Informat. a cura di B. Durante

Nell'immagine si vedono incisioni su una clavicola di bambino scoperte durante gli scavi nella GROTTA DI FONTBREGOUA NEL VAR : l'ammasso in cui si trovava quest'osso conteneva i resti di sette persone: quattro bambini o adolescenti e tre adulti












SUL CANNIBALISMO ESISTE UN DIBATTITO APERTO, COME CI HA LASCIATO SCRITTO ELENA ROSSI IN UN SUO SAGGIO QUI RIPORTATO : E' TUTTAVIA FUOR DI DUBBIO CHE, ALCUNE RECENTI INVESTIGAZIONI ARCHEOLOGICHE IN PROVENZA, HANNO PERMESSO DI FORMULARE, CON PLAUSIBILE FONDATEZZA, L'IPOTESI, AVVALORATA DA OPPORTUNE RELAZIONI SCIENTIFICHE (QUI E' RIPRODOTTA PARTE DEL TESTO DI HENRY DE SAINT-BLANQUAT, I NOSTRI ANTENATI CANNIBALI, IN "NUOVA SCIENZA", APRILE, 1987, N.4, P.44 E SEGG.) CHE L'ANTROPOFAGIA SIA STATA, TRA ALTRI SITI, PRATICATA CIRCA SEIMILA ANNI FA IN UNA GROTTA DELLA PROVENZA PRECISAMENTE A FONTENBREGOUA NELL'AREA DEL VAR













"Di CANNIBALI e CANNIBALISMO (il termine "cannibale" deriva dal nome Caníbales dato dagli Spagnoli a molte tribù di nativi americani diffuse nell'America centrale e meridionale) parlano Erodoto e altri storici dell'antichità classica; Marco Polo, nei suoi racconti di viaggio, riferisce di tribù cannibali dal Tibet a Sumatra. Più fonti attribuiscono rituali di cannibalismo tra gli Aztechi e tra molte popolazioni native d'America, nelle isole Fiji, in Australia, Nuova Zelanda e Africa. Ma quali prove abbiamo mai avuto dell'esistenza di queste pratiche, per non parlare della loro diffusione e del loro significato? Per alcuni scienziati, nessuna, solo testimonianze indirette e racconti leggendari. Per altri, testimonianze attendibili e reperti ossei che non lasciano dubbi. Dato che il cannibalismo è ormai scomparso in tutto il mondo, nuove interpretazioni possono venire solo da altri ritrovamenti e da nuovi strumenti d'analisi, ma intanto il dibattito continua tra scettici e convinti. Cerchiamone le tracce in rete. Innanzitutto bisogna dire che il dibattito è venuto alla ribalta negli ultimi vent'anni, e in particolare dopo la pubblicazione, nel 1979, del saggio dell'antropologo William Arens, dell'Università di New York, Man Eating Myth: Anthropology and Anthropophagy. Fino a quel momento era accettato più o meno universalmente che fin dai tempi del neolitico alcune popolazioni avessero praticato il cannibalismo, vuoi per sfamarsi, vuoi per motivi magico-religiosi, legati al culto dei morti o a un'economia di guerra. Arens è il primo a chiedere prove concrete di tutto questo e a smantellare una per una quelle ritenute tali: in pratica riduce tutto a un mito. Più o meno negli stessi anni un altro antropologo americano si schiera sul fronte opposto di Arens. Marvin Harris, esponente di un "materialismo culturale", è autore di diversi libri sul cannibalismo (Cannibals and Kings. The Origins of Culture, 1977, Good to Eat: Riddles of Food and Culture, 1985), in cui raccoglie testimonianze e introduce il concetto di "Warfare cannibalism", sostenendo che gli Aztechi si cibavano dei nemici perché non avevano convenienza a farli prigionieri. Tra le situazioni estreme in cui si è parlato di cannibalismo, ricordiamo la spedizione di sir Franklin, partita nel 1845 per cercare il passaggio a NordOvest, di cui non si seppe più nulla. Trovare le prove richieste da Arens non è uno scherzo. Le testimonianze dirette sono scarse e contestate e ormai non sono più possibili, visto che il cannibalismo è scomparso in tutto il mondo - almeno su questo sembrano concordare tutti. Ci sono stati, è vero, casi che hanno suscitato grande impressione, come quello rimasto famoso con il nome di Donner Party, di un gruppo di coloni rimasti isolati verso la metà dell'800, mentre erano in viaggio verso la California, quello dei giocatori di rugby precipitati con l'aereo sulle Ande nel 1972, o casi patologici come quello del serial killer Jeffrey Dahmer, ma si tratta di situazioni estreme. Questo ci dice che situazioni estreme di tal genere possono essersi verificate più volte, in tempi e luoghi diversi, e aver così dato origine a miti e leggende, ma non testimonia il fatto che il cannibalismo sia stato una pratica, per quanto rara, diffusa tra molte popolazioni. Quanto ai resti umani trovati in grotte preistoriche, mischiati a ossa di cervo o di altri animali, che presentano fratture, bruciature e segni di denti, gli scettici sostengono che tali segni possono essere stati procurati da animali o da ferite in battaglia, oppure che si tratti di corpi riesumati e sottoposti solo in seguito a tali pratiche.
