cultura barocca
> Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante

Del discusso poligrafo, convertitosi alla Riforma GREGORIO LETI alla CBA si conservano tuttora:
L' Italia regnante. Overo nova descritione dello stato presente di tutti prencipati, e republiche d'Italia. Di Gregorio Leti ..., Valenza : per Gio. Francesco Guerini [i.e. Geneva : appresso Guglielmo e Pietro de la Pietra], 1675-1676. - 4 v. ; 12°. (Il repertorio BMC segnala che i dati di pubblicazione sono falsi: "The whole printed at Geneve").
Conclavi de' Pontefici romani, quali si sono potuti trovare fin a questo giorno. De' quali si vede la tavola nel foglio seguente / [Gregorio Leti]. - 1667. - [6], 583 p. ; 4°. (Il repertorio BMC attribuisce l'opera a Gregorio Leti, e fornisce le seguenti note di pubblicazione: [Geneva] : [De Tournes]).br> Storico, professore d'italiano, poligrafo GREGORIO LETI vide la luce a Milano nel 1630 ma morì nel 1701 fuori Italia ad Amsterdam.
Spirito inquieto ed avventuroso dopo essersi trasferito a Ginevra convertendosi al calvinismo, ne venne espulso per insorti contrasti sì da riparare in Francia, in Inghilterra e finalmente in Olanda ove fu elevato al rango di storico ufficiale della città.
Per redigere le sue numerosissime opere utilizzò vari pseudonimi : Sultanini, Baltassaro (vedi sopra nel frontespizio) - Capocoda, Giulio - Rogeri, Geltio - Gree, Gloritio - Lunadoro, Girolamo (spesso valendosi pure di nomi falsi anche in merito ai tipografi ed alle piazze di stampa): il tutto per sottrarsi ai tracimanti contrasti e specialmente alla censure dell'Inquisizione.
Ancora nell'ultimo Indice dei Libri proibiti del 1948 moltissime opere del Leti risultano condannate:
Certamente fra quante maggiormente lo compromisero, è da ascrivere la proibitissima opera: Il puttanismo romano o vero Conclave generale delle puttane della Corte per l'elettione del nuovo pontefice , 1668 - 130 p. ; 12o - Opera di Gregorio Leti, cfr. BGI - [Variante del titolo] Conclave generale delle puttane della corte - Paese di pubblicazione: IT - Lingua di pubblicazione: ital. - Localizzazioni: Biblioteca Trivulziana - Archivio storico civico - Milano
Pubblicata anonima nel 1668, l'opera comprende due testi distinti, ma uniti nella tradizione editoriale: nel primo s'immagina che le cortigiane di Roma, allarmate dalla diffusione della sodomia in città, organizzino un conclave per eleggere alla successione di Alessandro VII un papa a loro favorevole, e a questo scopo passano al vaglio i piú noti cardinali dell'epoca; il secondo è un "Dialogo tra Pasquino e Marforio" sullo stesso argomento, ma in realtà rivolto a materie ancora piú compromettenti: il nepotismo, l'Inquisizione, l'infallibilità del papa. Dietro la denuncia dei cattivi costumi dei prelati, s'insinua la meno scanzonata riflessione sugli strumenti repressivi del potere, denunciati in nome di un'eterodossa libertà di pensiero.
L'argomento, che sa di zolfo e provocazione, non solo mette in relazione l'assimilazione di siffatta opera più al "poeta" Aprosio che al rigoroso Gandolfo: ed a questo punto viene da riflettere come la manoscritta e mordace "pasquinata", sul conclave papale del 1676, custodita con altro materiale nell'ex manoscritto 40 dell'Aprosiana sia da ascrivere piuttosto alle estrosità aprosiane che alla ricerca documentaria del Gandolfo che peraltro risulta sostanzialmente estranea al tema trattato.
Luca Tosin nel saggio I libri a stampa del XVII secolo tra censura religiosa e civile: note sulle norme in uso a Genova in "Aprosiana", XIV, 2006, pp. 76 - 77 parlando di "Gregorio Leti" o meglio dei suoi volumi custoditi all'Aprosiana sottolinea, come una pericolosa eccezione, la loro conservazione in una "Libraria fratesca": benchè faccia breve cenno nella nota 65 sul fatto che Aprosio sia stato "Vicario dell'Inquisizione" non approfondisce la questione che proprio perché ricoprente tale carica il frate aveva diritto a gestire, leggere e custodire i "libri proibiti".
