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Il poema IL SALVATORE di DAVIDE BERTOLOTTI [scrittore qui in un suo ritratto tuttora apprezzato per opere come questo vasto Viaggio per la Liguria Marittima ]
è oggi accantonato e per i lettori e per le scuole anche se all'epoca in cui fu editato in molte copie evarie ristampe non venne dispregiato ma anzi lodato da critici e letterati ( quali il Mai, il Mustoxidi, il Bresciani, il Gioberti,
il Carrer ). IL SALVATORE, poema di Davide Bertolotti (della cui opera di letterato si tratta a questo collegamento) pubblicato a Torino, dai tipografi eredi Botta, 1844 ******************************** ******************************** ******************************** CANTO I [vedi
gli argomenti di cui si tratta nel canto primo]
CANTO II
[vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto secondo]
CANTO III [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto terzo]
CANTO IV
[vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto quarto]
CANTO V [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto quinto]
CANTO VI [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto sesto]
CANTO VII
[vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto settimo]
CANTO VIII [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto ottavo]
CANTO IX [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto nono]
CANTO X [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto decimo]
CANTO XI [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto undecimo]
CANTO XII [vedi gli argomenti di cui si tratta nel canto duodecimo]
******************************** ******************************** ******************************** * - La dedica
* - "Protesta dell'autore" che dichiara il suo poema coerente alle Sante Scritture e ai dogmi della Chiesa * - CANTO PRIMO * - L'autore spiega le caratteristiche di quest'opera, precisando esser suo intento cantar la prima venuta di Gesù in terra senza l'ardir di poetare sulla seconda riguardante la di lui venuta qual giudice sul finir del mondo in merito all'universale giudizio Del Salvator la gran venuta io canto, i soavi precetti, i duri affanni, e la morte, il trionfo, ed il ritorno, in uman vel, di doppia gloria cinto, alla destra del Padre,. Etereo campo ove a mertar de' vincitor la palma, d'uopo il carro saria da' fiammeggianti cavalli che rapir per l'aere il Vate, il cui ricomparir sopra la terra, fia nunzio al fin de' giorni del secondo venir di Cristo, or Redentor pietoso, giudice allor tremendo: Oltre i celesti zaffiri alzar le fortunate piume, e in faccia, al padiglion del Sempiterno, temprar le fila di serafic'arpa,chi può sperar, nel fango immerso? Il volo temerario altri tenti; a me sol basta che il suon de' carmi onde l'eterne geste, con nuovi itali modi all'eco insegno, qual su rogo che langue aura improvvisa, ravvivi in qualche sen fiamme di puro amor verso il divin dolce Maestro, il cui amor n'aprì col sangue il cielol'autore, fervidamente credente, esprime in questo inizio del poema una sua volontà cioè quella di celebrare Gesù e l'avvento del cristianesimo anche per RICHIAMARE ALLA FEDE VARIE PERSONE IN UN'EPOCA, COME LA SUA CARATTERIZZATA DA ATTEGGIAMENTI ANTICLERICALI OLTRE CHE DA CRESCENTE ATEISMO ED AGNOSTICISMO di seguito però affermando che non sarebbe probabilmente riuscito a finalizzare tal suo impegno poetico senza il soccorso della, da lui invocata, Vergine Maria e questo ancor saria disio superbo, se tu, per quel giglio onde sì splendi, supplice invoco, dal sidereo soglio ove siedi degli Angioli reina, benignamente il lampeggiar d'un riso non mi dimostri, o diva Sposa e Madre, che i tesori del ciel dispensi al mondo né mai nieghi, implorata, il tuo soccorso FEDELE SEGUACE DEL CREAZIONISMO CHE RECUPERA DA QUESTO TESTO SETTECENTESCO l'autore inizia la sua opera dalla menzione del peccato originale di Adamo ed Eva con la conseguente gioia del Demonio per una colpa estensibile a tutte le generazioni così poetando Dio creò l'uomo a propria immago, e sire della terra lo disse; entro il felice orto il locò, d'ogni delizia ostello, e una dolce compagna, a lui dal fianco tratta, gli pose di sue gioje a parte, prescrivendogli a legge unica un lieve divieto: ch'ei dell'arbor non gustasse della scienza: Eva sedusse adamo, pria dall'angue sedotta. il feral pomo egli assaggiò dell'interdetta pianta, e col suo trasgredir, se stesso e i figli diè 'n poter della colpa. allor la morte impeto fe' nel mondo, e il tenebroso stuol de' mali vi trasse. Ai dolci chiostri d'ond'ebbe l'uom, mertata pena, esiglio, brillò cusode la fiammeggiante spada di vigil Cherubino Il Rio Nemico baldanzoso n'andò di sua vittoria, e fu gran gioja nelle inferne porte. Gioja breve e fallace! Il Verbo amante volontario olocausto offrì se stesso alla giustizia dell'eterno Padre, per espiar dell'uomo il diro eccesso, ostia accetta, e placar di Dio lo sdegno a questi versi il Bertolotti fa quindi seguire la
"Profezia dell'avvento del Salvatore" dimostrando di possedere varie nozioni sulle PROFEZIE BIBLICHE SUL REDENTORE scrivendo = La tua gloria, o Signor; la cantan gli astri e i firmamenti, e per le vie del tuono le ripetono i venti e le procelle. Ma sopra ogni altra voce alto rimbombi dell'uom la voce, e ti dia gloria. Oh somma Misericordia oltre ogni speme! il Figlio, lume eterno del Padre, e in un col Padre, e con lo Spirto, unico e trino Dio, spoglia mortale a nostro scampo assunse! Cantate, o genti, del Signor la gloria: per restaurarci ei si vesti' di carne nel vergin alveo di Maria, l'eletta infra le donne, s'ogni grazia nido, preannunziata dal di' della condanna in colei che schiacciar dovea la testa del serpente infernal, che l'uom sospinse a fallir della fede al suo Fattore quindi ancora aggiungendo Stirpe d'Adamo, al tuo Signor dà laude, in che modi stupendi ei ti redense! E mediatore e vittima ad un tempo l'Agnel di Dio che le peccata toglie, per te che la condanna in fronte porti pende svenato!Ei l'immortal riscatto paga col sangue, di salute il regno conduce sulla terra, e la diletta Sua Sposa asside sopra immobil pietra pria di salir vittorioso al Padre umanato, eternamente santo! Sì vivo amor per l'uom caduto il tragge!continuando ad esplicitare l'opera del Salvatore rivolgendosi poi a citare il "Santo Spirto" onde indicare come avesse suggerito a Patriarchi e Profeti le profezie concernenti l'avvento e la storia di Gesù Divino amor, ch'ove sì largo è il fallo, spicciar più largo fa di grazia il fonte, né sta pago al salvar, ma del terrestre Paradiso, che all'uom rapia la colpa, dona in cambio il celeste, e nelle eterne sedi noi fa della sua vita degni. Della tela immortal le eccelse fila or a svolger m'insegna, o Santo Spirto; che a' Patriarchi ed a' Profeti il petto colmavi, e le fatidiche agitando cetre in riva al Giordano, o sotto i salci di Babilonia nel dolente esiglio, insegnavi al lor labbro il gran portento.Per te Giacobbe "Non sarà"sclamava tolto a Giuda lo scettro infin che venga quei che da Dio sarà mandato; quegli a chi 'l regno appartiensi, e che il bramato fia da tutte le genti".E Daniello, di te ripieno, prefiggea sin gli anni dell'apparir del Cristo, ed i suoi fasti raccontava, e la morte, ed il ripudio del popol rio che nol conobbe, e l'alto tempio combusto, e Solima distrutta, e i figli d'Israel pel mondo spersi. Chi, se non tu c'hai l'avvenir presente, stette con Isaia che lo dipinse qual vincitor che da crudel battaglia torna con vesti del suo sangue intrise, e luminoso d'ineffabil gloria?. * - Comparsa nel poema di Davide Bertolotti della figura di Maria sposa casta di Giuseppe in Nazareth che Davide Bertoltti amplifica poeticamente recuperando quanto di legge nel Vangelo di Luca (1, 26 )= In Galilea s'innalza un monte il frutto del pin somiglia, e n'è Taborre il nome; a mattino ha il bel lago ove sue torri Tiberiade riflette; e a sera i bruni campi del maer che morde a Jeppe il lido. Dal Taborre non lungi onde la possa di Circio spira, una città s'asside, Nazaret detta, sul pendio d'un poggio, verso una valle che s'allarga in giro, d'orticelli e di fichi allegra valle a cui fan nude balze irta ghirlanda: Di Zabulonne alla tribù spettava questa città che, senza fama allora, dovea poi di sua gloria empiere il mondo che colà s'adempia l'alto concetto per cui salvo fu il mondo. Umil vivea santa, saggia, innocente, integra e pura quivi
