Informatizzazione a cura di B. E. Durante

Il palazzo cinquecentesco che ci appare davanti ingloba un’imponente torre quadrangolare che probabilmente rappresenta una delle innumerevoli torri pre-malaspiniane presenti sulla riva destra del Magra in quella Lunigiana che ai confini della Liguria di Levante in epoca romana era caratterizzata dal grosso insediamento demico della CITTA' DI LUNI.
Secondo i cronisti dei primi anni del ‘600 fu un CASTELLO quasi imprendibile e solo successivamente divenne una ricca dimora Malaspiniana.
I Marchesi Brignole l’acquistarono dal Granduca di Toscana: questi poi per la loro residenza estiva si costruirono una villa sul vicino colle di Gavedo, progettata da Matteo Vinzoni.
Continuarono comunque sempre ad interessarsi al CASTELLO come documentano le numerose spese sostenute per continuarne l’utilizzo.














I Brignole, originari dell'entroterra di Rapallo, appartenevano a quell'ambiente di commercianti-imprenditori della lavorazione della lana prima, e della seta poi, che nel giro di due o tre generazioni si affermarono al punto di arrivare a far parte del ceto dirigente della Repubblica di Genova.
Tra le famiglie cosiddette "nuove", essi furono tra i primi a vantare un predicato nobiliare, grazie ad un'oculata politica di alleanze matrimoniali.
Il matrimonio di Gio.Francesco Brignole (1582-1637) con Geronima, unica figlia di Giulio Sale, assicurò al loro figlio Anton Giulio, nato nel 1605, il nome e il titolo, nonché il relativo feudo, il palazzo di città e la villa in Albaro, e soprattutto la consistente ricchezza di famiglia.
Intorno al 1617, Gio.Francesco abbandonò la residenza avita e si trasferì nella dimora del suocero in piazza degli Embriaci e, per dimostrare lo "status sociale" raggiunto, nel 1621 ne fece rinnovare la decorazione da Andrea Ansaldo.
Nella stessa ottica è da considerarsi la commissione a Van Dyck, nel 1627, dei ritratti della moglie con la figlia Aurelia, del figlio Anton Giulio e della nuora Paolina Adorno: le dimensioni monumentali degli stessi e la ricchezza delle vesti indossate dagli effigiati vanno interpretati come emblemi della potenza economica acquisita.
Nel 1635, gli investimenti effettuati e la "politica" condotta in ambito cittadino portarono all'elezione a doge di Gio.Francesco, destinato a morire appena quattro giorni dopo lo scadere del suo mandato, nel luglio del 1637.
Con Anton Giulio (1605-1665), unico erede maschio della famiglia, noto prima per la sua attività letteraria e diplomatica, poi, ormai vedovo e quarantacinquenne, per aver preso i voti religiosi ed essere entrato nella Compagnia di Gesù, cominciò a prendere forma concreta l'intenzione della famiglia di costruire un palazzo di prestigio, una residenza allineata - anche materialmente - a quelle dell'aristocrazia più in vista di Genova, lungo Strada Nuova.
Nel 1647 egli era proprietario di tre case contigue all'estremità occidentale della via, e chiese alla magistratura del Comune il permesso di chiudere i vicoli intercorrenti fra esse, per ottenere un'unica area sulla quale costruire un edificio di più vaste proporzioni.
L'impresa sarà realizzata dai suoi due figli, Ridolfo e Gio.Francesco, e da allora la storia della famiglia Brignole-Sale sarà legata indissolubilmente alla storia di Palazzo Rosso.