cultura barocca
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Vita e opere di A. G. Brignole Sale Marchese di Groppoli Principe dell'Accademia degli Addormentati di Genova ( vedine criticamente approfondite vita e opere nel prezioso saggio "BRIGNOLE SALE, Anton Giulio" opera di di Gaspare De Caro - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972) )e contestualmente vedi - con altre correzioni- da p. 490 a p. 491 de La Biblioteca Aprosiana del 1673 gli interrogativi aprosiani avverso M. Giustiniani su una supposta stampa milanese della Vita di Sant'Alessio del Brignole Sale
L' Accademismo italiano nei suoi rapporti con l' Accademismo ligure (una seicentesca "fuga dei Cervelli": l'assenza di una Università a Genova e il ruolo importante ma non esaustivo del Collegio dei Gesuiti (vedi anche nel Ponente il Collegio dei Gesuiti di Sanremo")] = analizza inoltre le Accademie del Levante Ligustico e quindi le Accademie liguri da Savona ad Albenga ai "Vagabondi" di Taggia sin a Ventimiglia = anche nei rapporti con quelle pedemontane) - Approfondisci qui l'Accademia genovese degli Addormentati (dibatti accademici tra Brignole Sale e P.F. Minozzi di M. S. Savino): vedi poi Anton Giulio Brignole Sale "Principe degli Addormentati" di Genova nel giudizio contenuto entro il repertorio biblioteconomico dell'erudito ventimigliese Angelico Aprosio di cui fu amico e "Fautore" (pag. 487, n. LVI).

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"L' Historia Spagnuola overo il Celimauro del Sig. Marchese Antongiulio Brignole Sale. In questa nuova impressione accresciuta e ricorretta, in Venetia, per il Tomasini, 1656"

opera in cui originalmente cedendo al fiorire del romanzo barocco il B. concedeva il suo talento pur essendo la Istoria spagnola probabilmente un lavoro giovanile ripreso tra il 1640 ed il 1642 sotto l'influsso di uno scritto di Ginés Perez de Hita trattante una drammatica storia d'amore sullo sfondo degli ultimi anni del regno arabo di Granada = lavoro costituente per vari aspetti un presagio: tralasciando le occupazioni letterarie il Brignole Sale in onore degli impegni politici, cui si andò sempre più avvicinando dopo la morte del padre e per le costumanze di famiglia, atteso che le sue prime note cariche pubbliche furono quelle di provisor triremium e di provisor vini, ambedue nel 1638 sì che nel 1642 rispose ad un appello rivolto dal Senato ai più doviziosi cittadini, contribuendo con l'armamento di una galera al rafforzamento della flotta genovese contro la minaccia dei Barbareschi. Fuori di questo schema analizza ancora Accademismo italiano nei suoi rapporti con l' Accademismo ligure (una seicentesca "fuga dei Cervelli": l'assenza di una Università a Genova e il ruolo importante ma non esaustivo del Collegio dei Gesuiti (vedi anche nel Ponente il Collegio dei Gesuiti di Sanremo")]=. Prescindendo dalla peculiarità dell' Istoria Spagnola, l'accostamento più proprio del BRIGNOLE SALE alla tradizione romanzesca si evince, ancora anteriormente dal 1635, con l'OPERA (ELABORATA IN UNA SORTA DI COMPETIZIONE NELL'"ACCADEMIA DEGLI ADDORMENTATI" DI GENOVA ESPRESSIONE PRINCIPALE DELL'ACCADEMISMO LIGURE SEICENTESCO CON L'ERUDITISSIMO PIER FRANCESCO MINOZZI E LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO SPIRITO BIZZARRO, INTIMO DI ANGELICO APROSIO, QUI DIGITALIZZATA SOTTO TITOLO DE LIBIDINI DELL'INGEGNO) intitolata LE INSTABILITA' DELL'INGEGNO le quali gli scatenarono però contro gli strali del genovese Santo Uffizio per gli eccessi erotici che per esempio nei sonetti della CORTIGIANA FRUSTATA a detta di B. Croce giunsero a sfiorare il SADISMO (vedi leggendo i sonetti qui digitalizzati) sulla base anche del principio che MILLE PIACER NON VAGLIONO UN TORMENTO, per giungere alla più tipica evoluzione letteraria del Brignole Sale e quindi alla trattatistica alla letteratura devota e poi ancora alla polemica contro gli eccessi del marinismo e, sulla linea di Famiano Strada, avverso il tacitismo[ovvero come si definivaquella pubblicistica italiana che, nel periodo della Controriforma, si occupò dello studio di Tacito e dei problemi di politica imperiale da lui descritti, interpretati come una sorta di machiavellismo ante litteram]