aria, del buon Gioseffo sposa tralci amendue, benché in mutata sorte, del grand'arbor Davidico. All'Eterno fatto avea sacro ella il virgineo fiore, annuente il consorte. Era Maria dell'opre del Signor la più perfetta; e qual l'Arca scampò sola dall'onde, tal ella sola senza macchia nacque. La sua beltà vaticinaro i prischi profeti, lei rassomigliando al giglio, amor delle convalli, ed alla rosa che in Gerico fiorisce, ed alle vignecontinua a poetare il Bertolotti d'Engaddi, e al cedro che ramoso estolle sopra i gioghi del Libano le cime; giocondo orto di fior, pura qual fonte, più del mele soave e più del latte, nitida aurora, e graziosa tutta proseguendo poi l'autore nella sua appassionata narrazione della Vergine
Nella sua cella, di decenti arredi poveramente adorna, ed ella stessa in rozze sì ma terse spoglie avvolta, stava la Vergin bella. I fulgid'occhi fitti avea sul gran libro in che si legge cone Dio creò il mondo, e dell'eletto popol l'istoria. Giunta al passo ell'era ove Isaia chiaramente indice ul virginal concepimento, e il parto del promesso Messia. Pensosa e muta meditava la Vergine il portento antivisto da' padri; ed ecco ad un tratto s'eempie di luce l'umil cella, e innante agli occhi di Maria splende il più vago de' cittadin del cielo. E' Gabriello, l'arcangiol del Signor, dal adre eletto al grande ufficio di recar l'annunzio che tornar debbe in gioja il pianto antico e la terra in bel nodo unir col cielo. L'ambasciator dell'eternal Monarca, valicato d'un vol l'immenso tratto che dalla terra la stellante reggia diparte, l'ale de' color dipinte onde s'orna il nemboso arco raccoglie ancora narra il poeta e Della Vergine ebrea sotto il modesto tetto, e stupito nel mirar la donna ch'esser tempio dovea del suo Signore, volge tra sé "No, più celeste cosa, tranne l'Eterno, io mai non vidi in cielo!" Indi l'alto messaggio il labbro scioglie. L' "IMMACOLATA CONCEZIONE" = IL DOGMA "Iddio ti salvi, l'Angiol disse, o piena di grazia! teco egli e' il Signor: tu sei in fra tutte le donne benedetta"! di poi annunciandole "da te concetto, da te verra' dato alla luce un figlio che Gesu' chiamerai: Grande egli fia, E figluol dell'Altissimo avra' nome, di Davidde, suo padre; a lui l'invitto Scettro il Signor dara'; perenne impero terra' sui figli di Giacobbe e fine mai avra' il suo regno" * - Anziana e' Elisabetta, parente di Maria, sposata con Zaccaria sacerdote del tempio: pur desiderandolo son senza figli ed infecondo e' il ventre di Elisabetta ma poi proprio nel tempio si presenta a Zaccaria l'Arcangelo Gabriele annunziandogli che Elisabetta diventera' gravida e che nel suo ventre crescera' il precursore di Gesu' cui sara' dato nome di Giovanni Battista
* - Venuta a sapere della gravidanza dell'anziana congiunta Maria si reca con lungo viaggio a visitarla ed appena giunta saluta Elisabetta che si senti' repente balzar nel sen per l'allegrezza il figlio e contemplando la splendida fanciulla esclama "Tu benedetta sei fra tutte le donne, o Vergin saggia, e benedetto e' del tuo ventre il frutto!
Or qual mio merto fa che a me ne venga del mio Signor la genitrice? Appena suono' al mio orechio il tuo saluto, il bimbo ch' io porto in sen, vi saltello' per gioja. Beata te che nel Signor credesti! Adempito sara' quanto promesso in suo nome ti fu" si' che commossa esulta Maria ed innalza un cantico a Dio. Per tre lune la Vergine sta accanto ad Elisabetta soccorrendola di vari aiuti prima di intraprendere il viaggio per ritornare al tetto coniugale * - Zaccaria rimasto muto perche' incredulo all'annunzio della gravidanza di Elisabetta recupera la voce alla nascita del Battista ed eleva un Cantico di gloria a Dio * - Giuseppe sposo di Maria vedendo gravida la sposa da lui mai toccata si angustia e tormenta tra mille dubbi e domande finche' in sogno gli appare un angelo che
" Gioseffo! esclama, figlio di David, la tua sposa accogli. Quel che in lei nacque, opra e' del Santo Spiro; ed uscira' dal vergin claustro un figlio cui Gesu' porrai nome: Ei fia quel desso che il suo popolo trarrà dallo loro colpe". Pien di letizia si desto' Gioseffo
che adempita sentia l'alta promessa dal Signor fatta a' padri, e in questi accenti significata dal profeta: Or ecco concepira' la Vergine, ed un figlio porra' nel mondo, e il chiameran le genti Emmanuel". cosi' destossi il santo Veglio, e i comandi dell'empireo messo giubbilando adempi' L' "IMMACOLATA CONCEZIONE" = IL DOGMA
* - CANTO SECONDO * - Pacificato il Mondo sotto il dominio di Roma l'Imperatore Augusto ordina un censimento nel suo vasto dominio
* - CANTO TERZO * - il canto inizia con la circoncisione del bambinello cui come angelicamente preannunziato viene imposto il nome di di Gesu'[Fanno circoncidere il loro bambino nel suo ottavo giorno di vita, così come comanda la Legge che Dio ha dato a Israele (Levitico 12:2, 3). La tradizione vuole che in quello stesso giorno ai bambini maschi sia anche dato il nome ed ill piccolo viene chiamato Gesù, proprio come indicato dall’angelo Gabriele] * - i Magi si prostrano davanti al Bambino e poi De' lor doni gli porgono l'offerta, oro ed incenso e mirra. In sogno poscia, che dal ciel vien, dotti li fa del crudo macchinar del tiranno, onde ad Erode celando l'orme, per sentier diverso fan ritorno a lor terre in Oriente * - Maria, per quanto purissima, essendo diventata madre secondo il rito ebraico deve recarsi a purificarsi [Dopo il parto, una donna israelita veniva considerata cerimonialmente impura per un periodo di tempo. Al termine di questo periodo, doveva presentare un olocausto come sacrificio di purificazione. Questo ricordava a tutti che al bambino erano stati trasmessi l’imperfezione e il peccato. Gesù, però, era un bambino perfetto e santo (Luca 1:35)]. Comunque, Maria con Giuseppe porta Gesù al tempio e viene purificata come richiesto dalla Legge (Luca 2:22)].E nel Tempio avvengono due fondamentali incontri (Luca 2:29-32)= si legge quindi nel poema di Davide Bertolotti Più di lucida fonte, che di roccia zampilli, pura era Maria; più puredi giglio nato entro le spine ll'era, e più del mite raggio che le selve imbianca, e pinge in vivo argento il mare mentre senz'onda in notte estiva tace;senza labe ella ognor, vergin sempre, claustro intatto ove Dio sol ebbe il varco.Pur de' materni dì giunto il prefisso dalla legge vetusta al farsi pura, la tutta umil piega la fronte al rito, e portando con sè due tortorelle, povero don ma d'innocente cmano, ella a Gioseffo a Solima ed al Tempio, recan Gesù per presentarlo a Dio: Era a que' giorni in Solima un canuto veglio, per nome Simone, un giusto che che Dio temeva, e con accese voglie, aspettava il conforto d'Israelloil Cristo del Signore. Il Santo Spirto, che il visitava, gli avea in cuor predetto che morte non vedria, se co' medesmi suoi occhi in prima non avesse ei visto il Promesso alle genti. Ed in quel punto che atteggiata d'amor l'inclita Madre offre al cielo il gran pegno, in fra le braccia egli sel reca, e lo contempla e god. Il pianto del piacer per le senili gote gli scorre, e a Dio rendendo gloria, in questi sensi snoda il labbro al canto, "Deh lasciane, Signor mio, girsene omai il servo tuo, pien di letizia, in pace, come già promettesti. Ecco che visto han gli occhi miei quel ch'io veder bramava, il Salvator che tu mandasti, il segno del gran restauro che innalzar ti piacque al cospetto de' popoli, la vera luce che tutte illuminar le genti debbe, e che d'Israel sarà la gloria. Ora il tuo servo, o Iddio, licenzia in pace"Ei Gioseffo e Maria poi benedisse; e a lei ch'ora i bei lumi al cielo ergea, or li posava su Gesù, ricolma d'amor, di maraviglia, e di contento, volgendosi il buon veglio Ecco le disse che costui fia rovina de' superbi, e risorger farà chi in lui s'affida. Ad empj e crudi strali ei fia bersaglio. L'alma tua stessa, la tua candid'alma trapassata sarà da rio coltello, perché da molti cor si disasconda l'imo concetto, e in luceemerga il vero". Egli si tacque, e della vergin
