40 del secolo. Fu caro all’Aprosio per avere scritto un carme latino esastico sul quadro che il Ridolfi fece del "Ventimiglia" nel 1647 ma non realizzò altro di straordinario per la biblioteca intemelia: stupisce ancor più che l’agostiniano abbia lasciata immutata la dedica a distanza di tanti anni ma forse, viste le tematiche misogine del Galeoni ed il suo probabile appoggio nella polemica antifemminista contro la Tarabotti, tale conservazione può essere un attestato di riconoscenza.

7 Giovanni Domenico Ottonelli (Fanano - Modena 1584 - Firenze 1670) viene qui citato per gli scritti moralistico-religiosi delle sue opere: quando redasse questo capitolo (1656 - 1657) Aprosio però non possedeva ancora dell' Ottonelli il fortunato e controriformistico libello Della pericolosa conversatione con le donne, Firenze, per Franceschini e Logi, 1646 (a p.337, linea 16 del manoscritto genovese dello Scudo di Rinaldo II si legge infatti: "Gio Domenico Ottonelli nel Floriferum de multiplici conversationum genere, ver foeminea, p. 119 e di lui m'imagino sia un libro citato ivi a p. 121 sotto titolo Della pericolosa conversatione con le Donne, impresso in Firenze nel 1646 come che egli non habbia altro fine (essendo Religioso di santissimi costumi) che di estirpare i vitij dal mondo"). Oltre che i libri devozionali menzionati nel testo come a p. 239 Il Peccatore angustiato dalla vicina morte per l'abuso della Fede) l'Aprosio, per altre citazioni, nel suo lavoro non si vale dall'opera principale dell' Ottonelli (Della christiana moderatione del theatro, I, Firenze, per Franceschini e Logi, 1648, II, Firenze, per Bonardi, 1649, III, Firenze, per Franceschini e Logi, 1649, IV, Firenze,per Bonardi, 1652) ma del più pratico, economico e diffuso Compendio dell 'opera della christiana moderatione del teatro. Nella biblioteca intemelia si conservano tuttora i lavori dell'Ottonelli più specificatamente connessi alla storia dell'arte: il Memoriale agli spettatori delle teatrali oscenità (in Firenze, per Sermartelli, Firenze, 1640) ed il Trattato della Pittura, e Scultura, uso et abuso loro (Firenze, per il Bonardi, 1652). In B. U. G., Mss.E.VI.9 si conservano 37 lettere di varia erudizione e di contenuto moralistico inviate all'Aprosio da questo uomo di indubbia cultura negli anni 1659 - 1666, donde si evince che il "Ventimiglia" entrò in possesso delle opere che gli mancavano in questo periodo, fruendo dei meriti acquisiti presso l'Ottonelli dalla circolazione di questo suo inedito Scudo di Rinaldo II: particolare attenzione meritano gli accenni ad una operetta moralistica dell' Ottonelli (tuttora presente in C.B.A. e stampata in Roma nel 1661), L'interrogatorio con le risposte circa le comedie de' moderni comici mercenarii, strutturata, secondo parametri di aperta misoginia, in forma di contraddittorio. Per esempio al "Quesito n. 5" emblematicamente si legge " (Interrogatorio). La Donna porge maggior occasione di peccare all'huomo stando alla finestra o recitando in Teatro? / R(isposta). Recitando in Theatro massimamente se è Comica perita nell'Arte, che con parole e gesti sa ferire & involar i cuori".

8 Da qui al successivo paragrafo il "Ventimiglia" sviluppa sequenze erudite sui danni cagionati dal giuoco a molti patrimoni: a p.230-da linea 7 a linea 15- Aprosio registra anche un'ottava di "un faceto Poeta" di cui non fornisce le referenze bibliografiche (l'ottava, contro la solita buona grafia dei manoscritti aprosiani, come questo già predisposti alla stampa, risulta però, stranamente, scritta in maniera faticosa, con diverse correzioni a penna su lettere e parole vergate in modo abbastanza scorretto: "Gioco siam noi di questa avara etade/ Quanti provar vid 'io da gli Avversari/ Intra COPPE di mensa arme di SPADE/ Et a quanti i BASTON tolser i DENARI./ E se ciò non vi basta udite questo/ Quanti pochi in buon PUNTO han fatto PASSO/ Quanti in tal PUNJO hanno perduto il RESTO/ E quanti RE vidi restarne in ASSO!".