[ALTERNATIVAMENTE PUOI ACCEDERE AGLI INDICI MODERNI QUI PREDISPOSTI DELLA HISTORIA SPAGNUOLA DEL 1656]
Nella sua vita seicentesca di autori liguri il Soprani dopo aver menzionata una "Historia Spagnuola" in quattro libri cita l'oggi rarissima opera completa in 10 libri datandola al 1656 (vedi qui il frontespizio, sempre dell'editore Tomasini, l'edizione del 1656 e la posteriore edizione del 1666 (entrambe le edizioni non sono citate come possedute da Aprosio che altre opere indica al modo che qui si vede sotto nome ANTON GIULIO BRIGNOLE SALE, LVI, pagine 487 e seguenti entro la "Biblioteca Aprosiana del 1673" = tutte le parole sottolineate in rosso sono attive e multimediali) : l'edizione del 1656 fu poi citata dal Mazzucchelli ne Gli Scrittori d'Italia cioè Notizie Storiche, e Critiche intorno alle Vite, e agli scritti dei Letterati Italiani, del conte Giammaria Mazzucchelli bresciano, volume II, Parte IV, Presso a Giambattista Rossini, in Brescia, 1763 = vedi quanto l'autore scrive del Brignole Sale e la sua citazione dell'opera del Tomasini da lui datata al 1656.
data come completa di tutti i suoi 10 libri a fronte di edizioni precedenti

* - [Frontespizio]
* - "A chi legge": con l'opera data come completa di tutti i suoi 10 libri a fronte di edizioni precedenti

* - Libro Primo
* - Libro Secondo
* - Libro Terzo
* - Libro Quarto
* - Libro Quinto
* - Libro Sesto
* - Libro Settimo
* - Libro Ottavo
* - Libro Nono
* - Libro Decimo


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BRIGNOLE SALE, Anton Giulio di Gaspare De Caro - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)
BRIGNOLE SALE, Anton Giulio. - Nacque a Genova il 23 giugno 1605, da Giovan Francesco, che fu doge nel 1635, e da Geronima di Giulio Sale. Per testamento del nonno materno, privo di discendenza diretta maschile, gli toccò in eredità nel 1608 il feudo di Groppoli, con annesso titolo marchionale: ricevette la relativa investitura dal granduca Cosimo II il 27 giugno 1610, confermata dal successore Ferdinando II il 26 nov. 1626. Mancano notizie dirette sulla prima educazione del B., sebbene appaia molto probabile che essa, in un modo o nell'altro, fosse affidata ai gesuiti, come indicano, ancor più del suo tardo ingresso nella Compagnia, le relazioni con questa della famiglia ed i moduli classicisti, cari alle scuole gesuitiche, ai quali egli sin dal principio uniformò la propria produzione letteraria. Del resto questa tradizione gli fu trasmessa soprattutto attraverso il modello del Cebà, di riconosciuta autorità nelle lettere genovesi del primo Seicento, e quello ancor più familiare del Chiabrera, interlocutore assiduo delle conversazioni letterarie in casa di Giovan Francesco durante l'adolescenza e la prima giovinezza del Brignole Sale. Intorno al 1625 va collocato un probabile viaggio in Spagna (il B. sembra accennarvi in più luoghi dei suoi scritti), che forse coronò secondo l'uso la sua educazione. Il 9 dicembre di quell'anno sposò Paola di Giovanni Battista Adorno, di famiglia tra le più illustri della città, e il 26 nov. 1626 fu ascritto nella nobiltà genovese, disponendosi così ad assumere il posto che competeva alla sua famiglia nella vita pubblica cittadina. Ma già il B. inclinava piuttosto alle occupazioni letterarie, e anche in