Informatizazione di B. Durante

Il racconto dell’APPARIZIONE DELLA VERGINE AD UN UMILE CONTADINO, che sta all’origine del SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA SUL MONTE FIGOGNA (nell'immagine si vedono l'interno del Santuario, l'altare maggiore e su di esso il quadro commemorativo della miracolosa apparizione) è giunto fino a noi attraverso la tradizione popolare e una «memoria» del 1530, scritta quarant’anni dopo il misterioso avvenimento, che inizia così: «Ritrovandosi circa gli anni del Signore 1490» ...Benedetto Pareto, contadino di Livellato, era salito sul monte Figogna a raccogliere fieno per le sue bestie. Avrà avuto con sé il falcetto, che ancora oggi il contadino usa per tagliare l’erba ai margini di macchie cespugliose e in luoghi ristretti e, forse, una parte del piccolo gregge. Mentre attendeva al suo lavoro, si vide all’improvviso davanti una donna che subito non gli sembrò di questo mondo, la quale, rivolgendosi a lui con tono gentile, gli disse: «Benedetto, accostati a me e non temere, che io sono la regina del cielo e la madre di Gesù Cristo». Poi chiese al Pareto, rinfrancato dal tono affabile con cui la misteriosa visitatrice gli aveva parlato, di costruire una cappella a lei dedicata. Benedetto rispose di essere pronto a fare quanto gli era stato chiesto, ma la sua povertà, la fatica, l’essere il monte Figogna lontano dai luoghi abitati... La Vergine esortò Benedetto Pareto a non temere: sarebbe stato aiutato nell’impresa e non gli sarebbe mancato nulla. L’uomo promise e la visione scomparve «andando verso il cielo con uno splendore e li parve di vedere in sua compagnia di molti angeli... ». Il Pareto, tornato al paese, raccontò l’accaduto e rivelò alla moglie la sua intenzione di dare subito avvio alla costruzione della cappella, ma la donna lo dissuase e Benedetto dimenticò la promessa. Qualche tempo dopo, mentre era a letto a causa di una caduta, il Pareto ebbe nuovamente la visione: si ricordò allora dell’impegno a costruire una cappella sul monte e si rattristò. La Vergine lo incoraggiò con queste parole: «Sarai aiutato e soccorso per questa fabbrica da tutti». Fu così che Benedetto Pareto, qualche tempo dopo, aiutato dalla popolazione di Livellato e dalla gente della Val Polcevera, subito accorsa alla notizia dell’apparizione, costruì la prima cappella, «con grandissima concorrenza di popoli e divotione... ». La mite figura di Benedetto Pareto è ricordata a Livellato nella chiesa parrocchiale con affreschi rievocanti la misteriosa «avventura» e la costruzione della prima cappella sul monte Figogna, che incombe dall’alto sulle case sparse di questo straordinario paese. La presenza di Benedetto Pareto si fa più viva, però, nella frazione dove nacque, i Pareti, e da dove la famiglia aveva derivato il cognome. Sui resti della sua casa è stata costruita una piccola cappella, in cui si trovano una statua settecentesca della Madonna e una iscrizione che recita così: IN QueSTA MACERIE/VEDI GLI AVANZI DEL-L ABITURO IN CUI SOGGIORNAVA/QUEL BENEDETTO PARETO /AL Quale APPARVE LA REGINA DEL CIELO/IL 29 AGOSTO DEL 1490/E GLI DIE’ GRAZIA/ DI ERGERE IN ONORE DI LEI IL TEMPIO/ CHE TORREGGIA IN VETTA AL FIGOGNA. Accanto alla cappella piccola, una più grande, costruita nel 1902 in forma ottagonale, è stata recentemente decorata dal sacerdote Francesco Boccardo con affreschi che sono un capolavoro di freschezza e di immediatezza visiva. Nella volta è rappresentata la scena dell’apparizione: pochi tratti, vigorosi e a pennellate larghe, sintetizzano l’avvenimento. La Madonna non indica con la destra il luogo dove chiede le sia costruita una chiesa, ma tiene amorosamente il Bimbo tra le braccia. Il Pareto è rappresentato finalmente giovane e nello sfondo un grande sole rosso tramonta dietro la vetta del Figogna, quasi a indicare che gli eventi imperscrutabili non hanno precisa collocazione nel tempo. Nei riquadri a fianco dell’altare sono rappresentate la caduta dall’albero e Benedetto nel letto, il volto illuminato di taglio da un raggio di luce, dal quale il veggente sembra schermirsi col braccio sinistro. La moglie lasciato da parte il petulante senso delle cose pratiche, guarda anch’essa verso un punto misterioso da cui proviene la luce. Nei riquadri delle pareti il Boccardo ha raccontato, dividendole per piani orizzontali, le storie del santuario: i contadini della Val Polcevera mentre trasportano materiali per la costruzione, le due chiese, le case ospizio, i pellegrini del nostro tempo in viaggio verso la vetta. Giovanni Paolo II, pellegrino al santuario, domina il piano più basso del secondo riquadro; in alto alcuni portatori di Cristo e una processione verso la cappella dell’apparizione. Gli affreschi di questa cappella, per l’umanità del loro messaggio, sono tra le cose più autentiche e vere, ispirate dalla storia del santuario della Guardia a un artista del nostro tempo. Anche i luoghi attorno alle due cappelle conservano una primitiva