9 Si riferisce al De Lucernis antiquorum reconditis in quattro libri (Venezia, per il Deuchino, 1621): " Al Signor Fortunio Liceto Filosofo Medico e theorico Supremo nell'Atheneo di Padova " cui Aprosio ha già dedicato il capitolo VlII della Grillaia edita nel 1668 intitolato Delle Scuse degli Plagiarij - quando sono colti, come si suol dire, col furto nelle mani.

3 - Trattasi di un repertorio di autori ecclesiastici, per la cui completa interpretazione occorrerebbe un intervento settoriale: grossomodo il frate intemelio riprende tale elenco nella Bibliot. Apros., pp.58-59: un cenno a parte vale per Andrea Alciato, Emblematum liber, Venezia, per il Manuzio, 1546.

4 - L'elenco è una prova degli interessi araldici ed eruditi di Aprosio sul tema degli "Emblemi": Paolo Arese, al secolo Cesare (Cremona 1574 - Tortona 1644) scrisse 7 volumi delle Imprese Sacre, edizione completa in Venezia per il Giunti e Baba, poi in Tortona per il Viola e Calenzani, poi in Genova, 1630 - '49, per il Calenzani (Aprosio cita da questa che possiede nella Biblioteca); Giovanni Ferro, Teatro di Imprese (Venezia, per il Sarzina, 1623) e Ombre apparenti nel Teatro d'Imprese di G.F. illustrate dal medesimo autore, Venezia, senza indicazione tipografo-editore, 1629; Alcibiade Lucarini, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato, 2 vol., Siena, per il Gori, 1628 - '29; Scipione Bargagli, Dell'Imprese I parte, Siena, per il Bonetti, 1578, II - III parte, Venezia, per Francesco de' Franceschi, 1594 (con diverse RISTAMPE; Paolo Giovio, in particolare alludendo al Dialogo delle Imprese militari e amorose, Roma, per A.Barre, 1555; Girolamo Ruscelli, Le Imprese illustri, con espositioni et discorsi, Venezia, per Francesco Rampazetto, 1566, edizione ampliata in Venezia, per Comin da Trino, 1572; Luca Contile, I Ragionamenti sopra la proprietà delle Imprese, Pavia, per il Bartoli, 1564; Bartolomeo Taegio [ca. 1520-1573] fu un Letterato e giureconsulto nato a Milano intorno al 1520 e morto nel 1573. Fondò a Novara l'Accademia dei Pastori di Agogna, in cui era detto Vitauro. Fu vicario generale di Milano e governatore della Riviera all'isola d'Orta. Nei testi i suoi dati onomastici variano: Bartolomeo Taegio; Bartolomeo Taegio detto Vitauro; Bartholomaeus Taegius. L'Aprosio lo valuta interessante verisimilmente per le opere Orazione nel principio dell'Accademia dei Pastori, Novara, per il Sesalli, 1554 e Liceo...dove si ragiona dell'ordine delle Accademie et della Nobiltà, Milano, per il Pontio, 1571; Giulio Cesare Capaccio che interpretò singolarmente gli Emblemata dell'Alciato, sviluppando una concezione aristocratica della letteratura ed una teorizzazione di uno Stato clericale, ne Il Principe, Venezia, per il Barezzi, 1620 (Aprosio dovrebbe citare a mente perché non risulta aver mai posseduta tal opera: nella sua Biblioteca, del Capaccio si conservava solo Delle Prediche Quadragesimali, in Venezia, per Fabio e Agostino Zoppini Fratelli, 1564, in 8°); Scipione Ammirato, Il Rota ovvero delle Imprese, Napoli, per G. M. Scoto, 1562.5 - Francesco Bracciolini (Pistoia 1566 - 1645) era soprattutto famoso per questo poema eroicomico edito in Firenze dai Giunti nel 1618 circa 4 anni prima della Secchia rapita del Tassoni, che era pur circolata per Roma in forma manoscritta, pubblicata invece nel 1622 a Parigi per lo stampatore Tussan du Bray sotto lo pseudonimo d'Androvinci Melisone.