Madre (per cui squarciossi del futuro il velo, in quell'istantee il ciel gli arcani aperse) agli sguardi s'offrir gli acerbi affanni, l'onte, gli strazj, l'amarezza e il lutto, e flebilmente sospirò; ma tosto, la vittoria scorgendone e il trionfo, il ciglio serenò, gioì di santa gioja, e al Signor nel grato cor diè laude . Subito dopo nel poema la narrazione poetica si estende alla trattazione di una profetessa che, sopraggiunta nel Tempio, nel bambinello riconosce il Salvatore Di Solima nel Tempio una pur v'era antica Profetessa. Anna avea nome. Nell'età sua più verde ella sett'anni visse col suo consorte, a cui fanciulla s'era sposata: Orba di lui rimasta, ad ottanta quattr'anni avea condotta sua vedovanza: Fuor del Tempio il fianco mai non traeva, e notte e giorno a Dio, orando e digiunando, ella servia: Or costei, sopraggiunta in quell'istante, anch'ella del Signor cantò la gloria, e nel fanciullo il Salvator promesso riconoscendo, ne tenea discorso a quanti eran colà che fidi in core d'Israello aspettavano il riscatto * - Espletati i lor doveri Giuseppe e Maria in ver Betlemme a tornar s'apprestavano. Quand'ecco l'Angelo del Signore in sogno apparve a Gioseffo, e gli disse "Alzati, sorgi; prendi il fanciullo, e con sua madre fuggi. Fuggi in Egitto, e là t'eleggi stanza, fin che altri cenni io ti riporti. Erode il pargol cercherà per darlo a morte * - Simile alla furia distruttiva d'uno scatenato vulcano tremenda e' l'ira di Erode che sente d'esser stato schernito dai Magi e medita un'azione spaventosa che porterà alla strage di tanti innocenti * - Egli in Betlemme e nel paese intorno la sua strage mando': Quanti eran bimbi di maschil sesso in quelle parti, ei tutti dal secondo anno in giù, commise al ferro senza merce'. " L'universale eccidio, tra se' dicea, non men che truce stolto, certo ravvolgerà questo novello Re c'e' nato a' Giudei, come de' Magi rivela il dir: Che importa a me, che a mille cadan teste innocenti, e corra a rivi il sangue pueril? pur ch'io mi svella questa spina dal cor, che monta il resto? * - La masnada di feroci sgherri agli ordini d'Erode e sotto il comando del perfido Trifone raggiunge Betlemme e, dopo essersi satollata di cibo e inebriata con il vino, inizia il massacro nella cui descrizione l'autore non manca d'ispirarsi ai toni della poesia lugubre, al suo tempo variamente in auge * - Sempre l'autore narra la storia una delle tanti madri Ma in mezzo a tante ed indistinte madri, Efora bella ed infelice, il tuo nome ben merta che all'obblio si tolga scrivendo però questa ch'io tolsi agli abissini carmi storia d'incerta fe', deh trovi almeno, in qualche ciglio una pietosa stilla, che lamentando d'Efora la sorte, terga l'error del finto al ver commisto = l'introduzione di questa vicenda in quella di tante altre per lo scrittore vuol essere la sanzione d'un evento terrificante, peraltro da lui ben descritto, in cui non stona l'interazione tra vero e verosimile
* - CANTO QUARTO La sacra famiglia lascia finalmente l'Egitto e inizia un lungo viaggio alla volta di Israele infatti "..In quel punto Gioseffo esce dal sonno, ed a Maria sen vien: "Diletta sposa. ei dice; il tutto appresta: A noi far tosto conviensi in terra d'Israel far ritorno: L'Angiol mel disse in sogno. E' morto Erode d'orribil mal, giusto di Dio castigo, gir securi possiam" Giunti finalmente in Israele "Salutan di lontan Gerusalemme, e nel suol Galileo rifisse l'orme, gli aridi colli e la florida valle di Nazareth riveggono, e la fida stanza primiera, e s'adempì l'arcano gridi "Verrà la prole mia d'Egitto" e il vaticinio "Ei Nazaren sia detto". Breve e oscura città, ne' Galilei monti sepolta, senza nome e istoria eri allor, Nazarette, ed il torrente che ti lambe il pie' sassoso piu' noto era di te.Ma qual v'ha spiaggi barbara su cui non sia giunto il grido della tua fama, dacche' fosti stanza del Salvator?" LA CELEBRAZIONE DELLA PASQUA EBRAICA * - =Nella persona e nel vigor frattanto il Fanciullo crescea. Di sapienza ricolmo egli era, e del superno Padre cura e delizia: Alla regal Sionne, ivano ogni anno i suoi parenti, i sacri riti di Pasqua a celebrar.Varcate e ch'ebbe del dodicesimo anno le soglie, andovvi anch'ei Gesu', da lor condotto alle pompe festive ivi rimanendo sino a quando I sette giorni degli azzimi trascorsi, a' Solimiti colli il tergo essi dier con tutto il folto stuo de' pii pellegrin. Ma non sen tolse il fanciullo Gesu', n' ch'ei si fosse scompagnato da lor, punto s'avvide Gioseffo ne' Maria, che in quella frotta di ritornanti, ove in distinta fila, come antico volea patrio costume, movea questo e quel sesso, ivan disgiunti. E l'un l'altro credea che seco avesse il Giovinetto. E non veggendol quindi, pensar che fosse coi compagni, e tutto il di' seguir lor via: Sopra la terra con l'ombre e con le gelide sue stille scese poscia la notte, ed essi giunti al diversorio ove prendean lor posa i pelegrini, e fatta inchiesta attorno ne' lui trovando in fra l'amica schiera, tremor freddo gli assalse, il pianto a rivi solco' lor gote, ed un'amara notte vegliar ne' lagni e ne' singulti. Fattosi giorno gli angosciati genitori ritornano a Gerusalemme ed invano lo cercano ovunque finche' Al Tempio alfine volgono il pie', gia' d'ogni speme scossi di ritrovarlo. E quivi, oh maraviglia!, come al mattin chi guarda il ciel, tra gli astri mira primier quel che la luceapporta, ne' penetrali il veggono, Ei sedea tra i dottor cdella legge, e udia lor detti, e di domande gli stringeva, e tutti, rapiti al suon de' giovanili accenti, lieti plaudendo, e da stupor
commossi, il saper ne ammiravano, ed il senno nelle risposte. La Vergine esprimendogli l'angoscia da loro provata gli chiede il perche' non li abbia seguiti rimanendo nel tempio domanda cui il Messia risponde "Perche' cercarmi? Non sapevate come ciò che spetta al Padre mio, convien ch'io vegli ed opri?" * -Tornato a Nazareth il Messia si adopra alquanto nel porgere aiuto al lavoro da falegame di Giuseppe intanto scorrono gli anni ed ormai in Israele come in tutto l'Impero di Roma Il fren reggea Tiberio, e tra gli scogli di Capri seppellia gli orgj lascivi, il terror, le sevizie. E la Giudea in romana provincia alfin ridotta, a un ministro di Cesare obbedia. In Galilea frattanhto, e in altre terre del gran regno Davidico disfatto, col nome di Tetrarchi avean lor seggio, ligj a Roma, tre prenci; Erode l'uno, l'altro Filippo, ambo d'Erode figli, l'uccisor dei bambin: Lisinia il terzo. Caifa era il Pontefice, ma seco autorità pontifical tenea Anna suocero a lui: che' il tempio istesso fatt'era degli onori empio mercato ma a fronte di questa realtà i tempi stanno mutando perché Una voce rimbomba nel deserto, ed e' la voce di Giovanni scritto siccome fu, per apprestarti il calle manderò l'Angel mio che ti precorra. Penitenza egli intima; che' vicino de' cieli e' il regno. Apparecchiate o genti, la strada del Signor: s'empian le valli, si dibassino i monti, i sentier torti retti sien fatti., e s'addolciscan gli aspri. Ei viene , ei viene, il Salvator! Voi tutte Genti, il vedrete:Chi 'l
bandisce e' all'opra. ecco l'araldo irsuta veste ei porta, col pelo ordita de' cammelli, un rozzo cinto di cuojo gli circonda il fianco; non disseta il suo labbro altro che il fonte, di locuste si pasce, e di silvestre mele, cui
