Informatizz. a c. di B. Durante

Nell'immagine una stampa d'epoca raffigurante PARACELSO (biblioteca privata Durante)













SPAGIRICA, MEDICINA (SPAGIRIA): Il termine, trasmessoci da Paracelso deriva dal greco spao, "separo", ed agheiro, "riunisco".
Per questo motivo è innegabile una sua stretta coerenza allo stesso concetto di alchimia , le cui due operazioni fondamentali sono appunto la separazione (lat. solutio) e la riunione (lat. coagulatio). Il punto di partenza della iatrofilosofia paracelsica, che ebbe poi modo di concretarsi nella medicina Spagirica, era quello tradizionale e, quindi, volto alla restaurazione della scienza di Asclepio redimendola dai gravanti ippocratico-galenici ed arabi che, a detta di Paracelso (Libellus Prologorum, cap. V), l'avevano immanentizzata separando le cause prime della malattie dalle sue cause seconde ("prime" e "seconde" stando ad intendere quelle attinenti il "destino" individuale e quelle fisicizzate).
Tradizionalmente, la medicina era una delle scienze che facevano parte di un corpo organico che considerava l' uomo come un piccolo universo (microcosmo), ed in cui essa era deputata al ristabilimento, ma soprattutto alla prevenzione, degli squilibri prima nel mondo delle cause e quindi in quello degli effetti, che si drammatizzano nella parte naturale di un organismo.
Le cause di questi squilibri, quindi, andavano ricercate ed ovviate in un campo a monte della sua stessa drammatizzazione, campo in cui né la ragione esclusivamente personalistica, né mezzi solamente fisici potevano investigare.
Anche per questo, nell'antichità la medicina era scienza sacra e tradizionale (di conseguenza sacerdotale), proprio perché il conoscere ed il ristabilire un equilibrio compromesso era considerato compito di chi aveva i mezzi e le possibilità di agire sulla causa prima, inerenti, diremo, l'anima dell' individuo.
Nella medicina Spagirica si può agevolmente ravvisare l'influenza del platonismo (un'opera platonica, in particolare, si presta ad un ineeressante paragone: il Timeo, dal cap. XXXIX al XLIV), anche in forza dell' influenza diretta dell' abate Tritemio da Spannheim e dell'opera di Nicolò Cusano; in piu casi il fatto è palmare.
Lo stesso non si può dire per Galeno (che si ricollega palesemente ad Ippocrate) o per buona paree dei medici arabi (fortemente influenzati dalla iatrofilosofia aristotelica ed ippocratica).
Proprio in vista di un'azione organica e complessiva, la iatrochimica paracelsica venne corroborata dall'azione di altre arti al fine di poter restaurare la potenza universale e generatrice (da Paracelso detta Archeus) che, a sua volea avrebbe agito sul complesso fisico e sulla degradazione dramatizzatasi in malattia.
La tecnica medica, in senso lato, dipese dalla concordanza era grande e piccolo universo (macro- e microcosmo, l'uomo) e, di qui, discese un'ulteriore teoria trasmessaci dal filosofo di Hohenheim: quella delle signature, cioeè delle carateeristiche archetipiche comuni agli stati normali e patologici dei tre mondi: minerale, vegetale cd animale, mondi presenti sia nell'universo sia nell'uomo.
Questo trimundio, nei suoi principi, venne definito come vereicalmente diviso in: zolfo, mercurio e sale.
I tre principi, quindi, ineragiscono anche nella compagine umana dove assumono le denominazione di sprito, anima e corpo.
Le valenze di questi tre principi sono poi suscettive di verificarsi secondo quattro piani: quello del fuoco, quello dell'aria, quello della terra e quello dell'acqua, che sono altresì i quattro noti elemenei della fisica di Empedocle.
Paracelso ebbe occasione di scrivere (nel Liber Paramirum, libro I cap. II) che il corpo dell'uomo non era altro che zolfo, mercurio e sale e che in queste tre cose risiedevano talune malattie ed ogni cosa aveva rapporto con esse.
