cultura barocca
INFORMAT. DI B. DURANTE

Il volume di cui sopra è proposta l'IMMAGINE (da biblioteca privata) fu edito nel 1858 (Paris, Brandus) da Georges Kastener sotto il titolo de Les Sirènes, essai sur les principaux mytes relatifs à l'incantation, les enchanteurs, la Musique Magique, le chant de Cigne; et consideres dans leurs rapports avec l'histoire, la Philosophie, la litterature et les beaux arts. Suivi de "La Rève d'Oswald ou les Sirenes, grande simphonie dramatique vocal et instrumentale: dalla lettura del titolo si evince che non è opera specificatamente dedicata al tema del CANTO MAGICO DELLE SIRENE ma che piuttosto, affrontando una sinfonia drammatica dedicata a queste creature mitologiche (per ben 207 pagine di musica notata e incisa), finisce per costituire un repertorio di pp.4+8+157+12 (con svariate tavole litografiche) sul
PERICOLOSO POTERE DI SEDUZIONE DEL CANTO FEMMINILE, indubbio retaggio del ruolo anticamente avuto dalle DONNE PAGANE nel CAMPO MUSICALE anche come CANTANTI e/o SUONATRICI DI PROFESSIONE
Questo lavoro finisce per costituire un discorso sospeso perennemente tra l'investigazione mitologica, l'indagine curiosa ed erudita (come vorrebbe suggerire il titolo stesso) ed un intrigante viaggio attraverso presunti percorsi del paranormale e del magico in merito ai presunti poteri incantatori e fascinatori del CANTO, di cui comunque risulta pressoché consequenziale la disanima attraverso lo "studio" delle SIRENE, emblematiche, mitiche e quasi "storiche" esponenti di queste capacità, sempre attuali, in quanto nell'ottocento in esplicita relazione con gli studi di MESMER SULLA ZONA MORTA e sull'idea di FASCINAZIONE.
Per quanto possa sembrare, in forza della grande tradizione musicale liturgica, la CHIESA CATTOLICA ROMANA, specialmentein epoche di grandi sconvolgimenti epocali (per esempio l'URTO FRA RIFORMA E CONTRORIFORMA o la TEMPERIE ILLUMINISTICA) aveva pubblicamento preso posizione sulla LICEITA' O MENO DELLE RAPPRESENTAZIONI MUSICALI CANTATE e poi ancora tanto sulla fruizione di CASTRATI, SPADONI ED EUNUCHI quali cantanti ed ancora su CANZONI E DANZE PRATICABILI E NON (e nonostante nella Cappella Pontificia ai primi del XX secolo si sia esibito l'Angelo di Roma, il Moreschi, meglio noto come ULTIMO DEI CASTRATI, il grande ma ribelle FARINELLI da non pochi religiosi e prelati fu accusato di sedurre e condizionare ai suoi appetiti sessuali, con la propria voce da SIRENA, donne altrimenti pudibonde ed estranee al fascino della sua persona.
Francesco Santoianni, nel suo volume Topi (Edizioni Giunti, 1993) propone un'interessantissima lettura storica e psicologica di una fiaba celebre in cui il "potere della musica" accanto ad aspetti positivi cela pericoli, temuti dalle autorità laiche ed ecclesiastiche. Chiaramente ci si riferisce alla saga del PIFFERAIO MAGICO che, a prescindere da un quasi obbligato lieto fine, maschera con fatica i timori quasi atavici per il canto magico, relitto di non poco conto della fascinazione stregonesca e del canto delle Sirene.
Ecco cosa scrive l'autore:
"...Come nasce la saga del "Pifferaio Magico?" Intanto, a figura dell"'incantatore" di topi era molto diffusa nell'Europa medioevale: una delle tante testimonianze a riguardo è quella di Olao Magno che ci parla di un Pifferaio Magico capace di convincere i topi a seguire i suoi comandi.