fabricar l'api ne' cavi tronchi o nel fesso delle rupi. Ad esso dai campi, dai casali, e dalle ville il popol corre. Ei nella limpid'onda del Giordan li battezza essi lor colpe gli confessan piangendo. I falsi e gli empj, che d'ipocrito vel coperti il fronte, vengono a lui, con torvo ciglio sgrida, e il garre cosi' "Viperea schiatta, come fuggir di dio sperate l'ira, sozzi d'iniquità? Se in cor v'alberga pentimento sincero, or via rendete di penitenza degni frutti. * - Un dì , ne' mai ne cessera' memoria per rivolger d'età, del bel Giordano scender ecco alla sponda un uom d'eccelse sembianze. Egli era nel trigesim'anno, viril beltà gli risplendea nel volto l'autore prosegue nella sua appassionata descrizione del Messia: nelle membra impalpabili, nell'oro del crin che intenso gli scendea sul collo, nel mento adorno di decente onore: la maestà sul fronte gli sedea, ogni modo ed ogni atto era in lui grazia, ma grazia veneranda che rispetto impime allor che piu' de' cor s'indonna. Sull'arco di sua labbra, iri di pace, erra un santo sorriso, e be' suoi lumi disfavilla un amor che si diffonde divinamente in ogni petto e sempre l'autore cosi' ne effigia l'incontro con l'Araldo cioe' Giovanni Battista Ei scese pari alla turba in sulla spiaggia, e volto a Giovanni, che il Divo in lui repente riconoscendo, ossequioso il piede ritirava, e stendea supplici palme, " o ne vegno, gli disse, al tuo battesimo". E Giovanni a riscontro: "Oh che mai parli? Io son che il salutevol tuo lavacro chieder ti deggio e di rimando il Messia "Lascia per or e si faccia, e di giustizia tutto, come a noi si convien, l'ordin si adempia" Gesù rispose: e quegli umil cedendo al sovran cenno, il battezzò nell'onda, del Giordan che il suo Dio nel grembo accolse e sacro fiume in ogni età sia detto : dopo il battesimo uscì Gesù tosto dall'acque, e orando stava, quand'ecco in alto aprirsi i cieli, ed in forma di candida colomba scender di Dio lo Spirto, e sul suo capo posarsi; ed una voce uscir dal cielo "E' questi il mio diletto Figlio, in cui tutto ho riposto il mio contento * - Il Messia si reca quindi nel deserto a meditare e digiunare ma lì piu' volte viene tentato dal Demonio: In quel confin della Giudea ch'e' volto verso oriente, e alpestre giace e scabro del Morto Mar ver le salmestre rene, sorge un deserto di montagne, un tristo, selvaggio, ermo, scosceso, orrendo loco che tuttor ha di Quarantania il nome:Quivi Gesù, tratto dal Santo Spirto, dal Giordan lontanandosi, s'accolse contemplator solingo, e quivi stette, quaranta giorni. E Satana il tentava, e colle fiere egli vivea ma il Messia non solo rimane imperturbabile ed alla fine esclama Allor Gesù gli disse " Vanne, o Satanno, perocche' sta scritto: adorerai il tuo Signore Iddio, ed a lui servirai" Qual fugge viator, che sull'alpe una di neve frana immensa rotarsi e diruparsi mira sul calle ov'ei s'inoltra, e il vento, mosso da quella, già lo fiede in volto, e lo scroscio ei già n'ode e la ruina e di spavento imbiancarsi; tal fugge a quegli accenti, da terror percosso, il caduto dal cielo Angiol rubello che in lui sospettando il divin Figlio volea portarlo a cimento,e farsi certo se desso egli e' * -Nel frattempo Giovanni intanto, dal giudeo deserto sgombrando, a Betabara il fianco trasse, oltre il Giordan ver tramontana. ei quivi nel predicar perseverava. Ed ecco d'orator del Sinedrio a lui venirne scelto drappello a dimandar s'egli era il Cristo. Ei "No" rispose - "Elia sei forse?" Quei replicar. - "Nol son". _ "Dunque il Profeta sarai?"" - " Neppur". - "Ma chi mai sei tu dunque? Dirlo ei e' forza a chi c'invia; favella: di te che narri?" - E alor Giovanni: " Io sono la voce di chi grida nel deserto: raddrizzate del Signor la strada, come disse Isaia". Di Sacerdoti e di Leviti era il drappello, e tutti de' Farisei seguivano la setta: setta austera, ma ipocrita, che al motto della legge aderia, non allo spirto, e nido di superbia era il lor petto."E perche' tu, non Cristo, e non Elia, , non il Profeta doni altrui il battesmo?. "Io battezzo nell'acqua, allor soggiunge Giovanni; ma tal v'ha che stassi in mezzo a voi, ne''l conoscete; edesso e' quegli che dopo me verrà, di me piu' forte quindi aggiungendo cui non son degno che il legame io sciolga de' comandamenti". - E quei gli dier le spalle:che' forse a sola insidia era il messaggio. L'altro mattin Giovanni a se' venirne, Gesù scorgendo, al popol col dito l'accenna, e sclama ecco di Dio l'Agnello! Eco del mondo chi il peccato toglie! Questi e' colui del quale io dissi viene tal dopo di me, ch'e' piu' di me, perch'era prima di me:ne' 'l conosceva io punto; ma son venuto
a battezzar nell'onda, accio' fosse ei palese in Israello". E ripiglio':" Lo Spirto io scender vidi dal ciel quasi colomba e soffermarsi sopra il suo capo. Ed egli m'era ignoto: ma chi mandommi a battezzar nell'onda, quegli su cui vedrai scender lo Spirto dal cielo e soffermarsi, egli e' quel desso che nel Santo Spirto battezza. ed io ciò vidi, e quindi testimonianza ne rendei solenne ch'egli e' il Figliuol di Dio. Tacque il Battista, Precursore ed Apostolo e Profeta fatto ad un tempo, anzi maggior di tutti i Profeti ei medesmo; che' soltanto veder da lungi e prenunziar sull'arpe il Sole di giustizia, il Re venturo, fu conceduto a'
vati d'Israello aggiungendo l'autore del poema Manifestato ad Israello e' il Cristo, il dolce puro ed innocente Agnello, dichiarato di Dio Figlio diletto dalla voce del Padre; e su lui steso ha l'ale di colomba il Santo Spirto. Ecco dell'insegnar s'apre l'aringo, E i discepoli accorrono al Maestro, quai cervi sitibondi a nuova fonte che di rupe spiccio'. Gesu' gli accoglie, ed a Simon trasmuta il nome in Pietro, che la pietra poi fia della sua Chiesa
[Lazzaro, probabilmente una variante di Eleazaro (Eleazar o Eliezer), è un personaggio dei vangeli, secondo i quali abitava a Betania, paese vicino a Gerusalemme, con le due sorelle Marta e Maria. Il Vangelo secondo Giovanni (11,1-44[1]) afferma che, morto a causa di una malattia, fu resuscitato da Gesù.
Lazzaro di Betania è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta.] Il Messia si recò al sito della tomba del defunto Lazzaro Gesù, giunto al sepolcro, un'altra volta freme' dentro allo spirito: Una caverna scavata in grigia roccia era il sepolcro, e pietra enorme ne chiudea la bocca. Disse Gesù "Ne sia tolto il sasso": E Marta a lui : Deh mio Signor che imperi? Ahi ! già pute il cadavero, da quattro giorni sepolto!" Lei mirando fiso
"O Marta ei replicò, non io tho detto che se tu fede avrai, vedrai la gloria di Dio?" -Ne' piu' s'udi' la parola tolto vien dalla tomba il gran coverchio, e in alto il Redentor gli occhi levando così prese a parlare "O Padre, tu m'esaudisci, e grazie a te ne rendo; tu m'esaudisci, e grazie a te ne rendo; non già per me , ch'io ben sapea che sempre tu m'esaudisci, ma per questo il dissi popolo che m'attornia, ond'egli creda che tu perse' che mi mandasti" - In fondo all'avello spingendo il guardo allora, con quella voce che creò la terra e di stelle ingemmò le vie dl cielo, "Lazzaro vien fuor" disse, e repente il morto usci' fuor del sepolcro ancora avvolto nei funerei paramenti I piedi e le mani egli avea da nodi strette; tutte cinte da fasce eran le membra, e breve un lin gli copria la faccia, com'era in seppellir l'ebreo costume. "Lui sciogliete, Gesu' disse, volto a color che accerchiavano il risorto, si' che tronco abbia il passo" subito venne ascoltato e celermente del prodigio da lui compiuto si sparse e il nunzio di tal miracolo fe' d'onta non men che di spavento, impallidir de' Farisei la faccia: Perche' come negarlo, o con procaci dubbj scemargli fe', mentre son tanti, di certa fe', che coi loro occhi han visto Lazzaro redivivo uscir dal grembo del cupo speco,
ove la quarta aurora lui ritrovato avea, spoglia senz'alma, esalante di morte il tetro lezzo? * - Dopo tutto ciò Operato un portento, in solitaria parte ritrarsi il buon Gesù solea, per torsi a' plausi, e porger vivo esempio dell'umilta' che gli e' si' cara: narra vestusto grido, che al cader del giorno, le due pie sorelle, sfavillanti di gaudio, a cena amica i compagni di Cristo e un bel drappello accogliesser d'Ebrei si' che assieme a questi V'era in fra color piu' d'un teste' pur giunto chi dalla Grecia, chi di Roma: Ignari delle cose di Cristo, così avean sete d'impararne le geste e gli ammirandi ricordi ed i prodigi ed alla fine Asraello un di lor, poi che de' cibi spento fu il natural desio, volto a Giovanni(non l'araldo di Cristo, ma l'amato indivisibil suo fedel compagno), ruppe in tal dire "Tu che il diletto sei del gran Maestro, e in biona eta' di tanto senno fai prova, deh! gentil tu sgombra da' nostri occhi la nebbia: In esso il Cristo noi conosciam che fu promesso a' padri; che', fuor di lui, chi del sepolcro trare potri gli estinti? Ma straniere piagge noi gran tempo albergar. Di Roma io vengo dove in fasce tuttor m'addusse e crebbe il genitor, che appo gli Aurelij gradi tien banco e cambio: Nullo io so che ad esso spetti, cui credo, perche' il vidi, rotte di natura le leggi, al muto avello involar la sua preda". Allor Giovanni pien di foco divi la lingua e il petto, prese a narrar come in principio