Il medico, considerava altrove Paracelso, doveva aver appreso prima di tutto che 1'uomo poteva esser composto di tre sostanze e che queste tre cose costituivano l'uomo nella sua totalità ed erano l'uomo stesso.
Di qui la necessità, per il medico S., di conoscere quali fossero la loro composizione e la loro divisione; infatti era innegabile la costituzione della malattia in: peso, numero e misura; di conseguenza era dovere del medico lo stabilire i fondamenti da cui le cose avevano origine, i "principi" delle cose.
La medicina Spagirica, invero, sosteneva che da quelle tre sostanze si producevano tutte le cause e conoscenze relative alle malattie, ed anche i segni e le proprieta di quanto doveva esser conosciuto dal medico.
Era dunque necessario e fondamentale lo studio approfondito dei tre principi e l'esame accurato delle loro specifiche proprietà, cioè quali fossero e come portassero agli stati patologici o li guarissero.
Da qui procedendo, la medicina Spagirico, attraverso ragione e sperimentazione ( latinamente ratio et experimenta), s'occupava altresì della preparazione di rimedi attraverso l'uso dell'antica scienza alchemica.
La dottrina tramandataci da Paracelso ebbe, nei secc. XVI e XVII, una forte espansione, conoscendo molti seguaci tra i quali, come è d'uso per dottrine di difficile comprensione, molti mistificatori.
Comunque, la medicina S. diede grande ed essenziale impulso alla vera e propria iatrochimica (chimica medica) dando l'abbrivio all'introduzione nella farmacologia di medicinali preparati in forma di alcooliti, estratti, tinture, ecc.
Il maggior successo della medicina Spagirica s'ebbe in Germania anche se in Italia, Francia ed Inghilterra non pochi furono coloro (medici o ciarlatani) che s'inserirono in quest'ottica pur cercano d'armonizzarla con la medicina ippocratico-galenica cd araba.
Principale, tra questi, Roberet Fludd , inglese, quindi Johann Baptista Van Helmont, belga, Francesco de la Boe, tedesco, Michelangelo Sinapio, polacco, Leonardo Fioravanti, italiano, Andreas Libavius, tedesco (importance per i suoi studi sulle acque minerali).
La scuola iatrochimica fu anche essenziale allo sviluppo di molte altre metodologie nel campo della farmacologia, ed ancor oggi sia la medicina S. sia la iatrochimica di stampo paracelsico vengono praticate, pur essendo inserite nell'ottica della moderna medicina.
Anche la filosofia che informò la detta medicina Spagirica sea oggi conoscendo un' inattesa rivalutazione, sempre e comunque in armonizzazione con la medicina galenica cd araba, armonizzazione che, peraltro, già vollero gli epigoni di Paracelso.
bibliog.: F. STRUNZ, Theophrastus Paracelsus, Lipsia 1937: il testo qui proposto è stato desunto da GDE, U.T.E.T., vol.XIX, curatore del lemma Maurizio Barracano)


















A livello storico con il termine di SCUOLA EMPIRICA o DEGLI EMPIRICI si indicava una scuola medica sorta in Alessandria nel III secolo avanti Cristo che, opponendosi ad ogni indirizzo di ricerca teorizzante, considerò l'osservazione esercitata su casi peculiari e l'eseprienza che da essa se ne trae come gli unici fondamenti della medicina.
Giuseppe Gazola (1661-1715), Il mondo ingannato da' falsi medici, Trento, senza data, p. 86 (riprendendo parecchie riflessioni del
Bovio) scrisse in merito:"La [setta medica] empirica fu la prima, ed è quella che appresso il volgo tuttavia conserva qualche credito: perché bene spesso gli fa vedere con una semplice erba, o altra cosa curare certi mali tenuti dalle altre sette per incurabili".
