cultura barocca
In questa GRANDE CARTA DEL DOMINIO DI GENOVA dell'ingegnere genovese di guerra colonello Vinzoni Nel '700 si vede VENTIMIGLIA e in didascalia segnata da una X si legge extra moenia riferendosi al lato orientale in basso della carta al complesso conventuale degli Agostiniani con la dicitura "S.AGOSTINO, PP.Agostiniani" (qui si vede poi la struttura conventuale di S. Agostino in altra carta dello stesso autore, con riferimento alla sua genesi del compless sull'area di una chiesa dedicata a S. Simeone): i NUMERI NELLA STAMPA SONO TUTTI ATTIVI e rimandano alla descrizioni delle strutture conventuali = vedi qui, sotto la stampa, le vicende del convento e della Biblioteca Aprosiana dai tempi della "Guerra di successione al Trono Imperiale d'Austria" alla moderna ristrutturazione. Vedi quindi in generale l'ANTICLERICALISMO TRA '700 E '800 tenendo poi debito conto degli interventi anticlericali del REGNO SABAUDO e quindi soprattutto del neonato REGNO D'ITALIA con le leggi del 1866 - 1867 in merito alla SOPPRESSIONE DELL'ASSE ECCLESIASTICO (in merito esemplificativo ma estensibile all'Italia tutta su QUESTO COMPLESSO CONVENTUALE) e quindi della contestuale PROPAGANDA/PUBBLICISTICA CATTOLICA (TESTI DIGITALIZZATI) AVVERSO TALE SOPPRESSIONE = CLICCA QUI O NELLA STAMPA SUL NUMERO 5 CHE E' ATTIVO PER VISUALIZZARE SUL LATO ORIENTALE DEL COMPLESSO LA SEDE ORIGINARIA DELLA BIBLIOTECA APROSIANA: SI PUO' POI APPROFONDIRE QUANTO LEGGIBILE ATTIVANDO I NUMERI ATTIVI NELLA CARTA CLICCANDO QUI OVE, CON MAGGIOR ANALISI CRITICA, SI LEGGE =. come poi qui si legge oggi ristrutturata con due sedi, il fondo moderno in "Ventimiglia bassa" e il fondo antico in "Ventimiglia medievale" = essa era sita originariamente nel lato orientale del complesso conventuale ove il discepolo di Aprosio DOMENICO ANTONIO GANDOLFO finalizzò PARECCHI LAVORI PREVISTI MA ANCORA DA COMPIERE
PER APPROFONDIRE COME SI VENNE A CREARE IL CONVENTO DI S. AGOSTINO nel 1487 CLICCARE QUI E POI ANCORA CLICCA QUI PER EVIDENZIARE GLI EVENTI POSTERIORI ALLE PROGETTAZIONI NAPOLEONICHE E DOPO NAPOLEONE LA SEQUELA DI PROVVEDIMENTI ANTICLERICALI CHE PORTARONO ALLA CRISI DEL CONVENTO E DELLA BIBLIOTECA = SI PUO' ANCHE APPROFONDIRE CON UN TESTO PIU' ESTESO ANCHE DAL LATO CARTOGRAFICO QUANTO COMPRESO DALL'ATTIVAZIONE DEI NUMERI NELLA CARTA CLICCANDO QUI: "La struttura conventuale divenne famosa nel ‘600 quando Aprosio, erudito e bibliofilo del '600, vi sistemò la sua Biblioteca ricca di libri anche rarissimi se non unici, nell’ALA EST del "chiostro", dando poi nella sua Biblioteca Aprosiana edita (pp.50-58) questa preziosa descrizione
Nella rivista filocattolica intitolata FIORI CATTOLICI le considerazioni sulle presunte improprietà del provedimento del neo Regno di'Italia o LEGGE DI SOPPRESSIONE DEGLI ENTI RELIGIOSI E MORALI E DI ORDINAMENTO DELL'ASSE ECCLESIASTICO

La carta qui proposta riportante la "Legge" della Repubblica (rivoluzionaria) Ligure rimanda, direttamente ed indirettamente, ai Tempi Nuovi della Rivoluzione Francese ad al suo possente influsso su tanti altri Stati europei = nello specifico riporta qui alla I Campagna d'Italia (con in dettaglio l'avanzata francese in Liguria e le gesta del generale Massena ma anche il proselitismo rivoluzionario di Agostino Robespierre fratello del potentissimo Massimiliano e di Filippo Buonarroti nel territorio neutrale di Genova): cui seguì la caduta della Serenissima Repubblica di Genova e la costituzione della Repubblica Ligure (vedine anche qui il Timbro in metallo con il simbolo della Repubblica e visualizza vari documenti d'archivio su una fallita Controrivoluzione) di cui qui si propone analizzata criticamente la LEGGE contenente una serie di IMPORTANTI INIZIATIVE LEGISLATIVE
