CAMPOROSSO

VICENDE DEL PAESE NELLA "COMUNITA' DEGLI OTTO LUOGHI"

Centro rurale di origine romana che per primo si incontra risalendo la provinciale di val Nervia per Pigna.
Il nome trae con probabilità origine dal colore rossiccio della terra argillosa del sito.
Fece, dal XIII sec., parte del DOMINIO DI TERRAFERMA, entro il CAPITANATO DI VENTIMIGLIA (dal XVII sec. si staccò dal capoluogo andando a rivestire un ruolo di estrema importanza nella Magnifica Comunità degli Otto Luoghi).
Presso il borgo [su cui si peraltro ricavano dati ufficiali abbastanza precisi dal secolo XII sin ai secoli XVI e XVII] sorgeva dal '500 un rastrello di guardie armate a tutela, nei periodi di peste, contro le persone infette e, come suggeriva una tradizione contro i "diabolici untori" e le "streghe propagatrici di peste" (si ricordi il caso della supposta "strega" Caterina Molinari appunto residente a Camporosso).
Notevoli, nel borgo, sono le chiese di S.PIETRO (intorno alla quale sorse il più ANTICO CONCENTRAMENTO DEMICO del paese) e di S. Andrea e la Biblioteca Oberto Doria, già Biblioteca dei Marchesi di Dolceacqua, conservata nel Municipio, ricca di testi pregiati e di vari manoscritti d'interesse ligure, tra cui del '600 "Il vago giardinello" del Paneri, preziosa raccolta di memorie sulla diocesi di Albenga.
Un capitolo di storia a parte vale poi il non sempre facile rapporto del borgo (come di altre vicine località) col ribelle tratto terminale del Nervia una cui piena alluvionale a fine '700 falciò Camporosso, la piana nervina e, sulla riva orientale ma sempre sotto amministrazione camporossina, l'importante base rurale delle Braie per la cui salvaguardia venne ideato un grande progetto di arginatura.


La PARROCCHIALE DI S.MARCO EVANGELISTA in Camporosso risale al '400 anche se è stata restaurata e modificata nel XVIII secolo: la consacrazione del nuovo tempio settecentesco risale al 28 aprile 1771.
E' un edificio a tre navate: ampia quella di centro, più snelle le laterali.
L'interno, architettonicamente ispirato al gusto del barocco ligure, custodisce diversi lavori pittorici tra cui si ricordano: il "Polittico della Madonna con i Santi Giuliano e Bernardo" (opera forse di Agostino Casanova, del 1536), "il "Polittico con il Martirio di S.Sebastiano e Santi" (in fondo alla navata di sinistra: opra da alcuni attribuita a Ludovico Brea) ed il grande "Polittico di S.Marco" opera del 1533 di Stefano Andrechi.
Un particolare significato anche eligioso nel borgo ha poi la PIAZZA PADRE SANTO intitolata a FRANCESCO MARIA DA CAMPOROSSO meglio noto come PADRE SANTO.
Si tratta di Giovannino Croese nato a Camporosso, da Anselmo e Maria Garzo, che, fattosi Cappuccino, esercitò a Genova un lungo apostolato di carità sino a meritarsi in vita fama di santo: vita che, dopo tante opere di pietà, concluse adoperandosi indefessamente per i malati durante una terribile epidemia di colera a Genova il 17 settembre 1866.
Per la gran fede tributatagli dal popolo genovese, per i miracoli riconosciutigli e per il grande apostolato di carità cristiana il PADRE SANTO fu fatto BEATO da Pio XI il 29 giugno 1929 e quindi glorificato a SANTO da Giovanni XXIII il 9 dicembre 1962: le sue SPOGLIE MORTALI si conservano dal 1911 (aveva riposato precedentemente nel Cimitero monumentale di Staglieno) nella chiesa genovese di del Padre Santo (o propriamente chiesa della Santissima Concezione).
Egli riposa precisamente dal 1931 in una teca in un tempietto annesso alla chiesa realizzato dall'architetto nel 1923 dall'architetto Lagorio.



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Nel CAPITOLO XIII della II parte dello Scudo di Rinaldo il frate erudito intemelio Angelico Aprosio si sofferma sulle controversie di ordine legale e sull' abitudine, assai frequente al suo tempo, di disquisire per un nulla davanti al legulei.
Il dedicatario, di cui il frate più non fece cenno nelle altre sue opere, era l'architetto ed ingegnere, verisimilmente legato all'illustre famiglia dei Cassini e Marvaldi di Perinaldo, Francesco Marvaldo (anche Marvaldi) Candrasco.
La dedica pare giustificata da eventi abbastanza datati e connessi alla polemica inaugurata da un religioso agostiniano del suo stesso convento, che Aprosio qui chiama "Animale", in altro capitolo (XV) "Crematofilo" e nella Biblioteca Aprosiana (pp. 185-193) Tragopogono o "Barba di Capro".
Per quanto mai chiarita, quella questione dovette coinvolgere da un lato questo frate intemelio anonimo, ma che quasi sicuramente era il Priore dell'agostiniano intemelio convento intemelio di N.S.della Consolazione ed apparteneva ad una famiglia locale magnatizia ed influente, e dall'altro lo stesso Aprosio, padre Fabiano Fiorato che disegnò le modifiche da apportare al corpo architettonico del cenobio (dimostratasi inusufficiente la primitiva locazione dei libri in un locale adattato) per ospitarvi in un sovralzo la Biblioteca (modifica ritenuta sconveniente dal "Tragopogono" per sproporzioni architettoniche: giudicò infatti "la Libraria un budello" suscitando la reazione del bibliotecario che, valendosi dell' Emblema 145 dell'Alciato lo paragonò ad un cane urlante alla Luna) e l'ingegnere che realizzò l'opera, appunto il Marvaldo.

