BIBLIOTECA APROSIANA

INDICE ELEMENTARE
LA REALIZZAZIONE DELL'ISTITUZIONE
DOVE ERA UN TEMPO (LE PERIPEZIE APROSIANE PER REALIZZARE IL DEGNO EDIFICIO DI UNA GRANDE BIBLIOTECA: L'AVVERSIONE DEL TRAGOPOGONO PER LA REALIZZAZIONE DELLA LIBRARIA)
LE VICISSITUDINI TRA OTTOCENTO E PRIMA META' DEL '900
I TEMPI MODERNI: LA LENTA MA GRADUALE RINASCITA
DOVE E' OGGI
*********************************************************************************

Quando Aprosio, poco prima della fine di metà ‘600, lasciò Venezia per tornare in Liguria non aveva idea di sistemare la biblioteca a VENTIMIGLIA e cercava una città meno periferica. Però l’amico Padre Basilio Bernardi, proponendo le ragioni del cuore, gli riaccese il ricordo del luogo natio: in particolare spiaceva all'erudito frate che la città avesse fama di pessimo clima e d'aria malsana (argomento su cui in seguito ritornò per dimostrarne la falsità: ma in vero le grandi paludi generate dalla tracimazione dei mal arginati Nervia e Roia erano un fatto innegabile ai suoi tempi, tanto che l'area dei "Paschei", dove oggi grossomodo sorge il sistema municipale della città, era limosa e malsana) e nei suoi scritti cercò spesso, al contrario di elogiarne i pregi (anche per non lasciar intendere -come si sussurrava nei salotti alla moda- che egli mal soffrisse quella sorta di provinciale esilio dall'amata Venezia o comunque dalla ricca Genova). Anche per questo dovette rispondere a qualche quesito, di cui non è rimasta traccia, sulla sua vita in Ventimiglia, del raffinato erudito toscano Jacopo Lapi elogiando forse oltre misura la terra natale: fatto sta che il Lapi ne dovette restar convinto perchè in una lettera di risposta, catalogata al suo nome in "Fondo Aprosio-Biblioteca Univ. di Genova" e datata del 30 aprile 1660, gli rispose: "...Mi sovviene che nella sua lettera ella mi dava avviso come se ne stava costà per queste montagne del Genovesato mangiando di buone trote e a buon mercato e bevendo alla nostra salute, al chè Le rispondo con un magnifico: Buon pro Le faccia... (Aprosio gli doveva aver elogiate le trote che si pescavano nel Roia, argomento cui alluse in vari suoi scritti, ed in particolare gli doveva aver fatto l'elogio del vino "Muscatellinus", prezioso e sofisticato e rovinato nell'Ottocento dai parassiti dei vigneti, che più volte descrisse come degno di star alla pari dei vini pregiati e celebtrati dai grandi poeti greci e latini: B.DURANTE, Idealizzazione letteraria di un ambiente geografico (un "elogio barocco" di Ventimiglia, in "Indice", 28 (1981), pp.26-28.

