cultura barocca
Informatizzazione e riproduzione di B. E. Durante La vita - Gli anni romani - il suo influsso per l'istituzione dell'Accademia d'Arcadia - gli interessi per l'alchimia ma anche il terrore dell'invecchiamento, l'odio per gli specchi la fiducia nell'"alkaest" sino alla morte

A prescindere dall'annoso e forse destinato a mai terminare dibattito sul sesso di Maria Cristina sembra davvero che nella sua movimentata vita erotica abbia prediletto l'amore per le donne.
Già in patria -prescindendo da quanto è restato ignoto- era per esempio di comune conoscenza quanto Cristina amasse la sua damigella Ebba Sparre, con cui si recava a caccia : il giorno in cui La presentò all'ambasciatore inglese Whitelocke nella sua giovanile sfrontatezza non lesinò ad esclamare : "Parlate con questa dama, mia compagna di letto, e ditemi se il suo spirito è bello come il suo aspetto".
La passione ebbe però termine ed Ebba andò sposò nel 1652 tuttavia Cristina intrattenne con la dama relazioni epistolari e le scrisse stando in terre straniere e lontane: "Da quando ho avuto modo di incontrare nelle nazioni più civili del mondo le più belle e le più affascinanti rappresentanti del nostro sesso, sono in grado di affermare con sicurezza ancor più fondata di non aver mai visto donna che potesse rivaleggiare con te, perchè tu sei la più bella di tutte. Dimmi, ci si potrà mai consolare di una separazione eterna? Ma anche se devo accettare il fatto che non ti rivedrò mai più, ciononostante sono certa che ti amerò e tu saresti crudele a dubitarne. Non devi dubitare di un'amicizia che è sopravvissuta a tre anni di separazione e, se rifletti al potere che hai su di me, devi anche ricordare che ho avuto il tuo amore per dodici anni. Ti appartengo al punto che non potrai mai perdermi, e cesserò di amarti solo alla mia morte".
Nel 1656, durante il mese di Luglio, Cristina si recò in Francia ed a Lione, mentre si dilettava a passeggio sulle rive della Saona, ebbe occasione di conoscere l' affascinante bella marchesa de Ganges per cui s'accese di repentina passione al punto di spedirle lettere dal chiaro contenuto amoroso, ma già denso di allusioni apertamente erotiche.
A Parigi la consapevolezza di tutto ciò non mancò di generare stupore e scandalo e non solole dame: tanto che Mlle de Montpensier, nipote di Luigi XIII, giunse a pronunciarsi così su di Lei: "E' assolutamente straordinaria" mentre Mme de Motterville nel narrare il proprio incontro con la regina formulò un'espressione con cui sottolineò in maniera efficace l'effetto che Cristina esercitava su parecchie donne : "Ella mi sembrò dapprima una zingara scostumata... Tutto ciò che in quel momento mi colpì lo sguardo, mi parve straordinarimenteo erotico bizzarro... Poi mi resi conto con stupore che mi piaceva".
Cristina non mancava certo di iniziativa e spregiudicatezza: proprio nella Capitale di Francia tentò di finalizzare un ben preciso progetto di seduzione convincendo Mme de Thianges ad abbandonare suo marito per seguirla in Italia. La dama non osò tuttavia assecondarla in quanto re Luigi XIV, informato dallo sposo che stava per esser abbandonato, si adoprò personalmente allo scopo di impedire quella fuga d'amore che tanto scandalo avrebbe suscitato in tutta Francia ed Europa.
Eppure il monarca per quanto deciso e rapido nella sua azione non si inimicò affatto Cristina della cui autorità e figura pubblica necessitava: infatti lui quanto al potente cardinale Mazzarino serviva una figura carismatica ed importante che tutelasse gli interessi francesi in Italia così che offrì a Cristina la corona di Napoli a titolo vitalizio.
Cristina accettò e ratificò il tutto per via del trattato di Compiègne destinato comunque a restare inapplicato.
Prima di lasciare il suo movimentato soggiorno francese Cristina si recò in visita al convento di Lagny - ove era stata relegata sotto l'accusa di "condotta immorale" - la bella cortigiana Ninon de Lenclos, allora trentottenne, n cui la Regina restò per svariate ore a colloquio, parlando d'amore e delle rispettive esperienze.
Il rientro a a Roma, flagellata dalla peste, non potè esser immediato e l'ex Regina di Svezia pensò d prender momentanea dimora a Pesaro ove rimase otto mesi ma donde si portò quindi a Fointainbleau ove aspettò che finisseil contagio.
A Roma la sua vita mondana non risultò affatto frenata dalla Sede Papale: nel palazzo della Lungara Cristina invitò tutte le donne interessanti che desiderava conoscere, tra cui Anne Lefebvre Dacier, giovanissima traduttrice di Saffo, che a lungo fu poi sua corrispondente epistolare.
L'ultima sua amante fu Angelica Voglia, detta La Giorgina, giovane danzatrice, musicista e cantante dalla bellissima voce, che dal 1688 prese a convivere con lei: anche se in ultimo per quanto misteriosa risultò di estrema importanza e oggi di assoluto interesse storiografico la relazione della regina con l'alchimista Sibilla, esperta di medicina, di chimica e di astrologia.











Era stravagante per i tempi qualunque potesse essere il suo sesso.