Si può ipotizzare che il piffero funzionasse davvero emettendo, ad esempio, ultrasuoni, come i moderni fischietti per richiamare i cani, oppure sfruttando l'estrema sensibilità dei topi alla musica. Un'altra ipotesi che potrebbe spiegare questa leggenda si basa sulle colossali migrazioni di lemming. Questi roditori, diffusi principalmente nel Nord Europa, subiscono, come i topi, esplosioni demografiche cicliche: in enormi branchi abbandonano le zone di origine che hanno ormai esaurito le risorse alimentari e, nella frenesia di raggiungere nuovi terreni ricchi di cibo, scavalcando monti, attraversando fiumi e laghi, devastano vaste regioni prima di venire decimati dagli stenti e dalla fatica. Se, come spesso succede, il loro viaggio li porta al mare, la loro fine è segnata: nel tentativo di attraversarlo affogano in massa. La dinamica delle popolazioni di lemming è rimasta per un lunghissimo tempo nel mistero, e il periodico "suicidio" di grandi popolazioni di questi roditori ha sempre destato stupore. È possibile che la città di Hameln si fosse trovata sulla rotta percorsa da una popolazione di lemming e che qualcuno, scaltramente, si fosse offerto per operare una "derattizzazione" già insita nella dinamica degli eventi: questo spiegherebbe, tra l'altro, il rifiuto da parte del consiglio comunale di pagare il pifferaio.
L'allontanarsi dei bambini può avere parecchie spiegazioni. Intanto, così come ha già fatto notare Freud, il termine rat indica in molti dialetti di origine germanica sia il topo che il bambino, e questa identificazione psicologica - e quindi linguistica - potrebbe spiegare questa parte della leggenda. Un'altra ipotesi che ci sembra abbastanza soddisfacente ci è data dalla lettura della Crociata degli innocenti che ebbe luogo nel 1212: Nicola, un ragazzo di Colonia, si mise a capo di una schiera di venti mila adolescenti per liberare il Sacro Sepolcro. La stragrande maggioranza di questi fanciulli fu imbarcata da armatori privi di scrupoli su navi dirette ad Alessandria dove i ragazzi furono venduti come schiavi. Solo una piccola minoranza di questo esercito riuscì a far rotta verso la Palestina, ma una serie di naufragi distrusse anche questo esiguo manipolo di giovani crociati. La scomparsa di tanti adolescenti potrebbe essere l'episodio che, trasformato in leggenda, ha successivamente generato la seconda parte della saga del Pifferaio Magico
".





































IL PIFFERAIO MAGICO
C’era una volta una piccola città di nome Hamelin.
I suoi abitanti erano sempre vissuti felici, ma da qualche tempo regnava una gran confusione! Hamelin, infatti, era stata invasa dai topi!
Non c’era solo qualche topolino nelle cantine, ma centinaia di musini sbucavano da ogni angolo: si intrufolavano nelle cucine, saltavano dalle finestre aperte, correvano lungo i tetti delle case, sui cornicioni, si inseguivano per le scale… I cittadini erano disperati e decisero di rivolgersi al sindaco della città, radunandosi nella piazza davanti alla sua finestra per protestare.
"La città è piena di topi!, gridavano infuriati. "Ormai ci sono più topi che bambini! Bisogna trovare al più presto una soluzione." Il sindaco si affacciò alla finestra cercando di sorridere, ma in realtà non sapeva proprio che cosa fare e cominciava ad agitarsi.
Mentre stava cercando di farsi venire un’idea, sentì tre leggeri colpetti alla porta. Aveva una gran paura che fosse un cittadino infuriato. "Posso entrare?", chiese una strana vocetta. "Avanti …", rispose il sindaco un po’ preoccupato.
Entrò un buffo personaggio con un vestito azzurro a righe, delle scarpe con una lunga punta ed un cappello con la piuma. "Sono venuto a liberare la città dai topi. Io possiedo un potere magico …con la mia musica posso condurre con me oggetti, animali e uomini", incominciò l’uomo.