6 - Giovan Battista Lalli (Norcia 1572-ivi 1637), autore di poemi eroicomici, qui citato per L 'Eneide Travestita (imprimatur in Editio Princeps, Roma, 1633 -rarissima- e in 2 edizioni per gli eredi del Facciotti, 1634: seguono edizioni a Venezia e Macerata negli anni 1635, 1651, 1675. Appena un anno dopo la morte di Aprosio, a testimonianza di un duraturo successo di pubblico, viene editata a Venezia, per Stefano Curti, un'ulteriore edizione (in 8°) di buona qualità: si veda G.Mombelli, Gli annali delle edizioni virgiliane, Firenze, 1954, p.327 nn. 1548-1551). Il frate ventimigliese risulta attratto dall'agile e spesso lubrica versificazione del Lalli; per intendere il gioco celle allusioni concettose basta iperaltro sbirciarne l’ “attaccatura” del "Proemio": "Io canto l'arme, e'l bravo capitano / d'una Troia figliuol, che al Tebro venne. / E per terra, e per mar, con tempo strano, / Fortune del gran Diavolo sostenne ". Aprosio non ha certo torto a ritenere quest'opera, senza dubbio accattivante, un buon deterrente contro ozio, noia e tentazioni del gioco d'azzardo ma, d'altro canto, da uomo di mondo sa altrettanto bene che è arduo parlare a chi non vuole intendere: questo crescente stato d'animo, permeato di malinconico pessimismo sulle reali possibilità di riscatto dall'umana debolezza, finisce col permeare il suo discorso, specie verso la fine del capitolo, quando esplicitamente, pur richiamandoli severamente ai doveri spirituali e a nobili letture, deve pur riconoscere che pure non pochi ecclesiastici si dedicano al pericoloso trastullo delle scommesse, coi giochi delle carte e dei dadi. Poco più oltre nel testo dello Scudo di Rinaldo II, dello stesso autore, Aprosio cita due altre opere di cui apprezza la naturale vivezza: si tratta della Moscheide overo Domiziano moschicida (Venezia, per il Sarzina, 1624) e della Franceide (Ibid. 1629): edite criticamente da G.Rua, Torino, 1927. Nella Moscheide, traendo spunto da una notizia di Svetonio, il Lalli racconta come le mosche si fossero vendicate di Domiziano, che si divertiva ad acchiapparle per poi trafiggerle con un acutissimo stilo, mentre nella Franceide facendo interagire, secondo modulazioni care al "Ventimiglia", la divulgazione scientifica, il vezzo d'arte e gli argomenti piccanti, sono descritte genesi, guasti e vicende relative alla diffusione della sifilide o mal francese. Oltre che che ad Anton Francesco Doni (edizione veneziana della Libraria del 1580, par. l, carta 41, a tergo, dove leggesi "sfumare il grillo" per "sfogar la mente o la penna") Aprosio, come lascia intendere a p.7 della Grillaia si ispirò, per il titolo e la caratteristica nominazione dei capitoli, proprio al Lalli che nel proemio della Moscheide invoca curiosamente i "grilli" come sue Muse (si veda: A.Orvieto, I poemetti del Lalli, in Il Marzocco, 1928, n. 2).
Bartolomeo Bocchini (Bologna 1604 - m. 1648 / 1653) figlio di Giovan Battista si dedicò soprattutto al teatro ed alla pittura col nome d'arte di Zan Mussina. Dipinse spesso Zanni ed altri soggetti di teatro: compose pure testi per le scene ed il poema eroicomico, qui menzionato dall'Aprosio, Le Pazzie de' Savi overo: Il Lambertaccio (Venezia, per il Bertani, 1641): si veda D.Ortisi, Le pazzie de' savi ovvero Il Lambertaccio di G.Bocchini in It., XXII, 1955, pp. 248-258).