[Mentre fra i siti europei dove sono stati ritrovati resti ossei che fanno pensare al cannibalismo c'è quello Sierra di Atapuerca in Spagna] tra i reperti più interessanti ci sono quelli trovati nel territorio abitato dal Pueblo Anasazi tra il 1150 e il 1200 d.C. Siti simili sono numerosi in quella zona e uno dei primi ad avanzare ipotesi di cannibalismo fu il bioarcheologo Christy G. Turner, nel 1967, ma venne accolto con incredulità. Nuove prove cominciano ad arrivare nei primi anni '90, quando vengoro esaminati al microscopio elettronico resti umani rinvenuti in un altro sito abitato dagli Anasazi, nei pressi di Mancos. Oltre a chiari segni che tali ossa sono state sottoposte a cottura, è stata trovata anche una pentola con residui di mioglobina umana, una proteina presente nel cuore e nei muscoli scheletrici (cioè quelli volontari). A partire da questi reperti, Tim White, direttore del Laboratorio di Studi sull'Evoluzione umana all'università di Berkeley e uno dei massimi esperti dell'analisi dei resti ossei, ha messo a punto una metodologia per analizzare le modifiche caratteristiche del cannibalismo e ha pubblicato i risultati delle sue ricerche nel libro Prehistoric Cannibalism at Mancos (1992). Più recentemente, White è stato interpellato anche nell'analisi dei resti rinvenuti nella grotta di Moula-Guercy, nella regione dell'Ardeche, in Francia, abitata da neanderthaliani (tra i 35 e i 125 mila anni fa). Qui un'équipe di archeologi francesi e americani ha scoperto OSSA UMANE che recano tagli e fratture simili a quelle degli animali macellati. Questa scoperta confermerebbe quella fatta verso la fine del 1800 nel sito di Krapina, in Croazia, anch'essa abitata da neanderthaliani.
Un'altra delle prove a sostegno del cannibalismo è quella legata alla presenza di una malattia, detta kuru, tra i Fore della Nuova Guinea. Si tratta di un morbo che attacca il sistema nervoso, trasmesso da un prione simile a quello responsabile del morbo di Creutzfeldt-Jakob. Studiando tale malattia negli scimpanzè, il Nobel Carleton Gajdusek giunse alla conclusione che era causata dal cannibalismo e in particolare dall'ingestione del cervello. Alcuni etnografi, tuttavia, non sono convinti di questa spiegazione e sostengono che il contagio può avvenire tramite contatto con i cadaveri e non necessariamente per ingestione di carne umana.
La domanda è legittima soprattutto nell'America del "politically correct". Se è vero infatti che difficilmente un europeo si scandalizzerebbe al pensiero che gli abitanti della grotta di Moula-Guercy fossero cannibali, è anche vero che questo succedeva un centinaio di migliaia di anni fa e che, in fondo, i neanderthaliani erano solo lontani cugini dei progenitori dell'uomo. Diverso è dire che gli Anasazi erano cannibali. Intanto si parla solo di poche centinaia di anni fa e poi questo pueblo è stato preso dalla corrente New Age come simbolo di pace e di vita in armonia con la natura. Una scoperta che ribalti questa concezione potrebbe danneggiare oggi i loro discendenti, che sono una delle tante minoranze etniche a rischio di estinzione? Gli Anasazi sono stati coinvolti nelle ricerche e alcuni capi religiosi hanno assistito di persona alle analisi per poi seppellire le ossa secondo i loro riti. Il parere di alcuni nativi americani, intervistati, è che il cannibalismo sia effettivamente stato praticato, ma solo all'interno di rituali religiosi"[Elena Rossi, Chi ha paura dei cannibali?, in "Erewhon - la rivista di URL" - arti, letteratura, scienze", novembre, 2002]










"...Gli studiosi erano diventati scettici se non a proposito dell'antropofagia preistorica in sé almeno circa i mezzi per rivelarla. Quali condizioni si dovevano rispettare?