"Allora tu sei la mia salvezza!", esclamò il sindaco contento. "Arrivi proprio al momento giusto! Se riuscirai davvero a far sparire tutti questi topi ti ricompenserò generosamente, lo prometto." "Non preoccuparti, tornerò presto", rispose sicuro di sé il Pifferaio. "Vedrai, fra meno di un’ora, in tutta Hamelin, non incontrerai più neanche un topo!".
Così uscì dal municipio e si incamminò verso la piazza del paese impugnando il suo piffero magico. Poi, si fermò a pensare, come per ricordare una melodia particolare, e sotto gli occhi incuriositi di grandi e bambini incominciò a suonare una canzoncina molto allegra, seduto vicino ad una fontana di pietra. Immediatamente, come per magia, un fiume di topolini attratti da quelle note bizzarre, uscì dalle case ed invase la piazza: saltellavano tutti intorno al Pifferaio! Senza smettere un solo istante di suonare, incominciò a camminare svelto, attraversando la città a grandi passi verso il fiume che scorreva poco lontano.
Gli abitanti di Hamelin si chiedevano stupiti chi fosse quell’omino che incantava con la sua musica persino gli animali. Tutti correvano nelle strade, seguendo quello strano corteo e si arrampicavano sugli alberi per vedere meglio. Intanto il Pifferaio continuava ad allontanarsi seguito da centinaia di topi e si dirigeva alle porte di Hamelin. Arrivato al fiume, si fermò di colpo sulla riva, lasciando che i topi si tuffassero nell’acqua. In pochi minuti sparirono tutti!
Come aveva promesso, non si trovò più un solo topo in tutta la città. Anche i gatti, che se ne stavano nascosti da tempo, non credevano ai loro occhi e cominciarono a festeggiare nelle strade.
Il sindaco invece, prendendosi il merito di tutto, si ritirò soddisfatto nel municipio.
All’improvviso, come la prima volta, si udirono alla porta tre leggeri colpetti: era il Pifferaio Magico. "Buongiorno", disse tranquillo, "il mio compito è finito!" Appena il sindaco lo vide entrare, si finse molto sorpreso e rispose: "Posso fare qualcosa per te?".
"Sono venuto a ritirare il compenso che mi ha promesso" "Compenso? Ma, ma di che cosa stai parlando?, esclamò il sindaco. "Io non ti ho promesso proprio niente." "Aveva dato la Sua parola d’onore! Ha detto che mi avrebbe ricompensato generosamente se avessi liberato dai topi la città di Hamelin!", rispose il Pifferaio seccato.
"Non mi ricordo di averti mai detto questo", disse il sindaco imbroglione scoppiando in una fragorosa risata. "Comunque ora tutti i topi sono morti e non torneranno di certo. Ti ringrazio molto anche a nome di tutta la città e ti faccio tanti auguri! Ora puoi andare."
"Sta molto attento", mormorò allora il Pifferaio con un viso minaccioso, "non prenderti gioco di me perché questa volta potrei suonare una melodia molto diversa …" Senza aggiungere altro se ne andò con uno strano sorriso.
Scese nelle vie di Hamelin e cominciò ad attraversare la città con passo deciso ed il suo piffero di legno in mano.
Arrivato nella piazza in cui aveva suonato la prima volta, si fermò per un momento a pensare, come per ricordare una melodia e cominciò una canzoncina allegra, un po’ diversa dalla prima.
All’improvviso tutti i bambini, ma proprio tutti, iniziarono a correre fuori dalle case, incantati dalla sua musica e dalle note magiche.
Seguivano il buffo omino con le scarpe a punta e la piuma sul cappello, dimenticando i loro giochi e quello che stavano facendo. Presto un allegro corteo di centinaia di bambini attraversava la città, proprio come era successo con i topolini!
La musica infatti trascinava i piccoli sempre più lontano, attraverso i prati ed i boschi, finchè giunsero ai piedi di un’immensa montagna.
Il Pifferaio subito cambiò melodia e magicamente, una porta di pietra cominciò ad aprirsi. Entrò svelto e tutti lo seguirono, soltanto uno di loro era rimasto indietro perché era un po’ lento.
"Ehi, Pifferaio! Bambini! Aspettatemi! Voglio venire anch’io con voi!", gridava, ma la misteriosa porta di pietra ormai si era chiusa.
