cultura barocca
I. B. E. D. "La Donna che recita in Teatro porge maggior occasione all'uomo di peccare" così, adattando la forma da un suo testo antico qui con altri proposto l'erudito seicentesco G. D. Ottonelli sancì una sua condanna per ilTeatro e tutti i suoi componenti, non esclusi gli spettatori: con gran acrimonia avverso le donne, attrici e quantanti, quasi reincarnazione delle crudeli "Sirene"

Nel suo lungo processo di DIGITALIZZAZIONE DI ORMAI RARISSIME OPERE TEATRALI in relazione alla complessa e spesso controversa STORIA DEL TEATRO E DELLE RAPPRESENTAZIONI SCENICHE il sito di "Cultura-Barocca" data l'epoca che specificatamente esamina non può esimersi dall'analizzare e proporre da testo antico custodito in "Biblioteca Privata" quanto in un suo VOLUME SU ROMA ANTICA l'erudito seicentesco G.B. CASALI (CHE FU FAUTORE DELLA BIBLIOTECA APROSIANA) analizzò (assieme ad altre FORME DI SPETTACOLI COME I LUDI ECC.) in rapporto alle varie forme teatrali della civiltà classica e, più ancora che alla TRAGEDIA, per l'evoluzione che l TEATRO ebbe nel contesto e nei gusti della Civiltà di Roma Antica, in rapporto alla COMMEDIA.
Tutti questi furono argomenti di primaria importanza per l'eruditissimo ANGELICO APROSIO che - anche quale VICARIO DELL'INQUISIZIONE- oltre a raccogliere per la sua Biblioteca a Ventimiglia testi ora unici sul TEATRO ATTRAVERSO I MILLENNI dovette per l'assunto onere di censore ecclesistico affrontare il tema in auge nel seicentesco DIBATTITO SULLA PRESUNTA LASCIVIA DELLE RAPPRESENTAZIONI TEATRALI vigorosamente sancita in passato del CRISTIANESIMO ORIGINARIO INTOLLERANTE VERSO LE ESPRESSIONI SCENICHE E LUDICHE e se non amplificata in buona parte ripresa dai secenteschi
OTTONELLI E AZZOLINI ERUDITI CENSORI DEL TEATRO -SPECIE DI ATTRICI, CANTANTI E VIRTUOSE- CUI IN EFFETTI APROSIO SI ACCOSTO'
seppur con misurata cautela [ data la sua reale per quanto mai pienamente confessata PASSIONE PER IL TEATRO (VEDI QUI OPERE RARE DIGITALIZZATE) - non esclusa l' AMMIRAZIONE PER ALCUNE ATTRICI E VIRTUOSE (VEDI QUI CON UN ALTRO ELENCO DI OPERE DIGITALIZZATE) - anche per non ricadere nel pericolo d'esser definito come già avvenuto FRATE "POETA" NEL SENSO DI ANTICONFORMISTA E RIBELLE ] mentre quasi sorprendentemente la tematica avverso il Teatro e specialmente contro le Teatranti venne poi ripresa con inaspettato e crudele vigore da un laico, il nobile letterato toscano L. Adimari specie in rapporto alle sue
persin
FEROCI ESTERNAZIONI SULLA MORALE ED IL COMPORTAMENTO DI DONNE CANTANTI, ATTRICI, BALLERINE, MIME ECC.
[A titolo integrativo e documentario è da dire che nel seicento la questione - lo si intente già dal caso dell'Adimari - si estese anche a letterati laici pur se la posizione più innovativa fu presa da Maria Cristina ex Regina di Svezia per la valorizzazione del Teatro e la qualificazione dell'opera di attrici e cantanti (senza dubbio esemplificativo al riguardo resta il caso del Teatro di Tordinona) non mancarono opere moraleggianti a scopo didattico come qui digitalizzata di Vincenzo Nolfi Ginipedia Overo Avvertimenti Civili per Donna Nobile ove tra altri avvertimenti si consiglia un pensoso e moderato Accesso per Spettatrici di specchiata onestà alla Vita del Teatro e alle Rappresentazioni = con il '700 le cose migliorarono ma sempre nel contesto di una suggerita prudenza vedi qui: al settecentesco e progressista onegliese Gaspare Morardo (digitalizzazione integrale de La Damigella Istruita e del Pregio della Donna) ma a dimostrazione che non tutti erano favorevoli a concessioni sempre superiori alle donne vedi contestualmente le "Riflessioni" fatte su "La Damigella Istruita" dall'anonimo autore de La Damigella meglio Istruita ].
