cultura barocca
Inf. Bartolomeo Durante CLICCA E VOLTA PAGINA

Come riporta D. Ottonelli (vedine qui la produzione in merito) laddove redasse la sarcina narrativa intitolata (Quesito Sesto / Il gusto delle Donne Comiche in far quest'arte è ragione di scusa sufficiente per la publica comparsa?) la celebre attrice Isabella Andreini considerata grande come donna di spettacolo e come autrice da A. Aprosio espresse il timore di non aver adeguata sepoltura cristiana dopo la tanta fama e gli onori ricevuti in terra: e questo timore come si legge era comune a altre persone del mondo dello spettacolo specie alle attrici per quanto famose.
Scrive Tonino Pavan in un articolo on line "Già verso la fine del Duecento, l´arcivescovo di Canterbury, Tommaso di Cobham, bollò d´infamia i buffoni che avevan l’ardire d’esprimersi in forma drammatica: trasformant corpora sua per turpes saltus, vel denudando se turpiter, vel induendo horribiles larvas. Nel 305, il Sinodo d´Elvira fulmina di scomunica tutti i commedianti, gli istrioni e i ciarlatani pubblici, condannandoli ad essere sepolti in terra sconsacrata; nel 314 il SinodoArles reitera la scomunica [reputandosi che la frequentazione di tali diletti induca anche gli spettatori oltre che gli attori -sia con la partecipazione che con la visione di spettacoli osceni- a perpetrare il gravissimo peccato della lussuria]. Nell’epoca moderna, nel 1569, il Cardinale Carlo Borromeo interviene con la censura sugli scenari o canovacci. Nel 1572, Papa Gregorio XIII proibisce, nei territori di Roma, tutti gli spettacoli pubblici e privati e nel 1574 scaccia dal territorio pontificio tutti i Comici, mentre permetterà alle sole Accademie e Confraternite l’esecuzione di spettacoli. A Napoli, sei anni dopo, è proibita qualsiasi rappresentazione dei Comici. Non da meno, nel 1581, è il Consiglio dei Dieci che pone a Venezia, tre le più libere città dell’epoca, molti ostacoli e obblighi alle rappresentazioni teatrali. Ancora a Roma, Sisto V nel 1588 concede alla Compagnia dei Desiosi di entrare nei territori pontifici, ma con l’obbligo di non farvi recitare le donne. Con Clemente VIII, dal 1592 al 1605, sono, per i Comici, tredici anni di dura persecuzione che si placa, solo in parte, dopo la morte del papa. Nel 1670, Paolo Varese, procuratore dello Stato pontificio, invita alla modestia i Comici presenti a Roma. A Venezia, per tutto il periodo della guerra contro gli Ottomani, dal 1684 sono proibite dal Consiglio dei Dieci tutte le rappresentazioni. Nel 1685, a Roma sono proibite in perpetuo tutte le recite durante il sabato, ma ci si accanisce soprattutto contro i balli e le mascherate. Tuttavia, l’attività dei Comici, nonostante le censure e i bandi, fu in Italia abbastanza tollerata. Altrimenti in Francia, il genio di Racine, di Corneille e di Molière, non valse a rivendicare la professione dell’attore dall’onta tradizionale che la seguiva dal Medioevo in poi (si ricordi che la scomunica traeva origine dai tanti e diversi Concili dell’inizio del IX secolo, a Magonza, Tours, Chälons-sul-Saona, oltre che di quelli d´Elvira nel 305 e d´Arles nel 314): allo stesso Molière, l’arcivescovo di Parigi negò l’onore della sepoltura cristiana, che fu a mala pena concessa dietro l’autorevole mediazione del re e a condizione che il tutto fosse fatto con discrezione e senza pompa".
" In merito all'epoca aprosiana un significato basilare può avere la consultazione delle monumentale Bibliotheca Canonica.... di Lucio Ferraris, alla voce Comoedia (la cui frequentazione era sostanzialmente inibita agli Uomini di Chiesa) mentre Artisti e Commedianti, analizzati anche in altri settori della stessa Opera erano variamente giudicati in senso negativo ora come Infami ora come Irregulares specificatamente alla Sezione VIII Delle Irregularitates (P. 200 - II Colonna, X riga dall'alto) dell'Articolo I
Analizzando più dettagliatamente la vasta trattazione si evince che Infami erano considerati ancora tra '600 e '700 tutti costoro (vedi indice) e tra questi anche le persone aventi a che fare con spettacoli scenici come attori ma non solo (vedi): lo stato di Infame sia in base alla legge dello Stato che alla Legge della Chiesa (vedi in part. art. 13) poteva comportare cassazione per via di continua emendazione e stante intervento del Papa o del Vescovo (dal capo 22); in caso contrario lo stato di Infame poteva coniugarsi con lo stato di Scomunicato e conseguentemente con la mancanza del diritto di esser seppelliti in terra consacrata cioè di trovare eterno riposo in Cimiteri benedetti (come vedi qui entro una complessa casistica)

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