tra cui in base al tema, nell'occasione trattato, si segnalano i
PRIMI PROVVEDIMENTI ANTICLERICALI SOTTO VOCE = 8 - INSTRUZIONE PUBBLICA, STABILIMENTI RELIGIOSI, E SOCCORSO PUBBLICI = CAPI 30 - 33
. Succedettero tempi difficili come quelli della crisi dei francesi e la loro ritirata con gli alletati italiani -ricordiamo qui il grandissimo poeta Ugo Foscolo- da Genova presa dagli austriaci anche se tutto fu risolto dal pronto intervento di Napoleone con la II Campagna d'Italia che comportò scelte autoritarie: sì che, come altre, la Repubblica Ligure, soppressa dal Bonaparte fu unita per ascrizione della Liguria alla compagine del napoleonico IMPERO FRANCESE (VEDI) sotto la specie politico-militare di non dover dispergere energie per controllare le problematiche di Repubbliche soggette sì al controllo transalpino ma troppo frammentate e gestite da fazioni spesso contrapposte e potenzialmente in grado di fomentare rivolte antifrancesi . E' sempre COMUNQUE DOVEROSO PRECISARE CHE MOLTI provvedimenti del Bonaparte si rivelarono utili in nome di una inderogabile modernizzazione di normative e strutture (in primis per la rinascita e la viabilità della Liguria Costiera come ai tempi di Roma Imperiale cioè la realizzazione dopo secoli di abbandono di una grande litoranea "Strada della Cornice" in qualche modo matrice della moderna statale Aurelia) ma che, oltre l'eccessiva tassazione per le tante guerre e le scelte centralistiche -spesso giuste, ma talora discutibili- del bonapartismo, giunsero sgraditi in particolare i
PROVVEDIMENTI ANTICLERICALI COMPORTANTI, MA NON SOLO COME QUI SI LEGGE DA TESTI ORIGINALI, LA SOPPRESSIONE DI TANTI ORDINI RELIGIOSI
mentre lo stesso moderno e qui digitalizzato " Codice di Napoleone il Grande " non fu pienamente recepito (citiamo ad esempio il capo relativo all'introduzione Divorzio senza grossi problemi di accettazione recepito in Francia ma fortemente estraneo a radicate tradizioni italiane e quindi apertamente contestato non solo dal clero ma dalla popolazione stessa) = oggettivamente il ritorno a Roma (1814), attraversando la Liguria e la sua folla festante, di Papa Pio VII libero dopo la cattività in Francia, come si evince dal "Manoscritto Borea", suggerisce l'impressione che in gran parte i provvedimenti di Napoleone per la Chiesa non siano mai stati recepiti oltre che da gran parte del clero dalla stessa popolazione = nel relativamente piccolo vale la pena di menzionare il caso di Padre Vitaliano Maccario a S. Biagio della Cima (Imperia) che, lasciata in epoca napoleonica l'opera di religioso, eresse dopo la caduta dell'Imperatore la Chiesa della Santa Croce sulla Cima della Crovairola a perenne ringraziamento di tale evento]
In relazione al TRIONFO, ORDINAMENTO E TRACOLLO DELL'IMPERO DI NAPOLEONE I IL GRANDE un momento basilare -dimostrazione con altri eventi nulla era passato invano e che l'"Antico Regime" per vari aspetti non era ripristinabile in toto- risultano basilari i dettami della