7 - Piero de' Bardi (nato prima del 1570 e morto dopo il 1600) = vedi aprosiana Visiera Alzata a pagina 41 (pseudonimo Carlo Fioretti).
Egli scrisse il poema eroicomico Avino, Avolio, Otone e Berlinghieri, più noto sotto il titolo di Poemone (Firenze, 1643) che in qualche modo precede Forteguerri sulla strada che porterà al Ricciardetto (vedi: F.Foffano, Un secentista plagiario dell'Aretino, in Miscellanea Scherillo-Negri, Milano, 1904).
Fra questi autori eroicomici l'Aprosio non cita Giuseppe Berneri (Roma 1634 - 1701) il cui Meo Patacca uscì dalle stamperie quasi 15 anni dopo la morte del "Ventimiglia" (che ebbe comunque occasione di contattarlo per ragguagli sulla sua primigenia produzione teatrale = 1 lettera del Berneri del 1677, in B.U.G., Mss.E.VI. 10., in merito particolarmente a La Susanna Vergine e Martire del 1675, in Bologna, per il Longhi) mentre usa sporadicamente (p.334 per es.) Giulio Cesare Cortese di cui possiede l'edizione del 1612 (Napoli, per T.Longo) della Vaiasseide (Canto III, st.21).

8 - Giovanni Francesco Negri (Bologna 1593 - 1659) architetto (fu autore della pianta della chiesa dei Gesuiti in Bologna) e pittore bolognese, figlio di Giovanni Battista e Caterina Cipolli, conosciuto nel secolo anche come letterato e fondatore nel 1640 dell'Accademia petroniana degli Indomiti che tenne in casa sua le prime adunanze: raggiunse discreta fama per la traduzione in dialetto bolognese della Gerusalemme Liberata, con il titolo La Gerusalemme Liberata/ del Signor Torquato Tasso/ tradotta in lingua popolare antica/ di Bologna per Gio. Francesco Negri/ pittore con l'originale a canto per comodità/ di chi legge e le annotazioni a ciaschedun/ canto al di Fabritio Alodnarim./ All'Eminentissimo e Reverendissimo Signore/ Cardinale Spada, mai stampata (ma fatta circolare in copie fra gli eruditi italiani) e conservata in diversi esemplari presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna ed in quella Universitaria (Denise Aricò, Il Patetico grottesco - "La Gerusalemme Liberata" Bolognese di Gio. Francesco Negri in "Studi Secenteschi", XXVI - 1985: parte di pubblicazione, interrotta alle ottave del canto XIII, "in folio" avvenne per l'Orlandi a Bologna nel 1628) Allievo per due anni in Venezia del più celebre Odoardo Fialetti, autore degli inediti Annali delle Storia di Bologna e delle Crociate, il Negri fu considerato un eccellente ritrattista meritandosi ii nome di "Negri de' ritratti" (G.C.Malvasia, La Felsina Pittrice. Vite de' pittori bolognesi per l'edizione bolognese -184 1- del Guidi all'Ancora, parte II, pp. 236 - 237 = Le Glorie de gli Incogniti o vero gli huomini Illustri de' Signori Incogniti di Venetia, in Venetia, appresso Francesco Valvasense, 1647, pp.163 - 164): per il suo "museo pittorico" fece un ritratto di Angelico Aprosio poco prima di metà XVII secolo: come si evince dalla lettura del capitolo XXXII della Grillaia, Aprosio, cui il Negri - presso il quale il frate anche soggiornò essendo in viaggio per Roma aveva donato alcuni suoi sonetti in dialetto bolognese e suggerito nel 1651 il titolo del "Grillo" ovvero Serie degli Imperatori Romani, chiede