I ricercatori di Fontbrégoua si sono interessati al problema quando nel 1984 hanno iniziato a liberare gli strati del neolitico antico, cioè a osservare le tracce lasciate dai contadini di sei-settemila anni fa.
E proprio allora, infatti, hanno cominciato a trovare
OSSA UMANE con ossi animali consumati.
Nella CAVERNA [DI FONTBREGOUA] non mancano gli strati archeologici.
Fontbrégoua offre addirittura una delle stratigrafie più complesse e notevoli di Francia per la fine della preistoria.
In fondo alla GROTTA, il terreno scavato digrada a iivelli sino a un grande scavo rettangolare.
Jean Courtin, direttore delle ricerche dal 1970, ha inaugurato nel '73 un grande sondaggio per vedere dove 'si andava a finire'.
Lo zoccolo roccioso fu raggiunto soltanto nel 1981, undici metri sotto il suolo attuale.
Di questi undici metri, dieci erano costituiti dal sovrapporsi di strati archeologici che appaiono come una sorta di millefoglie nelle sezioni e nel sondaggio.
La caverna contiene dunque dapprima quattro metri di neolitico (oltre quaranta strati), quindi tre metri di mesolitico e di epipaleolitico e, in fondo a tutto, tre metri di paleolitico.
Quante chiavi laggiù, per diecimila anni di preistoria. Sotto un vestibolo alto pochi metri, appare innanzi tutto un terreno del neolitico medio (Chasseen quarto millennio) con i resti di un grosso muro e tracce di cenere.
Più in là, lo sgombero è ulteriormente affondato: un gradino di circa un metro mette in luce un terreno più antico di circa mille anni, che risale alla fine del neolitico antico.
Vi appare la sommità di due fosse circolari e proprio a questi livelli sono state scoperte le 'indiziate' pratiche alimentari.
Nello strato 39 èapparsa un'area di smembramento di cinghiale.
Nello strato 40, tra ossi di suidi cinghiale) e di bovidi, affiorano alcuni frammenti di cranio umano.
Si scende ancora, e lo strato 41 mette in luce, riunite in una piccola conca vicina alla parete, un bel mucchietto di ossa umane spezzate. In piccolissimi frammenti e schegge che gli archeologi Paola Villa, Jean Courtin e Daniel Helmer hanno ricomposto in laboratorio.
Finora si rimontavano selci e ceramiche, ma non gli ossi.
Ma una volta ricomposti questi ultimi, appaiono dei segni sorprendenti: recano tutti tracce di percussioni violente e incisioni fatte con selci.
Queste scanalature, oggi ben note in archeozoologia, sono dovute al lavoro di smembramento e di scarnificazione sulla bestia abbattuta.
Le vediamo a Fontbrégoua sugli ossi di altri ammassi rinvenuti a questo livello e in livelli vicini: ossi di montone e di animali selvatici, cinghiali e altri. Ossi animali e umani sono disposti in piccole conche simili e denunciano le medesime caratteristiche.
Posti spesso al margini dell'habitat, questi ammassi costituiscono i resti di qualche individuo e non sono stati collegati a nient'altro rinvenuto al di fuori della fossa.
Corrispondono dunque ciascuno a una sola operazione di macello, pulitura o rigetto.
Sfruttati e consumati questi animali (o umani), se ne riunivano i resti per metterli in una minuscola cavita fatta apposta nel terreno.
Lo studio è stato dedicato a dieci ammassi di animali e tre di uomini ma ce n'erano senz' altro di più.
Le osservazioni fatte durante gli scavi ci inducono a pensare che molti siano stati dispersi nel tempo dagli abitanti stessi della GROTTA.
Il trattamento analogo riservato ad ossi animali e umani ci dà perfino delle percentuali vicinissime di segni sugli ossi della stessa categoria! Non sono interpretazioni gratuite.
I paletnologi si sono procurati capre e montoni e li hanno spogliati della carne con lame di selci e asce di pietra, avendo preso ovviamente già qualche lezione.