In quel momento, arrivarono di corsa i genitori ed il bambino raccontò ogni cosa. Restarono fino a sera ad aspettare, ma nessuno rispondeva e decisero di tornare a casa. L’unico bambino rimasto ad Hamelin era davvero triste e si sentiva terribilmente solo senza nessuno con cui giocare.
Il suo unico desiderio era raggiungere gli altri bambini. Così una mattina, senza dir niente a nessuno, si allontanò, ripercorrendo il sentiero che aveva fatto quel giorno con i suoi amici.
Si era costruito con un bastoncino di legno un piccolo piffero ed arrivato di fronte alla grande porta di pietra, cominciò a suonare l’allegra melodia del Pifferaio, che non aveva mai dimenticato. Ad un tratto, dall’altra parte della roccia, un flauto rispose alla sua musica.
Il bambino ricominciò a suonare e le note del piffero magico risposero ancora. La roccia della montagna iniziò a tremare come la prima volta e la grande porta lentamente si aprì.
Tutti i bambini di Hamelin uscirono correndo felici sui prati ed abbracciarono con gioia il bambino che li aveva salvati.
"Il Pifferaio ti vuole parlare", gli dissero.
Così, il piccolo bambino entrò senza avere timore nella grande montagna, curioso di scoprire il segreto della musica magica.
Intanto ad Hamelin il sindaco se ne stava rinchiuso nel suo palazzo tremando di paura per quello che aveva combinato …ma ormai era troppo tardi. Nessuno rideva, nessuno cantava più, non c’erano le voci dei bambini che giocavano nelle strade e tutti erano preoccupati per il piccolo che era partito solo e non era più tornato.
Improvvisamente, da lontano, sentirono un allegro frastuono! I cittadini di Hamelin si precipitarono a guardare cosa stava succedendo e videro un corteo di più di trecento bambini che scendeva attraverso i prati della grande montagna.
Tutti cantavano e correvano allegramente, preceduti dal piccolo bambino che stringeva tra le mani, con gli occhi che gli luccicavano dalla felicità, un meraviglioso piffero di legno.
Era proprio il piffero magico che l’uomo con la piuma sul cappello gli aveva regalato. Non vi dico gli abbracci, i baci, i salti di gioia dei genitori!
Ad Hamelin si fece festa per tre giorni e tre notti!
I bambini però non raccontarono mai dove erano stati e che cosa avevano fatto in montagna.
Il sindaco invece imparò a mantenere le promesse!
































































Nella mitologia greca esse erano ritenute figlie di Acheloo, nate dalle gocce di sangue cadute dalle sue ferite dopo che Eracle gli spezzò un corno, o a lui partorite da Sterope.
Nel mito originario erano raffigurate con
testa femminile su di un corpo di uccello dai pronunciati attributi femminili (i seni) e dai grandi artigli: cosa che non mancò di determinare, specialmente nel passaggio in Occidenti e nella relazioni con altre figurazioni ctonie, confuse interazioni con altri mostri mitologici come le Lamie e le Arpie.
L'attributo tipico delle Sirene, sulla cui UBICAZIONE le controversie tuttora non cessano, erano gli strumenti musicali: in particolare la lira ed il doppio flauto: in effetti in tutto questo rientrava una concessione popolare alla magia nera e specificatamente all'arte incantatrice od alla fascinazione.
La più celebre narrazione mitica in cui compaiono le SIRENE è quella contenuta nell'Odissea: nel suo viaggio sul mare verso l'Alidilà, ULISSE è assediato dalle SIRENE che cercano di affascinarlo con il loro canto e dichiarano di conoscere tutto ciò che accade in ogni luogo della terra.
Per non cedere alle SIRENE, contro le quali era stato posto in guardia dalla maga Circe, ULISSE si fa legare all'albero della nave dai compagni, ai quali ha turato le orecchie con la cera.