questo il padre gli schiudeva la via, poiché dell'Accademia degli Addormentati, nella quale il B. fece le sue prime prove di poeta e di oratore, Giovan Francesco fu, se non membro, almeno estimatore e protettore. Un'esperienza, questa, che certo contribuì in misura notevole a circoscrivere gli orizzonti del B. nei termini del più pacifico adeguamento alla realtà, per quanto angusta, della ufficialità politica e culturale genovese, sorta come era l'Accademia stessa perché "i cittadini a' quali spettava il governo ed amministratione di esso si andassero esercitando assiduamente nelle opere di virtù" (De Marinis, p. 58), intenzione che si esprimeva persino nel modellare statuto e strutture gerarchiche della adunanza sulle istituzioni della Repubblica: in questo clima il B. tenne i discorsi poi confluiti nel Tacito abburattato, e la cosa di per sé già rende dubbie le intenzioni e capacità innovatrici che si son volute leggere in quel mediocre contributo alla moda antitacitistica.Che questo tirocinio accademico fosse pubblicamente giudicato fruttuoso ai fini dell'espletamento delle incombenze politiche, dimostrano gli incarichi attribuiti, senza altro titolo, al B. dal governo genovese nel 1633 - quando fu chiamato a far parte della commissione di patrizi eletta per le accoglienze al cardinale infante Ferdinando d'Austria - e nel 1634, allorché gli fu attribuita l'orazione per l'incoronazione dogale di Stefano Doria, incarico assolto, secondo quanto scriveva l'Assarino al Chiabrera, con tale "universal soddisfazione, che molti hanno liberamente detto che ieri il signor Anton Giulio guadagnò la corona a suo padre" (Diverse lettere, p. 15). Migliore occasione di dipanare tutto il composito repertorio accademico del concettismo offriva però al B., nello stesso anno, la morte prematura della cognata. Le Lagrime ... per la morte della signora Emilia Adorni Raggi raccoglievano una orazione tenuta dal B. nell'Accademia degli Addormentati e varie rime occasionate dal luttuoso avvenimento (venti sonetti, una canzone ed un poemetto in versi sciolti): dove l'imitazione del Marino e del Chiabrera ad un tempo, l'uso a piene mani del repertorio mitologico, la ricerca dell'osservazione ingegnosa e del richiamo erudito, lasciano scarsa credibilità al tema del cordoglio e del rimpianto in tutte le sue variazioni; ma dove, anche, la tensione a cogliere il lento processo dissolutore della malattia mortale sembra risolvere il sensualismo della scuola in un naturalismo quasi scientifico, suggerendo la strada di una meno intellettualistica ispirazione.
Le medesime suggestioni letterarie ritornano in Le instabilità dell'ingegno, del 1635, certo l'opera del B. maggiormente ricca di motivi, di spunti, di sondaggi nelle più varie direzioni consentite dal discorso letterario barocco, pur sempre nei limiti ideologici e di gusto della scuola e sulla trama ormai consunta di una situazione di repertorio: quattro dame e quattro cavalieri genovesi, tutti accademici Addormentati, "stretti ... per parentela, somiglianti per gli anni, et incatenati per volontà", sfuggono alla peste che minaccia Genova rifugiandosi in una villa del contado, dove per otto gioniate si intrattengono in dispute accademiche coronate da canzoni, novelle, orazioni, poemetti. Marinismo e chiabrerismo dipanano anche qui tutta la gamma dei loro motivi, estenuati sino al compiacimento lascivo e addirittura al sadismo, come notava il Croce a proposito dei quattro sonetti (qui proposti) per La cortigiana frustata. L'audacia di certe pagine delle Instabilità mosse contro il libro il S. Uffizio di Genova ed il B. fu costretto a stamparlo a Bologna, dove evidentemente, benché in territorio ecclesiastico, più facile era, ottenere la "licenza dei superiori".
