informatizzaz. a cura di B. Durante

RITRATTO DI GOFFREDO MAMELI













Genova in un certo qual modo è stata la patria del CANTO DEGLI ITALIANI, di fatto più conosciuto quale
**********INNO DI MAMELI**********.
Esso venne infatti redatto nell'autunno del 1847 dal giovanissimo studente e patriota genovese GOFFREDO MAMELI e venne quindi messo in poco dopo in Torino MICHELE NOVARO pure lui di Genova.
Per l'efficacia propositiva il CANTO DEGLI ITALIANI divenne in effetti nelle coscienze il vero INNO della NAZIONE UNITA: anche per questo Giuseppe Verdi, componendo l' INNO DELLE NAZIONI nel 1862, diede non alla MARCIA REALE ma al CANTO DEGLI ITALIANI la funzione di rappresentare quale emblema l'Italia: e l'INNO DI MAMELI ebbe così posto di rilievo accanto ad INNI STORICI quali l'inglese God Save the Queen e la già leggendaria Marsigliese.
Per siffatte motivazioni la logica evoluzione di tanto credito determinò, 12 ottobre 1946 , la sanzione del CANTO DEGLI ITALIANI quale INNO UFFICIALE della neonata Repubblica Italiana:
Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò











GOFFREDO MAMELI DEI MANNELLI vide la luce in Genova il 5-IX-1827.
Dotato di spiccate qualità intellettuali e di acuta sensibilità si elesse qual poeta precocissimo e di così profondi sentimenti liberali e repubblicani da aderire con fervore al mazzinianesimo nel 1847 prendendo parte attiva alle manifestazioni genovesi per le riforme e, contestualmente, promovendo quelle proficue azioni intellettuali che furono la postulazione emotiva della stesura appassionata del CANTO DEGLI ITALIANI.
In dipendenza di siffatte scelte ideologiche, politiche ed esistenziali il Mameli spese da tal anno la sua breve vita in funzione delle finalità risorgimentali: in particolare nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, si portò dapprima in Milano, che era insorta contro la dominazione austriaca, e quindi andò a lottare contro gli Austriaci sul fiume Mincio ricoprendo il grado di capitano dei bersaglieri.
La sconfitta sabauda della I guerra di indipendenza e l'armistizio Salasco delusero il giovane patriota ma non ne prostrarono le istanze di lotta sì che, tornato a Genova, divenne assiduo collaboratore di Garibaldi raggiunge Roma nel mese di novembre: erano momenti di straordinaria importanza per l'Italia e contemporaneamente di grandi e rapide trasformazioni, tanto che, non molto tempo dopo, il 9 febbraio 1849 fu proclamata la Repubblica.
Indebolito dalla febbre Mameli non si ritrasse mai dai suoi obblighi morali e categorici: non fu casuale che risultasse sempre presente nelle avanguardie delle truppe della repubblica romana a difesa della città assediata dai Francesi.
Il 3 giugno Mameli venne colpito alla gamba sinistra e l'arto ferito non guarirà più, finendo prima per dover essere amputato e poi procurando tali complicazioni che il giovane patriota si spense, divorato da un'incurabile infezione, il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino quando aveva soli ventidue anni. (i suo resti mortali sono custoditi ora nel Mausoleo Ossario del Granicolo).
















MICHELE NOVARO, nato in Genova il 23 ottobre 1818, vi studiò composizione e canto, prima di trasferirsi el 1847 a Torino, avvalendosi di un contratto quale secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano.
Di saldi principi liberali mise a servizio della causa risorgimentale le sue qualità di compositore e diede musica a tanti canti patriottici : inoltre intrattenne numerosi spettacoli per la raccolta di fondi a beneficio delle sempre ardue gesta. Uomo semplice e schivo non si avvalse mai economicamente dei vantaggi che gli sarebbero potuti addivenire dall'aver musicato il CANTO DEGLI ITALIANI: preferì, una volta ripresa stanza in Genova fra il 1864 e il 1865. istituirvi fondò Scuola Corale Popolare,per le cui fortune dispiegò ogni energia del suo talento.
Morì in miseria il 21 ottobre 1885, e solo per l'affetto e l'impegno finanziario dei suoi ex allievi, ebbe monumento funebre nel cimitero monumentale di Staglieno, dove giace in prossimità della tomba di Mazzini.
















Il patriota e biografo di Mameli Carlo Alberto Barrili, in merito alla genesi del CANTO DEGLI ITALIANI annotò: "Colà (a Torino), in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del piemontese BERTOLDI - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia".






















A Roma nelle sale del Museo del Risorgimento, tra i fazzoletti esposti alla parete lungo la scala, spiccano un vessillo sabaudo in onore di Carlo Alberto, con il testo degli articoli-base dello statuto e un drappo che reca l'inno al re di GIUSEPPE BERTOLDI dall'incipit Con l'azzurra coccarda sul petto.
A differenza dell'inno di Mameli, di ispirazione mazziniana, che esortava il popolo alla lotta per la conquista dell'indipendenza e dell'unità, il canto di Bertoldi era un invito a stringersi attorno a Carlo Alberto, paladino della libertà d'Italia.
Delle OPERE del Bertoldi, mediamente testi poetici per inni, nelle biblioteche si riscontrano ancora alcuni esemplari ma a livello bio-bibliografico assai poco è noto di queso personaggio che pure, a metà del XIX secolo, specialmente in area sabauda era celebre quale LIRICO DEL RISORGIMENTO come ancora lasciò scritto G. DE AGOSTINI in una sua LETTERA ad una novella sposa.
Il DE AGOSTINI redasse la LETTERA quale forma di OMAGGIO NUZIALE e vi inserì a sorta di chiusa i VERSI DI UN INNO intitolato LA DONNA ITALIANA scritto dal BERTOLDI (con musica del NOVARO)