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Ritornando ora all'assunto di partenza è da dire che pur fra alcune incertezze G.B. CASALI anche iconograficamente cerca di proporre ai lettori la tipologia diversa degli attori: da quelli della TRAGEDIA indossavano come calzari gli alti COTURNI atti a conferire loro un'aria regale o semidivina, proporzionale all'estrazione dei personaggi interpretati, (si veda qui l'ERCOLE TRAGICO CHE INDOSSA I COTURNI) mentre gli attori della COMMEDIA vestivano i più modesti e popolarechi SOCCI come sopra si vede nell'IMMAGINE a cui riguardo l'autore scrisse:"...Io feci delineare le immagini desumendole dagli originali custoditi nel Museo del chiarissimo ed Eruditissimo Signor Domenico Cassiano del Pozzo, Cavaliere di Santo Stefano, dal cui materiale peraltro estrapolai molte altre testimonianze di antichità utilissime per arricchire ed integrare queste mie riflessioni"
Per integrare, in traduzione italiana, le voci di cui sopra parla l'auotre del XVII secolo si può consultare questo importante ottocentesco REPERTORIO DI ANTICHITA' ROMANE REDATTE DAL LUBKER entro il quale si possono consultare con la dovuta bibliografia ed apparato iconografico le seguenti voci =
1 - LUDI (VARIE TIPOLOGIE DI LUDI E GIUOCHI ROMANI)
2 - TEATRO CON LA DISTINZIONE FRA TEATRO GRECO E TEATRO ROMANO (COLONNA II)
3 - DAI TEATRI ROMANI MOBILI AI TEATRI ROMANI STABILI = IL CASO STRAORDINARIO DEI DUE TEATRI MOBILI CONTIGUI DI CURIONE CHE POTEVANO ESSER "FUSI TRA LORO" SINO A FORMARE UN ANFITEATRO
4 - L' INGRESSO AL TEATRO ROMANO: IL TEATRO GRATUITO COME MUNUS ("DONO") MA L'ESIGENZA DI MOSTRARE IL POSSESSO DELLA "TESSERA TEATRALE" = TESSERE TEATRALI NEL CONTESTO DELL'USO DI UNA VARIA TIPOLOGIA DI TESSERAE QUI SEGNALATE DAI RITROVAMENTI DEL CASALI =
APPROFONDISCI ANCHE CON UNA VISIONE AL COLLEZIONISMO ANTIQUARIO :
DALLA SIMBOLISTICA E DALLA SEGNALETICA ROMANA: LA VALENZA DI TESSERE, MARCHE, SIGILLI ECC. (INDICE DI VOCI)
IN MERITO PURE ALL'
ATTIVITA' LUDICA E TEATRALE ALL'ICONOLOGIA DELL'EPOCA POSTERIORE
5 - ESPRESSIONI DI CONSENSO O PLAUSO PER GLI ATTORI E LE ATTRICI
6 - TRAGEDIA CON LA DISTINZIONE FRA TRAGEDIA GRECA E TRAGEDIA ROMANA (COLONNA I, PAR.10)
7 - COMMEDIA
CON LA DISTINZIONE FRA COMMEDIA GRECA E COMMEDIA ROMANA (COLONNA II, PAR.6)
8 - ATELLANA
9 - MIMO = VEDI QUI IL MIMO ROMANO - LA MATERIA DEL MIMO ROMANO - ED ANCORA: MIMI, ATTORI E LORO CLASSIFICAZIONE; DALL'ARCHIMIMUS ALLE BALLERINE
10 - PANTOMIMO /PANTOMIMA
* - [LA PASSIONE ROMANA PER LA COMMEDIA SALACE SE NON LICENZIOSA = INFLUENZA DEI VERSI FESCENNINI E QUINDI DELLA SATIRA]






































Satura quidem tota nostra est (Institutio oratoria, X,1,93), diceva con orgoglio Quintiliano nel I secolo d.C.; rispetto ad altri generi importati, la satira (letteralmente 'miscuglio') è totalmente romana.
L’aggettivo latino satur ("pieno, sazio"), condivide con l’avverbio satis ("abbastanza") la radice implicante il concetto di varietà, abbondanza, mescolanza.
Il termine satira deriva dall'espressione "lanx satura", un piatto di primizie caratterizzato da vari tipi di frutta.

La satira latina racchiude lo spirito farsesco dei fescennini e le rappresentazioni di musica e danza etrusche.
La satura era rappresentata da histriones (attori) e consisteva in una rappresentazione teatrale mista di danze, musica e recitazione.
Il termine satura si applicava in origine a celebrazioni e offerte alla dea Cerere accompagnate da canti e scene giocose.
Tito Livio ci dice che durante la pestilenza ci furono dei ludi scenici dove i giocolieri ballavano facendosi accompagnare da un flauto e da versi: così si sarebbe forzato il genere verso una poesia di carattere drammatico.
Nella letteratura latina, quando si parla di satira, è doveroso ricordare che essa si distingue in due tipi: satira drammatica, quindi destinata ad una rappresentazione e satira letteraria, quindi destinata alla lettura.
