cultura barocca
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante Esculapio con il bastone terapeutico ed il serpente: statua conservata ai Musei Vaticani

Il primo luogo di culto di Asclepio era una grotta presso Tricca [città della Tessaglia occidentale con il nome identico a quello di una Ninfa, figlia del dio fluviale Peneo, moglie d'Ipseo, re dei Lapiti e madre di Cirene e di Caneo] ] dove sotto il simbolo del suo attributo principale, il serpente, dava oracoli.
Poi il culto si estese ad Epidauro, che ne doveva diventare il centro principale, a Coo, ad Atene e a tutto il mondo ellenico.
A lui furono dedicate le feste Asclepiee o Asclepiadee; a lui fece risalire la propria origine la gente degli Asclepiadi, che esercitarono tutti l'arte medica propria dell'antichità (vedi qui i medici celebri e le relative scuole), fra cui è da menzionare lo stesso Ippocrate, verosimilmente il più famoso medico dell'antichità.
I santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, erano costituiti da una fonte o un pozzo, circondati da un bosco sacro, e dal vero e proprio luogo di chura chiamato Abiton o Adyton (impenetrabile, inaccessibile: il vero e prorio luogo di cura destinato all'incubatio o sonno sacro).
Sappiamo poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano.
I malati passavano una notte nell'Abiton od Adyton; dopo un sonno sacro, ottenuto probabilmente anche con mezzi artificiali, seguiva la guarigione.
Essa però sicuramente non era effetto della potenza taumaturgica del luogo sacro o soltanto frutto della suggestione, ma anche di interventi chirurgici e di medicine propinate.
Il Bastone di Asclepio è un antico simbolo greco associato alla medicina.
Consiste in un serpente attorcigliato intorno ad una verga.
Asclepio era il dio della salute nell'antico pantheon greco.
Il nome latinizzato del dio era Esculapio.
Fu istruito nell'arte medica dal centauro Chirone.
Il bastone di Asclepio simboleggia le arti sanitarie, combinando il serpente – che con il cambiamento della pelle simboleggia la rinascita e la fertilità – con la verga, un semplice strumento.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che una volta il simbolo rappresentasse un verme arrotolato intorno ad un bastone ; vermi parassiti come il "verme della Guinea" (Dracunculus medinensis) erano comuni nei tempi antichi, e si estraevano da sotto la cute arrotolandoli lentamente intorno ad un bastoncino.
È possibile che i medici abbiano pubblicizzato questo servizio comune apponendo un segnale rappresentante un verme su un bastone.
Altre ipotesi riguardanti la figura del serpente, parlano di esso in quanto simbolo di conoscenza, idea sostenuta anche dal racconto di Adamo ed Eva nella Genesi (essi vengono tentati da un serpente a mangiare i frutti dell'Albero della Conoscenza del bene e del male).
Usi ampiamente accettati includono il logo della Organizzazione Mondiale della Sanità, la Stella della vita ed il simbolo della Associazione Medica Americana.
Un simbolo simile, Nehushtan, è menzionato nella Bibbia per essere stato utilizzato per la guarigione dal morso del serpente.
Secondo il mito il bastone di Asclepio aveva poteri terapeutici, era capace infatti di guarire ogni tipo di malattia.
Il bastone di Asclepio è frequentemente confuso con il caduceo (che ha due serpenti), simbolo del commercio e associato al dio Ermes.



















