cultura barocca
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Crittografie dall'antichità al '600 = vedi una selezione di crittografie di A. Aprosio Come si legge nel Museo Cospiano annesso a quello del famoso Ulisse Aldrovandi questo frammento venne rinvenuto da Ovidio Montalbani nella città di Bologna "nel cavarsi un sotterraneo in Strastefano" e fu successivamente studiato da A. Kircher nel suo Commento dell' Obelisco Ghigi = il Montalbani "lo figurò nelle Cure Analitiche" e quindi lo riprodusse "col disegno di tutta la Statua nel II. Volume della Dendrologia = destinato al Museo Aldrovandi in effetti il reperto si conservò - come qui si legge di seguito (righe finali della trattazione)- assieme alle considerazioni manoscritte fattene da Ovidio presso il "Marchese Montalbani di lui Nipote" divenendo con altra oggettistica antiquaria ragione di contenziosi dopo la morte di Ovidio Montalbani con l' amara considerazione del Legati per cui, contro le disposizioni testamentarie, poco o nulla del Montalbani sarebbe fluito nel Museo Aldrovandi = sulla linea di una antica tradizione Lorenzo Legati erudito cremonese giudicò di tale reperto -la sua ricostruzione è leggibile e visibile graficamente nel Repertorio della Biblioteca Aprosiana- porzione della base di una supposta statua eretta per il culto della dea egizia Iside la cui venerazione (prescindendo dalle identificazioni con Diana ed Artemide: quindi con una particolare ostilità della Santa Inquisizione = v. "Compagnia di Diana) era ritenuto praticato in Bologna ai tempo del paganesimo = v. qui comunque la grande curiosità aprosiana oltre che per l'antico Egitto per l'Oriente tutto e i suoi fascinosi segreti

Non a tutti è noto che quando grazie ad Angelico Aprosio ( e poi al suo discepolo Domenico Antonio Gandolfo) Ventimiglia era da reputare [in forza anche se non principalmente della sua grande "Libraria Aprosiana di Ventimiglia" (vedi)] una delle piccole seppur assai importanti capitali della cultura europea e che proprio per la sua assoluta propensione verso quegli aspetti dell' erudizione che facevano interagire scienze allora in auge come polimatia e mateologia, il curiosissimo Aprosio alias "il Ventimiglia", come era detto nella variegata Repubblica delle Lettere, cercò [mai bisogna dimenticare che, pur nel suo piccolo, Aprosio fu raccoglitore di reperti antichi, purtroppo andati dispersi anche per le vicissitudini della Biblioteca di Ventimiglia, specie ma non solo di romanità].
Tramite l'intimo AMICO BOLOGNESE OVIDIO MONTALBANI [ nel suo "Museo" raccoglitore di reperti romane ma anche di supposte repertazioni di monumenti e soprattutto di geroglifici egizi ( come quello che sopra è riportato da una stampa inserita da Aprosio nel suo "Repertorio Biblioteconomico" e che, al modo che si legge, il Montalbani stabilì di dover lasciare al Museo Aldrovandi: vedi l'immagine integrale atteso che dal 1657 assunse la carica di custode del museo Aldrovandi di Bologna, curando la pubblicazione della Dendrologia, ultimo volume dell’opera di Ulisse Aldrovandi ] sulla scia di una formidabile tradizione culturale che legava la catalogazione a quello che era giudicato esoterismo) ANGELICO APROSIO SPERAVA DI ENTRARE IN CONTATTO con colui che era ritenuto il maggior studioso della misteriosa cultura egizia, vale a dire il Padre Gesuita Athanasius Kircher) = a titolo integrativo comunque destinato ad ulteriori basilari approfondimenti giova qui rammentare come nel contesto dei reperti antiquari, dell'epigrafia greca e romana ed ancora dei geroglifici egizi l'aprosiana voglia di sapere si estendesse in molteplici direzioni - connesse sia alla grafia che alla crittografia- e come una passione documentata quanto essa pur poco nota fosse connessa allo studio anche delle misteriose Rune Nordiche (vedi).
In effetti la curiosità aprosiana per i geroglifici egizi non potè esser soddisfatta né dal Montalbani né dal Kircher: molto tempo sarebbe dovuto trascorrere prima che sulla scia dell'impresa Napoleone I in Egitto reperendo la Stele di Rosetta" e interpretandola grazie anche alla sua triplice scrittura in geroclifico, ieratico e demotico lo Champollion riuscisse a decifare il leggendario mistero.