Sulla satira letteraria ci dà informazioni Varrone.
Quintiliano, sull'origine della satira, dice nel X libro dell'"Institutio oratoria": "Noi romani nell'elegia sfidiamo i greci, la satira è tutta nostra".
Con quest'affermazione attribuisce ai romani la totale paternità del genere satirico, anche se, riguardo alcuni temi, questo genere sembra rifarsi ai Giambi di Callimaco, erudito greco.
Dall'età arcaica all'età Giulio-Claudia è possibile tracciare un percorso evolutivo di questo genere letterario:
- la prima fase è detta pre-luciliana e gli autori che la caratterizzano sono: Ennio - che la eleva a genere letterario - e, successivamente, Pacuvio. Il carattere principale di questa fase è la varietà tematica: si passa, infatti, da argomenti seri ad altri faceti, con estrema facilità;
- la seconda fase è detta luciliana. Lucilio porterà delle innovazioni, quale l'aggressività, un maggiore autobiografismo e una significativa selezione metrica; infatti, anche se in lui c'è polimetria, predilige l'esametro. La lingua subisce un abbassamento al genere parlato; il contenuto cambia destinazione, assumendo la caratteristica di critica della società o dei potenti dell'epoca, aprendo la strada a coloro che in seguito svilupperanno il genere 'satirico' in una forma indipendente ed esclusivamente letteraria;
- dopo Lucilio, Varrone Reatino piegò il genere verso la Satira menippea: composizioni miste di versi e di prosa, il cui argomento, tono ed intento variava da un componimento all’altro; ci sono stati poi alcuni neoteroi (poetae novi) - come Varrone Atacino e Valerio Catone - che si sono dati a detto genere letterario;
- nell'età di Augusto l'autore più rappresentativo è Orazio, il quale si rifà a Lucilio, riuscendo però a creare un genere di satira personale. Egli denunciava quella che accusava essere la sciatteria di Lucilio (il suo procedere torbido: fluere lutulentus) e si servì del "labor limae": si allontana così dall'abbassamento linguistico, creando uno stile medio, tanto è vero che le sue satire si chiamano "Sermones". Sono infatti una sorta di conversazione colta, raffinata e spiritosa, che prende spunto da casi della propria vita privata e da casi realmente accaduti, dai quali cerca di trarre un insegnamento;
- con Nerone, l'autore più rappresentativo è Persio. Questi viene ricordato per la sua giovane età (morì a 28 anni), per la sua poetica mediocre e per la sua moralità. Recupera l'asprezza della satira luciliana e in particolare riprende il moralismo diatribico (stoicismo - cinismo). Tuttavia Persio, rispetto a Lucilio, ci dà una satira originale soprattutto per la lingua con cui riesce a dare un difficile accostamento tra parola ed immagine.
- con i Flavi e gli Imperatori adottivi, l'autore più rappresentativo fu Giovenale, il quale considerò la satira indignata come l'unica forma letteraria in grado di denunciare al meglio l'abiezione dell'umanità a lui contemporanea. Egli, però, non credeva che la sua poesia potesse influire sul comportamento degli uomini poiché, a suo dire, l'immoralità e la corruzione erano insite nell'animo umano. Negli ultimi anni della sua vita il poeta rinunciò espressamente all'indignazione ed assunse un atteggiamento più distaccato, mirante all'apatia, all'indifferenza, forse allo stoicismo, riavvicinandosi a quella tradizione satirica da cui in giovane età si era drasticamente allontanato. Le riflessioni e le osservazioni, un tempo dirette ed esplicite, divennero generali e più astratte, oltreché più pacate. Ma la natura precedente del poeta non andò distrutta completamente e tra le righe, magari dopo interpretazioni più complesse, si può ancora leggere la rabbia di sempre. Si parla di un "Giovenale democriteo", per designare il Giovenale degli ultimi anni, lontano dall'indignatio iniziale.
Esisteva tuttavia un genere di "satura" non prettamente letteraria, bensì teatrale, che si diffuse ben prima di quella letteraria: è quella che menziona Tito Livio nell'"Ab Urbe Condita", Libro VII, paragrafo 2. Più avanti Livio affiancherà il genere satirico al Fescennino, che era in effetti caratterizzato dallo scambio di motti mordaci e licenziosi tra schiere di giovani -il carattere irriverente verso le personalità politiche portò al suo divieto.
Derivazione più "istituzionale" della satura fu la fabula Atellana (dalla città di Atella): essa era incentrata su quattro figure fisse (Bucco, il mangione, Pappus, il vecchietto lascivo, Maccus, lo scemo del villaggio e Dossennus o Manducus, il personaggio perspicace e capace di mangiate leggendarie, come testimonia la radice etimologica del suo secondo nome) e prevedeva scene di semplice ed efficace comicità, la cui traccia permane nelle commedie plautine.