La minaccia insita nel fascino delle SIRENE corrispondeva alla loro natura infera.
Si narrava infatti che esse erano figlie di Ctonia, e cioè delle profondità della terra, ed erano inviate da Persefone.
Loro compito era quindi affascinare chi giungeva nell'Aldilà, rendendo più dolce la morte ( e l'iconografia classica conserva immagini di SIRENE maschili, barbate, destinate ad allietare le donne sulle soglie degli inferi).
Zeus aveva assegnato alle SIRENE l'isola Anthemoessa (la fiorita), la cui immagine coincide con il loro aspetto erotico; ma il prato fiorito su cui stavano le SIRENE appariva ai naviganti pieno di cadaveri umani.
L' immagine delle SIRENE con il corpo di uccello sopravvisse nell'arte paleocristiana (vedi Ulisse e le Sirene nel cimitero di S. Callisto a Roma).
Circa la loro origine e le loro ibride sembianze, le versioni (seppur esternamente alla meno elaborabile mitologia greco-ellenistica) sono comunque diverse sin dai tempi della romanità (quasi certamente in armonia con lo spirito eclettico della cultura romana e la tendenza sincretistica dei suoi intellettuali).
Ovidio, per esempio, ampiamente erudito nelle varie elaborazione del mito, sostiene che un tempo esse erano donne comuni, ma chiesero agli dei il beneficio delle ali, per cercare sui mari una loro compagna rapita da Plutone .
Secondo altri, erano state trasformate da Demetra, quale punizione per non essersi opposte al rapimento di sua figlia.
Oppure che Afrodite le aveva private della bellezza, perché disdegnavano i piaceri d'amore.
Nelle leggende successive furono considerate divinità dell'aldilà e per questo motivo sono spesso raffigurate sui sarcofagi.
A partire dal XII secolo, però, il nome di SIRENA iniziò a designare unicamente una figura di donna con la parte inferiore del corpo a forma di pesce. Questo particolare tipo di SIRENA è documentata letterariamente per la prima volta nel trattato De monstris, del VI secolo.
Così in un volgere relativamente lungo, ma costante deella tradizione folklorica e popolare SIRENE (dal VI sec. d.C.) cambiarono aspetto sì che la mitologia popolare prese ad effigiarle quasi esclusivamente come donne con ali e coda di pesce: quasi contemporaneamente di questa figurazioni si impadronì tanto la cultura letteraria come quella scientifica, alla maniera che si legge ininterrottamente dal '500 nella cartografia dell'Ortelio a volumi come questo prodotti in piena epoca scientista e positivista del XIX secolo
I loro destini si spostarono sullle nuove rotte e verso altre civiltà: fuori dal Mediterraneo il loro mitologhema invase l'Islanda, i mari del Nord, l'Oceano Atlantico e finalmente i fiordi dei Vichinghi. ( la sostanza del brano è ripresa, con dovute integrazioni, dall'opera di M. Corti, Il canto delle Sirene).




















Tra i misteri che avvolgo la tematica delle SIRENE è l'ubicazione della loro isola: una testimonianza assai interessante deriva da Strabone , geografo greco che vive nel I sec. a.C.(63-19).
Si tratta di due brani, uno nel libro I (2, 12, 13, = C 22-23) e l’altro nel libro V (4,8=C 247), che identificano nelle isole de Li Galli, nel mare di Positano, le tre isolette rocciose giudicate temibili sedeidelle sirene.
Kampsanti de ten akran nesides eisin eremoi petrodies, as kalousi Sirenas che, tradotto dal greco qui adattato alla grafia occidentale, significa "A chi doppia il promontorio si presentano delle isolette deserte, rocciose che chiamano Sirene".
Dunque a giudizio di Strabone con il termine Sirenai si indicavano le isolette, mentre Sirenoussai erano le rupi a picco sul mare che , secondo alcune interpretazioni, potevano ben prendere il toponimo da un locale santuario dedicato alle Sirene, alla maniera per intendersi di Capo Ateneo, oggi Punta Campanella, lo coniava da un santuario di Athena.