al figlio Bianco Negri che gli spedisca come promesso dal padre il di lui ritratto e copia di un'opera in poesia, la "Guerra Sacra", da Francesco fatta stampare poco prima della morte. Peraltro, alle sollecitezioni in merito dell'Aprosio, lo stesso Francesco Negri aveva risposto con una lettera scritta da Bologna il 10-III-1659 poco tempo prima di morire ove si legge: "m'hanno fatto indugiare la dovuta risposta alla gentilissima lettera di V.S. le Chiragre [intendi “chiragra”=grecismo medico per indicare una forma di gotta che colpisce le mani], cha tutto questo Inverno m'hanno tenuto in letto, e le molte occupationi dopo cessate. Hora che posso, rispondo, rendendole infinite gra tie della memoria, che tiene id'un suo servitore. E quanto alla sodisfatione di mandarle il mio ritratto, procurarò di servirla: che quando potrò levarmi di letto, dove sono dal giorno di S.Luca in qua, ne farò uno nell'età, che mi trovo e gliene invierò un transunto, sì come ancora accoppiarò la Guerra Sacra che già cantai grezzamente, con la Historia di essa, che ho raccolta e fatta stampare ma non ancora publicata, e fin tanto che la Dedicatoria non sarà presentata al Papa non si publicarà (allude alla Prima Crociata, overo lega di militie christiane segnalate di Croce Liberatrice del Sacro Sepolcro di GIESU' Christo, e del regno di Terra Santa, stampata a Bologna dal 1658 dal Ferroni). Che è quanto m'occorre dirle con angustia di tempo, mentre per fine la riverisco./ Bologna li 10 Marzo 1659/ Di V.S.& Humilissimo divotissimo e cordialissimo servitore/ Gio. Francesco Negri " (B. U. G., Manoscritti Aprosiani: lettera, sotto data, di Francesco Negri; regesto in Fontana, Indice...cit., sotto voce): Bianco Negri, verisimilmente verso la fine del 1668, mandò poi un ritratto paterno da mettersi nella Pinacoteca aprosiana in Ventimiglia assieme al libro richiesto Prima Crociata, overo Lega di Militie Christiane, segnalate di Croce, Liberatrice del Sacro Sepolcro di Giesù Christo e del Regno di Terrasanta. Raccolta da Gio. Francesco Negri Bolognese. In Bologna, presso G.B.Ferro, 1658 (in folio). L'altro figlio Alessandro, Protonotaro apostolico e Canonico della Collegiata di S.Petronio in Bologna, "fautore dell'Aprosiana" e studioso di monumenti antichi donò inoltre al Ventimiglia Maniliani Bononionsi Monumenti Historico Mystica Lectio, Interprete Alexandro Nigro, lo. Francisci Filio l.V.D. Perinsignis Collegiatae Ecclesiae Bonon. Canonico, Protonotaro Apostolico, Bononiae, Typis HH. de Ducijs, 1661, in 4° (Alessandro aveva anche fatto fare un suo ritratto da donare alla Biblioteca dell'Aprosio per risultar effigiato a fianco del padre ma dopo la sua precoce morte nel 1661 -registrata in Bibliot.Apros. p.315- la trascuratezza del fratello Bianco fece si che l'opera, mai giungesse in mano del bibliotecario intemelio).

9 - A riguardo dell'amico e corrispondente Gian Francesco Loredan (Venezia 1606 - Peschiera del Garda Verona 1661) fondatore nel 1630 dell'Accademia degli Incogniti Aprosio cita la protasi dell'Iliade Giocosa (Venezia, per il Guerigli 1661), che è un rifacimento burlesco in ottave del poema omerico.

