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nell'immagine si vede una statua che celebra il benedettino toscano GUIDO D'AREZZO.
GUIDO D'AREZZO, fu un teorico musicale (Pomposa 992 circa - convento camaldolese di Fonte Avellana, Pesaro e Urbino, 1050 circa).
Fu monaco dell'abbazia di Pomposa, presso Ferrara, dove iniziò gli studi di teoria musicale, ma le innovazioni didattiche gli valsero l'ostilità dei confratelli; si stabilì allora ad Arezzo (1023 circa), ove insegnò nella scuola di canto della cattedrale.
Benché non sia stato il primo a servirsi di linee nella notazione musicale, è tradizionalmente considerato l'inventore del sistema moderno del rigo, con note poste sulle linee e negli spazi.
A lui si deve anche l'invenzione di un sistema mnemonico (manoguidoniana) per aiutare l'esatta intonazione dei gradi della scala (esacordo), basato sulle prime sillabe dell'inno a san Giovanni Battista: Ut queant laxis Re-sonare fibris Mi-ra gestorum Fa-muli tuorum, Sol-ve polluti La-bii reatum, S-ancte I- ohannes.
Egli espose tali innovazioni nella Epistola ad Michaelem de ignoto cantu e nel Prologus in Antiphonarium.
(DA ARCHIVIO DEL MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA)










Con l'espressione di notazione musicale si indica il modo di scrivere la musica.
E' nota la notazione dei greci di modo che è stato possibile trascrivere le poche melodie greche antiche giunte alla contemporaneità.
Fino al IV secolo dopo Cristo rimase in uso la notazione greca, ma poi venne dimenticata, e sembra che per un tempo abbastanza lungo non si sia neppure sentito il bisogno di ricorrervi o di crearne una nuova.
Secondo alcuni studiosi, quella greca sarebbe sopravvissuta nei conventi e nei monasteri.
Risulta probabile che per qualche secolo non si sia comunque ricorso ad alcuna notazione; non è casuale che ancora nel VII secolo il vescovo spagnolo Isidoro di Siviglia lamentasse tale carenza in siffatto modo Le melodic si perdono, se non sono conservate dalla memoria, perché non possono essere scritte .
Nelle scholae cantorum 1' insegnamento dei canti sacri avveniva, al pari di quelle di Roma antica, per imitazione, e il repertorio delle melodie era affidato alla memoria dei giovani cantori.
Non si sa neppure se il famoso antifonarioo di papa Gregorio Magno contenesse, oltre al testo letterario dei canti, anche segni per indicare i suoni.
Finalmente nel IX secolo il monaco benedettino Ubaldo, fiammingo menziona in un suo trattato, una notazione musicale basata sulle lettere dell'alfabeto latino in contrapposizione a un'altra notazione ancora imperfetta .
Si è didatticamente paragonata l'intera serie dei suoni che le voci umane possono cantare a una salita continua, uguale, senza sbalzi.
Procedendo dal suono più basso si sale via via di suono in suono, senza tralasciarne alcuno, fino a quello maggiormente acuto.
Quindi si ottiene un seguito di suoni prossimo ad una scala, dove ognuno di essi rappresenta un gradino.
A questa scala il monaco Ubaldo applica le lettere dell'alfabeto, di modo che a ogni suono, ossia a ciascun gradino, viene a corrisponderne una.
In tal modo è possibile notare cioè scrivere le melodie visto che ogni lettera indica un suono solo.
Il lettore quindi non può nutrire dubbi al riguardo.
Le lettere erano scritte sopra le parole da cantare quando si trattava di melodie vocali anche se presumibilmente detta notazione alfabetica doveva adoperarsi in genere per scrivere la musica strumentale.
Dopo Ubaldo, altri teorici perfezionarono o modificarono alcuni aspetti marginali di tale notazione: ad esempio, onde suggerire al lettore la sensazione visiva dei movimenti della nelodia verso l'alto o verso il basso, le lettere risultavano redattead altezze distinte e precisamente un po' più in alto, oppure un poco più n basso, seguendo la direzione del canto.
Erano distribuite a medesima altezza quelle che indicavano lo stesso suono.
Ubaldo aveva citato comunque in alternativa alla NOTAZIONE ALFABETICA una NOTAZIONE IMPRECISA.
Più o meno direttamente alludeva al fatto che alla sua epoca, cioe nel secolo IX se non poco prima, si ebbela necessità di sostenere la memoria degli esecutori nettendo sopra le parole da cantare segni specifici detti NEUMI, che stavano a segnalare i movimenti della melodia.
A quei tempi, quando un coro cantava, il maestro faceva, con la mano, gesti atti a ricordare agli esecutori se la melodia saliva o scendeva o si fermava sopra un suono; la disegnava, in un certo modo, nell'aria onde facilitare il compito al cantori.
INEUMI, donde la definizione di
notazione neumatica, avevano lo scopo di fissare per iscritto i gesti del maestro.
I principali fra questi NEUMI (parola dall'etimo incerto) sono il punctum, che indicava un suono più basso rispetto al precedente, e la virga, che ne segnava invece uno più acuto.