Ma certamente ogni ribellione nei confronti del moralismo dominante nella vita genovese, più ancora forse che nel resto d'Italia, era estranea alle intenzioni del B., come dimostra il suo immediato dedicarsi alla letteratura devota: del 1635 è La colonna per l'anime del Purgatorio, dell'anno successivo Maria Maddalena peccatrice e convertita e Il santissimo rosario meditato. Naturalmente, se queste opere assicurano al B. una larga fama di scrittore pio (numerose sono di esse le ristampe e le traduzioni), quanto di più personale vi apporta l'autore, insieme con la più abusata erudizione, è dettato sempre dal suo fondamentale psicologismo. e sensualismo ed erotismo e i confini tra amore divino e passione amorosa diventano così labili che non pare improprio, al di là di ogni specifica vicinanza dottrinale e facendo soltanto riferimento al clima culturale e spirituale, accostare queste opere del B. alla letteratura quietista.
Tra gli Addormentati, di cui fu eletto principe nel 1636, il B. intraprese, con una intenzione di riforma dell'Accademia, la polemica contro il marinismo ed il tacitismo che avrebbe avuto sistemazione nel Tacito abburattato. Pubblicata soltanto nel 1643, quest'opera, giudicata "il titolo maggiore, se non unico, del B. ad avere un posto nella storia delle patrie lettere e del pensiero moderno" (Politici e moralisti, p. 304), raccoglie i discorsi da lui tenuti nelle adunanze accademiche dell'inverno 1635 e della primavera successiva. Le intenzioni del B. sembrano a prima vista egregie, rivolte come sono contro le "cavillose sofisterie" e le "acutezze fragili" dell'accademismo barocco. Un più attento interesse ai problemi etici è, Secondo la proposta del B., la strada per uscire da "tenebre siffatte". Ma in questa ricerca egli rifiuta il sussidio della abusata autorità degli antichi, e più precisamente, inserendosi nel particolare filone dell'antitacitismo che faceva capo alle Prolusiones di Famiano Strada, respinge il magistero morale dello storico romano, "conciosiacosa che la inclinazione dell'uomo al malignare faccia oggidì credere chegli dica sempre il bene, perché quasi sempre gode in dir male". Attraverso la discussione di vari giudizi di Tacito, preso ciascuno ad occasione di un "discorso", il B. intende rivendicare la necessità di fondare il giudizio morale su una più puntuale indagine d'ordine psicologico, ma non sembrano eccessivamente fondati gli entusiasmi che hanno fatto riconoscere in lui "uno dei pensatori più originali del suo secolo e dei più decisamente avviati verso la formazione del nuovo pensiero" (Politici e moralisti, p. 304). In realtà si rimane qui nell'ambito di una problematica morale del più consunto formalismo, della più banale casistica di impronta gesuitica, ed in Tacito, in effetti, si vuole soprattutto colpire, secondo l'insegnamento del gesuita Strada, il magistero di una eticità non suffragata dalla fede cristiana. Si veda il Discorso terzo, in cui si discute se potesse Germanico appagarsi del "testimonio (come dice Tacito) della sua coscienza": questo non pare credibile al B., poiché "questo basta a' cristiani, non a' gentili; basta a quelli che una nuova vita credon dopo la morte, non a quelli, che sol credon ritrovarsi morte dopo la vita; ... basta a quelli, che co' fatti egregi aspiran solamente a vedere Dio, non a quelli, che sospiran solamente l'esser dall'uom veduti ...". Quali anticipazioni di "nuovo pensiero" si possano cogliere in questa polemica del poligrafo genovese è difficile stabilire. Semmai il Tacito presenta qualche maggiore interesse