10 - Il l poeta marinista Scipione Herrico od Errico (Messina 1592 - ivi 1670), tra l'altro accademico Incognito, Ozioso e membro eminente della Fucina di Messina oltre che amico (conosciuto a Venezia) e corrispondente di Aprosio, vien qui menzionato non, come ci si aspetterebbe, per l'antistiglianeo Occhiale appannato (Messina, per Bianco 1629), ma per i poemi eroici La Babilonia distrutta (Venezia, per Tozzi, 1624) e Della Guerra Troiana del 1642, in sintonia colle indicazioni aprosiane sulla letteratura storico-mitologica e sui suoi volgarizzamenti. Il frate agostiniano allude altresì agli interessi politici di quello, facendo riferimento agli interventi polemici contro il Sarpi che pubblicò anche sotto nome di Teologo Aquilano (dall'Antisquitinio edito in Messina nel 1653 alla Censura theologica, Dillingen, per il Mayer 1654 poi tuttavia contraddetta dal De tribus scriptoribus historiae Concilii tridentini, Amsterdam, per Weyerstraten 1662) e al romanzo Le Guerre di Parnaso (Venezia, 1644) parodia delle Guerre di Fiandra del Bentivoglio ove immagina che lo Stigliani con un'armata di scrittori muova guerra al Marino, venendone però sconfitto.

11 - Angelo Ingegneri nacque a Venezia nel 1550 e morì nella stessa città nel 1613. Non si hanno molte notizie sulla sua vita. Tradusse nel 1572 Ovidio in ottava rima (Rimedi contra l’amore, e nel 1578 ebbe modo di conoscere Tasso a Torino. Nel 1581 curò la stampa della Gerusalemme liberata e (nel 1608 avrebbe fatto pubblicare le tassiane Sette giornate del mondo creato).
Si dedicò a tutt’altro nel 1585, quando fu chiamato a Guastalla da Ferrante II Gonzaga per aprire un opificio per la fabbricazione del sapone.
Ulteriori notizie biografiche lo vedono ancora a Guastalla nell’87, in prigione per debiti. Si trasferì poi a Roma, al servizio del cardinale Aldobrandini, e scrisse il trattato Del buon segretario (Roma, 1594).
Fu in seguito a servizio del duca di Urbino e dei Savoia.
Partecipò alla polemica sul dramma pastorale, aperta da Guarini, con il Discorso della poesia rappresentativa e del modo di rappresentare le favole sceniche.
Scrisse anche un Discorso delle lettere famigliari (Viterbo, 1607) e una commedia dal titolo Tomiri (Napoli, 1607).
Aprosio qui cita dalla sua traduzione dei Rimedi contro l'amore di Ovidio in ottava rima edita in Avignone per Pietro Rosso nel 1572.
Il frate intemelio dell'lngegneri conosceva però soprattutto i Versi Venetiani d'Anzolo Inzegner, in Vicenza, per il Brescia, 1613, in 12°.
Alla Civica Biblioteca Aprosiana si custodisce tuttora:
Danza di Venere, boschereccia singolare del Sig. Angelo Ingegneri ..., In Vicenza : per Dominico Amadio, 1613. - 117 p. ; 12°







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Lucarini, Alcibiade, Alcibiadis Lucarini patricii Senensis Obseruationum practicarum, in Academia Vnitorum tractatarum libri tres, Senis: Florimi, Matteo eredi
Lucarini, Alcibiade, Alcibiadis Lucarini patricii senensis Liber singularis ad Iustinianum imper. de fiduciaria tutela, Senis: Florimi, Matteo, 1612
Lunadoro, Simone, Copia d'vna lettara scritta dal molto illust. e reuer.mo mons. Lunadoro vescouo di Nocera de' Pagani intorno all'origine di detta citta, e suo vescouado. Al signor Alcibiade Lucarini, In Napoli: Longo, Tarquinio, 1610
Lucarini, Alcibiade, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Unito. Al serreniss. Ferdinando 2. granduca di Toscana, In Siena: Gori, Ercole, 1629
Lucarini, Alcibiade, 2: Dell'imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Unito. Parte seconda. A la sereniss. madama Caterina Medici duchessa di Mantoua, In Siena, 1628
Lucarini, Alcibiade, Practicarum observationum. Libri tres, in tractatus tres diuisi. I. de contractibus. II. de ultimis voluntatibus. III. de judiciis. Authore Alcibiade Lucarino senensi ... Accessit liber singularis de tutela fiduciaria eiusdem authoris. Cun triplice indice .., Senis: Florimi, Matteo eredi, 1639
Lucarini, Alcibiade, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Vnito, In Siena ad istantia di Giouanni Ciotti: Gori, Ercole Ciotti, Giovanni, 1641