Da essi derivarono poi altri neumi, di cui si posson menzionare il pes, ossia due suoni ascendenti, la clivis, ossia il contrario del pes, ed ancora il torculus (ossia due suoni ascendenti seguiti da uno discendente) ed il porrectus vale a dire il contrario del torculus, cioè due suoni discendenti ed uno ascendente.
I NEUMI rappresentano quindi il primo tentativo di notazione musicale diversa da quella alfabetica, ma, come giustamente faceva notare Ubaldo, si trattava di un tentativo ancora imperfetto, in quanto chi non conosce già a mente le melodie da eseguire non è in grado di apprenderle dai NEUMI.
Questi infatti indicano se la melodia sale o scende, ma non ne precisano i suoni.
In tal fase originaria della loro evoluzione i NEUMI sono soltanto un soccorso alla memoria dei cantori, e quindi costituiscono la notazione chironomica cioè guidata dallo stesso criterio in base al quale il maestro moveva la mano dirigendo il coro.
Onde conferire alla notazione chironomica una opportuna precisione si idearono vari sistemi.
Quello più interessante consistette nell'unire a NEUMI le LETTERE ALFABETICHE, che nella pregressa ma solida tradizone musicale avevano indicato con esattezza ogni suono, vale a dire i gradini della scala musicale cne la voce deve cantare.
Questo espediente non ebbe però successo mentre si affermò poco dopol'idea di tracciare una riga sopra le parole da cantare e di stabilire che i NEUMI posti sopra d'essa indicassero tutti identico suono: propriamente e precisamente il suono corrispondente alla lettera alfabetica messa al principio della riga.
I NEUMI posti più in alto indicavano suoni più alti del suono-base, e viceversa quelli scritti più in basso suoni piu bassi del suono base.
La lettera posta all'inizio della riga venne detta chiave in quanto forniva la chiave della lettura musicale.
Tale ideazione ottenne successoe venne perfezionata: invece di una riga, si disegnarono poi due, tre, quattro righe, variamente colorate e sopra le righe e negli spazi si inserirono i NEUMI.
In inizio delle righe si scrissero una o due lettere-chiavi che indicavano uno o due suoni: i suoni relativi alle righe e agli spazi vennero calcolati di conseguenza.
Pure la forma dei NEUMI fu mutata ed in vece delle lineette dei secoli pregressi si presero a redigere segni piu netti. La virga per esempio passò da semplice linea in linea che aveva a una estremità un tratto maggiormentespesso.
Questa sorta di testa con una piccola coda si mutò successivamente in un quadrato con una gambetta.
Tutti i neumi si modificarono in tal senso, dando origine alla notazione quadrata, che non solo facilitava a lettura, ma che era anche visibile a superiore distanza.
Giunta a questo punto, la notazione risulta diastematica cioè indica con precisione, al pari di quella alfabetica, ogni suono della melodia di maniera che con l'ausilio della sola scrittura.
Si possono apprendere canti nuovi senza necessità dell'assistenza del maestro che li insegni per imitazione.
I NEUMI in tal maniera cosi trasformati prendono denominazione di note quadrate: notein quanto si tratta di segni che rappresentano con precisione i suoni, che per loro tramite, divengono accessibili a chi legge; quadrate, in dipendenza della forma.
Al perfezionamento della notazione soccorse alquanto il monaco benedettino
Guido d'Arezzo, nato ad Arezzo verso il 995 e morto ad Avellino nel 1050, cui peraltro si è pure debitori del nome che si conferisce ai sette suoni.
Guido d'Arezzo designò i primi sei suoni della serie fondamentale con nomi sillabici:
ut
re
mi
fa
sol
la
Questi nomi hanno avuto fortuna e, a poco a poco, in alcuni paesi, fra cui l'Italia, hanno fatto dimenticare le lettere dell'alfabeto.
In seguito al nome ut venne sostituito il nome do, più facile da pronunziare (pur se in Francia si è conservato l'uso di ut) e al settimo suono venne poi conferito il nome si.
In Inghilterra e in Germania invece si è tuttavia continuato e si continua ad adoperare le lettere dell'alfabeto.
Guido d'Arezzo ha tratto i nomi dei suoni da sei sillabe della seguente strofa in onore di San Giovanni (si tratta delle le sillabe in color rosso):
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Joannes
Il nome si dato poi al settimo suono fu quindi ottenuto con le iniziali di Sancte Joannes.
La strofa fa parte di un'invocazione a San Giovanni onde tenga lontana ogni impurità dalle labbra dei cantori che ne celebrino i meriti.
Le lettere adoperate come chiavi (C, G ed F corrispondenti alle note do, sol e fa di Guido) col tempo si trasformarono.
Siffatto sviluppo della notazione riguarda comunque i paesi dell'Occidente.
In Oriente vi fu una notazione neumatica, comparsa anche prima di quella occidentale.
La notazione orientale, pur avendo varie consonanze con l'occidentale, se ne differenzia tuttavia per molti aspetti.
Essa venne detta notazione bizantina da Bisanzio, capitale dell'Impero d'Oriente.