in alcune annotazioni, marginali al discorso principale, in cui viene precisata la poetica del B., anche questa del resto ancora tutta nei limiti della ricerca del sorprendente. Un'estrema esemplificazione di questa poetica è il Carnovale, descrizione di una veglia carnevalesca nella quale il laido, il grottesco, il deforme celebrano i loro barocchi trionfi. Qui neanche l'invenzione riscatta la grossolanità di un linguaggio che si affida tutto alla salacità delle battute, al motto oscenamente allusivo. Non più ispirate le tre commedie del B., forse tutte rappresentate nell'Accademia degli Addormentati o in un altro consesso del genere, detto degli Annuvolati, che pare avesse vita per breve tempo a Genova in quegli anni: Il geloso non geloso,Li comici schiavi e Glidue anelli simili, tutte informate alle solite vicende di intrighi, travestimenti e agnizioni della tradizione classica, mediata, per talune situazioni comiche, dall'imitazione di Flaminio Scala e con qualche marginale apporto della commedia dell'arte. Alla voga del romanzo secentesco il B. dava pure il suo contributo con la Istoria spagnola, a quanto pare un lavoro giovanile sul quale ritornò tra il 1640 ed il 1642. Derivato da un testo di Ginés Perez de Hita - una tragica vicenda d'amore sullo sfondo degli ultimi anni del regno arabo di Granada -, tradisce largamente la freschezza dell'originale nella preoccupazione di accentuarne gli elementi di intrigo e di richiamare imodelli cavallereschi dell'Ariosto e del Tasso.
Ma ora le occupazioni letterarie lasciano per qualche anno il passo agli impegni politici, ai quali il B. si andò sempre più avvicinando dopo la morte del padre, come gli imponevano gli obblighi sociali della sua famiglia. Le prime cariche pubbliche di cui si abbia notizia furono quelle di provisor triremium e di provisor vini, ambedue nel 1638; nel 1642 fu degli inquisitori di Stato e l'anno successivo dei magistrati dell'Annona. Nel 1642 rispose ad un appello rivolto dal Senato ai più doviziosi cittadini, contribuendo con l'armamento di una galera al rafforzamento della flotta genovese contro la minaccia dei Barbareschi. Pare peraltro che dietro questa iniziativa del Senato fosse anche l'intenzione di rafforzare, con una più significativa presenza sul mare, il prestigio della Repubblica in particolar modo nei confronti della Spagna, verso la quale sempre di più si accentuava, non senza patetici e in gran parte formali tentativi di resistenza, la dipendenza dello Stato ligure. Che queste intenzioni fossero condivise dal B. pare dimostrato dal fatto che a lui, in quegli anni, fu affidata un'ambasceria alla corte di Filippo IV, che aveva come fine principale appunto quello di rivendicare la dignità ed indipendenza della Repubblica contro quel soffocante e sprezzante protettorato; ed è attribuito al B., ma la cosa non è del tutto sicura, un opuscolo anomino pubblicato a Genova nel 1642 (Congratulazioni ... pe'l nuovo armamento delle galee di un cittadino zelante habitante in Napoli) che, ricordando la passata grandezza e l'attuale decadenza della Repubblica, elogiava apertamente le riposte intenzioni di rafforzamento della squadra navale genovese "contro sommo sforzo di reali armate, che ad ogni tratto sorgon sulle nostre spiagge questi ultimi anni". All'ambasceria straordinaria in Spagna il B. fu designato nel novembre del 1643. Tra le principali questioni di cui le prime istruzioni lo investivano (altre gliene furono inviate dopo il suo arrivo in Spagna, datate 3 ag. 1644, relative tuttavia soltanto ad alcuni contrasti insorti