Restaurazione del Congresso di Vienna (atto finale) = comportante la soppressione della Serenissima Repubblica di Genova (documenti vari - documenti dei deliberati di Vienna)

con la sua tormentata e dai Liguri contestatissima assegnazione al Regno Sabaudo come importnte dipendenza sotto forma di
Liguria o Grande Liguria delle Otto Province il cui assetto organizzativo e demico è strutturato in questo volume qui digitalizzato integralmente di D. Bertolotti
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Nel contesto dell'
anticlericalismo sette-ottocentesco (vedi testi digitalizzati e trascritti) giova precisare che la politica anticlericale del Regno di Sardegna - matrice del futuro Regno d'Italia- fu inaugurata con la legge del 29 maggio 1855, n. 878, che abrogò il riconoscimento civile a numerosi ordini religiosi incamerandone i beni. Si trattava di procedimenti già messi in pratica in altri Stati, ad esempio nel Granducato di Toscana già dal 1786 oltre che come sopra scritto ampiamente -dall'inizio del collegamento- nella Francia napoleonica e nei territori da essa controllati (Italia compresa) nel 1808. I beni patrimoniali degli ordini soppressi passarono in blocco sotto l'amministrazione di una Cassa Ecclesiastica. Con questo provvedimento il Regno di Sardegna cominciò ad incidere sull'assetto della proprietà privata. Le LEGGI SICCARDI vennero proposte (sulla scia dell'inasprimento dell'EXEQUATUR e più estesamente dell'ANTICLERICALISMO POSTILLUMINISTA) nel 1850 al Parlamento subalpino dal ministro di grazia e giustizia G. SICCARDI (1802 - 1857) per ridurre i privilegi riconosciuti al clero, prevedevano l'abolizione del Tribunale ecclesiastico, del diritto d'asilo nelle chiese e nei conventi per i ricercati della polizia, la riduzione del numero delle festività religiose e il divieto per le corporazioni ecclesiastiche di acquistare bene, ricevere eredità o donazioni senza l'autorizzazione del governo. Approvate dopo aspri scontri parlamenaleri le LEGGI SICCARDI suscitarono forti reazioni da parte della SANTA SEDE e dell'ARCIVESCOVO DI TORINO L. Fransoni che venne arrestato e quindi condannato all'esilio.
ASSE ECCLESIASTICO articolo di Arturo Carlo Jemolo in TRECCANI - ENCICLOPEDIA ITALIANA sotto voce =" Il termine si trova adoperato nella legge 28 giugno 1866, n. 2987, che all'art. 2 dà facoltà al governo di pubblicare ed eseguire come legge le disposizioni già votate dalla camera elettiva sulle corporazioni religiose e sull'asse ecclesiastico, e questo di Legge sulla soppressione delle corporazioni religiose e sull'asse ecclesiastico è il titolo dato al susseguente decreto legislativo 7 luglio 1866, n. 3036. Legge per la liquidazione dell'asse ecclesiastico s'intitola quella 15 agosto 1867, n. 3848, che costituisce col detto decreto legislativo il caposaldo della legislazione italiana in materia di soppressione di enti ecclesiastici e di norme sul patrimonio ecclesiastico. Giunta liquidatrice dell'asse ecclesiastico di Roma era il nome dell'organo governativo istituito con l'art. 9 della legge 19 giugno 1873, n. 1402. Il termine è del pari costantemente adoperato nei progetti che precedettero le due grandi leggi eversive (Pisanelli, 18 gennaio 1864; Vacca-Sella, 12 novembre 1864; Corsi, relazione sul progetto precednte, 7 febbraio 1865; Cortese-Sella, 13 dicembre 1865; Borgatti-Scialoia, 17 gennaio 1867).