Trasformatasi la notazione quadrata a partire, sembra, dall'XI secolo, fu necessario superare un nuovo problema.
Nei tempi pregressi i NEUMI e quindii le NOTE QUADRATE avevano adempiuto alla funzione di indicare i movimenti della melodia, il suo profilo fatto di suoni ora piùalti, ore piu bassi, ma non la durata dei suoni stessi : ed è alquanto nota l'importanza costituita, per l'esecutore, dalla conoscenza dell'esatta valenza d'ogni suono al fine di andare a tempo e riprodurre con fedeltà l'ideazione del compositore.
Allorché pocoprima dell'XI secolo, assieme al gregoriano, incontrastato dominatore di gran parte dell'orizzonte musicale del primo millennio dopo Cristo, comparvero musiche ideate su nuovi principi, fu inevitabile segnare con assoluta precisioneil valore dei suoni.
Da tale esigenza si affermò allora il mensuralismo o musica mensurale vale a dire quella misurata in relazionealla divisione del tempo in parti uguali.
I1 mensuralismo si affermò soprattutto dal XII secolo.
Le note quadrate acquisirono allora un valore ben preciso e un nome mensurale:
La nota fu detta longa e valeva tre breves
La detta brevis valeva un terzo della longa oppure tre semibreves
La nota detta semibrevis valeva un terzo della brevis.
Fino a tutto il XIII sec. la musica fu scritta con tali note.
Nel Trecento si diffusero in Italia e in Francia altri segni ed i principali fra i loro erano la minima e la semiminima che avevano la funzione di indicare valori sempre decrescenti.
Oltre a ciò nella notazione francese apparvero note redatte in rosso per indicare in modo ancora più esaustivo dei peculiari valori.
Nel secolo XV le note rosse vennero abbandonate in quanto era seomodo dover usare due qualita d'inchiostro onde scrivere;: di conseguenza accanto alle note nere apparvero quelle bianche.
Questa notazione era affermata in tutti i paesi allorché Ottaviano Petrucci, sul finire del secolo, creò la stampa musicale e nel 1501 editò a Venezia per la prima volta un libro di musica, che dovunque poteva essere letto e capito. Esso era intitolato Harmonica Mùsices Odhècaton che tradotto equivale a raccolta di cento canti.
Inventata la stampa, la musica si diffuse con sempre crescente facilità.
La stampa musicale si affermò in tutti i paesi; ed in Italia durante il sec. XVI la città di Venezia , peraltro patria riconosciuta della stampa, ne risultò un centro importantissimo di portata internazionale.
Le note oramai si scrivevano non più su linee di quattro ma di cinque righe sì che al tetragramma si sostituì l'attualmente utilizzato era succeduto pentagramma.
La notazione di cui s'e trattato serviva per la musica vocale.
In merito alla alla musica strumentale, per quanto sempre concerne il periodo dopo Cristo, essa ebbe per un certo tempo una sue notazione, ma in ritardo e per varie ragioni rispetto alla musica vocale.
Ciò avvenne, tra l'altro, perché gli strumenti, benché da sempre esistiti, si perfezionarono tardivamente onde poter concedere ai musicisti variegate risorse da sfruttare nel comporre.
Inoltre, se pare che la notazione alfabetica entro il primo millennio dopo Cristo servisse alla musica strumentale, in effetti d'una tal musica in senso artistico si può parlare soltanto a partire all'incirca dal XIV secolo, o al massimo dal secolo precedente.
La notazione strumentale dapprima differìdunque da quella vocale; tali differenze variavano da strumento a strumento, da paese a paese.
Qui si adoperavano i numeri per indicare i suoni, là le lettere dell'alfabeto; ora con le linee, ora senza linee, ora ricorrendo alla notazione vocale soltanto per la melodia superiore, che poteva essere cantata.
Ma infine, verso il XVII secolo, e in certi casi nel XVIII, ci si avvalse anche per gli strumenti della notazione vocale, con qualche variante necessaria.
Col XVII secolo furono introdotti nella notazione alcuni perfezionamenti.
Per facilitare all ' esecutore il compito di andare a tempo si introdusse definitivamente la stanghetta di battuta, già in uso talora nel secolo precedente, cioè una linea verticale che taglia il pentagramma ogni qualvolta è passata una nota o un gruppo di note per eseguir le quali occorre un igual periodo di tempo.
Inoltre le musiche e melodie sovrapposte vennero scritte ponendo uno sopra l'altro tanti pentagrammi quante erano le melodie da eseguire contemporaneamente, il che fu detto partitura. Intanto la forma delle note nella stampa mutava, trasformandosi da quadrata in rotonda, come da tempo s'usava nella musica manoscritta, per maggiore comoditò e velocità di scrittura.
S'incominciò poi ad aggiungere le indicazioni riguardanti il tempo da osservare nell'esecuzione, i coloriti, e a poco a poco tutti i segni che aiutano l'interprete a conoscere le intenzioni dell'autore in ogni loro particolare.
A conclusione di questi cenni sulla notazione musicale, ecco un esempio di partitura moderna per voci e orchestra: è la prima pagina dell'opera La Boheme di Giacomo Puccini.