Nel De Mirabilibus Auscultationibus, forse redatto da Stratone di Sardi verso il 120 d.C., come negli scritti di Stefano Bizantino, anche le isolette sono però caratterizzate dal toponimo di Sirenussai.
La sostanziale indefinitezza del mito ha fatto sì che attraverso i secoli e poi i millenni Sirenai o Sirenussai, intese dunque ora come Sirene soltanto ora come sede delle Sirene, erano nella mitologia greca riferimento alla dimora delle insidiose Sirene.
Ed è certo significativo che numerose imbarcazioni antiche siano naufragate nei pressi della mitica sede delle Sirene, mitologicamente erigibili a simbolo degli ostacoli e dei pericoli della navigazione in tale tratto di mare.
La capacità di Ulisse e dei suoi compagni di resistere al melodioso canto ( Omero, Odissea, XII ) è la trasposizione secondo una cifra fantastica dei progressi della navigazione e della graduale ma sempre superiore competenza delle rotte da seguire.
Secndo alcune moderne versioni questa vicenda mitologica sarebbe stata elaborata già nell’Età del Bronzo in concomitanza con le prime imprese marinaresche greche verso l'occidente e per alcuni una prova di ciò sarebbe stata data dai reperti micenei rinvenuti presso l'isola di Vivara, in provincia di Napoli.
Prescindendo da queste ipotesi di ubicazione le Sirene sono comunque sempre localizzate su rupi sporgenti sul mare e ben visibili anche da lontano. E così viene spontaneo fare i nomi di Licosa a Punta Licosa che chiude a meridione il golfo di Salerno, Ligea a Punta Campanella che lo delimita a tramontana e Partenope, sepolta presso Pizzofalcone a Napoli.
L’ubicazione deriva dalla caratteristica comportamentale che caratterizzava nell'immaginario collettivo tali creature, di attrarre i naviganti, causandone quindi la morte: le rupi da lontano erano senza dubbio un punto di riferimento per i marinai che finiva per celare sin al momento drammatico del non ritorno la sinergia di correnti e vortici in grado di trascinare le imbarcazioni sugli scogli, determinando la rovina degli equipaggi.
In concomitanza con l'esigenza di deprimere e quindi evitare tale pericolo, nella tradizione marinaresca, più facilmente costruibile sui parametri orrorifici del mitologhema sviluppato in negativo, venne sviluppato un CULTO DELLE SIRENE (non esente dall'erezione di SACELLI e/o SANTUARI destinati a pacarane la furia distruttiva).
Le isolette del Gallo Lungo, di Castelluccio e de la Rotonda conservano tuttora il toponimo di Li Galli, che, nella interpretazione prevalente, sarebbe un'allusione alla iconografia delle Sirene sviluppatasi nell’arte figurata greca arcaica, quando erano effigiate quali pennuti dal volto umano e non al pari di donne con la parte inferiore del corpo conformata a pesce, che costituisce semmai affascinante immagine della Sirena tardoimperiale romana e quindi medievale.
Ancora ai tempi di Ottaviano Augusto, e quindi agli albori dell'Impero di Roma, l’eco della malefica attrazione delle Sirene riviveva intensa nei versi dell’Eneide virgiliana (libro V, 864-865) ove si legge Iamque adeo scopulos Sirenum advecta subibat difficilis quondam multorumque ossibus albos = E già (la nave)si appressava agli scogli delle Sirene, un tempo rischiosi e biancheggianti per ossa di molti".
Successivamente, a Capri, durante lo splendore della casa Flavia si ricostruì il faro eretto sull’estremità del promontorio orientale e rivolto quindi in direzione delle citate isole dette de Li Galli che rovinò sulla sua stessa mole quasi certamente crollato a causa di un terremoto.
Nel 1131, Dopo i tempi ferrei dell'atà medievale, le tre isolette avevano oramai assunta la denominazione di Guallo e finalmente nel 1225 l'imperatore Federico II di Svevia ne fece dono al cenobiodi Positano dcitandole nella pergamena della donazione quali tres Sirenas quae dicitur Gallus.