il Verbo era, ed il Verbo era appo Dio, e Dio era il Verbo e la vita era e la luce, la luce vera che i mortali irraggia e come il Verbo si fe' carne, e venne ad abitar tra noi, e la sua gloria, gloria qual d'unigenito del Padre pieno di grazia e verità, fu vista. E qui in estasi cadde, a quella forma che rapito era in Patmo, allor che scese l'Apocalissi, e vi pingea l'ultrice man del Signor contra chi crudo oppresse la sua Sposa diletta, e l'empia donna sui sette col assisa, ed il trionfo dela Chiesa, e le nozze dell'intatto Agnello, e di vittoria i dì festivi * - Matteo poi favello': del divo Infante, disse i misterij, e il suo battesmo adulto, e 'l deserto, e 'l digiuno. e 'l demon vinto, e l'incoato ministerio. Il corso qui tronca a' detti ma appena finito di parlare * - Gesu' giunge quindi a Cana ove presente la Vergine si tiene un banchetto nuziale in cui improvvisamente viene a mancare il vino: ma il Salvatore invitati i servitori a riempire d'acqua varie brocche trasforma tra lo stupore generale l'acqua in vino Cntinuando nella sua narrazione Natanaele procede alla Descrizione della Galilea e del lago di Tiberiade =In Galilea ne' voi cresciuti all'ombra del monte degli Olivi o di Sionne forse ben tutti conoscete il vasto tratto di terre che ha tal nome, in ue partito l'alto che fu dato in seggio alle tribu' di Neftali e d'Aserre; e il basso ove dimora ebbe più dolce su colli aprici e dentro irrigue valli di Zabulonne e d'Issacarre il seme): In Galilea , diss'io, si stende un lago che da Genesarette il nome toglie. Di Galilea, di Tiberiade il mare detto è pur anche presso noi, che mare chiamar usiamo ogni gran lago: Cento s'allunga e venti stadj, e un terzo è largo. Gli dà l'onde il Giordan che dal natio speco di Bania uscito, e volte quindi per l'altro lago di Merom le alpestri linfe ancor torbe e ottanta staj corsi, dentro valle montana, alfin vi scende per indi uscirne, e mentr il varca un segno del suo passar con lunga riga imprime.Fresche e lucide ha l'acque, in cui la fronte specchiano i monti posti a cerchio, e ricca stanza è di pesci, grati al gusto, e preda larga alle reti. Sulle ombrose sponde augelli innumerevoli fan nido, od insegnano all'aure i lor concenti: e di selve e di rupi, in varie fogge sorgnti intorno, agreste scena adesca gli occhi del viandante In su que' lidi, e presso ove nel lago i suoi lucenticontinua a narrare Natanaele* umor versa il Giordano sorge Cafarno florida terra. Ivi Gesu' si trasse con la Madre e i discepoli, ma brevi giorni vi stette allor, benche' la stanza indi sia quella ove tornar piu' spesso e soggiornar piu' tempo egli ami * - Poco tempo dopo il Signor di qui il pie' ritolto, per quel cammin che piu' dritto men dal nostro lago del Cedronne al passo, venne a Gerusalemme; che' presso il giorno era di Pasqua:Profanato il Tempio ei qui trovo'. Chi buoi vendeva o agnelli, e chi colombe, e chi sedeva al cambio, delle monete, e ne tenea baratto:Contaminata la magion del Padre veggendo, arse di zelo, ed un flagello di funi intesto, li caccio' dal Tempio coi bovi e con gli agnelli, e al suol travolse i banchi, e le monete. Fiammeggiante di maestà divina era il suo volto, e dagli occhi gli uscia terribil raggio che frangea ne' cacciati ogni baldanza. Ma fu piu' mite a chi vendea colombe. Ed a questi sol disse "Itene altrove, ne' in casa di negozio si trasformi la casa di mio Padre". Ma i cacciati dal tempio si rivolgono al Messia con varie ed anche querule domande " e quai portenti, van gridando i Giudei, ti porgon dritto di tanto osar?" - "Voi questo Tempio a terra abbattete, ei risponde, ed in tre giorni io risorger farollo"."Esso fu l'opra di quaranta sei anni, ed in tre giorni redificar, esclaman colo, tu vuoi?" (Ma del suo corpo egl'intendea, che Tempio vero era di Dio.) Stolta Sionne che volontaria chiudi al lume il ciglio! * - Quindi Gesu' si intrattiene con Nicomede, stupito dei suoi portenti che era primo Tra i grandi fra i Farisei e le rende edotto di alcuni misteri della vera Fede sì chealla fine in fondo all'alma Nicodemo accogliea gli alti concetti, e iradiato sen partia e quindi allorche' vermiglia sorse l'lba indi a poco, Allor le torri dell'antica Sionne e i sacri colli abbandonando, ver le ondose sponde scese il Maestro ove il bel fiume ebreo, fra lenti salci e folti giunchi, accolti tutti alfine i tributi, ampio e tranquillo, al suo termin declina. Ivi il battesimo onde parlato a Nicodemo avea, Feaministrar da noi, suoi fidi, e tutti a lui correa la gente E del Battista i seguaci movendone querela, lor rispose l'Araldo: "In s'adempie la mia letizia:ei crescer debbe, ed io impicciolir: Chi dalla terra viensi, alla terra appartien ma chi dal Cielo vien, sopra tutti egli e' * - Il Salvatore si reca quindi in Samaria e quindi ove Giacobbe pur alzo' le tende e gl'idoli interrò. Gesu' vi giunse presso al poder che al suo figliuolo Gioseffo diede un giorno Giacobbe, e che ne serba il nome ancor. Dal gir pedestre stanco, sopra il pozzo ei s'assise, e volgea l'ora che altissimo del cielle vie discorre il sole, e scema lìombre, e piu' cocenti i rai saetta: Ed ecco giovin donna della Samaria la quale come tante altre volte l'urna in man recando, a trar acqua vien ivi . In lunghe trecce le brune chiome ha vagamente attorte,. E' certamente bella per gli occhi del mondo profano La Sichemita, e ne rassembran gli occhi stelle allor che escan dal mare. Ma del santo pudor sulle vermiglie gote non le sfavilla il dolce raggio, lume della beltà * - Ma senza alcuna esitazione non isdegna volgersi a lei con il parlar benigno Gesu', che vuol quel traviato spirto ricondurne a virtù."Donna , in gentile atto a lei dice, a ber deh!tu mi porgi". Al che, maravigliando, ella, Onde mai, sclama, onde avvien che tu da Giuda essendo , acqua a me chiegga? Ben sai tu che nullo con noi della Samaria han tratto od uso quelli da Giuda, che profana schietta osan chiamarci". Ed egli a lei:"se il dono di Dio tu conoscessi, e fosse aperto a te chi sia quei che ti dice porgi a me da ber, chiesto ne avresti forse a lui tu stessa , e un'acqua viva porto egli t'avria -"Signor la fune e il vaso tu non hai per attignere, e rofondo e' questo pozzo: come dir puoi dunque che l'acqua viva hai tu? Maggior sei forse di Giacob, padre nostro , il quale ci dette questo pozzo, e ne bebbe egli medesmo e la sua prole e il suo lanuto armento?" Ed a lei Gesu' disse " Ognun che beva di quest'acqua
avrà sete un'altra volta; ma chi bevra' l'acqua ch'io ministro non avrà sete in sempiterno: l'acqua ch'io gli daro', fonte in lui fia perenne vita che spiccerà fino ad eterna vita[Tra gli ebrei era diffusa l'opinione che solo i discendenti delle tribu' del Regno di Giuda (Giuda, Beniamino, Levi, Simeone) fossero "veri" e "puri" ebrei dopo l'Esilio babilonese, e che invece i non deportati samaritani discendessero esclusivamente dagli stranieri pagani deportati in Israele nel 722 a.C. per sostituire le popolazioni ebraiche totalmente deportate.
Al tempo di Gesu', l'ostilita' fra giudei e samaritani era ancora viva, i samaritani vengono considerati scismatici, se non veri e propri pagani. Gesu' stesso (Matteo 10,5[8]) proibisce ai suoi discepoli di predicare in citta' samaritane in quanto era giunto unicamente per le "pecore smarrite" israelite, non per altri popoli e culti.
Ma e' proprio per questo motivo che Gesu', raccontando la parabola del buon samaritano, sceglie uno di loro come esempio per spiegare l'attenzione che bisogna avere verso il prossimo (Luca 10,25-37[9]), mostrando che e' preferibile un "eretico", come un samaritano, che si comporta con amore verso il prossimo, di quanto non siano dei sacerdoti e dei leviti, le cui convinzioni siano del tutto ortodosse ma che si comportino senza alcuna carità verso il loro prossimo. Il vero credente, per questa parabola, e' chi nelle azioni segue l'esempio di Cristo, e non chi si reca al culto nel tempio piu' "ortodosso". Gesu' attraverso la parabola vuole quindi enfatizzare l'importanza della morale, della compassione e del giusto comportamento da tenere nei confronti degli altri, anteponendo quindi l'amore e l'etica alle formalita'.