Non è qui il luogo per una elencazione completa di tutte le leggi italiane in materia di asse ecclesiastico (si vedano nel Codice del diritto pubblico ecclesiastico del Saredo, Torino 1887-91, e per il periodo posteriore nel Codice ecclesiastico, curato dalla U.T.E.T., Torino 1919). Basterà ricordare che si possono, secondo il contenuto e i criterî ispiratori, distinguere in tre gruppi:
1. La legge piemontese 29 maggio 1855 (Cavour-Rattazzi), riprodotta, con lievi varianti, nel decreto del commissario generale per l'Umbria, 11 dicembre 1860, in quello del commissario generale per le Marche, 3 gennaio 1861, in quello del luogotenente generale per le Due Sicilie, 17 febbraio 1861. Essa sopprime le corporazioni religiose (salvo quelle che attendono alla predicazione, all'educazione o all'assistenza degl'infermi), i capitoli collegiati (salvo quelli aventi cura d'anime o posti in città con oltre ventimila abitanti) e i benefici semplici. Attribuisce la proprietà dei loro beni a un apposito ente, la cassa ecclesiastica, del tutto distinto dall'amministrazione dello stato. Riconosce ai patroni dei canonicati e benefici soppressi il diritto di proprietà sui beni degli enti stessi, con l'obbligo di pagare alla cassa ecclesiastica un terzo del valore dei beni, e di lasciarle una porzione corrispondente all'ammontare dei pesi dell'ente che passassero a carico della cassa stessa. La legge appare ispirata a mitezza, specie nelle disposizioni relative alle persone dei religiosi di conventi soppressi, ad assoluto rispetto del soddisfacimento dei bisogni religiosi delle popolazioni, e a disinteresse da parte dello stato, che non viene in alcun modo, né diretto né indiretto, ad avvantaggiarsi del patrimonio degli enti ecclesiastici.
2. a) La legge 21 agosto 1862, che apporta una modificazione essenziale al regime delle precedenti leggi, facendo passare in proprietà del demanio dello stato i beni immobili degli enti soppressi, per l'innanzi di spettanza della cassa ecclesiastica, dando come corrispettivo a questa una rendita sul debito pubblico eguale a quella dei beni;
b) la legge 7 luglio 1866, con la quale sono soppresse tutte indistintamente le corporazioni religiose, e sono devoluti i beni al demanio, con l'obbligo per lo stato d'iscrivere a favore del Fondo per il culto (è il nuovo nome che assume la cassa ecclesiastica) una rendita corrispondente a quella accertata per i beni indemaniati, dedotto il 5% per spese di amministrazione: la rendita così costituita al Fondo per il culto non doveva però nelle previsioni del legislatore restare in definitiva a esso, bensì avrebbe dovuto essere corrisposta da questo per un quarto ai comuni, per tre quarti allo stato, allorché fosse venuto a cessare l'onere del pagamento delle pensioni ai religiosi delle corporazioni soppresse, e il Fondo culto avesse soddisfatto al debito eventualmente all'uopo contratto (il quarto destinato ai comuni della Sicilia doveva però essere subito pagato). La legge dispone ancora l'incameramento al demanio di tutti gl'immobili degli enti conservati (eccettuate le parrocchie) che non siano la chiesa o annessi, o l'edificio destinato a casa dell'investito o a sede dell'ufficio ecclesiastico (come episcopio, canonica, palazzo del seminario, archivio capitolare, con orti, giardini e cortili annessi), e l'iscrizione a favore degli enti di una rendita corrispondente alla rendita accertata e sottoposta al pagamento della tassa di manomorta dei beni immobili indemaniati (la cosiddetta conversione dei beni); tali disposizioni avranno vigore anche per gl'immobili che gli enti ecclesiastici acquistassero in avvenire. I beni immobili di enti soppressi o conservati incamerati al demanio sono di regola da questo alienati: salvo che si tratti di edifici monumentali o di stabili che possano direttamente servire allo stato. I fabbricati dei conventi soppressi possono non essere incamerati al demanio, ma direttamente attribuiti ai comuni o alle provincie, per venire adibiti a scuole, asili infantili, ricoveri di mendicità, ospedali o altre opere di beneficenza e di pubblica utilità;
