cultura barocca
Archivio di Bartolomeo Ezio Durante (clicca qui e ingrandisci l'immagine)

GIUSEPPE BIAMONTI, illustre poeta neoclassico (peraltro quasi omonimo del moderno poeta e concittadino Francesco Biamonti) di S. Biagio della Cima (borgo ligure al centro di un'area incredibilmente percorsa da tensioni culturali, spirituali ed intellettuali) per quanto talora problematizzato dalle sue postazioni conservatrici e filoaustriache fu indubbiamente un celebrità tra '700 ed '800, amico peraltro di Vittorio Alfieri e Vincenzo Monti (nel XIX secolo le maggiori attenzioni critiche gli vennero naturalmente da specialisti della disciplina come G. B. Spotorno che nella sua Storia Letteraria della Liguria, parte quarta, tomo V gli dedicò questo paragrafo del capitolo II ascrivendolo tra i "Poeti più Rinomati di Liguria" (vedi) e qui, contestualmente a quanto ne scrisse lo Spotorno si è sistemato ciò che ne disse in una silloge ormai rara Ambrogio Balbi, riproducendone alcune sue composizioni = la fama del Biamonti era però diffusa a livello nazionale e per intenderlo basta citare il Bertolotti che nella descrizione di un suo "Viaggio per la Liguria Marittima" (vedi Indici) -Bertolotti che fu piuttosto attento anche alla monumentalistica ed ai reperti di romanità in Liguria pur concedendo come qui si vede peso prioritario alle strutture museali e conservative di Genova pur con qualche interessante valutazione anche per l'estremo Ponente Ligure- lo ascrisse tra le glorie di San Biagio scrivendone come qui si legge seppur con qualche imprecisione alcune osservazioni.
Aprosio era un collezionista non solo un bibliofilo ed aveva ideata la sua Biblioteca quale un "Museo" come soleva dire (potremmo meglio definirla una Wunderkammer") = palesemente aveva egli motivo per temere i furti dato il fervente collezionismo antiquario dato che assieme a libri e quadri raccolse una corposa raccolta di reperti antichi, pure di monete parte accumulate nei tanti viaggi ma parte accumulate nella terra patria non escluse contrade periferiche e nemmeno oggetti che sfuggirono alla sua raccolta come nel caso di un ritrovamento da lui menzionato a Latte ("Villeggiatura di Latte") ora frazione di Ventimiglia
= col tempo la consuetudine di acquisire reperti di vario tipo crebbe a dismisura e per quanto espresse in un'opera assai inferiore per mole e qualità rispetto a quella sopra trattata e digitalizzata del Bertolotti in merito ad alcuni aspetti della storia e dell'ambiente del Ponente di Liguria talora son forse preferibili le affermazioni pressoché contemporanee di Giacomo Navone che in una sua operetta (Passeggiata per la Liguria Occidentale fatto nell'anno 1827...) entro la qui digitalizzata lettera XIV trattante un'escursione da Ventimiglia a Camporosso e Vallecrosia sino a San Biagio trasse occasione di parlare più estesamente di Giuseppe Luigi Biamonti (vedi) facendo anche un riferimento all'assai meno noto Padre Vitaliano Macario (vedi), pedagogo di professione ai tempi della dominazione francese che merita d'esser tuttora ricordato per l'erezione sulla Cima della Crovairola (già ritenuta sede parziale della più vasta "Armantica") di una struttura religiosa già meta di una vecchia e lunga frequentazione di fedeli vale a dire la Chiesa della S. Croce da lui resa più grande del progettato in forza della vendita di materiale romano che avrebbe trovato sull'areale da lui acquistato per la realizzazione dell'edifico che aveva personalmente progettata come ringraziamento per la caduta di Napoleone Bonaparte [un poco per tutta l'operetta il Navone parla oltre che di cultura e di letterati (tristemente significativa e superiore a quella del Bertolotti che ne dipende integralmente è la descrizione nella Lettera XIII della Biblioteca Aprosiana oramai in degrado: con qualche lacuna informativa e cronologica ma non priva però di sostanza e dipendente dalla sua guida, tal "Scipione" non frate bibliotecario ma semplice incaricato dell'Amministrazione Comunale alla custodia dell'antica "Libraria") anche di romanità e di rinvenimenti di romanità -in ossequio ad un interesse cui neppure il Biamonti era estraneo- tenendo verosmilmente conto del crescente collezionismo antiquario = molte