cultura barocca
LUPANARE

LUPANARE/ BORDELLO

Si è individuato un LUPANARE (VEDI ICONOGRAFIA) cioè un luogo di incontro per meretricio e comunque appuntamenti sessuali dietro pagamento in un locale o taberna orientale (negozio affittato, ricavato in una villa o casa signorile) della Domus del Cavalcavia in VENTIMIGLIA ROMANA (ALBINTIMILIUM), presso l'ex officina dell'ENEL.
Nel caso di questo edificio di Ventimiglia Romana doveva trattarsi di una struttura ufficialmente riconosciuta come un termopolium o di una taverna strutturata però in modo che , per via d'una scala lignea, si poteva accedere ad un soppalco ed intrattenersi con una prostituta.
Vi doveva stare un'insegna un
RILIEVO FALLICO CULMINANTE COL VOLTO D'UN PUTTINO AMMICCANTE
picchettato per distruzione in tempi remoti quale simbolo di un "dio osceno" d'un'epoca erroneamente giudicata "oscena" e
la cui massima simbologia di perdizione oltre che nei
LUPANARI
(VEDI QUI LA TRATTAZIONE)

si individuava solitamente anche nei superstiti complessi delle
TERME
mediamente destinate a siffatta distruzone iconoclasta
COME QUI SI VEDE IN DETTAGLIO
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E tutto ciò quasi certamente in epoca delle sconsacrazioni patrocinate dall'insegnamento di papa Gregorio Magno.
Siffatte sconsacrazioni dei siti pagani si svilupparono a diversi lvelli come qui si vede colpendo sia luoghi ad alta valenza profana come (per esemplificare) Tabernae Lusoriae (le Case da Giuoco dell'epoca) sia, magari procedendo ad un successivo processo di riconsacrazione cristiana, investendo anche i templi e pure i
Santuari, compresi i "santuari della guarigione" quelli in cui si praticava l'incubatio terapeutica, mediamente votati ad Apollo ed Asclepio, ed attorno ai quali era fiorita tutta una tradizione di miracolistica pagana
che furon giudicati "diabolicamente" evolutisi in epoca cristiana nella forma dei
Santuari della Tregua e/o della Rinascita.
E' comunque da precisare che non solo nell'arco di tempo influenzato dal carisma di Gregorio Magno, per quanto risulti sempre il più plausibile, sian avvenuti tali processi: la lunga tradizione cristiana di
sessuofobia e misoginia portò anche in tempi posteriori alla distruzione di preziosi reperti pagani
e nemmeno è da dimenticare la
distruzione testimoniata anche tra Umanesimo e Rinascimento di oggettistica misteriosa e, specie per l'Occidente, sconvolgente come un sarcofago con una mummia o un corpo imbalsamato alla maniera che avvenne e fu descritta in questo caso in qualche maniera emblematico in quanto avvenuto per volontà di
Papa Innocenzo VIII non a caso colui che pubblicò la Bolla Summis Desiderantes sulla "Caccia alle Streghe", Bolla qui proposta direttamente da una copia originale del Malleus Maleficarum entro cui anche fu edita
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Come doviziosamente ha lasciato scritto nella sua giovinezza Aprosio era stato uno dei pochi a visitare queste contrade, raccogliendovi materiale vario, soprattutto monete, verosimilmente entrate a far parte della sua raccolta numismatica purtroppo andata dispersa ( l'erudito danese T. Bartholin in questo suo raro volume ci ragguaglia comunque di questa preziosa moneta o medaglia appartenuta alla raccolta aprosiana).
La perlustrazione allora possibile dei reperti romani (ed in particolare lapidi sì da porre le basi della moderna epigrafia e monete erano già motivo di particolare cura specie da parte degli studiosi nordici) lo mise verisimilmente per entrare in contatto con un tipo di civiltà che aveva esaltato al massimo il meccanismo comunicativo iconico delle prime forme di pubblicistica.
Un meccanismo che valeva per le pubbliche insegne come anche per le tessere ed i sigilli e che soprattutto non trascurava un tipo di messaggistica profana, assolutamente bandita dal cristianesimo e parimenti dal cristianesimo controriformista.
Molto rientrava nel contesto di quasta damnatio memoriae come appunto le insegne erotiche, gli affreschi o le insegne a forte componente sessuale, l'oggettistica varia a sfondo pornografico (soprendentemente assai diffusa nella provenzale area del Rodano), le marche e contromarche (di cui si stava incentivando un notevole studio a livello internazionale) quali per esempio le audacissime e tuttora enigmatiche
Spintriae.