Ma Aprosio non era interessato solo a questo, altri ancora verano i segreti a cui aspirava conoscer in merito alla grandiosa civiltà degli Egizi = e tra questi non era certo escluso quello in merito alla Mummia che, potrà soprendere, fu a lungo utilizzata in Europa quale medicamento ed altissimo era il suo prezzo anche a piccole dosi per i preziosi componenti terapeutici che vi si ritenevano racchiusi ed ancora efficaci e ad essa attraverso i secoli furono anche dedicate autentiche ed approfondite trattazioni -riportanti pareri a favore o contro con accesi dibattiti fra illustri medici, intellettuali, scienziati e filosofi- in pregiati testi letterari come in questo celebre ed enorme volume miscellaneo del '600 = la Mummia era indubbiamente ambita in un'epoca in cui ancora l'astrologia aveva grande credito in medicina con la convinzione dell'influenza astrale anche sulle varie parti del corpo umano e risultava legata al complesso teorema in auge (come qui si vede) della "Legge d'Attrazione Universale" o "Pontenza dell'Universo" e comunque al Principio delle Simpatie ed Antipatie, sia cosmiche che intercorrenti nel microcosmo terrestre tra vegetali, animali e minerali ma non tutto era fantasia come spesso si crede: la Mummia vera, che conteneva "sostanze antisettiche" era spesso usata in associazione con l' Usnea -sostenuta per l'efficacia terapeutica dal Goclenius alias Rudolph Gockel e associata nell'elenco sterminato delle piante curative che è oggi riconosciuta quale un "oscuro presentimento della penicillina" = e del resto queste sostanze, a fronte della grave limitatezza della medicina epocale, avevano dato sul campo dei risultati come si evince per esempio da varie vicende con relative relazioni tra cui celebre quella di Fabrizio Doria Duca d'Avigliano.
Solo col tempo il trafficare in Mummie e specialmente in Mummie Effimere fu considerato reato di Sacrilegio attesa in particolare l'opera dei mangones (vista l'introvabilità delle prime per l'inaccessibilità del Medio Oriente soggetto allo stretto controllo dell'Impero Turco e quindi la necessità di contraffarle tramite profanazione dei cimiteri o peggio ancora confezione di finte mummie di individui proditariamente assassinati appunto dai mangones o dai loro sicari).

Poi, scemando queste cure e sviluppandosi pur lentamente una più moderna ed efficace medicina (vedi da manoscritto di fine '700 - primi '800), la Mummia venne dimenticata quale "oggetto medicinale" (vedi) e prese a rientrare in quel campo a lei più pertinente che è quelli dell'antiquariato, del collezionismo e dell'archeologia = a fronte di tanti nomi noti sull'investigazione in merito alle Mummie e all'Antico Egitto si ricorda qui colui che oggi è abbastanza dimenticato ma che a suo tempo ebbe fama quale il "Winckelmann francese" vale a dire Luigi Augusto di Thivac, visconte di Marcellus Plenipotenziario di Francia ma antiquario di valore, che tra altre cose esplorò e descrisse magari poeticamente la supposta Piana di Troia, che riuscì a portare in Europa quella meraviglia scultorea che era la Venere di Milo (leggi qui le vicissitudini che lo portarono a tale recupero archeologico) e che per quanto riguarda il tema qui affrontato celebrando Rodi la bella isola greca delle rose, dei canti d'amore e del ricordo dei cavalieri cristiani che la custodirono e difesero di cui molte tracce ed insegne eran state rispettate dai Turchi sì che nella Via dei Sepolcri dei Cavalieri il Visconte di Marcellus potè, commosso, scoprire lui stesso, cavaliere di Malta, l' ancora ben visibile insegna della sua casata per parte materna, lì affissa ai tempi in cui i Cavalieri di Rodi custodivano l'isola (p.323).
Ma non meno appassionato che della classicità greca egli lo fu anche dell'antico, misterioso Egitto = in questo volume delle sue Rimembranze intorno all'Oriente il Visconte di Marcellus riporta la sua ottocentesca esplorazione delle Piramidi di Gizeh e in'avventurosa spedizione visualizzò tante mummie della necropoli del popolo tebano ma è in questo suo altro volume dall'identico titolo che l'antiquario francese giunse in una pianura terribile dal lato climatico colà dove gli Egizi -nell'antichissimo "culto del corpo dopo la morte" in cui erano maestri, non mancando in seguito di influenzare anche l'ecumene romano- raccoglievano le sostanze necessarie per l'imbalsamazione sulle aride rive del Mar Morto ove raccolse i leggendari Pomi di Sodoma peraltro già descritti in antico dai Pellegrini Medievali in Terra Santa
I componenti ricercati per l'imbalsamazione nella "Casa dei Morti" erano in questo caso bitume e pissasfalto di cui a lungo dissertò il cinquecentesco Amatus Lusitanus pseudonimo di João Rodriguez de, medico israelita, professore di anatomia a Ferrara, nato a Castel Branco (Portogallo) nel 1511 e morto a Salonicco nel 1568 : nelle edizioni citato quale: Amatus Lusitanus; Ioannes Rodericus = a titolo documentario vale la pena di rammentare che, pur non trattando l'argomento specifico dell'imbalsamazione, in questo altro volume dedicato all'Egitto lo stesso Visconte di Marcellus, dimostrando la sua passione per l'Egitto, si dilunga a narrare come -dopo aver descritto con ammirazione Alessandria- si spostò a Il Cairo e una volta visualizzati laboratori pieni di incredibili manufatti egizi, visitò le Grandi Piramidi ed anche salì sulla "sommità" di quei colossi dove erano incisi tanti nomi e vide marchiati anche quelli di Napoleone e Chateaubriand (seppur scritti da mano anonima) e quindi penetrò "strisciando" nel corpo della grande piramide (metà p. 155) sin a sprofondare in un incredibile passato e finalmente poter visualizzare affascinato e incredibilmente stupefatto al