Lo stesso vale per l'incontro con la samaritana al "pozzo di Giacobbe" (Giovanni 4[10]), il cui comportamento e' ancora piu' "paradossale" in quanto lei, anche persona dalla vita scandalosa, e' capace di comprensione di cose che i credenti ortodossi, che pure hanno avuto l'educazione necessaria per comprenderle, non arrivano a capire] * -La giovane Samaritana chiede a Gesu' di darle l'acqua di cui sta parlando e poi apprendendo che Egli sa tutto di lei e della sua vita scandalosa muta il discorso dicendogli "Ah veggo ben, la donna grido'; che tu Profeta sei. Deh sgombra or dunque un dubbio dal mio cor: Su questo monte ( e col dito il Garizzim gli accenna che l'altero suo vertice levando sopra di or l'ombra spandea, su questo monte adorano i nostri padri Iddio, e voi dite che in Solima adorarlo fa di mestier - Donna, Gesu' rispose, credi a me, venne l'ora in cui ne' questo monte, ne' Gerosolima fia 'l loco ove adorar dovrassi il Padre: I veri adorator del Padre a lui tributo daran di culto in veritate e spirto; che tal culto ei ricerca. E' spirto Iddio, e adorarlo chi sa cosi' l'adori, in veritate e spirto. La Samaritana sa che si e' sparsa la voce che stia per arrivare il Messia e che come venuto, egli sarà, di quanto or giace occulto rimosso il vel, tutto farocci ei conto, come il sole che il mondo empie di luce". Ed a lei Gesu' disse :" Io son quel desso. Io son quel desso: io che parlo
con te". L'urna dell'acqua ivi lasciando, che' all'umor celeste dissetata s'e' gia', l'avventurosa Samaritana a' cittadini alberghi vola, e in quanti s'imbatte .al pozzo, al pozzo, al pozzo di Giacobbe ite veloci, ed ivi un uom mirate, il qual mi disse quant'io fessi pur mai. Non egli il Cristo saria?": le sue parole guidano una gran folla che estasiata si raccoglie attorno al Messia esclamando gli astanti Oh veramente e' questi il Salvator del mondo!". Gesu' si trattiene quindi due giorni tra i Samaritani per poi dipartirsene il terzo, continuando a predicare tra l'esultanza di tutti, giungendo in fine a Cana dove sulla scorta della fama del suo miracolo nel cambiare l'acqua in vino gli corre incontro un grande in corte d'Erode. Infermo in Cafarno gli giace, e speme il tragge che Gesu' gliel risani ed il Messia, al fine commosso dal dolore di un padre, lo avvisa che il figlio e' guarito cosa che, fra molti lodi poi rivolte a Gesu', recandosi a casa il dolente padre apprende: ma già Gesu' sempre scortato da gran folla accede al lago di Tiberiade * -Del mar di Galilea lungo le arene che ricevon di zefiro lo spiro, siede Betsaida, umil casale, albergo di pescator. Quivi Gesu', da Cana disceso al lago, un di' movea solingo: ma il vide alcuno, e ad altri il disse. A frotte il popol corse, e gli fea ressa e calca si' da vicin, che di lasciar la spiaggia vaghezza il prese, e d'allargarsi in mare finalmente in tal luogo il Messia " Due barche al lido vote ei mira. Usciti eran da quelle i pescatori, e in tera stavan forbendo le lor reti: in una d'esse egli entra e s'acconcia, ed era quella di Pietro, e il prega che dal lido alquanto lo dilunghi. poi la', di mezzo all'acque, del navicello assiso in sulla sponda, le turbe egli erudia, che disiose, tendean l'orecchio dalla spiaggia. Fine al sermone indi imposto, e a Pier rivolto "La tua barca, ei gli dice, in alto or pingi, ed a pescar getta le reti" E quegli, "Maestro, esclama, noi l'intera notte affaticammo, e non pigliato un solo pesce civenne. Pur tu'l dici, e tosto la rete io gitto". In grembo all'onda, che par festoa la raccolga e baci, scesa appena e'' la rete , e carca e colma già di preda e' cosi', che nodi e maglie sta per romperne il pondo . Poco dopo dall'altra barca gettano la rete Andrea "Jacopo e Giovanni, di Zebedeo gemina prola e pure in questo caso la pesca e' abbondante sì da risultar riempite di prede entrambe le imbarcazioni: Tutti son colti da stupore e Pietro inginnocchiatosi innanzi a Gesù esclama "Da me Signor, deh ti diparti: io sono un peccator" Ma Gesù, fitti in Pietro occhi soavi, "Non temer disse, d'oggi innanzi preda tu ben d'altro farai".. Sui sacri passi iti eran gia', del bel Giordano all'acque, Pietro, un tempo, ed Andrea: ma la possente chiamata adito non ne avean pur anco. Solenne or di questa e'
il suon "Venite, ei dice, dietro a me; d'uomini farvi pescatori vogl'io. Ne' que' son lenti, le reti abbandonando, a girgli appresso: in simil guisa gli altri due fratelli indi a se' chiama, e questi pur le reti abbandonando, e colle reti il padre ed ogni cosa, tratti i legni in terra, le sante orme a calcar s'affrettano lieti. * _ Dopo questi eventi Gesù attraversa le città prossime al lago di Tiberiade facendo miracoli e molti guarendo tra cui la vecchia madre di Simon Pietro afflitta da una grave febbre = la sua fama si estende per ogni dove e frotte di persone lo seguono finché egli nondecide di trapassare sull'opposta riva del mar di Galilea dicendo ai propri seguaci "Compagni...All'altra spiaggia passiam" calma è l'acqua ma poi improvvisamente viene sconvolta da una tempesta violentissima si' che segue Furia di venti , e il mar levarsi in alto e nella barca irrompere, che d'acqua già colma sopra, acqua pur anco accoglie ne' sdrusciti suoi fianchi: Ed egli intanto dormiva in sulla poppa, il divin fronte sopra un guancial posando: sempre NATANAELE racconta come lui con i compagni del Messia terrorizzati a lui si rivolgono urlando onde svegliarlo Noi ci stringemmo pallidi e tremanti, che' in fondo gà ci tenevam del mare. "Deh ci salva, o Signor! Di noi ti caglia! Noi nell'onfe affondiam! Mira, siam presso a perir!" Queste grida, e questi lai lo risvegliar "Di poca fede! esclama, perche' al timor date ricetto?". E in volto gli si leggea: "Con voi non sono io forse??". Sorge, ciò detto, volge in giro i rai. E com imperador di forti squadre che i suoi guerrier con aspro dir rampogni, tremendo in vista sgrida i venti e i flutti irati. E tace il vento, e placidissima calma si stende sopra il mar, che l'onde burrascose rispiana, e speglio sembra che rifletta del ciel l'azzurra imago, se non che tracce di canuta spuma della spenta procella ancora fan fede. Sacro spvento a tal prodigio l'alme agita de' nocchier nell'altre cimbe, che bianchiin viso l'un coll'altro a prova, si van chiedendo chi costui mai fia? ai
venti e alle tempeste egli comanda, gli obbediscono i venti e le tempeste" a questo punto si interrompe la lunga narrazione fatta da NATANAELE durante il convito a Cana e prende a parlare il giovane ITURIELNatanaello proseguia: ma ruppe il suo discorso la cortese voce d'Ituriel, giovin di pronti spirti nel cui petto scorrean materne stille del sangue maccabeo: Costui si volse al raccontante e con parlar leggiadro "Mira le dolci nostre ospiti, disse, di vin più fresco, e d'onda or ora attinta, fatto han recar vasi novelli. All'arse labbra ristoro porgi or dunque , e alquanto ti posa che' a narrar se il retto io scerno, assai t'avanza, e mentre taci, io spero, ne' indarno spero, che alcun altro sorga a pinger del Battista i lagrimosi casi. In Atene io m'era, e fama venne che, martire del vero, acerba morte egl'incontrasse, ma ne tacque il modo. Cel narri, adunque alcuno di voi, ne' badi se de' tempiegli alquanto il confin varchi. Che' di Gesu' non più turbata e sciolta, giunta a quel passo correrà l'istoria" smesso di parlare ITANIEL prende la parola BARSABA = Barsaba allor levossi, al qual di Giusto fu dato il nome, e sì parlò:L'incarco che tu proponi Ituriello, io lieto assumerò; che' il tuo desio mìe' dolce, seguace del Battista, il rifulgente astro che del Signor le vie precorse, ritrarne io ben posso l'occaso: Ascolto prestami adunque, e nel mio dir t'affida : da questo punto inizia la dolente narrazione di Barsaba in merito alla drammatica e tragica vicende , come di seguito si legge, della MORTE DELL'ARALDO DEL SALVATORE * -Erode Antipa, in Galilea Tetrarca, arse d'immenso amor per la vezzosa Erodiade, che moglie era a Filippo, Tetrarca in Iturea, di lui fratello; che' d'Erodo il Primier ambo son figli: L'araba sposa dalle brune braccia, prole d'Areta, ei rimandò; ritolse Erodiade al fratello, e nel suo talamo pose costei che a un tempo gli nipote e cognata e druda e moglie. Questo d'iniquità cumulo osceno infiammò del Battista il santo zelo. E le nozze impudiche, e la mal tolta mogliera egli increpava, e il turpe esempio che dal trono sui popoli scendea: * - Erodiade non e' però soddisfatta del solo imprigionamento del Battista di cui vuole la morte ed approfitta allora del giorno in cui si tiene una gran festa ricorrendo i natali di Erode: sua figlia Salome' quasi ignuda sotto sapienti veli danza inebriando gli astanti e Sopra ogni altro Erode ne ha 'l cor rapito, e sì le parla:"Oh vaga fanciulla, che con te la gioia porti e e sei delizia degli sguardi, io voglio a te, qual merti, par di mercede. Checche' ti piaccia, a me dimanda e tosto io tel daro'; fosse pur anco, il giuro, la meta' del mio regno. Salome' gioisce e veloce s'avvicina alla madre per sussurrarle "Che chieder deggio, o madre?" e la proterva a lei grido': la testa di Giovanni Battista. Salome' obbedisce alla madre facendo la terribile richiesta, Erode tentenna ma rammentando la promessa fatta innanzi a tanti concede si' oscena azione Onde un messo spedì, che il sanguinoso dono arrecasse: Corse il messo in fondo al carcer tetro, ove sereno in volto, presago del suo fato il santo araldo morte attendea bramoso.Entro a' capegli la sinistra gli avvolse, il curvo ferro vibro' coll'altra, e il venerando capo gli spicco' dalle spalle, indi ritorno fe' nella sala del convito, e il nudo
