Informatizzazione di B. E. Durante

Pietro Bembo nacque a Venezia nel 1470.
Nel 1491, sempre a Venezia, incontrò Angelo Poliziano; negli anni a seguire si trasferì a Messina per studiare il greco e scrisse e pubblicò il De Aetna (1496).
Dal '97 al '99 soggiornò a Ferrara, dove conobbe l'Ariosto.
Fu curatore di numerosi testi, tra i quali le Rime del Petrarca per le edizioni di Aldo Manuzio (1501) e la Commedia di Dante (1502).
Dopo aver fatto la spola tra Ferrara (dove intrecciò una relazione con Lucrezia Borgia), Roma e Venezia (dove, nel 1503, gli morì il fratello Carlo), nel 1508 si trasferì ad Urbino ed abbracciò la carriera ecclesiastica.
Tornato a Roma, venne nominato segretario pontificio ma, dal 1521, fu di nuovo nel Veneto a causa della morte del padre, avvenuta nel 1519; a Padova convisse con una donna, la Morosina.
Nel frattempo uscirono alcuni suoi scritti, la maggior parte dei quali per le edizioni aldine: le Prose della volgar lingua (1525); la seconda edizione degli Asolani (1530); una raccolta di Rime e Dialoghi in latino (1530).
Nel '35 perse la Morosina, la madre dei suoi tre figli Lucilio, Torquato ed Elena, e decise di tornare a Roma, dove venne nominato cardinale nel 1539.
Nei quattro anni successivi fu eletto vescovo di Gubbio prima e di Bergamo poi.
Morì a Roma nel 1547.
Pietro Bembo costituì una figura cardine del Rinascimento italiano in quanto fu un eminente teorico nell'ambito del dibattito sulla questione della lingua (tesi arcaicizzante, tesi del toscano letterario), dell'"imitazione" (tesi dell'ottimo modello) e del rinnovamento e riutilizzazione del petrarchismo.
Note biografiche a cura di Maria Agostinelli.







L'espressione "questione della lingua" si riferisce al dibattito culturale svoltosi, all'inizio del Cinquecento, per definire quali caratteristiche dovesse avere la lingua letteraria italiana.
Vari studiosi contribuirono alla discussione, ma le proposte possono ridursi a tre orientamenti principali:
proposta di Equicola, Castiglione e Trissino: creare una lingua artificiale mista, cortigiana, cioè composta da elementi tratti dalla lingua parlata nelle varie corti italiane; per certi aspetti questa proposta si ispira a quella formulata da Dante nel De vulgari eloquentia;
proposta di Machiavelli (nella biblioteca del Progetto Manuzio è disponibile il Dialogo intorno alla nostra lingua) e Claudio Tolomei: utilizzare il fiorentino contemporaneo, considerato uno sviluppo "vivo", cioè di uso corrente e concreto, della lingua adoperata dai grandi scrittori del passato (Dante, Petrarca, Boccaccio);
proposta di Bembo, esposta nelle Prose della volgar lingua (1525): utilizzare la lingua usata da Petrarca per le opere in versi, quella di Boccaccio per i testi in prosa.
La proposta di Bembo si rivelò presto vincente: già Ariosto modificò l'Orlando Furioso nell'edizione del 1532, sulla base delle teorie di Bembo.
Anche il Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1612 fu influenzato dalla teoria bembiana.
Approfondimento a cura di Giuseppe D'Emilio
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