Non erano i primi a sperimentare in questo modo.
Paul Shipman negli Stati Uniti ha già fatto analisi con il microscopio elettronico a scansione per studiare le tracce sugli ossi.
Così procede oggi la ricerca.
Si distinguono quindi i segni dovuti al lavoro della selce, perciò agli uomini, da quelli lasciati dai denti di animali.
Sugli ossi di animali e di umani, le incisioni di scarnificazione richiamano nella maggioranza dei casi esattamente le stesse operazioni. Mancano inoltre certe parti dello scheletro e sopra tutto le estremità.
Non sono stati trovati né piedi né mani, né polsi né caviglie.
Allo stesso modo non ci sono le estremità delle zampe dei montoni e dei cinghiali.
E qui è d'obbligo una conclusione: in che modo ai montoni e alla grossa selvaggina, aicorpi umani si tagliavano le estremità prima di trasportarli nella caverna e smembrarli.
Umani o animali, tutti gli ossi dal midollo sono stati spezzati e in parecchi frammenti.
Dei 107 pezzi che racchiudeva uno degli ammassi di ossa umane, 88 erano lunghe schegge ed è stato possibile identificarle soltanto ricomponendole.
Ciò dimostra un consumo accurato.
Che nulla vada perduto: le vittime, almeno sei, sono state mangiate fino al midollo proprio come gli animali.
Questo modo di trattare le ossa umane esattamente come quelle di cui ci si nutriva e uno dei principali argomenti in favore dell'antropofagia.
Ciò non significa che queste genti del Cardial, intorno al 4000 prima della nostra era, mangiassero gli uomini proprio come i montoni, tutte le settimane per esempio, e senza troppa attenzione.
Vi sono indizi che l'uomo non fosse per l'uomo consumo normale.
I crani umani sono stati sottoposti per esempio a un trattamento che non ricevevano quelli di montone o di cinghiale.
Alcuni, otto in tutto, sono stati messi da parte in una specie di nicchia, cosa che non si faceva per gli animali.
I crani umani recano, oltre alle tracce lasciate sull'osso dalla pelle strappata e dall'blazione della lingua, altri segni di scarnificazione: al posto dei muscoli mastoidei, dei temporali e della faccia.
Perché non sono stati scarnificati del tutto? L'osservazione ci riporta a vecchissime storie.
Questi crani sono stati trofei o oggetti rituali? Erano crani di stranieri? L'interrogativo si deve porre comunque.
Ma c'e un'altra differenza.
Questa pratica non si effettuava spesso.
I resti umani rinvenuti a Fontbrégoua sono in numero infimo in relazione al resti di animali.
Il consumo di uomini deve essere stato eccezionale.
Gli studiosi hanno ora la prova che là si sono mangiate dieci persone in due o tre volte (tre ammassi in due livelli) verso gli anni 4000 e 3700 prima di Cristo secondo la cronologia del carbonio 14 non calibrata.
Sanno che devono essere state mangiate altre persone poiché sono stati rinvenuti altri resti umani, non ancora analizzati, e poiché ci sono indizi di ammassi scomparsi.
Ora ci placerebbe estendere l'indagine - commenta Jean Courtin - e vedere se con osservazioni stratigrafiche finissime è possibile rintracciare una certa periodicità.
Finora le GENTI DEL CARDIAL erano note come i primi contadini stanziati sul territorio francese.
I primi o quasi, dato che sembra ce ne siano stati altri, importatori di una ceramica diversa.
Ma è il Cardial con le sue CERAMICHE lavorate con la conchiglia di Cardium che si diffonde nel Mezzogiorno mediterraneo nel sesto e quinto millennio.
Vediamo queste genti come dei contadini, coltivatori di grano o di orzo, intenti ad allevare montoni e capre.
Andavano anche molto a caccia.
La carne proveniva ancora quasi per la metà da cervi, cinghiali e altri animali.
Jean Courtin aveva sottoposto a scavi i resti di un loro villaggio in Vaucluse, a Courthezon.
Che questi uomini tutto sommato abbastanza miti siano i primi cannibali accertati della preistoria ci sorprende.
Non appena l'articolo 'Cannibalismo nel neolitico' è apparso su Science alla fine di luglio, i giornali hanno preso d'assalto l'argomento e gli autori.
Paola Villa, la ricercatrice italiana che con Jean Courtin dirige questi lavori ed è occupata all'università di Boulder, ha dovuto concedere una trentina di interviste.