Lomellini, Stefano , Hospitio exceptam ab Elisabetha Deiparam Virginem prosequuntur latine, graece, oratorie, poetice. Stephanus Lomellinus Genuensis. Valerius Arigutius Perusinus. Georgius Spinola Genuensis. Sem. Rom. conuict., Romae : ex typographia Francisci Corbelletti, 1633 - [12] c. ; 4 - Rom. ; cors. ; gr - Front. in cornice xil. - Iniz. e fregi xil. . Segn.: A12 - Impronta - i-a- umm, d?t. HiFa (C) 1633 (R)





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GIULIO CESARE CAPACCIO nacque a Campagna d’Eboli (Salerno) nel 1552 e morì a Napoli nel 1634.
Ricevette una formazione filosofica presso i Domenicani, e conseguì studi giuridici tra Napoli e Bologna.
Tornato a Napoli nel 1575, si dedicò a studi storici con la stesura della Historia neapolitana (Napoli, 1607) e scrisse un trattato di epistolografia, Il Segretario (Roma, 1589).
Curò una sorta di rifacimento della fortunata opera di Alciato Emblemata nel trattato Il Principe (Venezia, 1620), di argomento politico.
L’ultima opera, Il forastiero (Napoli, 1630), riprende tematiche relative alla teorizzazione di uno stato clericale.
Presso la
CBA del Capaccio si conserva La vera antichità di Pozzuolo, descritta da Giulio Cesare Capaccio ... ove con l'historia di tutte le cose che concorrono, si narrano la bellezza di Posilipo, l'origine della città di Pozzuolo, Baia, Miseno, Cuma, Ischia .., In Napoli : appresso Gio. Giacomo Carlino, e Costantino Vitale, 1607 [38], 386, [1] p. : 1 ill. ; 8°. ma a p. 423 (fine) de La Biblioteca Aprosiana... Aprosia elenca, come donatagli da Angelico Aprosio Seniore di Ventimiglia l'opera Delle prediche quadragesimali di Giulio Cesare Capaccio, professor della sacra teologia. Parte prima. , In Napoli : appresso Horatio Saluiani, 1581 (In Napoli : appresso Horatio Saluiani, 1582).
Tra le opere più famose dell'erudito campano sono però da ascrivere: Della selua dei concetti scritturali di Giulio Cesare Capaccio . Parte prima ... , In Venetia : appresso Barezzo Barezzi, e Gioseffo Peluso, 1594, Il Secretario... ed in primo luogo, per le osservazioni sull'emblematica, appunto gli Emblemata.