Realizzata dopo varie traversie nell'intemelio CONVENTO DI S. AGOSTINO (nella parte bassa e paludosa della città, allora semideserta) l’Aprosiana fu da metà ‘600 la prima biblioteca pubblica della Liguria con una dotazione di varie migliaia di volumi, incunaboli e codici MANOSCRITTI (di manoscritti ne restano ora una quarantina di vario argomento, non esclusa una preziosa variante delle Obras di Gongora e la Consolatoria del Rizzo, opera ignota alla bibliografia spagnola, individuata ed edita criticamente nel II Quaderno dell’Aprosiana, Vecchia Serie da A.M.Mignone).
Aprosio (vincendo le opposizione di un frate a lui ostile, forse un ex Priore, se non addirittura il Priore in carica, che nominò sempre e solo con uno pseudonimo spregiativo, quello di TRAGOPOGONO (cioè Barba di caprone) fece apportare delle modifiche al lato orientale del convento ed ottenne una sede più ampia per la biblioteca: aveva da sistemarvi anche la propria Pinacoteca di ritratti, parecchi davvero (forniti da quelli che egli chiamava "Fautori" cioé sostenitori dell’Aprosiana) e doveva ricavarvi anche uno spazio per disporvi i reperti archeologici o d’antiquariato che aveva collezionato ed in particolare i pezzi di una discreta raccolta di monete greche e romane.
Lavorò senza soste nella sua biblioteca, ospitandovi personaggi anche illustri (si veda qui la citazione sulla mensa per gli "ospiti" che fece quando scrisse del Convento ventimigliese di Agostiniani dove prese anche la consuetudine di tenere adunanze erudite). Neppure disdegnava le opere manuali e molti volumi, specie le raccolte di pubblicazioni minori fuse in grandi tomi -le miscellanee- le realizzò di persona grazie all’esperienza di legatore che aveva fatto ai tempi del soggiorno veneziano.
Il suo impegno continuò fin quasi alla morte nel febbraio del 1681 quando -essendo tormentato dai postumi di una vecchia malaria- lo sostituiva sempre più spesso il nuovo, giovane bibliotecario Domenico Antonio Gandolfo poi accademico d’Arcadia col nome di "Arcanio Caraceo".
Dopo il Gandolfo fu terzo bibliotecario un de Lorenzi che redasse un primo catalogo o Pandette della raccolta libraria che conobbe un degrado quando fu occupata e saccheggiata dalle truppe austriache a metà settecento durante la guerra di Successione al Trono Imperiale sì che alla fine, fortificati chiesa e convento tra 1746 e '47, l'intiera struttura divenne un avamposto contro le forze franco-ispane asserragliate in Ventimiglia alta e che non mancavano di bombardare il complesso o di tentare contro di esso delle avventurose aggressioni, anche di notte.
In particolare l'ufficiale francese La Molinere tentò di prendere la base del Convento grazie ad un assalto notturno che condusse a capo di 500 fanti; egli, dopo aspre sparatorie, riuscì a forzare le difese e ad entrare nel chiostro mettendosi, pur a scapito di considerevoli perdite, al riparo dal tiro dei fucilieri austriaci dislocati sulla Loggia superiore dell'edificio e nei locali della biblioteca: non potè tuttavia di fermare un altro corpo di archibugieri nemici che, sopraggiunto alle spalle, lo falciò assieme a diversi suoi soldati sì che, a gran stento, i Francesi riuscirono a riportare nel borgo medievale intemelio il loro coraggioso ma sfortunato ed ormai esanime comandante: la biblioteca non si riprese dai danni di questi scontri armati (nel chiostro conventuale per respingere i Francesi invasori, gli Austriaci oltre che a sparare dal tetto e dalle sale della biblioteca si erano dati da fare in ogni modo pur di difendere la loro posizione, gettando sui nemici materiale anche pregiato che andavano raccogliendo, non esclusi libri e tele cui era stato dato fuoco per procurare maggior danno: B.DURANTE, Guida di Ventimiglia, Gribaudo, Cavallermaggiore, 1990, pp.78-79).

Dopo la Rivoluzione francese, la soppressione del Dominio di Genova e l’istituzione della Rivoluzionaria Repubblica Ligure del 1797 la Biblioteca non riuscì a riprendersi dal degrado e quindi Napoleone, divenuto padrone d’Italia oltre che di mezza Europa, nel suo piano di riforme prese a sopprimere ordini religiosi come quello degli Agostiniani che non fossero dediti alla carità o all’assistenza: il materiale librario dell’Aprosiana fu così in parte svenduto (soprattutto a nobili bibliomani come il genovese Durazzo che, tra l’altro, acquistò a poco prezzo le parti rimaste inedite del catalogo scritto da Aprosio dei suoi volumi e di cui, come noto, fu pubblicata solo la I parte: ora nella genovese raccolta Durazzo-Pallavicini) in parte venne spedito a Genova (dopo una selezione del materiale fatta del docente genovese di etica Prospero Semini/-o) per un’istituenda biblioteca centrale. Caduto Napoleone la Biblioteca non riconobbe affatto l’antico splendore ed anzi, dope le leggi siccardiane anticlericali, il Convento di S.Agostino fu parzialmente espropriato: divenendo Carcere degli espulsi dalla Francia.

Passando di sede in sede la biblioteca trovò finalmente stabile sistemazione (dopo esser stata salvata da volonterosi bibliotecari come il Rolando, Callisto Amalberti e Girolamo Rossi che ne stesero il primo "Catalogo moderno" a fine secolo scorso-primi ‘900) e conobbe altri importanti bibliotecari come l’Orengo: intanto -dopo che Nino Lamboglia l’aveva salvata con vari espedienti da furti e scorribande durante la II guerra mondiale- fu sistemata (coi volumi disposti in armadi eleganti lignei in stile proposti da E.Azaretti) dove ora SI TROVA, in via Garibaldi nel sestiere Piazza della città alta o medievale di Ventimiglia.
Qui di recente, con vari contributi (comunali e regionali) e col rilevante lavoro personale di Ruggero Marro, un assistente di biblioteca che opera con un impegno che travalica i propri doveri, è stata completamente restaurata, informatizzata, protetta dal punto di vista climatologico e conservativo, fornita di centro stampa e diffusione automatica di dati, armata di ottimi strumenti di difesa e di antifurto, suddivisa organicamente in due strutture funzionali, laddove il grande fondo storico si trova al piano elevato in ambiente confortevolissimo e il fondo moderno -frequentato da un pubblico assiduo ma meno specialistico- è comodamente posto al I piano dove stanno gli uffici, in positura ideale per il controllo ed il servizio dell’utenza.






***********************************************************************************************************************************************************************************************************************