c) la legge 15 agosto 1867, che sopprime una serie di enti del clero secolare ritenuti dal legislatore superflui (capitoli delle collegiate, chiese ricettizie, comunie, cappellanie corali, canonicati e benefizî dei capitoli cattedrali di patronato regio o laicale, istituzioni con carattere di perpetuità qualificate come fondazioni o legati pii per oggetto di culto) e ne attribuisce i beni al demanio: questo, allorché si tratti d'immobili, iscriverà a favore del Fondo culto una rendita uguale a quella di tali beni, fatta deduzione del 5% per spese di amministrazione, e, allorché si tratti di canoni, censi, livelli e decime, li assegnerà al Fondo culto, ritenendone l'amministrazione per conto di esso, e facendo la stessa assegnazione anche per i canoni, censi, livelli e decime già di spettanza di enti soppressi con la legge del '66. La legge ammette i patroni laicali dei benefizî soppressi a rivendicare entro un breve termine i beni, pagando secondo i casi il 30 o il 24% del loro valore allo stato; entro un termine più lungo, tali diritti dei patroni, e in genere ogni diritto di devoluzione e di riversibilità, può essere fatto valere non più direttamente sui beni, ma sulla rendita corrispondente inscritta. La legge impone inoltre una tassa straordinaria del 30% (cioè incamera a favore dello stato i tre decimi del patrimonio) sopra il patrimonio del Fondo culto procedente da questa e dalle precedenti leggi di soppressione, e sopra quello degli enti conservati, eccettuate le parrocchie (e, a termini della legge 11 agosto 1870, i benefizî aventi natura parrocchiale, i patrimonî parrocchiali amministrati da fabbricerie, gli edifici monumentali, a cui, imponendosi la tassa del 30%, le rendite non potessero più bastare per il loro mantenimento; per la legge 19 giugno 1873 la tassa non si applicò neppure ai canonicati di cattedrali con rendita non superiore alle lire 1.600 per le prime ottocento lire di annuo reddito, e ai benefizî minori dei capitoli cattedrali con rendita non superiore alle lire 800 per le prime cinquecento lire di annuo reddito).
3. La legge 19 giugno 1873, che estende alla provincia di Roma le leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867 (e dà alcune norme d'indole generale per tutto il regno), stabilendo però un regime speciale per gli enti della città di Roma e per le sedi suburbicarie; qui gli enti del clero secolare, soppressi nel resto del regno dalla legge 15 agosto 1867, vengono aboliti solo allorché siano di patronato laicale; i rappresentanti degli enti conservati possono effettuare essi medesimi la conversione dei loro beni immobili; non si applica la tassa straordinaria del 30% sui beni degli enti conservati e sulla rendita derivata dai beni delle corporazioni soppresse. Considerando che gli enti ecclesiastici romani si sono arricchiti con i proventi della pietà dei fedeli di tutto il mondo, il legislatore reputa opportuno che la rendita corrispondente al patrimonio degli enti soppressi non sia devoluta al Fondo culto, avvantaggiando così indirettamente tutto il clero italiano, bensì rimanga a profitto del clero e delle chiese di Roma; e dispone che i beni dei conventi cui sono unite chiese parrocchiali vadano a profitto delle chiese stesse e delle altre parrocchie, quelli dei conventi di ordini ospedalieri, agli ospedali di Roma, quelli dei conventi che attendono all'istruzione siano devoluti a profitto di scuole romane, tutti i beni di altri enti soppressi a un fondo di beneficenza e religione per la città di Roma, che tiene luogo del Fondo culto.
Con questa legge si ritorna ai principî di mitezza e di disinteressamento statale proprî della prima legge piemontese 29 maggio 1855.