esternazioni fattegli posson esser state frutto di fantasia, anche interessata, ma certamente incuriosisce quando a fine della lettera XIII dichiara di aver acquistato da contadini intemeli monete antiche da loro rinvenute citandone una d'oro dell'imperatore Giustiniano ed anche se nel contesto della citata Lettera XIV i rinvenimenti di romanità a Vallecrosia di cui fu informato non vennero da lui direttamente visti non può lasciare indifferenti il fatto che descriva invece con precisione, prima d'altre cose e di percorsi supposti di matrice romana, gli oggetti portati alla luce proprio a S. Biagio della Cima ed a lui mostrati dall'amico Padre Eugenio tra cui "una lampada funeraria, un logoro stromento di ferro, fatto a guisa di sigillo, varie monete romane, le quano state di recente rinvenute in un prisco sepolcro, non lungi dalla Parrocchia" = per oggettività scientifica val la pena di citare come la frequenza dei rinvenimenti -comunque già attestati nel '600 dallo stesso Angelico Aprosio come riconobbe il Rossi in una sua lettera a T. Mommsen- dal '700 i rinvenimenti divennero sempre più eclatanti per eventi bellici e realizzazione di trincee e baluardi specie in un'area archeologica importante come quella che da Nervia si estendeva a Vallecrosia e Bordighera senza escludere il vasto entroterra (il geografo greco Strabone aveva definito grande città ad Albintimilium in quanto dal relativamente piccolo nucleo demico di Nervia si estendeva ad oriente ed occidente compreso l'entroterra un vasto "suburbio"); il tutto avvenne in rapporto agli eventi della Guerra di Successione al Trono Imperiale d'Austria (vedi indici) che anticipando di circa mezzo secolo le gesta di Napoleone Bonaparte segnò a fondo queste contrade specialmente per le imponenti trasformazioni geomorfologiche volute da condottiero austro-sabaudo Barone di Leutrum che fece strutturare a fronte della Piazzaforte di Ventimiglia (vedi) tenuta dai franco-spagnoli una contrapposta e formidabile area di Nervia profondamente fortificata (con tutto il territorio retrostante della Val Nervia: come qui si vede anche cartograficamente): è chiaro come i lavori condotti come si vede anche dalla cartogrfia su un'area estesa e di ampio quanto parzialmente misconosciuto valore rcheologico abbiano reso fattibile riesumare dall'oblio molti siti archeologici importanti, pur se non si posson negare distruzioni per le opere moderne in fieri e saccheggi di tombe con furto di arredi anche importanti . E purtroppo Mutatis mutandis questi eventi furono anche causa di gravi danni in rapporto a quanto già scoperto e raccolto specie dall' Aprosio = come si è sopra letto che scrisse il Navone nella sua citata opera sulla Liguria Occidentale precisamente nella Lettera XIII trattante Ventimiglia le manie anticlericali e centraliste a pro di Genova del Bonaparte avrebbero ulteriormente impoverito la Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia in effetti dal fondatore eretta come una struttura librario-museale alla stregua di una Wunderkammer aggravando per la Libraria-Museo, da tempo vittima della malasorte, i danni già patiti allorché fu saccheggiata e depredata di tanti valori, specie delle raccolte numismatiche e antiquarie, ma anche dei quadri e di libri dati alle fiamme, ai tempi della guerra settecentesca di Successione al Trono d'Austria].

























GIUSEPPE BIAMONTI nella PARTE FINALE della sua ODE un tempo giustamente famosa (ADDIO AL GIARDINO DI BOBOLI) in qualche modo influenzò UGO FOSCOLO (PERALTRO BUON CONOSCITORE DI QUESTE LIGURI CONTRADE) che nel suo capolavoro, il carme neoclassico DEI SEPOLCRI fece dell' UPUPA (qui nell'immagine fotografica d'archivio) un volatile orribile, pauroso, frequentatore dei CIMITERI. Al tempo dei due poeti la scienza ornitologica era però già sufficientemente evoluta da render noto agli intelletti colti che si trattava invece di un volatile grazioso, insettivoro, abbastanza diffuso in Italia oltre che in Europa. L'UPUPA (scientificamente "UPUPA EPOPOS") è in effetti un piccolo volatile dal piumaggio rossiccio con ali e coda a strisce bianche e con un ciuffo di penne erettili sul capo: essa appartiene alla Famiglia degli Uccelli Coraciiformi