L'Aprosio che tornò sulla questione per quanto concerneva solo la sua Biblioteca, piuttosto tardi (1673) e con toni che lasciano trasparire il crepuscolo della vecchia lite, in questo capitolo si riferisce invece con una certa vivacità espressiva al contenzioso intrapreso dallo stesso personaggio (cioè il Tragopogono) per la realizzazione della nuova chiesa del Suffragio nel grosso borgo o villa dipendente da Ventimiglia di Camporosso la cui realizzazione, dal contesto qui di seguito proposto, fu in gran parte dovuta al dotto sacerdote di Dolceacqua, altro borgo vicino e capitale del Marchesato dei Doria, Giovanni Battista Macario o Maccario.
Oltre le dispute personali si intende che al centro della controversia esistevano i contrasti, spesso documentati nei locali archivi di Stato, fra i sostenitori della vecchia architettura ligure ponentina di ascendenza tardo rinascimentale (fra cui appunto era da ascrivere il Tragopogono), pur secondo mediazioni ligustiche e provinciali, e i teorici (come appunto Aprosio, Marvaldo Candrasco, Fabiano Fiorato ecc.) delle novità erchitettoniche ed artistiche proposte nel secolo, in occasione di nuove edificazioni o di ristrutturazione, dalle scelte architettoniche di scuola barocca.
II motivo della successiva dedica di questo capitolo dello Scudo di Rinaldo II all'avvocato Domenico Della Chiesa ( 17 lettere di questo all'Aprosio per gli anni 1653-1672 e s.d. in B.U.G., Mss.E. Vi.8) si legge in Bibl.Apros. p. 231.
Vista la censura del Grillo XVIII della II parte inedita della Grillaia appunto dedicato a tale personaggio, Aprosio pensò, attesa ormai la scomparsa o l'ininfluenza per lui del Marvaldo, di intestare al Della Chiesa, a parziale compensazione, questo capitolo dello Scudo II da lui ritenuto di più imminente pubblicazione e meno censurabile dagli uffici ecclesiastici (vedi Antonietta Ida Fontana, II padre Aprosio e la morale del '600 in "Quaderno dell 'Aprosiana", I, 1984, pp . 17-21 "Grillo Decimo Ottavo / Se sia più libidinoso il Maschile o iI sesso donnesco".
Il Della Chiesa viene peraltro menzionato nella parte rimasta inedita della Biblioteca Aprosiana e precisamente nel II manoscritto di questa -Genova, Raccolta Durazzo, Ms.A.III. 7 - frutto di rimaneggiamenti del I manoscritto fatto circolare fra i dotti: proprio la perdita di un'opera di Domenico Della Chiesa, ugualmente fatta circolare nei circoli accademici, indusse il Ventimiglia a ricopiare, contro le abitudini, il proprio manoscritto laddove annotò "....accidente - quello appunto occorso al Della Chiesa - che mi ha fatto accorto di non avventurare questa seconda parte come feci la prima, che sebene non son solito di copiare, mi par minor briga il far questo che se I'havessi di bel noovo a comporre ").

(p. 378-380, da linea 1 di p. 380) "...col Portone accennato e con la Facciata della Chiesa del Soffragio del luogo di Campo-rosso, havete (come detto si riferisce al Marvaldo) fatto conoscere non esser sempre vero, che major ex longinquo fama:quasi che da vicino si scemi: ma ben li tocchiamo con mano che auget praesentis famam.
Della Fama disse il Principe de' Poeti che -
vires adquirit eundo
E la vostra anderà crescendo sempre, sì tirando inanzi la cominciata chiesa del Suffragio per la quale viverà eterno il nome di Giovanni Battista Macario che non solo n'è stato il promotore ma novello Alcide ha adoprata la Clava e la face per atterrare l'Hidra del sinistro parere d'un' huomo a cui non mai piacquero le cose ben fatte, non di giuditio più fine e non punto dissimile ne' costumi del figliuolo di Gordia che chiamato giudice in compagnia del Tmolo nella gara, che passava tra Febo, e Pane per cagione del canto, havendo Tmolo sentenziato per Febo, egli giudicò a favore di Pane, onde si meritò d'esser favorito come canta Ovidio fatto volgare dalla Musa dell'Anguillara, accioché si conoscesse il suo giuditio:
E, perché possa poi vedere il Mondo
Con quali orecchie ei giudicò il suo canto
Solo a sè il chiama, e poi fa che si specchie
E mostra ch'egli ha d'Asino le orecchie.
Tmolo o Timolo, che vogliam dire, conforme si ha dall'Ottelio, è un monte della Frigia Maggiore Quel Cornicione medesimo che nella Facciata del Suffragio opra vostra, superbamente campeggia, sententia quel tale per animale senza giuditio.
Quando vi mancassero le lodi degli Huomini non vi mancarebbero quelle delle Pietre: concetto che mi viene insegnato dal Dottor Carlo Faccio del Mondovì, giovane eruditissimo, benché egli dica haver tolte le parole da S.Luca...".




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