semplicità: campi, boschi, qualche vigneto e case rurali in pietra vista, costruite su fascia, non del tutto guastate da inopportuni interventi di restauro. Alla cappella di Benedetto Pareto la parrocchia di Livellato si reca in processione solenne la prima domenica di settembre, «mentre il campanone del santuario, ricorda don Enea Lagomarsino, custode assieme ai parrocchiani di queste memorie, accompagna i nostri passi suonando a distesa». (Per recarsi a Livellato, basta seguire le indicazioni collocate al bivio lungo la salita al santuario, nella frazione San Bernardo. La cappella affrescata dal Boccardo si trova nella frazione Pareti, su una delle due strade che portano a Ceranesi. Per visitarla occorre accordarsi col parroco di Livellato).
GLI EX VOTO
I più antichi ex voto del Santuario di cui si ha memoria sono probabilmente certi quadri raffiguranti guarigioni miracolose, che i confratelli della «Compagnia» della Guardia volevano appendere in chiesa nel 1655, contro il parere dell’autorità ecclesiastica, la quale si opponeva perché «in detti quadri vi erano molte cose de’ quali non constava giuridicamente, ciò non ostante detti Confratelli l’hanno fatti portare alla (...) chiesa, o sia Capella di N.ra S.ra della Guardia e senza mia licenza, né darmene notizia l’hanno affissi in chiesa, ripartendoli per la detta Capella in qua et in là». Così dichiarava il 10 settembre 1655 il rettore della chiesa di Livellato Francesco M. Bacigalupo, dal quale dipendeva la chiesa del monte Figogna, al Vicario episcopale, testimoniando sotto giuramento sullo stato del Santuario, specialmente sulle immagini esposte in esso dai Confratelli della Compagnia. Questa testimonianza è rivelatrice di rapporti non facili fra l’autorità ecclesiastica, che procedeva con la dovuta cautela di fronte a fatti ritenuti miracolosi, e i membri della confraternita, che di lì a pochi anni verranno diffidatidal card. Durazzo a iscrivere nuovi soci, non essendo da loro osservato il regolamento su cui si reggeva il sodalizio. Ex voto sono anche i Santuari di Bavari, fondato nel 1623 in seguito alla promessa di due coniugi, e di Gavi (voto di Giacomo Bertelli durante l’assedio austriaco del 1746). Un interessante ex voto, che i visitatori del Santuario non potranno vedere fino a quando non sarà istituito un museo, in cui conservare ed esporre al pubblico cimeli, documenti, testimonianze, arredi sacri ecc., è un calice in argento del 1750, opera di argentieri genovesi, donato al Santuario dai mulattieri di Genova, impegnati al Servizio della Spagna, durante la guerra del 1747. Datati dal secolo XVIII ai giorni nostri, gli ex voto visibili oggi nel Santuario costituiscono un importante capitolo nella storia della devozione alla Madonna della Guardia. Radunati nel locale contiguo alla chiesa (i più antichi non sono esposti), costituiscono la testimonianza più viva e immediata della pietà dei fedeli e dell’intervento della Vergine a loro conforto. Non si può dunque ridurli solo a un momento del grande capitolo dell’antropologia culturale, essendo pur essi una testimonianza della fede, specie dei poveri, nell’aiuto e nell’intervento della Vergine. Gli ex voto del Santuario possono dividersi in tre gruppi: oggetti d’uso, fisicamente coinvolti nell’intervento miracoloso; documenti fotografici; immagini plastiche e pittoriche. Merita soffermarsi soprattutto su queste ultime, non per attribuire ad esse un interesse artistico, che non hanno, quanto piuttosto per comprendere il modo con cui esprimono il loro messaggio e la loro caratteristica di documento sulla sofferenza umana, che trova nella Madonna della Guardia il fondamento della sua speranza. Comuni a tutti gli ex voto sono infatti da una parte l’intervento a difesa dei devoti, con la Vergine quasi sempre rappresentata in alto, nell’iconografia tradizionale dell’apparizione, e dall’altra la negatività delle potenze esterne: la malattia, l’imprevedibile, i naufragi, la natura ostile, la malvagità dell’uomo. Come gli ex voto di tutti i santuari, quelli della Guardia appartengono più alla categoria artigianale che a quella artistica, essendo la motivazione estetica estranea sia all’intenzione del donatore che all’abilità dell’esecutore, Psicologia elementare e tecnica naive nelle tavolette ex voto sono quasi sempre ben coniugate. Il loro messaggio è perciò immediato e realistica è la scena dell’evento straordinario, nonostante gli autori ignorino spesso sia le leggi della prospettiva che quelle dell’anatomia e nulla sappiano della civiltà figurativa a loro contemporanea. Gli ex voto della Guardia, salvo pochi, non escono dunque dalla bottega di pittori più o meno grandi e «ufficiali», essendo i committenti per lo più poco illustri, e bastando ad essi il modesto intervento del pittore locale, capace di descrivere con diligenza e senso realistico l’intervento divino, su una tavoletta destinata a venire appesa, a perpetua memoria, alle pareti del santuario.