Simili postulazioni come quelle del Bovio non erano di fatto rivolte solo ai MEDICI RAZIONALI ma a quei professionisti che ne erano reputati i primi collaboratori: vale a dire i titolari delle SPECIARIE (oggi FARMACIE) e noti come SPECIALI o SPICIALI cui il cinquecentesco TOMASO GARZONI, sulla linea di una polemica sempre vigente, nella sua OPERA BASILARE dedicò il CAPITOLO LXXXIX qui leggibile nella sua interezza, con le opportune integrazioni


















DISCORSO LXXXIX
DE' SPECIARI OVERO AROMATARI
[da
LA PIAZZA UNIVERSALE DI TUTTE LE PROFESSIONI DEL MONDO di TOMASO GARZONI]
Uno de' principali argomenti di onore ch'abbiano appresso al mondo communemente i speciari è questo: che a quella guisa che i medici nel libro dell'Ecclesiastico, al capitolo trigesimo ottavo, dalla lingua d'Iddio sono commendati, così nel capitolo istesso vengono raccomandati loro come persone al mondo profittevoli, anzi (per dir meglio) necessarie, essendo di essi queste parole scritte:"Unguentarius faciet pigmenta suavitatis et unctiones conficiet sanitatis, et non consummabuntur opera eius pax Dei super facieme terrae.
Et nell'istesso libro, al capitolo 24, Iddio somiglia la sapienza sua preziosa agli aromati preziosi de' speciari, dicendo:"Sicut cinnamomum et balsamum aromatisanz odorem dedi quasi myrrha electa dedi suavitatem odoris", onde si trae non so che di colliganza e di strettezza c'hanno le cose loro con le cose divine, per cui succede loro una certa gloria che non è punto sprezzabile appresso gli uomini del mondo.
Fra gli altri professori ancora tengono ordinariamente un luogo assai notabile, sì per l'arte in se stessa onorevole per aver una certa similitudine di scienza, la quale imparano da Mesueè, da Nicolò dalle Pandette [Nicolò salernitano autore di un Antidotarium: le pandette sono raccolte di ricette per la composizione dei farmaci], dal Mattiolo [Pietro Andrea Mattioli]; sì anco per se stesso, mantenendo la riputazione loro con la gravità condecente al loro mestieri.
Tiene questa professione del mercantile assai, perché il traffico degno delle speciarie è tanto noto quanta altra sorte di traffico che sia al mondo, ed è di tanta importanza quanto alcun'altro che sia.
Avevano i re d'Egitto altre volte il traffico delle speciarie e delle medicine orientali, comperandole dagli Arabi, da' Persi, dagli Indi e da altre genti dell'Asia; e il re Tolomeo Aulete, padre di Cleopatra (come scrive Strabone) cavava dal tratto di esse dodici talenti l'anno, vendendole ai Sciti, Alemanni, Francesi, Italiani, Spagnuoli, Greci e altre genti d'Europa.
Ma i Romani, avendo preso lo Egitto, crebbero molto più la tratta di quelle, finché lo imperio loro pervenne alla ultima declinazione, ove allora cominciarono i mercanti, solo per guadagnare, a andare per terra e per mare a contrattare in Caffa, o nella Tana, o nel Tanai, menando con gran fatica le mercanzie, all'insù per il fiume Indo, al fiume Oso, attraversciando Battrio, ch'è la Battriana, e conducendole lungo l'Oso sopra i camelli, le mettevano nel mare Caspio e indi le distribuivano a diversi paesi, ma particolarmente a Citraca e nel fiume Volga, dove venivano a comperarle Armeni, Medi, Parti, Persiani e altri.
E da Citraca le conducevano all'insù in tartaria per la Volga, e indi, con cavalli, in Caffa e in altri porti vicini alla tana, dove andavano gli Europei nostri a pigliarle, e massime i signori veneziani e genovesi.
Dall'Indie ancora giongevano queste mercanzie al mare Caspio, in Trebisonda, e indi al Mar Maggiore [Mar Nero] per il fiume Tasso.
Ma, disfatto quello imperio da' Turchi, si disfece anco quel traffico, e allora si cominciarono a portar per l'Eufrate all'insù nel mare Persiano, e di là su le somme [animali da carico] fino in Damasco, in Aleppo, Barutti e altri porti.
