informatizzazione a cura di B. Durante

XILOGRAFIA DA VOLUME DI RACCOLTA PRIVATA






"Nel '42, poco dopo l'istituzione del S. Ufficio romano, fuggivano in terra di eretici BERNARDINO OCHINO (di cui vedi qui una IMMAGINE da lui stesso voluta e posta sul frontespizio della sua opera dei Dialoghi sette edita a Venezia nel 1542), Pietro Martire Vermigli e, nel '43, dal carcere veneziano, Giulio Della Rovere: tre dei più grandi e popolari predicatori.
Bernardino Tommasini (1487-1563) di Siena, detto Ochino dal nome della contrada dell'Oca, dove nacque, era al momento della fuga uno dei più avvincenti predicatori d'Europa, il Savonarola del Cinquecento, secondo Roland H. Bainton. Entrato giovanissimo nell'ordine francescano, passò dagli osservanti ai cappuccini nel 1534, pensando di aver trovato la via stretta per acquistare la salvezza con l'ubbidienza alla regola di s. Francesco. Dal '34 al '42 predicò nelle maggiori città italiane sollevando entusiasmo di folle e discussioni accese sui grandi temi di attualità, sia fra le persone colte e sia in mezzo ai popolani, uomini e donne, con grande scandalo dei teologi di professione. Ma, nonostante l'intensa attività di predicatore, di curatore d'anime, di interventi presso le autorità cittadine in favore dei poveri e dei derelitti, non riuscì a trovare la serenità dell'animo. Procedendo nel difficile itinerario dell'esperienza della fede si rese conto della contraddizione esistente fra la semplicità del messaggio evangelico e l'immensa secolare soprastruttura ecclesiastica di tradizioni, di devozioni, di dogmi, di usanze prive di valore.
L'insistenza della predicazione sul Cristo crocifisso gli derivò certamente dall'agostinismo di S. Bonaventura, ma ben presto cominciò a dialogare con la teologia della croce di Martin Lutero e di Melantone. Tuttavia la spinta decisiva ad entrare nella nuova dimensione dell'universo della giustificazione gratuita gli fu data dall'incontro con il Valdés.
Come è stato già detto, il generale dei cappuccini subì profondamente l'influenza del Valdés. I suoi sermoni, dopo gl'incontri napoletani, "sembrano praticamente una traduzione popolare dell'Alfabeto cristiano e delle Cento e dieci divine considerazioni di Valdés" .
L'insistenza sui temi luterani del sola gratia e sola fides, la mancanza di riferimenti al culto dei santi e al purgatorio, cominciarono a destare sospetti sull'ortodossia del celebre predicatore, che pure era stimato da Vittoria Colonna e dagli "spirituali", e protetto da alti ecclesiastici.
L'apostrofe rivolta ai Signori di Venezia, durante il quaresimale del 1542, a proposito dell'incarcerazione di Giulio da Milano, colmò la misura: "O Venezia, chi ti dice il vero, tu l'imprigioni; però non si può dire la verità, che se pur ella si potesse, tu sentiresti quanto importi il vero" .
Convocato a Roma per discolparsi, consapevole del pericolo di una indagine sulle sue affermazioni, dopo un colloquio a Bologna con il card. Gasparo Contarini gravemente malato, preferì svestire il saio in casa della duchessa Caterina Cibo a Firenze e fuggire a cavallo, vestito da laico, verso la Svizzera. Si rifugiò dapprima a Morbegno, e poi a Ginevra, dove fu accolto con favore da Giovanni Calvino . Aveva 56 anni, dei quali circa 40 vissuti nella famiglia francescana.
La separazione dalla chiesa di Roma del senese, considerato da un capo all'altro d'Italia una illuminata guida spirituale, fece da reagente nel variegato mondo religioso italiano degli anni quaranta. Gli "spirituali" avvertirono la fine delle loro speranze ripiegando nell'ubbidienza al papa come vicario di Cristo. Ochino per costoro si era posto fuori della chiesa, dove non c'è salvezza. La morte avvenuta qualche giorno dopo del card. Contarini, il più deciso sostenitore della riconciliazione con i protestanti segnò la fine di un'epoca.
I valdesiani rimasero perplessi; non sull'aderenza all'Evangelo e a Paolo della predicazione ochiniana, della quale conoscevano la derivazione valdesiana, ma sull'opportunità della rottura con la chiesa romana alla vigilia della convocazione del concilio a Trento, stabilita per la festa di Ognissanti (1 novembre del 1542), sul quale alcuni di loro nutrivano speranze d'accordo con i loro amici "spirituali".
Diversa fu la reazione di molti altri, ammiratori di Lutero, di Melantone e, adesso, anche di Calvino, per una maggiore conoscenza della terza edizione della Istituzione della religione cristiana, pubblicata in francese nel 1541. Questa rottura, cui seguì quella non meno clamorosa di Pietro Martire Vermigli, priore dei canonici lateranensi di S. Frediano a Lucca, e di Giulio Della Rovere, rafforzò in costoro il convincimento della necessità della separazione dalla chiesa di Roma, sorda all'appello per una vera riforma i capite et membris: non aveva ascoltato il Savonarola; non aveva eseguito le conclusioni della commissione De emendanda Ecclesia; aveva fatto trascorrere un quarto di secolo dall'affissione delle tesi luterane senza riunire il concilio, da tutti invocato: imperatore, protestanti e cattolici, per decidere le questioni controverse...
L'Azione ochiniana per l'Italia non si chiuse con il passaggio alla chiesa riformata di Ginevra, dove egli divenne il predicatore del piccolo gruppo esuli italiani. Continuò con il piano propagandistico del nuovo pastore, datosi a un'attività frenetica di pubblicista con l'obiettivo di rivolgersi agli italiani. Nell'autunno del '42 fece stampare le Prediche, I dialogi sette e la Imagine di Antecristo. "Da poi, dunque, Italia mia, che con la viva voce non posso per ora più predicarti, mi sforzarò scrivere e in lingua volgare a ciò sia più comune, e pensarò che Cristo abbia così voluto acciò ch'io non abbi altro respetto che alla verità". Adesso può predicare Cristo "nudore e non "immascarato", come per anni era stato costretto a fare!
Questi scritti, assieme alle opere di Valdés, tradotte in italiano, si sparsero per la penisola fra le persone di tutti i ceti sociali in grado di leggere. Circolarono assieme al Beneficio di Cristo, al Sommario della santa Scrittura, al Pasquino in estasi, alla Tragedia del libero arbitrio di Francesco Negri. Attirarono la curiosità dei lettori in quanto vi cercavano la continuità della sua predicazione.
Il piano propagandistico del senese contribuì in modo determinante, unito ai racconti dei mercanti, degli studenti e dei frati sulle riforme attuate in Svizzera e in Germania, alla formazione spontanea, attorno agli anni cinquanta, di gruppi, di conventicole, di piccole comunità riformate clandestine . Le Prediche si leggevano accanto alla Sacra Scrittura come guida alla ricerca della verità evangelica.
Ochino contribuì a creare in questi gruppi il sentimento della legittimità della fuga dalla patria di fronte alla persecuzione inquisitoriale additando Ginevra come la cité-refuge, dove alla predicazione dell'evangelo si univa l'austerità dei costumi. La severa disciplina calvinista, che aveva fatto di Ginevra una città di "monaci", suscitò l'entusiasmo dell'antico francescano": vedi S. Caponetto , La Riforma protestante nell'Italia del '500..., pp. 123-126.