INF. B. DURANTE






DOMENICO FIASELLA - La Peste di Genova - La TELA venne commissionata al pittore sarzanese dal Senato della Repubblica di Genova a memoria della terribile pestilenza che colpì la città nel 1656-1657 (il dipinto di Domenico Fiasella fu ritrovato dai Frati Cappuccini del convento di Santa Margherita Ligure presso un privato, che ne è l'attuale proprietario)










MARIA ANTERO DA SAN BONAVENTURA, che dedicò pagine appassionate alla PESTILENZA IN GENOVA DEL 1656 - 1657, da uomo di fede, dimostrando scarsa fiducia sia nella MEDICINA quanto in qualsiasi FORMA DI PROFILASSI CONTRO IL MORBO, emblematicamente descrisse così l'IMPOTENZA UMANA contro quella CATASTROFE che gli sembrava piuttosto una MANIFESTAZIONE DELL'IRA DIVINA PER LA MALVAGITA' DEGLI UOMINI:
"DE' PRESERVATIVI CONTRO LA PESTE
Se li preservativi giovino, e se sia espediente servirsene, doveria lasciarne discorrer altri, perché io ne posso dire poco bene, stante che, essendomi stata caricata la coscienza con obligo di valermene, non vi fù preservativo a me noto, e possibile, ch'io non adoperassi, pure valsero tanto poco meco, che niente più havrebbe potuto nuocermi il tossico; il che non dico, perché li preservativi sian mali, ma perché credo, che contro l'onnipotenza della peste, solo la fuga sia salutare. Entrar in un luogo infetto, e pensare di mantenersi illeso con preservativi, è l'istesso, che precipitarsi in una fornace accesa, coperto d'acciaio, che per un batter d'occhio potrà diffenderti dalli ardori, ma poi più attrocemente ti abbronzerà; ò pur come farebbe a punto s'un fanciullo combattendo con un Gigante, si valesse delle pietruccie di David, che se non fossero scagliate dal braccio dell'Onnipotente, sarebbe ridicoloso pensar d'atterrarlo.
Non solo adesso sono di questo sentimento, perche quando vennero quei due Religiosi nostri a servire, che poi vi lasciarono la vita, apertamente li dissi, se voi entrate nell'Infermarie, siate certi di restar uccisi, ò feriti, perché la tonica incerata in un Lazaretto, non hà altro buon effetto, solo che le pulici non si facilmente vi s'annidano, e la spongia
[spugna impregnata di aceto] al naso, non serve ad altro, che a mitigar il fetore.
Se parlassimo di quelli, che pratticano solamente per la Città, e che alla sfugita passano ne' luoghi infetti, non negarei, che qualche cosa valessero li preservativi, e contraveleni, ma in un Lazaretto bisogna mettere la mente in pace, che niente vagliono.
Adesso mi vien da ridere, che mi facevano portare le calzette, & i guanti, acciò con piedi, e mani non intoppassi in cose infette; e le pantoffole, che calpestavano li stracci delle piaghe, non toccavano le calzette? anzi parmi sarebbe più a proposito portali ignudi, perchè la peste è contagio, secondo Galeno, ma
nihil magis, dice egli, quam scabies, vel lippitudo, e come noi toccando un rognoso, ò travagliato da mal d'occhi, non stimiamo aversi attaccato quel male, ben si continuando la prattica con questi. Non differentemente succederà nelle pestilentiali cose, che s'io v'intopperò con piedi, ò con mani, non per questo ne rimarrò subito contaminato, perchè quando ben la peste fosse fuoco, non che contagio, se posso in un'impeto toccar il fuoco, senz'offendermi, potrò anche toccare la robba infetta senz'infettarmi.
E ben dissi la peste esser fuoco, perché come un Diavolo caccia l'altro, così il fuoco del contagio, non si può estinguere se non con fiamme; e questo io lo tengo per massimo, anzi unico preservativo d'un Lazaretto, dove l'aria infetta, è quella, che sopra ogn'altra cosa ci può offender, e quando sia purgata l'aria con li fuochi, per il meno, si manterrà illesa quella parte del Lazaretto, ove habitano gl'ufficiali
[agenti della pubblica sanità], e servitori, che non communicano con gl'impestati.
L'intrepidezza, e magnanimità in non stimar il male, l'hò ancora per ottimo antidoto (ma desidero gl'operarij magnanimi, non temerarij) perchè si come l'inimico si stima poco men, che vinto quando intrepidamente assaltandolo mostri non temerlo; così questo potentissimo nostro avversario da un gran cuore resta poco men, che superato. E perciò mi dò a credere, che il Rev. Salvatore Bucciardi, che mai mostrò temerlo, ne trionfasse gloriosamente fin alla fine, perché se ben una volta ne restasse superato, pure, la Dio gratia, prestamente più intrepido, che mai risorse, ne di lui so, che prendesse preservativo alcuno in tutto il tempo, ch'operò in Consolatione.
Con tutto ciò lodo molto quelli, che non essendo fissi nella loro opinione, stanno a consiglio, e se non ponno intieramente essercitar la carità suppliscono con l'ubbidienza, & l'humiltà; e così io non meno stimarò quelli, che stimando poco il proprio giudicio, soggettandolo all'altrui parere, prendono preservativi, & antidoti, di quelli, che totalmente appoggiati alla Divina providenza, si scordano d'ogni humana sollecitudine.
Unusquisque in suo sensu abundet, purché tutti l'intendiamo, e vogliamo secondo quello di Dio".