Che poi magari abbia avuto il vezzo di ingressarli con una certa segretezza, per leggerli a proprio uso, è una faccenda diversa: e certo non solo quelli del "Leti" soltanto i "volumi posti all'Indice" tuttora custoditi all'Aprosiana.
Da una missiva del GRANDE INQUISITORE DI GENOVA MICHELE PIO PASSI apprendiamo per esempio che Aprosio gestì un volume di ANTONIO MERENDA autore tuttora custodito alla Biblioteca intemelia e tuttora ascritto all'ultimo Indice pubblicato nel 1948 sulla base di un DECRETO DEL 20 NOVEMBRE 1663.
All'Aprosiana si verificano, casi diversi, la cui analisi porterebbe a poliedriche discussioni: un'altra riguarda un libro sempre sospettato e sub judice, ai tempi di Angelico non ancora inserito nell'INDICE DEI VOLUMI PROIBITI ma già alla sua epoca oggetto di contrastanti postazioni intellettuali ed interpretative; si tratta del TRACTATUS DE MONIALIBUS di FRANCESCO PELLIZZARI in cui si affronta anche il tema della "lettura e dei libri" (pag. 425, n. 297) quanto sulla pubblicazione di libri e delle licenze necessarie (pag. 224, n. 49).
Nel contesto dei "libri proibiti", i ripensamenti e le rianalisi, possono inoltre far condannare volumi che ricevettero l'imprimatur come nel caso del MANUALE PER INQUISITORI dall'autore detto più semplicemente PORTERO / PORTERUS: riesaminato il volume fu posto all'INDICE - E RISULTA ANCORA INSERITO IN QUELLO DEL 1948 con DECRETO DEL 26 AGOSTO 1682 e come ancora accadde per il LOREDANO/LOREDAN, l'illustre PRINCIPE degli ACCADEMICI INCOGNITI, le cui NOVELLE AMOROSE, volume parimenti custodito all'Aprosiana, vennero inserite nell'INDICE con DECRETO DEL 9 FEBBRAIO 1683
Il Tosin formula le sue considerazioni sulla base di una lettera del 12 maggio 1669 di Niccolò Cavana, notoriamente corrispondente, amico e mecenate di Aprosio: in siffatta missiva denuncia il rinvenimento di un foglio volante esposto in una forma crittografica di cui non dà contezza ma che decodifica, ritengo correttamente, in questa formula:
DOPO IL NIPOTISMO E' USCITO
LA DOPPIA IMPICCATA LIBRO CURIO
SISSIMO
SI ASPETTA IN BREVE
GLI AMORI MASCULINI E FEMINI
NI DELLA CORTE DI TOSCANA
IL TUTTO SIA DETTO COME IN
CONFESSIONE
Il Tosin,cit., p.77 in merito al pericolo di trattenere "libri proibiti" utilizza ancora una volta la Prattica del Santo Officio di Eliseo Masini e precisamente quanto registrato a p.305 dell'edizione da lui consultata donde riprende la sanzione per cui chi avesse avuto dei libri eretici allo scopo di servirsene per confutar gli errori degli stessi eretici sarebbe stato in obbligo di chiederne specifica licenza e giammai avrebbe dovuto conservare i suddetti libri per curiosità o per ornamento della libraria.
L'osservazione è giusta ma tratta da un manuale per inquisitori i cui assunti possono essere contestati in chiave giuridica dagli interpreti: per affrontare l'argomento è doveroso avvalersi di un testo di interpretazione del diritto canonico come nel caso di questo celebre VOLUME del canonista FELICE POTESTA' la cui SECONDA PARTE sottilmente disquisisce, sulla SCIA di annose discussioni, sopra il delicato tema delle DENUNZIE DA FARSI IN CONFORMITA' AGLI EDITTI DELLA SANTA INQUISIZIONE con una vasta messe di osservazioni in merito al disputatissimo tema dei LIBRI PROIBITI.