Teschio, orrendo a dirsi, sopra un disco recando, il diede alla fanciulla, ed ella tosto il porse alla madre , e fu satollo il fier desio della procace moglie. Ma già sazia non fu la sua vendetta perche' uno spillo che di spada a foggia aureo portava nelle trecce, tolto, aureo portava nelle trecce, tolto, con quel la lingua del Battista per punir la santa libertà del parlar che i suoi lascivi amor riprese ed i nefandi esempli * - CANTO SESTO * - A questo punto riprende a parlare NATANAELLO = Del Battista alla morte onor di pianto, dato quel s'addicea, l'eletta schiera de' commensali con bramose ciglia fisa in Natanel, dalle sue lAbbra novellamente pender sembra: il pio desir veggendo, all'interrotta istoria ei riannoda le fila in questi accenti. Il maestro io lasciai sul Galileo lago, placato dal divin suo cenno, e a lui cola' ritorno. In dolce calma l'onda posava, e il navicel sospinto da' remi, tutta la notte solco' l'acque, e col novello di' giunse alla spiaggia che guarda il lato donde l'alba i primi splendor fuor mostra e ne riporta il giorno = continuando il racconto NATANIELE si viene ad apprendere che due invasati e posseduta da demoni si accostano al Messia, ed un d'essi da lungi visto Gesù, corse qual lampo, al suol buttossi, l'adorò prosteso, e sclamò con gran voce: "A far che teco, hommi, o Gesù, figlio di Dio superno? Venistu' pria del tempo a tormentarci? Te per Iddio scongiuro onde non vogli meco infierir", si' che, però, il Messia gli ordino' "Immondo spirto da costui t'invola: Legion si nomava il malo spirto, che' a mille a mille i demoni avean seggio dell'infelice nel vessato petto, e ad essi che glien movean caldo pregar permise degno agl'immondi spirti immondo ostello, d'irsi a cacciar dentro un setoso armento che i paschi ricopria del vicin colle, due migliaja di capi, e che furente gittosi al mar dove trovo' sua tomba * ancora narra NATANAELLO che mentre il Messia A "Cafarno suo fido ospizio" predica ed insegna innanzi a gran folla con uniti Dottori della legge e Farisei Giunse in quella uno stuol che un uom recava sopra d'un letticciuol. Da cruda oppresso paralisi ei languia. Porlo dinanzi a Gesu' que' sospirano; ma il denso popolo, ch'ogni ingresso ingombra e stipa lor precide la via. Del tetto al colmo poggian isnelli , e di lassu' l'infermo calan con funi sul suo picciol letto, la' ve' insegna Gesu'. Lor fe' veggendo, egli a lui dice "Figluol mio, t'affida rimesse a teson le tue colpe" e tosto gli Scribi e i Farisei dentro a se stessi pensar "Costui bestemmia; e che le colpe rimetter puo', salvo che Iddio ma il Messia che legge entro di loro prontamente replica E, "perche', dice lor, nell'alma albergo date a pravi pensier? Qual a voi sembra di queste due la men difficil opra; o il dir : rimesse a te le colpe sono? ovvero il dir : Sorgi e cammina? Or dunque accio' sappiate che dell'uomo il Figlio ha il poter di rimettere le colpe sopra la terra, eco io tidico: t'alza togli indosso il tuo letto e a' tuoi riedi = dopo queste parole esultando il malato vien sanato e tra lo stupore e il giubilo della folla si riunisce ai propri congiunti * ma non s'arresta il raconto di NATANAELLO che aggiunge come "tra Cafarno che siede al lago accanto e la foce ove al lago i flutti mesce il bel fiume" Gesù presso la spiaggia ei vide un Pubblican , che de' tributi al banco, riscotitor solea, Levi, d'Alfeo figluol, da noi Matteo chiamato, egli era ( E sì dicendo, l'acceno' col guardo). "Sieguimi a lui disse Gesù . Di tratto sorge Levi e lo segue, e non lo addoglia del terren oro il ben caduco per acquistar, col girgli dietro, eterni tesori in ciel Matteo colmo di gioia allestisce per il
Messia un gran convivio cui partecipano pubblicani ed altri ancora e NATANIELLO rammenta ancora Si turba a quell'aspetto il sospettoso germe de' Farisei e, "Donde a noi con bieche ciglia conversi, onde avvien, che il vostro Maestro in convivial gioja s'acconta con pubblicani e peccator?" : Risponde per noi Gesù che ne' cor vede, e gli egri del medico aver d'upo, e non chi lieto va di bella salute, e se' venuto ad appellar a penitenza ei dice, i peccatori e non i giusti . Il labbro chiudon color, ma nuovo tempo e nuovo destro aspettan di nuocergli
infatti "appena due spiche" da' discepoli colte, e fra le mani trite, e gustate nel passar d'un campo, destan nel sen di que' protervi fiamme di falso zel, quasi del di' festivo, la santità si violasse orrendamente: Gesù lor ricordò l'esempio dell'Isaide quando errante e lasso, del turbato Saul fuggendo l'ira, il pan santificato in Nobbe tolse, e a se' la fame ed a' suoi fidi spense. De Sacerdoti indi accenno', che il festo giono rompon nel Tempio, agnelli e tori svenando a' sacrifizj, e le immolate ostie scuojando, ed esca ognor novella ministrando alle fiamme . E radiante, come sol che improvviso esce da' nembi parla il Messia di cui NATANAELLO riporta le parole Io dico a voi che qui maggior del Tempio tal v'ha: se voi ben intendeste il detto che da Dio vien: più la pietà m'è cara che il sacrificio; non dareste colpa ad innocenti: Per l'uom fatto è il sabbato, non pel sabbato l'uom.Dell'uomo il Figlio ha quindi anche sul sabbato l'impero" * aggiunge poi NATANAELLO che, presentandosi al Salvatore un uomo dalla "mano destra inaridita", essendo giorno sacro al riposo" i Farisei van chiedendosi se mai violando la legge mosaica Gesù avrà l'ardire di curarlo ma il Cristo che legge nell'anima degli uomini di rimando = E tra voi indi esclama evvi alcun forse cui dove incontri ch'entro un fosso caschi unasua pecorella in di' festivo, non si chini e l'aiti e fuor la tragga? Ed assai più di un'agna un uom non merta?" Sdegnose alfin le luce in lor confisse, ipocriti confusi in muto aspetto, e de' lor cuor la cecita' gl'increbbe. Poi disse all'egro "La tua destra stendi" di modo che come ancora afferma Natanaello ei la stese, risanata ed agile come la manca. E voi che feste o Scribi, o Farisei? Forse al suo pie' cadeste in mirar si' grand'opera? Iniqua schiatta Voi di farlo perir, vile consiglio con un'altra teneste Infida setta, gli Erodiani
Il BERTOLOTTI scrisse il poema sulla scia di Alfonso Varano che nel '700 aveva espresso l'auspicio di un ritorno allo studio di Dante abbandonando gli schemi della poesia in auge cui dopo l'ampolloso barocco nessuna rivitalizzazione concessero l'Arcadia ed il Frugoni e ciò pure in contraddizione con
Voltaire per cui la vera poesia non poteva svilupparsi in sintonia con una poetica dai temi cristiani: data l'epoca ottocentesca del BERTOLOTTI, con l'urto tra clericalismo ed anticlericalismo la sua scelta per la poeticizzazione del contenuto dei VANGELI CANONICI comportava comunque problemi per i diversi fautori di siffatte produzioni letterarie a seconda che fossero autori di ispirazione spirituale, agiografica o clericale o che al contrario risultassero scrittori di formazione laica ed anticlericale.
Pur se il contenuto agiografico dell'opera può condizionarne la lettura per una certa tensione all'eloquenza è comunque da riconoscere che in molte sue parti (12 CANTI), il poema celebrante
(dopo lo spazio dedicato all'Immacolata Concezione della Vergine la cui figura come qui si vede occupa in pratica tutto il PRIMO CANTO)
la vicenda terrena di Gesu' fino alla sua crocifissione e morte per concludersi con la di lui Resurrezione ed Ascensione, non mancano sarcine di delicata poesia strutturata nel pieno rispetto dei testi sacri, come precisato dallo stesso autore dopo la dedica a Maria Cristina di Borbone-Napoli che fu principessa di Napoli e Sicilia per nascita e regina consorte di Sardegna come moglie del re Carlo Felice
risulta qui
DIGITALIZZATO NELLA SEQUENZA DEI 12 CANTI DI CUI E' COMPOSTO.