Gli soldani [sultani] poi ritrovarono il tratto delle specie al Mar Rosso e in Alessandria per il Nilo, ma non in tanta copia.
Ora il re di Portugallo, avendo ritrovata la nova navigazione, è patrone del traffico delle speciarie e le conduce in Lisbona e in Embere, ancor che Solimano, re dei Turchi, visto il danno che a lui ne segue, si sia sforzato, benché indarno, con una armata potente messa nel mare Oceano, e con esercito di terra, d'impedirlo.
Basta che gli speciali sicuramente trafficano oggidì nel loro mestieri tutte le speciarie che di levante vengono ai paesi nostri; e per quelle sono ricercati e stimati convenientemente da ciascuno.
Essi speciali overo aromatari son chiamati ministri dei medici, perché son quelli che raccolgono i semplici, che fanno i siropi, gli onguenti, le decozioni, gli elettuari, i violebi [giulebbe], i troscisci [pillole, quasi sempre di rabarbaro], gli onguenti, i serviziali [clisteri], le pillule, le bevande e altre cose simili alla medicina pertinenti, delle quai cose tratta ottimamente Mesuè nella seconda parte e nelle seguenti, Il libro del servitore[quasi certamente il Liber servitoris de praeparatione medicinarum simplicium, edito più volte nelle versioni di Simone da Genova o di Abraham Judaeus Tortuensis (Venezia 1471 e Pavia 1478) del medico arabo Albucasi (m. 1013)] , Il Dispensario di Giovanni du Boys, speciaro parigino, il Plateario, o il libro del scrittore de Buchasiben , la farmacopea dei medicamenti dei medici bergomensi [trattasi de la Pharmacopea, bergamo, per il Pigoccio, 1580 opera del Collegio dei medici di Bergamo], l'Esamine dei siropi di Antonio Musa Brasavola [medico e professore ferrarese], e Giovanni da Santo Amando nei suoi Antidotarii.
E quest'arte è stata decorata modernamente da messer Saba de' Francesco, da messer Giorgio dal Struzzo, da messer Francesco dei Bianchi da Brescia, da messer Nicolò dalla Pigna, da messer Galeazzo del Corallo, messer Orazio Zabarella, all'insegna di Santo Ieronimo in Venezia, mirabile semplicista a' tempi nostri (come ne fanno ampla fede le rare dispense della tiriaca e mitridato) a cui si può ragionevolmente aggiunger messer Ieronimo Rota, suo zio e precettore, che non fu di punto minor valore in quella onorata professione, uomini in tal preofessione celeberrimi.
E oltra questi vi è anche stato messer Francesco Calzolari, speciale della Campana d'Oro in Verona, che faceva la vera teriaca e un onguento che, ongendosi lo stomaco, solveva il corpo; e aveva il vero bolo armeno, il vero balsamo, la terra sigillata, e il vero satirion [radice a guisa di testicoli ritenuta in grado di avere effetti afrodisiaci, agevolando pure l'incontinenza] non mai consociuto da Dioscoride in poi [F. Calzolari oltre che fama di speziale aveva quella di naturalista e scrittore ed oltre che per La lettera attorno ad alcune menzogne data alla sua teriaca (Cremona, per il Conti, 1566) venne ammirato per aver composto Il viaggio di Monte Baldo (Valgrisio, Venezia, 1566) cui il medico empirico veronese Zefiriele Tomaso Bovio fece riferimento sia nel libro suo Flagello che nel coevo Melampigo: la locazione del Monte Baldo era all'epoca giudicata ideale da cosmografi, astrologi, semplicisti per la crescita di eccezionali erbe terapeutiche ed officinali]
Così messer Iacomo de Torrelis, nobile pugliese, in questa professione espertissim; e messer Giovan Giacomo, già speciale alla Fenice sul campo di San Luca in Venezia, uomo di molta dottrina e scienza in tal mestiero.
Tutta questa arte della speciaria si divide in instromenti, medicamenti e azioni.
Gl'instromenti sono le vattine, le zarre, i pittari, le buste, i vasi, i boccali da siropi, i barattoli, i bussoli, le scatole con le lettere da scatole, le bilance, le forfici, i coltelli, le spatole, i mortari, i mortaretti, le cazze, i trepiedi, i trochi, le forme e altre cose simili.