In Francia, Jean Courtin posava nella sua caverna per i rotocalchi rifiutandosi però energicamente di ammettere che il cannibalismo era consistito in sacrifici di fanciulle.
L'ammasso scoperto nel 1984 conteneva i resti di tre adulti e di quattro bambini.
La vampata di interesse dei media si è concentrata infine su un unico aspetto delle ricerche che trascura gli altri.
Ma Fontbrégoua è quasi un mondo compiuto.
Gli scavi portano novità e sorprese in numerosi campi e per almeno tre epoche della preistoria.
Innanzi tutto su questi cannibali già famosi o meglio su questi primi contadini, per cui il cannibalismo era forse soltanto una specie di incidente.
Sono davvero sorprendenti le fosse scavate negli strati del Cardial, forse le più antiche strutture di immagazinamento conoscipte, in Francia.
Prima, nel mesolitico, simili strutture erano ignote.
Le società di raccoglitori-cacciatori che hanno praticato lo stoccaggio sono un'eccezione mentre si trattava invece di un'attività comune per i contadini.
Fin dal loro insediamento nella caverna le genti del Cardial scavano parecchie fosse.
L'abitudine prosegue ma non si tratta di semplici buchi. Sono fori circolari, con un diametro di circa cinquanta centimetri, all'interno possono essere spalmati di un intonaco biancastro, riconosciuto dal sedimentologo Jacques Elie Brochier come un amalgama di calce (nota ovunque a quell'epoca) su un'armatura di rami intrecciati.
Tali fosse costituiscono quanto si chiama 'insiemi chiusi'.
Come gli ammassi di ossi nella loro cavità, rappresentano dei momenti ben circoscritti, riflettono azioni precise e possono essere studiate per se stesse.
E' una sorta di eccezione per i siti nelle grotte i cui strati calpestati senza posa, sfruttati e ripuliti nel susseguirsi delle occupazioni offrono in generale piuttosto delle vedute medie che elementi bene isolati come se ne trovano nei siti all'aria aperta.
Questi insiemi chiusi sono esaminati con sempre maggiore attenzione.
Didier Binder, dell'equipe di Jean Courtin, ha cominciato a studiare la stratigrafia interna di queste famose fosse e ha visto che, dai silos che erano prima (vi sono rimasti dei semi), sono state usate come fosse di rigetto e quindi colmate.
Appariva dunque una vita organizzata.
Buche dove si stivavano ossi di bestie consumate, eccezionalmente di umani, crani bene allineati a parte, fosse prima per i semi e quindi per gli scarti.
Le faccende della vita venivano già tenute in mano con fermezza, eppure era solo un inizio.
Dopo di loro, altri contadini dovevano mostrare un'organizzazione piu spinta e un dominio più vasto sull'ambiente.
Lo CHASSEEN è la principale cultura neolitica del quarto millennio in Francia.
Si conoscono grandi villaggi circondati da palizzate dalle parti di Tolosa e nella Drome.
Fontbrégoua offre qualcosa di diverso.
Con le sue selci e i suoi terreni, la GROTTA ci consente di percepire un'organizzazione dello spazio: le selci lo mostrano per quanto rigurda la regione, i terreni per l'habitat in sè.
Esaminando gli utensili e le schegge è a volte possibile identificare la provenienza del materiale di cui sono fatti.
Ci si basa sul colore, il seme, i microfossili inclusi nella pietra.
Si delineano le 'strade della selce ' in seguito alla prospezione dei vari giacimenti diuna regione.
Gli Chasséen di Fontbrégoua hanno pertanto utilizzato due specie di selce nessuna delle quali può essere di origine locale per la semplice ragione che in questa regione non c'è selce.
Hanno tagliato una selce scura e una chiara, ed entrambe sembrano venire di lontano.
La Provenza è stata percorsa in ogni senso dai geologi e la maggioranza dei giacimenti individuata.
La selce bruna di Fontbrégoua, secondo Binder e Courtin, potrebbe venire dai giacimenti della valle del Largue, non lontano da Forcalquier, e la selce 'bionda' da Vaucluse.
In entrambi i casi ciò rappresenta più di cento chilometri in linea retta.
Sì, il materiale doveva proprio percorrere tutto questo cammino.
Non si sa quale fosse il sistema di approvvigionamento, se gli abitanti della GROTTA facessero tanta strada da sé o se esistesse un mezzo di scambio.