Se si guardi ora nel complesso la legislazione in materia patrimoniale ecclesiastica, formatasi durante il Risorgimento e rimasta in vigore sino al concordato dell'11 febbraio 1929, legislazione ispirata a varie ragioni e preoccupazioni, politiche (avversione agli enti ecclesiastici, in particolare agli ordini religiosi, ritenuti ostili al movimento liberale e unificatore), economiche (avversione alla manomorta), fiscali (si ricordino le gravissime difficoltà della finanza italiana dopo il 1866), essa si può riassumere in questi principî:
1. Lo stato indica con le sue leggi quali enti ecclesiastici abbiano diritto di esistere come persone giuridiche e quindi capacità di possedere, e quali debbano essere privi di tale diritto, e pertanto non possano essere costituiti per l'avvenire, o, se già esistano, vengano meno in virtù delle nuove norme statali, e il loro patrimonio venga devoluto a favore degli enti indicati dallo stesso legislatore. Le norme delle leggi del '66 e del '67 non furono modificate sino al concordato dell'11 febbraio 1929: però dopo la guerra vennero interpretate in modo assai benevolo, e fu concessa la personalità giuridica a parecchi enti, per i quali si può dubitare che rientrassero in categorie colpite dalle leggi eversive.
2. Lo stato nega in massima agli enti ecclesiastici il diritto di possedere immobili, che non siano quelli indispensabili per il loro funzionamento, e crede che nell'interesse generale essi debbano avere il loro patrimonio costituito da beni mobili, preferibilmente da titoli del debito pubblico. Anche qui le norme sulla conversione obbligatoria dei beni rimasero in vigore sino al concordato, ma subirono nell'applicazione attenuazioni a profitto degli enti ecclesiastici (concessione ai vescovi di avere una casa di villeggiatura: articolo 22 r. decr. 2 luglio 1922; permesso accordato largamente in pratica a vescovi e parroci di locare episcopî e canoniche, il che era certamente contro lo spirito della legge, che parla di beni "inservienti ad abitazione degl'investiti degli enti morali"; talvolta vere tenute considerate come orti o giardini).
3. Lo stato crede però che possa accordarsi alle parrocchie una proprietà immobiliare, tenuto conto della circostanza che i parroci tra i funzionarî ecclesiastici sono in più diretto contatto col popolo, e sono quelli pertanto ch'esso stato deve considerare con particolare attenzione e benevolenza, che i patrimonî delle parrocchie non sono mai ragguardevoli, e che i parroci hanno la possibilità di attendere direttamente alla coltura delle dette proprietà immobiliari.
4. Lo stato, dopo il prelevamento compiuto sui beni d'origine ecclesiastica con la cosiddetta tassa straordinaria del 30%, non ne ha compiuti altri, e ha in fatto rinunciato (sebbene la rinuncia non si trovi scritta in alcuna legge) a prelevare i tre quarti della rendita iscritta a favore del Fondo culto e proveniente dal patrimonio delle soppresse corporazioni religiose (i comuni hanno invece ricevuto il loro quarto). Inoltre lo stato ha abbandonato il principio ch'era stato il punto di partenza per la formazione della prima legge piemontese 29 maggio 1855, che sul suo bilancio non debba essere sussidiato alcun culto, e assicura con le sue leggi ai titolari di uffici ecclesiastici un minimo reddito, mediante corresponsione di assegni pagati dal Fondo culto, ma grazie a stanziamenti fatti a favore di questo sul bilancio dello stato.
Il concordato dell'11 febbraio 1929, all'art. 29, promette una revisione dell'intera legislazione ecclesiastica; e intanto accorda la personalità giuridica alle chiese che non la possedessero, assegnando a quelle di esse che sono oggi officiate a spese del Fondo culto le rendite destinate a tale scopo, e all'art. 30 afferma la capacità degli enti ecclesiastici di possedere beni, salve le disposizioni della legge civile sugli acquisti degli enti morali: inoltre all'art. 29 lo Stato s'impegna a non stabilire per l'avvenire alcun tributo speciale a carico dei beni della Chiesa.