I medicamenti, o son semplici o composti.
I semplici o son d'acqua (come l'asfalto, la spuma del sale, il bitume, il garo, la muria) o diterra (come la chia, l'eretria, la lennia, la samia, la sigillata) o di minerali (come di tucia, argento vivo, vitriolo, e simili) o di piante (come radici, legni, corteccie, licori, foglie, fiori, e frutti) o di cose ontuose (come mele, pece liquida, storace liquida, vernice liquida, gomma elemi, biacca) o d'acque lambiccate (come acqua forte, acqua di aceto, acqua lambiccata) con le qualità di questi medicamenti, che sono o astrettive o discussive o purgative o aperitive o estenuative o attrattive o adustive o mollitive o indurative o suppurative o glutinative o lenitive o simili.
I medicamenti composti si dividono in esterni e interni.
Gl'interni sono gli antidoti contra cose mortifere (come la teriaca, il mitridate, l'aureo di Alessandro) e quelli che si fanno per sedare il dolore, cioè il dialibano, il diacodion, il diarodon, il diaprassio, l'aromatico rosato, il manus Christi, il dianison, il laetificans Galeni, et altri tali.
Così tutte le specie di purgazioni, come la composizione di psillio, di succo di rose, di pruni damasceni, di manna, l'indo maggiore, la benedetta lassativa, il diasene, la iera pigra, il bolo purgatorio.
E così tutti i zuccari, o di medera o fino o candido.
E i confetti e conditi, con le loro girelle e morselle.
E poi gli eligmati, come eligna della scilla, eligma di pigne, eligma di polmon di volpe, eligna di papavero.
E poi i violelebi, come il violato, il rosato e quel di giugiole.
E poi i succhi medicati, come il succo medicato di ribes, quel d'osiacanta, il diacarion e il diamoron.
E poi le specie di siropi, come violato, rosato, di ninfea, di radicchio domestico, d'osimel semplice, di eupatorio, liquirizia di marrobio, di isoppo, di calamenta, di assenzo, di fumoterre e simili.
E poi i pastelli di rabarbaro, di mirra, di spodio, di berberi, di vesicaria, di viole, di canfora, di rose.
E poi, tante sorti di pillole , come di agarico, ermodattili, di euforbio, di eupatorio, pillole auree, pillole lucis, pillole fetide, pillole inde, pillole di iera, e pillole sine quibus, pillole arabiche, e altre.
E così le cozioni varie, le polveri, i gargarismi, i masticatori, i colliri, i nasali, le cure, i pessoli, i cristieri, le suffumigazioni e così fatte maniere di medicamenti.
Fra' medicamenti esterni sono annoverati gli ogli diversi di giglio, mandorle, di ginebro, di noci moscate, di larice, di macis, di tartaro, di tormentina, di basilico, di iusquiamo, di lino, di vitriolo, di antimonio, oglio laurino, mirtino, violato, rosato, nardino et altri così fatti.
Così gli onguenti diversi, come unguento di agrippa, unguento di altea, unguento citrino, unguento di abrotano, unguento irino e altri.
E poi gli empiastri, come lo empiastro diaquilon, lo impiastro di meliloto, lo empiastro apostolico.
E appresso, i linimenti, i cataplasmi, i sinapismi, i cerotti, i dropaci, le pittime, gli embrochi, le fomentazioni, i cussinelli, le insessioni.
Ai speciali s'appartiene all'ultimo riccogliere, siccare, governare, riporre, e conservar piante o altre cose; e così spremer succhi, mettere in infusione, far decozioni o simili bollimenti, tener mescolato, spumare, far conditi, compor medicine e cose tali.