Epidauro (Epídauros) è un comune della Grecia nella periferia del Peloponneso (unità periferica dell'Argolide) conosciuta principalmente per il suo santuario dedicato ad Asclepio e per il suo teatro, ancora utilizzato al giorno d'oggi per accogliere rappresentazioni teatrali.
A seguito della riforma amministrativa detta piano Kallikratis in vigore dal gennaio 2011 che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 340 km² e la popolazione è passata da 4471 a 8.710 abitanti È inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Il santuario di Epidauro in età ellenica divenne il centro per eccellenza dedicato al culto di Asclepio, divinità salutare del pantheon greco, che guariva i fedeli che si recavano in pellegrinaggio ad Epidauro durante le feste in suo onore, denominate Asclepiei.
Le guarigioni dei fedeli avvenivano in un edificio detto Abaton ('impenetrabile'): prima di accedervi, infatti, il pellegrino doveva aver compiuto le lustrazioni di purificazione necessarie.
L'abaton si trova nel centro del santuario, nella spianata dove sorgono gli edifici di carattere più propriamente religioso (abaton, tempio, tholos).
L'Abaton è un portico a due piani, composto da due ali appartenenti probabilmente ad epoche diverse.
La facciata del nucleo originario, quello ad est, risalente alla seconda metà del IV secolo a.C., è composta da due colonnati di ordine ionico sovrapposti.
La sala che si apre al suo interno era adibita all'accoglienza dei pellegrini che vi trascorrevano la notte in attesa del miracolo guaritore.
Durante il sonno, infatti, il dio Asclepio appariva in sonno ai malati e dettava loro le cure necessarie per debellare la malattia. In alcuni casi il dio avrebbe operato direttamente sul malato che, al risveglio, risultava guarito.
I racconti di tutti i miracoli compiuti dal dio venivano poi trascritti dai fedeli su delle tavolette di argilla, disposte lungo le pareti interne della sala est dell' Abaton, a ricordo della potenza di Asclepio (in questo contesto rientra quindi sostanzialmente la tradizione dell'
Incubatio e parzialmente dell' aretalogia (leggi qui la descrizione di un'incubatio seguita da un sogno sacro comportante l'apparizione di Asclepio e la guarigione)
Anche l'ala ovest dell'abaton, adiacente a quella est, è un portico formato da due colonnati sovrapposti: in questo caso, però, all'ordine dorico del piano inferiore si sovrappone un colonnato di ordine ionico.
L'utilizzo del dorico si rifà ad una consuetudine tipica delle celle dei templi del Peloponneso alla fine del IV secolo a.C. Questa similitudine, comprovata da analisi strutturali condotte negli ultimi anni dalla scuola tedesca, ha convinto gli studiosi ad alzare la cronologia dell'ala ovest alla seconda metà del IV secolo a.C., contro una datazione ad epoca romana fornita dalla tradizione.
La sezione ovest, quindi, non viene più considerata un ampliamento romano del nucleo originario dell'Abaton, ma una costruzione di poco posteriore, se non addirittura contemporanea.
La folla dei pellegrini che chiedevano di essere guariti dal dio aumentò nel corso dei secoli, l'edificio adibito al sonno sacro doveva dunque avere delle dimensioni considerevoli (la lunghezza dell'Abaton era di circa 70 metri).
Ma non tutti i fedeli che giungevano ad Epidauro trascorrevano la notte nell'Abaton: questo edificio aveva infatti una funzione prettamente sacra mentre l'accoglienza dei forestieri avveniva in un altro edificio posto a nord del santuario, il cosiddetto Katagogion (dal verbo katagogheio, che significa "mangiare").
Il Katagogion è un edificio di pianta quadrata, suddiviso in quattro quadrati più piccoli.
Ogni quadrato è formato da un cortile sul quale si affacciano delle stanze, diverse per forma e numero in ciascuna sezione.
All'interno delle camere erano disposte le klinai, sulle quali venivano consumati i pasti, mentre, per dormire, i pellegrini potevano utilizzare le porzioni di spazio lasciate libere.
Il Katagogionsi data al III secolo a.C., ma gli attuali resti risalgono ad un rifacimento del I secolo a.C., ad opera del senatore Antonino.
Ma i pellegrini che ogni anno, in primavera, arrivavano da tutta la Grecia per festeggiare Asclepio erano molto più numerosi di quanti potevano trovare alloggio nel Katagogion: questo edificio, infatti, era una sorta di albergo dal carattere elitario, mentre la gran massa dei fedeli dormiva nelle tende disposte fuori dal recinto dello Ieron.
Il tempio fu costruito nelle vicinanze dell'abaton tra il 380 e il 375 a.C. Era uno dei più piccoli peripteri dorici della Grecia, in marmo e tufo di Corinto, con undici colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori e due colonne in antis.
Si conservano le fondamenta e, nella cella a navata unica, resta visibile la base sulla quale doveva ergersi la statua di culto. Una fossa lungo la parete meridionale della cella ospitava probabilmente il tesoro di Asclepio.
Una lastra in calcare, recante le iscrizioni relative alle spese di costruzione (I.G., IV2, 102), riporta il nome di Teodoto quale architetto. La ricca decorazione interna del tempio era opera di Trasimede di Paro che fu forse anche autore della statua di culto crisoelefantina con l'immagine di Asclepio.
Quest'ultima, descritta da Pausania (Paus. II.27.2) come una figura seduta, affiancata da un cane e da un serpente, è stata riprodotta sulle monete di Epidauro del IV secolo a.C. e su alcuni rilievi votivi, uno dei più fedeli conservato a Copenaghen (Ny Carlsberg Glyptothek 1425).
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Il celebre teatro di Epidauro è stato realizzato nel 360 a.C. su progetto dell'architetto Policleto il Giovane. Malgrado non manchino testimonianze di edifici dell’epoca, come i teatri di Eretria, Delo, Priene, nessuno eguaglia per perfezione e armonia di proporzioni l’architettura di Epidauro.
Per non parlare dell'eccezionale acustica ottenuta soltanto su basi empiriche.
L’orchestra di 10,15 di diametro è posta tangenzialmente alla scena ed è avvolta per circa due terzi dalle gradinate del pubblico.
Uno dei pregi maggiori di questo teatro, dovuto probabilmente a un attento calcolo delle dimensioni della skené (spazio scenico o scena) e della curvatura della cavea (l'insieme di grandinate), è l’acustica perfetta che consente di far giungere la voce sin nei ripiani più alti, amplificando ogni minima emissione sonora.
Inizialmente fu adibito alla rappresentazione di tragedie.
Nel 1954 fu parzialmente restaurato in quanto si era conservato quasi perfettamente nel corso dei secoli.
Il 24 agosto 1960 fu utilizzato per la prima volta per la rappresentazione di un'opera lirica, la Norma di Vincenzo Bellini, con Maria Callas nel ruolo della protagonista.
L'anno seguente, il celebre soprano diede anche alcune recite della Medea di Luigi Cherubini B. Conticello, Epidauro in "Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale", Vol. 3, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1960.
M. Massa, Epidauro in "Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale : Secondo supplemento", Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1994.
[testo con integrazioni e multimedializzazione recuperato da Wikipedia - l'Enciclopedia libera on line]



















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