ed è facilmente riconoscibile per il ciuffo di penne sul capo che, come si vede nell'immagine, suole sollevare quando è disturbata o teme il sopraggiungere di un pericolo. Di modeste dimensioni (non supera i 30 cm.), compie migrazioni periodiche e nidifica entro la cavità degli alberi o tra le rocce ove depone in media da 4 a 7 uova una sola volta all'anno. Pare che propria questa assidua ricerca di ripari e nascondigli ove nidificare abbia sin da tempi remoti suggerita la leggenda di uccello amante dell'oscurità e delle tenebre: sia BIAMONTI che FOSCOLO non potevano ignorare, a fine XVIII secolo e ai primi del XIX, la realtà scientifica ma costruirono le loro due poesia sia sul gioco linguistico in cui l'allitterazione della "U" finiva per sviluppare una sorta di suono onomatopeico (citiamo sulle sonore evocazioni orrorifiche della " U " allitterata il neologismo " ufeggiare" di Ugo Iginio Tarchetti) che evocava quello attribuito alle entità dell'oltretomba intravista nei CIMITERI del tempo per effetto del fenomeno dei FUOCHI FATUI. Per altro verso i due letterati non poterono non essere influenzati dal fascino epocale di qulla POESIA PROTOROMANTICA, DELLE ROVINE E SE VOGLIAMO DELL'ESOTERISMO CHE AD ESSI SOPRAVVISSE (VEDI QUI IL CASO DI GIORGIO BRIANO E DELLA SUA LIRICA " UN'ORA AL CIMITERO ") MA CHE CONTESTUALMENTE AD ESSI GIUNGEVA DAI TORMENTI DEL PIU' CUPO SEICENTISMO CUI NON FURONO ESTRANEI NE' APROSIO NE' IL MINOZZI DI MONTE SAN SAVINO e che assai più di quanto dicano tuttora crestomazie, saggi critici o testi scolasteva conto ad una formidabile tradizione del classicismo che affondava sin ad epoche remote il suo irreale giudizio sull'UPUPA: un retaggio di interazioni culturali che si era via via riafforzato sulla linea di molteplici ragioni, senza nemmeno escludere quella recente supposta EPIDEMIA DI VAMPIRISMO, su cui comunque le autorità avevano indagato assai più di quanto si possa pensare, nell'Europa orientale che, nello slancio anticlericale del pensiero illuminista, era diventata un lugubre oggetto di culto sì da riproporre il tema di VAMPIRO, LAMIA, STREGA VAMPIRO E DEI LORO FAMIGLI, APPUNTO LE CREATURE DELLA NOTTE TRA CUI SI ASCRIVEVA L'UPUPA STESSA.
Il NITTICORACE (misterioso e indecifrabile volatile del cattivo augurio e frequentatore delle aree sepolcrali di cui parlò anche PLINIO SENIORE) fu sì preferibilmente accostato alla CIVETTA" ["Il nitticorace, detto anche nottola/...il nitticorace è immondo...e preferisce le tenebre alla luce" come riporta il Bestiario medievale "Fisiologo versio BIs" ("Bestiari medievali", cit., pp.20-22, VII) in stretto collegamento con le "Etimologie" (XII, VII, 40 e 41) di ISIDORO ("Il nitticorace è anch'esso una nottola ed è un uccello che rifugge la luce e non sopporta di vedere il sole")]. In queste descrizioni comunque il "NITTICORACE" o "corvo della notte" permette identificazioni varie, tanto con la "CIVETTA" quanto col "GUFO" e con altri volatili notturni compreso il "PIPISTRELLO EUROPEO" e l'"UPUPA", che uccello notturno come visto proprio non è e che invece ISIDORO di Siviglia nelle "Etimologie" (XII, VII, 66) descrisse come un animale sporco, dal capo coperto da una cresta di alti ciuffi, un uccello che altresì mangerebbe escrementi umani, che vivrebbe tra le tombe ed il cui sangue esorcizzerebbe, entro i sogni di chi se ne cospargerebbe, demoni "soffocatori": ad integrazione documentaria cliccando QUI SI PUO' CONSULTARE UNA BREVE RASSEGNA DI AUTORI CHE BEN PRIMA DI BIAMONTI E FOSCOLO ADERIRONO, NON PER RAGIONI POETICHE MA PER CONVINZIONE DEI CONTENUTI, AL TEMA LUGUBRE DELL' "UPUPA". Siffatte postulazioni urtano invece contro una visione più fausta dell'"UPUPA" alimentata in genere dai "Bestiari medievali" che ne fecero un simbolo dell'amore filiale verso i genitori deboli ed invecchiati> peraltro nel complesso panorama dei tanti uccelli notturni, in qualche modo collegati col male, col misterioso e comunque coll'enigmatico, si potrebbe in ultima analisi addirittura tirare in ballo la "spinturnice" di Plinio X 37, il brutto e infausto uccello già menzionato da Festo - ed ascritto dagli ornitologi al gracchio - che avrebbe spesso profanato are ed altari rubandone il carbone) al Canide".