Si era sì convertita ma non aveva mai lasciato comportamenti poco consoni sia ad una Dama che ad una fedele della tradizione tra cui l'abitudine di disturbare le funzioni religiose, anche papali o cardinalizie, non trattenendosi dal ridere, dall'agitarsi e persino dal sistemarsi la parrucca sin sugli occhi a testimoniare che siffatta liturgia le casuava evidente noia: è arduo dire questo se facesse tutto ciò per indole o provocazione di un mondo in cui il conformismo dominava sovrano: certamente per scelta intellettuale oltre che per natura rigettava qualsiasi valutazione per cui le Donne fossero da ritenere delle Lunatiche ed al contempo -senza mai celarsi dietro la Maschera delle Convenzioni non si uniformava al comportamento codificato per le Dame per esempio nella Ginipedia di V. Nolfi in nome della libertà di essere sempre se stesse ed ancor meno non mancava di indossare vesti che a molti parevano inopportune.
La nobiltà romana si stupiva e/o spesso fingeva di stupirsi per la sequela di sue indubbie originalità (si potrebbe comunque segnalare che se il comportamento di una ex Regina suscitava scalpore, spesso e volentieri altri personaggi deviavano da quello che era il comportamento ritenuto decoroso nelle Chiese e durante le liturgie attesi i richiami contenuti in questa Enciclica di Papa Clemente XI datata del 1701) ma Lei soleva dire: "Ho del tutto disprezzato le buone maniere che appartengono al mio sesso... rido troppo spesso e troppo forte e cammino troppo in fretta" un poco per giustificarsi ma non meno per criticare le costumanze estremamente formali in cui le Donne parevano davvero imprigionate.
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Appassionata di musica, Cristina nel 1669 trasformò il convento di Tordinona in un teatro ed anche qui seppur in modo encomiabile dimostrò la sua originalità e stravaganza: del tutto contraria all'appena menzionata
Ginipedia Overo Avvertimenti Civili per Donna Nobile
del citato Vincenzo Nolfi che prima di concludere la sua opera con un Ultimo avvertimento alla Dame in merito all'esser conformiste e sempre comportarsi in maniera impeccabile ed altresì poco innanzi d' aver steso un suo abbastanza banale elenco di "Donne Illustri" si era fatto carico di analizzare e suggerire diversi possibili comportamenti delle Dame, sempre ispirati a moderazione e buon senso tra cui (qui digitalizzati per un confronto con le idee progressiste dell'ex Regina di Svezia) vari capitoli: "La Dama in Teatro e comunque partecipe alle rappresentazioni sceniche" ed ancora la "Dama in Accademia" per poi analizzare il "Del Mascherarsi" = cioè il comportamento che una dama doveva tenere al tempo del Carnevale e quindi per finire Il comportamento della Dama al tempo "Del Villeggiare".
Nel bel Teatro di Tordinona contro un'usanza che datava ormai da molto Cristina non ebbe alcun timore -né alcuna remora giustamente nutrì- nel farvi debuttare le sue "belle canterine" Angelina Quadrelli, Antonia Coresi, Maria Landini e Giorgina, in pratica obbligando papa Clemente X ad abrogare l'ordinanza del 1588 che [nel nome di una controriformista moralizzazione, supposta quanto criticabile di quella grande espressione culturale che stava divenendo di nuovo il Teatro (ritenuto però dalle frange più conservatrici del clero causa di paganeggiante induzione al peccato)]
vietava severamente alle
"vere" donne (sostituite con i castrati) di calcare le scene.
Questa proibizione, però, dopo cinque anni venne riportata in vigore dal nuovo Pontefice Innocenzo XI, che detestava la regina per i suoi costumi irriverenti e scandalosi oltre che per i suoi enigmatici interessi per le Scienze anche proibite e per altri motivi ancora per il pontefice tra cui le posizioni avanzate della "svedese" (che non è da escludere si sian evolute anche per i rapporti con il suo predicatore e confessore il celebre gesuita Anonio Vieira) in materia di libertà di culto, culminate nella sua dichiarazione del 15 agosto 1686 in cui si proclamò
"protettrice degli ebrei di questa città di Roma"
promettendo di punire severamente chiunque li avesse insultati o malmenati come anche il di Lei rapporto di intimità e di complicità con il "libertino" cardinale Decio Azzolini, che designò suo erede ed esecutore testamentario
. Ma verosimilmente Innocenzo XI "odiava" -nel senso reale della parola- l' indocile regina soprattutto perché lo aveva apostrofato ironicamente e pubblicamente quale
******************"Minchion"******************
sì da render questo appellativo un nome che gli restò incollato [Dalla parola "Minchia" si son prodotti anche altri termini derivati come minchiata (per indicare sciocchezza) o minchione, per indicare una persona sciocca (cioè quella che, nei dialetti più settentrionali, viene chiamata coglione) = La derivazione più probabile è dal latino mencla, formula volgare di mentula, che indicava appunto l'organo sessuale maschile = tra le cose che urtavano ancor più il Pontefice era il fatto che l'epiteto stava avendo proprio ai suoi tempi una fortunata e comica visitazione letteraria dato l'uso ripetutamente fattone da
Lorenzo Lippi nel suo poema eroicomico Il Malmantile Racquistato: opera edita postuma nel 1676 e di cui A. Aprosio come qui si legge nella sua Biblioteca Aprosiana aveva avuto già prima del 1673 degli stralci da lui pubblicati (pag. 527, da metà a pag. 530)].