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Maigret, Georges, Arca honoraria Iesu Christi ac sanctorum institutionem, praestantiamque Zonigerae sodalitatis s.p.n. Augustini complectens: Gallice quondam ab exim: p.f. Georgio Maigretio augustiniano, s.t.d. Louan. prouinciae Belgicae ex-prouinciali secundum edita: nunc vero recens a p.f. Melchiore Daelhemio eiusdem ordinis relig. in latinum versa, Antuerpiae : apud Henricum Aerssium, 1628 (Antuerpiae : apud Henricum Aerssium, 1628), [24], 290 [i.e. 295], 9 p., [1] c. di tav. : front. calcogr. ; 8o - Segn.: *8 2*4 A-T8 - Bianca l'ultima c - La p. 295 erroneamente numerata 290 - Impronta - VOb- ami- u-e- brta (3) 1628 (A) - Paese di pubblicazione: BELGIO - Lingua di pubblicazione: latino - Localizzazioni: Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II - Roma
Maigret, Georges, Surculi sacri pullulantes e palma primorum ord. Erem. S. Augustini martyrum. Per R. P. F. Georgium Maigretium ... collecti ..., Leodii : typis Christiani Ouvverx Iun. prope S. Dionysium sub signo Patientiae, 1620, [101] c. ; 8o - Vignetta xilogr. sul front - Fregi e iniz. xilogr - Segn.: [A]1 B-N8 O4 - Impronta - a-e, s,n- e-t. rana (C) 1620 (A) - Paese di pubblicazione: BELGIO - Lingua di pubblicazione: latino - Localizzazioni: Biblioteca nazionale Braidense - Milano





























Lucarini, Alcibiade, Alcibiadis Lucarini patricii Senensis Obseruationum practicarum, in Academia Vnitorum tractatarum libri tres, Senis: Florimi, Matteo eredi
Lucarini, Alcibiade, Alcibiadis Lucarini patricii senensis Liber singularis ad Iustinianum imper. de fiduciaria tutela, Senis: Florimi, Matteo, 1612
Lunadoro, Simone, Copia d'vna lettara scritta dal molto illust. e reuer.mo mons. Lunadoro vescouo di Nocera de' Pagani intorno all'origine di detta citta, e suo vescouado. Al signor Alcibiade Lucarini, In Napoli: Longo, Tarquinio, 1610
Lucarini, Alcibiade, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Unito. Al serreniss. Ferdinando 2. granduca di Toscana, In Siena: Gori, Ercole, 1629
Lucarini, Alcibiade, 2: Dell'imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Unito. Parte seconda. A la sereniss. madama Caterina Medici duchessa di Mantoua, In Siena, 1628
Lucarini, Alcibiade, Practicarum observationum. Libri tres, in tractatus tres diuisi. I. de contractibus. II. de ultimis voluntatibus. III. de judiciis. Authore Alcibiade Lucarino senensi ... Accessit liber singularis de tutela fiduciaria eiusdem authoris. Cun triplice indice .., Senis: Florimi, Matteo eredi, 1639
Lucarini, Alcibiade, Imprese dell'Offitioso Accademico Intronato raccolte da lo Sconosciuto Accad. Vnito, In Siena ad istantia di Giouanni Ciotti: Gori, Ercole Ciotti, Giovanni, 1641


Lomellini, Stefano , Hospitio exceptam ab Elisabetha Deiparam Virginem prosequuntur latine, graece, oratorie, poetice. Stephanus Lomellinus Genuensis. Valerius Arigutius Perusinus. Georgius Spinola Genuensis. Sem. Rom. conuict., Romae : ex typographia Francisci Corbelletti, 1633 - [12] c. ; 4 - Rom. ; cors. ; gr - Front. in cornice xil. - Iniz. e fregi xil. . Segn.: A12 - Impronta - i-a- umm, d?t. HiFa (C) 1633 (R)





























BARTOLI DANIELLO (Ferrara 1608 - ­ Roma 1685) Gesuita, attese all’incarico di storiografo della Compagnia, non trascurando altri interessi, come la passione per le discipline fisiche e matematiche. Dopo aver scritto La tensione e la pressione disputanti qual di loro sostenga l’argento vivo, opera pubblicata a Bologna nel 1677, realizzò i celebri quattro trattati Del suono de’ tremori armonici e dell’udito (1679). Nel primo studiò la propagazione delle onde circolari sulla superficie dell’acqua, nel secondo descrisse le principali questioni sulla natura e propagazione del suono, nel terzo raccolse le osservazioni sulla risonanza negli strumenti musicali e in altri corpi, nel quarto discusse il problema della consonanza e quello dei suoni di altezze multiple di un suono dato, descrivendo infine l’anatomia e la fisiologia dell’udito.