Il lungo poema tratta con dichiarata adesione ai testi sacri seppur con originali e talora assai gustose rielaborazioni dell'autore tutti i momenti della vita di Gesu' dalla concezione di Maria alla morte per crocifissione = tra le diverse narrazioni è interessante quanto scritto dall'autore nel II CANTO concernente la nascita del Cristo entro cui lo scrittore concedendosi una delle sue nmerose digressioni tratta dopo la parte dedicata dopo la nascita del Redentore all'arrivo adorante dei pastori descrive la costumanza italiana per celebrare il divino evento di allestire PRESEPI ORA SONTUOSI ORA POVERI SPECIE NELLE CASE DELLA GENTE MODESTA MA RESI SUBLIMI DALLA DEVOZIONE VERSO ESSI RIPOSTA = Cultura-Barocca che ha proceduto a questa digitalizzazione, al momento giunta al VI CANTO, dove i brani trascritti rimandano, quali link, al testo originale ed alla sua più ampia trattazione contenuta di tali sarcine poetiche propone qui immagini antiquarie di NAZARETH e di BETLEMME qui effigiata da un VOLUME contenente pure questa OTTOCENTESCA CARTOGRAFIA EFFIGIANTE LA DIVISIONE GEOGRAFICA DELLA TERRA PROMESSA TRA LE XII TRIBU DEL POPOLO EBREO integrata con una MODERNA CARTOGRAFIA DELLA PALESTINA IN CUI SONO INDICATI I PERCORSI DEL REDENTORE
Oltre a ciò può essere poi interessante leggere qui, con altre proposizioni cronologiche in merito all'epoca in cui visse Gesù, un'opera curiosa del XVI secolo cioè il Computo secondo gli Hebrei che dal nascer di Adamo fino all'anno di Christo nato 1589 alli 2. di Aprile. Sono corsi 1550 & questo si prova per le sei età qui digitalizzato da Il Vago e Dilettevole Giardino... di Luigi Contarini
con in più la rarissima pubblicazione
Perpetuo calendario, e facil mettodo per saper in qual si voglia anno l'aureo numero, il ciclo solare, l'indittione romana, l'epatta, il far della luna, la Pasqua, tutte le feste mobili, Advento, e quattro tempora, il tutto conforme allo stil vecchio, e nuovo, per li anni passati, e per li anni avvenire. Opera di Ermanu Polito ( In Padova : per Gio. Battista Pasquati, 1644. - 4 c. ; 4°.) della quale è noto al momento oltre che alla Biblioteca Statale di Lucca questo esemplare, digitalizzato da "Cultura Barocca", alla Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia
ove Ermanu (p. 45, col. II, lettera E) è pseudonimo svelato da Angelico Aprosio (a sua volta sotto falso nome di G. P. Giacomo Villani) nella sua Visiera Alzata è da intendersi "Emanuele Porto ebreo" il quale ebbe corrispondenza con il "il Ventimiglia" che a prova di una certa amicizia lo ascrisse tra i "Fautori" della Biblioteca Aprosiana. Costui, matematico ed astronomo evidentemente operante nell'ambito universitario padovano, è da identificarsi con il rabbino di Trieste Porto, Menahem Siyyon.
[ Bisogna precisare che Aprosio benché Vicario dell'Inquisizione per la Diocesi di Ventimiglia, ignorando il contemporaneo irrigidimento di Chiesa e Stati avverso i rapporti dei cattolici con Ebrei e comunità ebraiche non ebbe alcuna preclusione a rapportarsi culturalmente con il mondo ebraico come altri letterati tra i quali spicca il
letterato genovese Ansaldo Cebà che nel contesto di un'affettuosa amicizia, seppur invano, cercò di conertire al cattolicesimo la dotta ebrea veneziana Sara Copio Sullam
. Aprosio peraltro indotto dalla sua estrema bibliofilia nemmeno evitò di estendere le proprie ricerche libresche al mondo islamico , nonostante l'eterno conflitto dell'Islam e del potentissimo Impero turco con l'Europa cristiana reccogliendo opere qui proposte alcune delle quali introvabili nelle biblioteche italiane,
redatte oltre che in ebraico ed in aramaico pure in arabo e tuttora custodite nella "Libraria" da lui eretta in Ventimiglia]
A QUESTO PUNTO SI PROPONE LA DIGITALIZZAZIONE DELL' INTIERO POEMA DEL BERTOLOTTI IL SALVATORE CON UN'INTRODUZIONE DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE
QUI DI SEGUITO, DOPO QUELLE GIA' PROPOSTE NELL'APPENA CITATA INTRODUZIONE DI "CULTURA BAROCCA", SI POSSONO VISUALIZZARE E LEGGERE ULTERIORI IMMAGINI E CONSIDERAZIONI SULLA TERRASANTA
IL POEMA RISULTA STRUTTURATO STRUTTURATO DOPO LA DEDICA E LA PRESENTAZIONE NELLA SEQUENZA DI TUTTI I CANTI DIGITALIZZATI E COMMENTATI QUI DI SEGUITO ELENCATI [ NOTA BENE: il testo moderno che compare, se attivato, rimanda al testo antiquario del poema digitalizzato = si precisa inoltre che solo quanto è scrittoin corsivo rimanda alla digitalizzazione dell'ottocentesco poema, mentre in carattere tondo sono le integrazioni apportate da "Cultura Barocca"]
[Gesù contempla Gerusalemme e compiange, profetizzando la grande città qui in una sequenza di immagini antiquarie per la sua futura ma non lontana distruzione ad opera delle legioni dell'Imperatore romano Tito]
Per agevolare anche
ICONOGRAFICAMENTE
Si vedano
STAMPE OTTOCENTESCHE DEI LUOGHI SANTI DELLA CRISTIANITA'
ed ancora ai approfondisca l'indagine con con stampe e soprattutto testi digitalizzati dal volume
"Viaggio in Siria e in Palestina di Giovanni Robinson" [tomo XIII (1844) della "Raccolta di Viaggi" curata nel XIX sec. da F.C. Marmocchi per l'editore Giachetti di Prato ] il Robinson, assieme a tanti altri luoghi anche della civilta' classica, ci guida da Gerusalemme (vedine una stampa ottocentesca e leggine la descrizione) sin a Betlemme per poi risalire (ove "Maria e Giuseppe avrebbero dovuto spostarsi da Nazareth per un censimento indetto da Ottaviano Augusto" sulla base di una vexata quaestio qui, quantomeno, menzionata e rimandata a ben altre dissertazioni) procedendo da Gerusalemme verso la Galilea e visitare dopo un viaggio reso complesso e molto piu' lungo dell'usuale a causa dall'inesperienza della guida un altro sito storico vale a dire Nazareth di cui offre una dettagliata descrizione parlando del convento ove trova soggiorno descrivendo di esso l'umile chiesa che sarebbe stata eretta sul luogo dell'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria per poi ancora soffermarsi su una consuetudine gia' esperita, quella per cui gli abitanti lo conducessero come altrove a vedere i luoghi santi, non esclusi quelli dell'infanzia di Gesu'
VISUALIZZA QUINDI QUI
DALLA GERUSALEMME CELESTE ALLA GERUSALEMME TERRESTRE
ED ANCORA QUI
UN MODERNO VIAGGIO NEL SACRO ATTRAVERSO I LUOGHI MENZIONATI ENTRO IL SANTO VANGELO
CON UN'UTILE RIFLESSIONE PROCEDENDO DAI TEMPI ANTICHISSIMI A QUELLI RECENTI
UN'ANALISI SUI PELLEGRINAGGI DELLA FEDE
con gli occhi un cenno muove a Natanael, che fu de' primi Discepoli di Cristo: Ha bianco il crine Natanaello, e grave il fianco, e il dorso curvo dai di' ma nel sereno aspetto a chiare note gli traluce espresso il soave costume e il cor tranquillo. Dolce è il suo dir: non folgoreggia e tuona, ne' s'erge,
aquila audace, a vol sublime; a qusi par che con catena d'oro, degli ascoltanti l'alme annodi: In questi accenti egl'incomincia: "Amico orecchio deh! mi porgete , che' il mio dir non suona potente al par di quel ch'udiste: un uomo senza travestimento e senza fraude io son, che il ver, con umil cor sol dico. E composto al silenzio ed al pensiero, rapidamente in vago ordine accogli sue rimembranze indi il narrar tessendo d'onde Matteo die' fin, così favella. Poscia che per la seconda volta Gesù mostrato dal Battista, ei l'onda valicò del Giordano e dato il tergo di quel fiume alle rive, il lungo imprese peregrinar che in Galilea reddurlo dovea
[ DA QUESTO PUNTO SI SNODA A LUNGO IL PARLARE DI NATANAELE (su cui si possono leggere queste considerazioni)
TRASFORMATO DALL'AUTORE DEL POEMA IN UN IO NARRANTE
CUI POI SUCCEDONO QUALI SALTUARI NARRATORI ALTRI SEGUACI DEL SALVATORE
Natanaele così continua quindi a narrare =
Con lui breve percorso venia de' suoi primi discepoli, ed io stesso era del numer'uno: Il terzo giorno ci vide in Cana, graziosa terra di quel paese, che a merigge e a sera è protetta da' monti, ed una valle ha da quel lato che a' trion riguarda.
la potente donna intese vendicarsi del giusto biasimo espresso dall'Araldo del Messia
D'ira superba divampo' la donna contra il gran ripensor: N'ebbe dispetto Erode ei pur, ma riveria quel giusto e volentier l'udia:Vittoria alfin la donne ottenne, e il regnator sedotto, le catene fe' strignere al Battista, e cosi' avvinto lo caccio' nel fondo d'una prigion, nel suo regal castello di Macheronte, che al Giordano in riva sorge ove il fiume l'acque sue confonde col morto mar.