Bibl.: G. D. Tiepolo, Leggi ecclesiastiche annotate, Torino 1881; C. Olmo, Il diritto ecclesiastico vigente in Italia, Milano 1903; D. Schiappoli, Manuale di diritto ecclesiastico, 4ª ed., Napoli 1924; F. Scaduto, Diritto ecclesiastico vigente in Italia, 4ª ed., Cortona 1923 seg.; M. Falco, Il riordinamento della proprietà ecclesiastica, Torino 1910; A. Bertozzi, Notizie storiche e statistiche sul riordinamento dell'asse ecclesiastico in Italia, in "Annali di statistica", s. 2ª, IV, Roma 1879 ".

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La Chiesa di N. S. della Consolazione fu parte integrante del Convento degli Agostiniani in Ventimiglia nel '600 nobilitato a livello sia italiano che internazionale dal fatto di esservi sistemata la grande Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia con tutte le alchimie intellettuali con le combinazioni alfanumeriche e le crittografie organizzate per proteggerla o tutelarne i segreti elaborata dal suo creatore Angelico Aprosio l'uomo dai molteplici non solo con eruditi ed illustri personalità della Francia ma altresì ogni sorta di intellettuali, eruditi, scienziati, letterati ec. ecc. italiani e non (vedi qui l'elenco delle letterature cui si approcciarono i due studiosi).
Il momento di sommo fulgore del complesso -in forza soprattutto dell'acquisita caratura culturale- si ebbe principalmente sotto i due massimi bibliotecari, Angelico Aprosio e il discepolo Domenico Antonio Gandolfo ma da metà'700 tutta la struttura, sia cultuale che erudita, risentì di un degrado, enfatizzato in particolare dalle
devastazioni della Bibiblioteca a causa della Guerra di Successione al Trono Imperiale
e per vari aspetti ancor più
dalle gesta e progetti napoleonici -non compiutamente finalizzati di ridimensionamento sia religioso che culturale del complesso- con la soppressione dell'Ordine degli Agostiniani e il depauperamento della "Libraria" in forza dell'operazione Semini.
Caduto l'astro napoleonico ed attesa la Restaurazione senza però la ricostituzione come invece atteso e quindi, con globale scoramento, il rifiorire della Serenissima Repubblica di Genova annessa con Nizza al Regno Sabaudo sotto titolo di "Grande Liguria delle Otto Province", ferma restando la valenza cultuale della Chiesa, si determinò una gestione laica e comunale della Biblioteca con la figura misconosciuta di Scipione o nome fittizio del primo Conservatore laico della Libraria che in compagnia dell' altro comune amico Torquato attendeva nel lontano 1827 sulla riva occidentale del Nervia lo scrittore Giacomo Navone giunto sulla riva orientale per visitare Ventimiglia e i suoi tesori culturali. Infine tra crisi e recuperi si ebbe una decisa rinascita della Biblioteca e parallelamente il recupero dell'antica struttura conventuale compreso l'antico Chiostro
Tuttora, a giudizio di non poche persone, si ritiene che la separazione dell'antica struttura in una duplicità di strutture di cui una - tra cui emerge la chiesa - spettante all'autorità eccesiastica ed altra invece di spettanza del Comune di Ventimiglia sia da rimandare alla conservazione, pur tra vicende varie, delle scelte napoleoniche. Il fatto esula assolutamente dalla realtà dei fatti e si collega piuttosto a scelte del Regno d'Italia connesse alla tormentata soppresione dell'asse ecclesiastico (1866-1877) per certi aspetti sublimazione di pregresse opzioni statocentriche ed anticlericali -non solo sabaude- e quindi caratterizzato da provvedimenti legislativi posteriori a quelli, comunque basilari, del 1866 - 1877.