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La prostituzione in epoca romana era ambiguamente tollerata ma ufficialmente proibita e l'adescamento condannato: come da sempre accade il tutto era strutturato su un'ambiguità di fondo = il Digesto pone poi alla stessa stregua i gestori dei bagni pubblici che si servivano spesso di schiave, ufficialmente quali guardarobiere ma libere di esercitare la prostituzione.
poteva anche accadere che le taverne in cui si praticava la prostituzione fossero indicate da un'insegna come questa raffigurante un "fallo" ma il suo significato di base era quello di proteggere dal malocchio e garantire la fortuna (cosa che si evince dalla semplice analisi visiva della taberna lusoria o casa da gioco scoperta a Pompei): la rappresentazione di un membro virile si coniugava prioritariamente ed ufficialmente a quelle funzioni scaramantiche tanto care ai romani, anche se, par fuor di discussione, che nel contesto dei frequentatori rappresentasse contestualmente un segnale occulto e soprattutto indicasse l'attività "supplementare" sull'esercizio ufficialmente penalizzato del meretricio, in tal locale.
La tradizione fescennina, mordace e satirica ereditata dai Romani dal mondo degli etruschi aveva sviluppato un rapporto con la sessualità esibita nelle sue varie provocazioni iconografiche infinitamente superiore a quella maturata in epoca posteriore, dal medioevo in poi: la moralizzazione cristiana finì quindi con l'abbattersi indiscrimanatamente su tutto un contesto di aspetti della romanità in cui il sesso (e più estesamente la fisicità: in Roma e nella grecità la deformazione fisica era peraltro vista come un limite, semmai causa di riso più che di compassione) non era inteso come fornicazione o devianza da qualche canone divino (non a caso gli dei pagani erano sempre stati effigiati in una sorta di suprema fisicità che semmai potenziava ed esaltava gli attributi sessuali).
L'esibizione di attributi sessuali, di congiungimenti sessuali, di libertà sessuale o addirittura di esasperazioni tragicomiche della sessualità non corrispondeva in Roma antica nè alle speculazioni quasi eidetiche di una sorta di elementare Kamasutra e tantomeno alla proposizione continua di un'inesausta passione per gli approcci sessuali (tanto che per esempio lo stupro era pesantemente condannato e neppure proposto a livello artistico essendo inteso come espressione di violenta rozzezza e di sopraffazione ingiustificabile).
Nel contesto di un rapporto a volte panico a volte ilare con il corpo e la sessualità ecco che per gli antichi Romani l'ostentazione di affreschi erotici e di un'oggettistica di forte richiamo alla sessualità non comportava rivolta contro una morale ma era semmai espressione di un'altra diversa morale che, proprio perché non cristiana, poggiava su valori, anche estetici, più antichi e comunque diversi (per esempio non mirava a celare la bellezza o la fisicità: e lo attestano tanto il classico successo delle terme quanto la lotta incessante molto tempo dopo portata avanti dai controversisti cristiano-cattolici avverso l'uso che gli Arabi facevano dei bagni termali, riprendendo e continuando una tradizione igienica romana apprezzata e studiata dai loro medici).
Come spesso accade quando la distanza fra le genti si acuisce per reiterati conflitti l'intransigente moralizzazione divenne superstizione e la superstizione si trasformò in sessuofobia e di omofobia: e molte cose conorsero ad alimentare l'infernale giudizio maturato sui lupanari (e conseguentemente sulle Terme giudicate antiporta dei lupanari e della lascivia) non esclusa l'opera d'arte: di maniera che un biasimo pur acre ma sorto come satira fu presto trasformata in implacabile condanna del male estremo della lussuria al cui vertice fu emblematicamente posta
Messalina, la "puttana imperiale" che con il nome di "Licisca" nei bordelli avrebbe cercato di saziare la sua "fame" di sessualità.
Forse l'islamista Malvezzi ci può indirettamente soccorrere in questi ragionamenti quando propone come insito nel rovesciamento del rapporto con il proprio corpo uno scontro fra culture e religioni che diviene incomprensione e scontro di popoli, e non solo sotto il profilo religioso : più volgarmente si potrebbe dire che un Michelangelo Buonarroti, vivendo a Roma antica, giammai si sarebbe sentito rimbrottare dai sacerdoti coevi quella nudità conferita ai personaggi affrescati (magari avrebbe potuto conoscere altre reprimende!) che gli fu invece contestata dai cardinali di Roma al segno che poi, salvo tardivamente rimediare, un mediocre pittore fu incaricato di rivestire certe ostentazioni fisiche che, secondo la morale del tempo, potevano parere blasfeme!
Tutto ciò per segnalare che la presunta disinibizione sessuale romana (che forse avrebbe salvaguardato la donna cristiana da secoli relegazione fisica e intellettuale!) era una costumanza che rientrava in una morale ben precisa, che ostentava nei monumenti come negli affreschi e nell'oggettistica gli attributi sessuali ma senza farne un sistema mentale di perdizione, proprio perché era estraneo a tale morale l'idea di sessualità vissuta quale offesa verso un qualche Dio e semmai, cosa discutibile quasi in assoluto, la sessualità esagerata, esasperata, abnorme come anche più estesamente la fisicità sgraziata e soprattutto deforme erano oggetto non tanto di sconforto morale ma semmai di riso, anche turpe, certo grossolano ma in qualche modo catartico verso chi poteva esaltarsi dall'alto di una potente posizione sociale (e si ricordino i lazzi anche osceni pronunciati dai soldati avverso il generale trionfante al fine di non esaltarsi ed eleggersi più o meno consapevolmente ad una sorta superuomo o di reggitore dell'ecumene di Roma).
Certo vi erano, come sempre fu e sarà, pervertiti, dissoluti e dissolute, meretrici e prosseneti ma erano guardati con sospetto dalla gente normale: e la morale ordinaria badava a conservare sempre vivo il senso della famiglia, l'onorabilità, condannava gli eccessi, la prostituzione maschile e femminile, addirittura era più severa (di quanto almeno lo sia stata in epoca cristiana moderna) verso certe pratiche erotiche particolari: ma la critica, avverso tutto ciò, non si sublimava in inquisizioni od in roghi, si limitava molto spesso (fatti salvi i casi di rilevanza penale) in un ridimensionamento delle persone e del giudizio che ad esse doveva pubblicamente conferirsi.



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