chiaror delle torce tutti i contorni del sepolcro reale (p. 156):
argomento questo su cui non mncò di esternare grande ammirazione per la straordinaria ed avventurosa
Lady Esther Stanhope -detta dagli Arabi la "Regina di Palmira"- la prima donna che esplorò la "Grande Piramide"]
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Ritornando ad Aprosio è tuttavia da integrare ancora di più il discorso in quanto il suo interesse per l'Oriente era esteso più di quanto si creda e certamente oltre le funzioni che ricopriva di Vicario (invero assai interrogativo ed incerto di rimpetto a tanti dubbi che contrastavano con le certezze altrui) della Santa Inquisizione = spinto dalla sua indocile curiosità egli provava estremo interesse anche per i segreti della Sublime Porta (cioè dell'Impero Turco) = in merito al cui immenso dominio cercava di sapere quanto più gli fosse possibile e che mediamente in Europa era svenduto come leggenda non esclusi temi di carattere esoterico che da Tepez Vlad Dracul ad Erzbeth Bathory portavano all'Europa ed alle curiosità di Maria Cristina di Svezia
Anche se oggettivamente tra le prime cose che lasciavano perplesso Aprosio era quella se il bagno nelle terme, promiscue e non, (dopo il crollo di Roma mantenute dall'Impero d'Oriente, ripristinate dal mondo arabo e rese vitali e splendenti dall'Impero turco fosse così peccaminoso come suggerirono gli anacoreti cristiani delle origini che ne condizionarono l'abolizione assoluta in Occidente = interrogativo che stava nelle sue corde di "giramondo" e che nella Grillaia avrebbero potuto portarlo sulla soglia dell'apostasia in funzione del Grillo XI non tanto per le esternazioni su una "strana gravidanza" contratta nelle terme da una fanciulla (Marziale) quanto ancor più per il fatto che mentre lascia intendere che per se stessi ma magari anche contro le malattie dell'epoca la pulizia corporale avrebbe potuto essere un gran rimedio di cui i medici d'Oriente avevano intuita la valenza egli "attaccò" un nome sacro se non intoccabile della Chiesa vale a dire San Tommaso d'Aquino che non riconobbe dietro le scusanti di famiglia l'orrore troppo frequente, e che Aprosio come Vicario dell'Inquisizione aveva visto pur senza molto poter fare contro padri-padroni o comunque maschi-padroni, il dramma dell' incesto se non delle molestie sessuali e financo dello stupro in famiglia a scapito di fanciulle e donne
Si potrebbe parlare a lungo di queste e di altre cose ma troppo sarebbe lo spazio: esse sono comunque variamente trattate nelle varie opere digitalizzate e multimedializzate di Aprosio nel sito di Cultura-Barocca.
Ma si può fare anche altro ed estendere le riflessioni: magari scorrendo anche quanto ha a che fare con l'Aprosio, un testo fascinoso quanto poco noto come le Observationes Novae de Unicornu dell'amico e corrispondente danese T. Bartholin o sul disegno di poter ricostruire il mitico viaggio verso la Persia e l'India di Alessandro il Macedone o Alessandro Bicorne: cosa che fu possibile molto dopo grazie alle imprese del Burnes = tuttavia due argomenti stavano particolarmente a cuore all'Aprosio più indocile e avido di sapere, quello che per esempio scrisse non escludendo né Oriente nè Occidente la Storia dell'Adulterio come pure la Storia della Castrazione od Evirazione alla sua epoca praticata tanto in Oriente quanto in Occidente e che lo indusse ad interessarsene in più capitoli della sua Grillaia sin da chi fu ritenuta averne inventata la pratica vale a dire Semiramide cosa che lo portò quasi inevitabilmente a fare una scherzosa disanima degli Imperatori di Roma entro questo capitolo sempre tratto dalla qui digitalizzata dello Grillaia ma in cui sotto il giuoco scherzoso in apparenza si mascherano giudizi anche forti come laddove si legge (p. 387) "...vi abborrirò più che un Diadomeniano: e quanto mi sete stata Eliogabalo, altrettanto vi sarò Severo) che non è frase casuale ma riproduce gli interrogativi che Aprosio si fece in merito all' Imperatore Eliogabalo (ma non tanto per l'istituzione che guidato dalle donne della sua Casata fece del Senato delle Donne: in effetti cosa migliore di quanto la propaganda cristiana abbia ventilato) ma soprattutto in quella sua incompresa nell'Occidente Romano "Politica Religiosa" che, reputandosi egli un Sacerdote prima che un Imperatore, lo indusse sia sposare una Vestale per generare figli simili agli Dei ed ancora pensando in seguito di progettare di "autocastrarsi" (nel senso di "castrazione sacra" per meglio servire il suo Dio): non avendone però in seguito il coraggio come ha lasciato scritto Cassio Dione Cocceiano.
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