Innegabile è anche il collegamento tra la satira e i caratteri formali della diatriba cinico-stoica




















fescennini versus (versi fescennini) sono opere protoletterarie, tipicamente popolari, e sono la più antica forma di arte drammatica presso i Romani. Era una forma teatrale in voga in una vasta zona posta al confine fra Lazio ed Etruria intorno al II secolo a.C.
Di derivazione etrusca, non ebbero mai una vera e propria evoluzione teatrale, ma contribuirono alla nascita di una drammaturgia latina. Orazio ne parla:
Fescennina per hunc inventa licentia morem / versibus alternis opprobria rustica fudit = "La licenza fescennina sorta attraverso questa usanza / improvvisò con versi alterni ingiurie r usticane".
Secondo il grammatico Festo, il termine "fescennini" avrebbe due diverse origini. Secondo la prima, esso deriverebbe dalla città di Fescennium, al confine fra Etruria e Lazio, dove si svolgevano feste agresti per il raccolto ed era radicato l'uso di festeggiare per l'abbondanza del raccolto scambiandosi dei versi in forma sboccata e licenziosa, come ringraziamento alla divinità fallica. Per la seconda, invece, il nome avrebbe origine da fascinum, che significa al tempo stesso "malocchio" e "membro virile", in riferimento alle maledizioni che venivano lanciate sui carri (che trasportavano l'uva) degli altri agricoltori durante la vendemmia. Per altri ancora, il termine avrebbe un senso marcatamente fallico, essendo un sinonimo di
veretrum = "apparato genitale".
Questo genere letterario sarebbe quindi il risultato o dell'influenza etrusca nella cultura romana o il tentativo di esorcizzare il forte timore che i romani avevano per il malocchio scherzando su di esso ed irridendolo con il fallo.
Delle origini di questa rudimentale forma di dramma si sa poco.
Pur non raggiungendo mai la forma di un compiuto lavoro teatrale, fu comunque uno spunto importante che contribuì allo sviluppo della drammaturgia latina.
Lo spettacolo era costituito da un dialogo di tipo sboccato e licenzioso, forse per ingraziarsi la divinità fallica da loro adorata, e si svolgeva in un clima coinvolgente e molto sanguigno con personaggi mascherati che danzavano in preda ai fumi delle abbondanti libagioni.
Solitamente erano i contadini che "agivano" lanciandosi battute salaci; non vi erano copioni prestabiliti ma si "recitava" all'improvviso, spesso prendendo in giro anche gli spettatori, facendo sì che le rappresentazioni spesso finissero in veri e propri alterchi. (la tradizione del gioco verbale licenzioso che si collegava spesso e volentieri a quel mondo agreste donde proveniva la tradizione dei Fescennini e della Satira spesso finiva nel discorso escrologico che persistette oltre il tempo e il mutare delle religioni giungendo ad alimentare anche in epoca cristiana un potente quanto condannatissima letteratura escrologica, intessuta di aggressioni verbali decisamente volgari ed oscene parimenti riconduciblie nella sua genersi ad una forma di "protoletteratura agreste e pastorale").
A causa degli eccessi che si andarono via via sviluppando dovettero intervenire le autorità per regolamentare i limiti di quanto fosse lecito e per vietare che si dicessero delle cose che potessero suonare offensive ai cittadini romani.
Tali rappresentazioni vennero bandite da parte del Senato.
Ma nonostante queste limitazioni, il carattere sboccato dei dialoghi rimase immutato dovuto alla rozzezza del popolo e ad una vena satirica che lo caratterizzava.
Queste azioni erano spesso rivolte agli sposi novelli come augurio per la loro prole o si indirizzavano contro le persone potenti per tacciarne in modo satirico i loro vizi.
Anche il poeta latino Catullo tratta di questo argomento nel suo LXI carme.
I fescennini versus si recitavano durante le feste rurali e, secondo Orazio, si sarebbe sviluppata da qui una tradizione di salaci motteggi che potevano avere anche il carattere di una diffamazione pubblica.
Il carattere licenzioso e gli attacchi a personalità di spicco dell'epoca incorsero nello sfavore delle autorità, che misero dei limiti a queste rappresentazioni.
Nel 364 a.C. questi drammi, quando vennero rappresentati nei ludi da attori etruschi, erano già diffusi in gran parte d'Italia.
Si potevano distinguere due tipi di fescennini: quelli inscenati (vere e proprie rappresentazioni) e quelli liberi (matrimoni, trionfi e feste contadine). In età imperiale rimasero solo i Fescennini liberi.
vedi = Conte G. B. - Pianezzola E., Latinitatis memoria, Storia a testi della letteratura latina, Firenze 1998




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