Successivamente, come si legge nell'estratto di processo verbale del 30 ottobre 1872 a norma delle leggi del 7 agosto 1866 numero 3036 e del 15 agosto 1867 numero 3848 redatto dalla Prefettura di Imperia, il Comune, acquistò (in seguito a verbale d'incanto del 22 novembre 1872) al prezzo globale di 7150 lire:
A - Il fabbricato sito in via Aprosio (ora via Cavour) ad uso di Convento dei Minori Osservanti di San Francesco (forse perché nell'ex convento agostiniano oltre al Seminario trovarono sistemazione i Minori francescani, con l'annesso orto, composto di numero 2 piani e vani 24).
B - Il piazzale ed un'area fabbricabile con numero 2 piante di gelso: il prezzo parziale di questa proprietà è indicato in 720 lire.
I locali così acquistati furono successivamente adibiti a Caserma dei carabinieri fino al 1896 e poi a CARCERE DEGLI ESPULSI DALLA FRANCIA. Nel frattempo a peggiorare le sorti dell'ex convento, contribuì il parroco Bonaggiunta Conio che tra il 1882 ed il 1889 progettò ed attuò l'eliminazione dell'ala sud per farvi erigere un edificio, ad uso abitazione e botteghe, prospiciente la piazza dove allora si svolgeva il mercato: il suo successore Don Giovanni Battista Zunini che esperimentò il terribile terremoto a Pompeiana dove era parroco contribuì a restaurare la chiesa danneggiata dal sisma anche se nel 1893 oltre a far innalzare un piano sulla parte del convento adibita a CASA PARROCCHIALE in seguito fece eliminare il superstite giardino monastico purtroppo per costruirvi sul luogo una antiestetica sala di notevoli dimensioni ad uso adunanze recentemente soppressa nella progettazone di riportare, come si può oggi vedere, il Chiostro all'antico splendore
Dopo i tragici eventi della II guerra mondiale (con bombardamenti che causarono seri danni all'edificio richiedendo un'oculata serie di restauri) il CARCERE DEGLI ESPULSI assunse funzione e nome di CARCERE GIUDIZIARIO che fu però soppresso dal Ministero di Grazia e Giustizia nel 1964 che restituì all'antico proprietario, il Comune di Ventimiglia, lo stabile dell'ex Convento: il Ministero aveva infatti preso in affitto tali locali.
Bisogna tuttavia precisare che, che con atto di retrocessione deliberato dalla Giunta comunale il 10 agosto 1964 n. 628 alcuni locali a nord furono restituiti alla chiesa in virtù della Legge di attuazione del Concordato (soluzione della Questione Romana - Patti Lateranensi 1929): in conseguenza di ciò la chiesa di S. Agostino risultava proprietaria dei 2/5 dell'intero fabbricato.
Il Comune in un primo tempo vi ospitò (a.s. 1968 - 1969) il Liceo Ginnasio G. Rossi il cui edificio all'epoca in piazza Hanbury (oggi la scuola è accorpata nella moderna sede in zona "Logge" al Liceo Scientifico Aprosio), stava subendo importanti lavori di ampliamento.
Dal 1970 dopo adattamenti edili gran parte del fabbricato (ala est) era dato in uso alla sezione coordinata di Ventimiglia dell'Istituto professionale per il Commercio "Martini" di Sanremo (questa divenuta quindi autonoma si trasferì nella moderna sede del Centro Studi come Istituto Marco Polo, oggi accorpato all'Istituto Tecnico "IGEA" Fermi e all'Istituto Montale dei Periti Aziendali in Bordighera = sin a tempi recentissimi, prima cioè della realizzazione della Nuova Biblioteca Aprosiana che ospita il Fondo Moderno della "Libraria Aprosiana" essendo rimasto a Ventimiglia medievale il prezioso Fondo Antico, il lato orientale dell'ex convento ospitò uffici, pubblici e non, per svariate utenze = oltre alla pubblicazione della Del Lucchese del 1958 è da menzionare questa pubblicazione in cui sono registrati i documenti pertinenti la vendita delle proprietà in relzione alle leggi sopra menzionate).



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