[OPERE DI GIUSEPPE BERTOLDI]
Mattei, Francesco , PER IL RITORNO DI S.M. IL RE CARLO ALBERTO / Francesco Mattei ; testo: Giuseppe Bertoldi, Milano: Ricordi, G.
Coccia, Carlo<1782-1873> , INNO / Carlo Coccia ; testo: Giuseppe Bertoldi, Milano, Ricordi, G.
Rossi, Luigi Felice <1805-1863> , La coccarda : inno nazionale al Re / poesia di Giuseppe Bertoldi ; musica di Luigi Felice Rossi, Torino , [1847?]
Bertoldi, Giuseppe - Il trionfo del vero : dipinto ad olio del signor Petralini Domenico (da Vicenza) Torino , 1860
Bertoldi, Giuseppe, Al conte Camillo di Cavour : canto di Giuseppe Bertoldi, Torino , 1861
Novaro, Michele, La donna italiana : canzone in chiave di sol con accomp. di pianoforte / poesia di G. Bertoldi ; musica di M. Novaro, Milano , Lucca, Francesco, [186.]
Bertoldi, Giuseppe, In morte del conte Camillo di Cavour : canto di G. Bertoldi, Napoli , 1861
Bertoldi, Giuseppe , L' Italie observee du continent Americain, Saint , 1863
Bertoldi, Giuseppe, Prima e dopo dello Statuto : versi / di Giuseppe Bertoldi, Firenze, 1898 Bertoldi, Giuseppe, Alla legione italiana in Montevideo ed al colonnello Giuseppe Garibaldi inno di Giuseppe Bertoldi con documenti, Lugano, 1847













La MARCIA REALE scritta nel 1831 per incarico di Re Carlo Alberto dal piemontese Giuseppe Gabetti, primo violino dei balli al Teatro Regio di Torino: fu successivamente adottata quale INNO NAZIONALE D'ITALIA per tutto il periodo monarchico (con la concorrenza di Giovinezza nel periodo fascista):
Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Chinate o reggimenti le Bandiere al nostro Re
la gloria e la fortuna dell'Italia con Lui è.
Bei figli d'Italia gridate evviva il Re!
Chinate o reggimenti le Bandiere al nostro Re

Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Le trombe liete squillano
Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Con esse i canti echeggiano
cantici di gloria le trombe squillano, squillano
fervidi d'amor nel nostro giubilo
squillano la forza d'Italia, l'amore, la fede,
l'amore verso il Re, verso il Re.

Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Le trombe liete squillano
Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Con esse i canti echeggiano
cantici di gloria le trombe squillano, squillano
fervidi d'amor nel nostro giubilo
squillano la forza d'Italia, l'amore, la fede,
l'amore verso il Re, verso il Re.

Viva l'Italia, Viva il Re! Viva il Re!
Tutta l'Italia spera in Te, crede in Te.
Gloria di nostra stirpe, segnal di libertà
la nostra libertà, la bella libertà.

Quando i nemici piombino
sui nostri campi floridi
dove gli eroi pugnarono
nella trascorsa età.
Finché duri l'amor di Patria fervido
finché regni la nostra civiltà.

L'Alpe d'Italia libera
del bel parlare angelico
piede d'odiato barbaro
giammai calpesterà
finché duri l'amor di Patria fervido
finché regni la nostra civiltà.

Come falange unanime
i figli della Patria
si copriran di gloria
gridando viva il Re.
Viva il Re.











COME SI PUO' VEDERE, ANALIZZANDO QUESTA STAMPA OTTOCENTESCA, CUSTODITA PRESSO IL "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (IM)", DELL'INNO DI MAMELI, ORIGINARIAMENTE VENNERO SOPPRESSI NELL'INNO I VERSI 44-55 (IN EFFETTI L'ULTIMA STROFA) PER UN VETO DELLA CENSURA SABAUDA, PREOCCUPATA DELLA TROPPO PALESE PROVOCAZIONE DELL'AUSTRIA EQUIPARATA AD UNA SORTA DI VAMPIRO CHE BEVETTE, ASSIEME AI RUSSI (APPUNTO IL COSACCO), IL SANGUE POLACCO (ALLUSIONE SIA AL I SMEMBRAMENTO DELLA POLONIA DEL 1772 FATTO DA AUSTRIA, RUSSIA E PRUSSIA CHE ALLA LUNGA OPPRESSIONE DEL POPOLO POLACCO) ANCOR PRIMA CHE QUELLO ITALIANO














I VERSEGGIATORE GIUSEPPE BERTOLDI VIDE LA LUCE A FUBINE (ALESSANDRIA) NEL 1821 E MORI' A FIRENZE NEL 1904.
RAGGIUNSERO GRANDE POPOLARITA' LE SUE LIRICHE PATRIOTTICHE ISPIRATE AI FATTI DEL RISORGIMENTO: NATURALMENTE, IN MODO PARTICOLARE, L'INNO
LE RIFORME INDIRIZZATO NEL 1847 AL RE CARLO ALBERTO ED UN'ODE A GARIBALDI A MONTEVIDEO.
LA SUA PIU' VASTA RACCOLTA DI VERSI EBBE TITOLO DI PRIMA E DOPO LO STATUTO E VENNE PUBBLICATA NEL 1898,