E' certo comunque che la maggioranza degli utensili è stata molto usata.
Spesso sono stati riadattati su altri attrezzi rotti. Si faceva economia.
Nemmeno il calcare duro dei braccialetti era di origine locale, poteva venire dal Verdun, una trentina di chilometri a nord.
E' stato portato qui grezzo e si fabbricavano i braccialetti sul posto, alcuni dei quali, rotti in fase di lavorazione, sono stati abbandonati così com'erano.
Infine, le rocce dure di cui sono fatte le asce levigate secondo Monique Ricq devono essere di provenienza alpina.
Ecco dunque disegnarsi una autentica rete di approvvigionamento per queste materie prime, che nel periodo precedente non esisteva.
Sono metodi diversi che ci consentono di cominciare a intravedere l'organizzazione dello spazio all'interno della GROTTA, innanzi tutto per il sistema di scavo.
Dal 1985 al 1986 è stato liberato un muro a grossi blocchi non squadrati che percorre la GROTTA tagliandola obliquamente; separa il portico d'ingresso dalla sala centrale, due zone dove i resti non sono gli stessi.
Sotto l'atrio, troviamo molte seici e pochi ossi mentre nella sala la pietra è rara e gli ossi abbondanti.
Qui si trova una grande quantità di denti di giovani animali.
Senza dubbio il bestiame era parcheggiato da questa parte chiusa dal muro, la sala centraie era un ovile.
J.-E. Brochies ne ha analizzato i sedimenti.
Vi sono concrezioni a elevato tenore di fosfati che sono resti di letame.
Sul davanti, prima del muro, il sedimento non è lo stesso.
Si vedono concentrazioni di ceneri alle quali si mescolano cocci di vasi, pietre bruciate, lamine di selci: è il settore della gente. Qui gli ossi non si trovavano che sotto forma di schegge.
Si traccia dunque un po' lo stile di vita degli Chasséens.
Vorremmo evidentemente saperne di più. Sapere per esempio dov'era la loro base, questo villaggio forse circondato come altrove da una palizzata, da dove in certe stagioni partivano per condurre le greggi in altre terre.
La GROTTA non poteva essere un habitat permanente, ammesso ciò che sappiamo di questa civiltà.
L'equipe di Courtin cerca di ritrovare un'organizzazi'one regionale, un villaggio, habitat stagionali...
Si cominciano a esplorare altri siti, se ne prevedono alcuni dove si pensa che le genti di Fonthrégoua avessero le basi.
Ma prima? Prima dei contadini, la GROTTA era già frequentata.
Per i millenni del mesolitico, fra il tempo più freddo dei cacciatori paleolitici e i 'tempi nuovi' degli agricoltori-allevatori, la GROTTA ha del resto già dato informazioni sorprendenti.
La superficie scavata sul fondo della GROTTA, un alto gradino più giù, non è grande ma ha dato un'idea di quanto consumassero i cacciatori che passavano di qui da otto a diecimila anni fa.
E' paradossale, ma sotto gli strati che ci hanno fornito le prime prove di un cannibalismo preistorico, eccone altri in cui sembra si siano consumati soprattutto dei vegetali.
Fontbrégoua, infatti, fa parte di quei rarissimi siti mesolitici che hanno consegnato semi carbonizzati.
Ve ne sono in quantità: vecce, lenticchie selvatiche, cicerchie indicano che quell'epoca di cacciatori lo era almeno altrettanto di raccoglitori.
Senza dubbio, i mesolitici che passavano dalla GROTTA andavano anche a caccia di piccioni o di piccoli mammiferi, ma l'abbondanza dei semi carbonizzati ci lascia pensare che i vegetali avevano un ruolo di primo piano nell'alimentazione.
Ci si è anche chiesti se ciò non significasse un addomesticamento di piante anteriore all'agricoltura.
Forse a Fontbrégoua, come all'Abeurador scavato da Jean Vagner nell'Herault, si attuava già una sorta di selezione.
Ad ogni modo è una delle questioni che si dibattono da qualche anno.
Cacciatori che mangiavano legumi, allevatori che mangiavano (pure) carne umana, gente di campagna che percorreva il paese sino a oltre cento chilometri di distanza, ecco almeno tre sorprese.
A Fontbrégoua forse ce ne saranno altre.
Il sito è oggetto di scavi già da sedici anni e i suoi dieci metri di sedimenti possono alimentare la Preistoria ancora per un tempo altrettanto lungo.