I QUADRETTI VOTIVI del SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA vanno però ben oltre queste considerazioni generali sulla «categoria», essendo anche documenti dell’umana pietà che illustrano mondi diversi, eppure legati alla multiforme realtà della storia sociale ed economica della terra ligure. Tra essi vi sono dunque gli ex voto dei marinai, che raccontano la poetica e terribile leggenda di antichi velieri, in lotta con le forze scatenate della natura; dei CARRATTIERI e degli ADDETTI ALLE ATTIVITA' DI SOMAGGIO della Val Polcevera e della Val Bisagno (ma latresì d'altre contrade liguri) messi a dura prova da strade infide e dalle impennate degli animali da traino. Vi sono poi i protagonisti della «storia della fatica» e della pazienza, i contadini, impegnati nei lavori dei cicli stagionali. Un ex voto, ispirato al mondo rurale della Val Polcevera di fine Ottocento è particolarmente efficace per il modo con cui riassume, su un unico quadro, forse per ragioni economiche, tre momenti delle attività agricole. Nel primo assistiamo alla potatura degli alberi: è primavera e si vede dal colore verde tenero delle foglie e dell’erba; nel secondo alla raccolta dei frutti, in cui tutta la famiglia è coinvolta, anche nella disgrazia; nel terzo riquadro sono le attività connesse all’allevamento del bestiame a dominare la scena, con quell’animale caduto nella scarpata e la corda che ancora lo sostiene, grazie al punto forza dell’albero... Una piccola sequenza di vita, piena di calore e di ingenua freschezza, malgrado il momento della sciagura s’imponga con forza. Vi sono i mugnai, i fabbri, i carpentieri, i muratori, i viandanti caduti in trappole banditesche, i soldati di tutte le guerre, le categorie «borghesi», anch’esse chiamate a fare i conti con la malattia, in stanze dove i segni ostentati del benessere non riescono a coprire la tristezza dell’ora presente. Vi sono soprattutto i bambini, ieri come oggi esposti ai rischi del quotidiano e della loro scanzonata vivacità. Sullo sfondo di molti casi umani, ci sono il paesaggio ligure, la villa nobile con loggia sul poggio a solatio, le case contadine sulle fasce sorrette da muri a secco, le facciate delle case della periferia cittadina nel XIX secolo, con le insegne dei negozi, le vecchie osterie, i tram a cavalli. Si dice che la tradizione delle tavolette ex voto sia finita assieme con la cultura contadina. Può essere. Può darsi soprattutto che i modelli di vita del nostro tempo, fondati sul benessere economico a tutti i costi, sul culto della salute fisica e della personalità, sul bisogno perciò di esorcizzare in tutti i modi l’idea della disgrazia, della malattia e della morte, abbiano contribuito a decretare la fine di forme espressive semplici e spontanee. Tuttavia, tra gli ex voto del Santuario, ce n’è uno dei nostri giorni, festoso, divertito e persino ironico, forse dipinto da un ragazzino di scuola media. Rappresenta una scolaresca, che assiste atterrita al volo di un compagno nel vuoto delle scale. Il bimbo, che nella caduta è riuscito a rompere – recita la scritta – una lastra di marmo, esce incolume dall’incidente. In alto, sulla sinistra, la Madonna della Guardia e il Bimbo ridono felici
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