Ci sono anco fra loro di molte fraudi e inganni non solamente di apparenza ridicolosa - come quei bussolotti, quegli albarelli, e quelle scatole che con lettere maiuscole e grosse, e alludono talora a mille unguenti o confezioni o aromati preziosi, e nondimeno sono vacui di dentro, portando lo soprascritto ridicoloso di fuori, come fanno i bussoli di mastro Grillo da Conigliano - ma di malizia sinistra di animo, componendo alle volte medicine mortifere col ministrare una cosa per una altra o col meschiar nei calicidelle bevande robba marcia, vecchia, stentita e fracida quanto dir si possa, la quale alle volte conoscono, e alle volte ancora con disconcia ignoranza hanno comprata da barbari levantini a buon mercato per levar su bottega alla meglio che succeda.
Non curano molte volte di saper che sospetto nelle speciarie si ritrovi, pur che faccino il fatto loro, non se siano falsificate, contrafatte, rifiutate, o soffocate in nave o annegate in acqua, o corrotte dalla vecchiezza o non raccolte a tempo e luogo debito, perché in ogni modo la vita di altrui si arrischia e si pone a scoto [repentaglio] senza pregiudizio loro.
Che cosa fa a loro se l'agarico è maschio e perciò mortifero; se la coloquintida non è matura e perciò uccide; se la cassia è vecchia e perciò di nessuna sostanza; se il reubarbaro è scorza tarolata e perciò non purga?
Che importa loro se ben non han più che tanto di notizia dei semplici, e non s'intendono a pena dei nomi?
E se ben Nicolò da Lonigo ha mostrato in un ampio volume l'ignoranza di molti speciali intorno a essi, pur che su le montagne di Assisio o su l'Alpi di Fiorenza o su Monte Baldo di verona, raccolgano, o bene o male che venga, l'elleboro per i pazzi, la dragontea per gli oppilati [vittime di occlusioni intestinali], la centaurea per quei che sputan sangue, la mandragora per quei che non possono dormire, e la celidonia per far vedere con gli occhi di Argo di là dai monti ai ciechi?
Non fa caso appresso a loro che le specie siano vecchie e mescolate con limatura di quadrello; il pepe meschiato con pane brustolito e gratugiato; il zafrano sia composto con la curcuma; la cassia sia piena di succine augustane; il violebo sia melaccio così ordinato; i siropi sian di malva quando vanno di buglossa; gli elettuari siano per la bottega falsificati da ogni parte.
Nelle candele non si fanno conscienza di porre lupini o fave infrante, con l'oglio incorporate nella cera; nei marzapani noci e avellane in luogo di amandorle; nei pani speciari, il piadotto in luogo di pan bianco, e la scorza di naranzo schietto in cambio di confezionje desiderata.
Ma perché io non voglio fare un catalogo di tutte le magagne dei speciali, non facendo io professione di Aretino né di un Franco, ma più presto di lodar che altro ciascuno della sua professione, io mi contentarò d'aver passato leggiermente i vizi communi all'arte loro, acciò le Tre Spade, e le Tre Corone, e la Pigna, e l'Angelo, e il Moro,e la Sirena, e il Giglio, e il Pomo d'Oro e il Sole e simili altre speciarie non mi facciano un rilascio come [lassativo nell'istante in cui] abbia bisogno di un soldo di canella, o di tre bezzi di mustarda per disgrazia.
E restaranno i protomedici avvertiti che tocca più a loro che a me a dannare i specciali, facendo essi le visite alla teriacca, al mitridate e al resto delle medicine c'hanno in bottega, ogn'anno, con tanta sottilezza come s'usa nelle città e nelle terre bene instituite e regolate.
E io fra tanto farò passaggio ad altri senza disorrere più d'essi, che fanno coi serviziali discorrer pur troppo ad altri qualche volta. Parliamo adunque, secondo il nostro costume, d'altri professori.
Annotazione sopra l'LXXXIX discorso
Per il mestiero de' speciari leggansi alcune pertinenze nel libro De' Secreti del Vuechero a car. 780 [tratta del volume De arte pharmacopularum, pp.779-781].
E parimente il Rodigino nel primo libro delle sue Antiche lezioni al cap. 9°.
Fra' speciari è annoverato oggidì Alessandro Passore piacentino [vedasi: L. Mensi, Dizionario biografico Piacentino, Tip. A. Del Maino, Piacenza, sotto voce].