tra la Repubblica e l'ambasciatore spagnolo, conte di Siruela) era quella del riconoscimento del titolo e grado regio che la Repubblica si era attribuita nel 1637, riconoscimento già ottenuto dal papa e dall'imperatore, ma eluso dalla corte spagnola. Non meno a cuore stava al governo genovese la questione dell'antico privilegio del Banco di S. Giorgio di vendere il sale nel marchesato del Finale, riconosciuto dagli Spagnoli sin dal tempo di Filippo III, ma praticamente ignorato dai governatori milanesi. Ultima questione era quella della "separazione degli arrendamenti" operata dal viceré di Napoli, la ridistribuzione cioè dell'appalto della gabella del vino, già attribuita ai mercanti genovesi, in favore di alcuni esponenti della famiglia Caracciolo. Su quest'ultimo punto il B. ottenne piena soddisfazione dal Consiglio d'Italia, "ancorché ci fusse il regente Caracciolo, che si poteva temere parte non men che giudice" (Istruzioni e relazioni p. 265). Assai meno soddisfacenti furono i risultati ottenuti dal B. relativamente alle altre due rivendicazioni genovesi. Qui gli ostacoli venivano, prima che da effettiva ostilità della corte spagnola, dalle lungaggini e dalle incertezze del re e dei suoi ministri, aggravate anche dagli impegni militari di Filippo IV in Catalogna contro i Francesi, dalla morte della regina Isabella, incaricata della reggenza durante la lontananza del re, e da altri avvenimenti di corte. Ma se sulla questione del titolo regio il B. dovette rassegnarsi a lasciare la conclusione ai suoi successori, su quella del sale poteva vantarsi di aver ottenuto dal Consiglio d'Italia una consulta del tutto favorevole al Banco di S. Giorgio. Tornato in Italia nell'agosto del 1646, il B. fu eletto in quello stesso anno tra i consultores legum, nel successivo tra i supremi sindicatores e il 1º luglio 1648 fu nominato senatore. Compì vari viaggi in questi anni in Lombardia, a Venezia, a Roma; ma ormai la letteratura riaffermava i suoi diritti. Nel 1648 pubblicò due tra le sue opere maggiori, Il satirico innocente e La vita di sant'Alessio. È la prima una raccolta di epigrammi di argomento prevalentemente letterario, che il B. finge tradotti da un manoscritto greco, in parte variamente illustrati e commentati nella seconda parte dell'opera. Il "fronzuto e pampinoso Marino" è, con la sua scuola, oggetto di una polemica aspra e spesso felice, che si estende volentieri anche al concettismo dell'oratoria sacra, al suo uso "soverchio di fioretti, buffonerie, paradossi e stiracchiamenti". Sul piano stilistico il Satirico, sia negli epigrammi sia nella parte in prosa, costituisce uno dei più cospicui tentativi compiuti in quel tempo in direzione di un linguaggio sobrio e incisivo, ricerca poi ripresa nel Sant'Alessio. La pia leggenda anche in questo caso è soltanto un pretesto letterario, la cui ambiguità deve essere rilevata nella valutazione delle intenzioni che di lì a poco condurranno il B. ad abbracciare la vita religiosa. L'accanita difesa che tra mille peripezie il santo fa della propria castità nei confronti della bella e giovane moglie offre al B. il pretesto per un nuovo romanzo che non meno dell'Istoria spagnola divaga nell'intrigo e nell'avventura; ma ora il B. dispone di più raffinata psicologia, di migliore arte narrativa; lo stile è alieno dalle narcisistiche variazioni di un tempo, la metafora più sobriamente impiegata e più puntualmente giustificata. Quasi sempre l'esigenza di una più penetrante caratterizzazione dei personaggi, di una più articolata lettura dei loro atteggiamenti, prevale sugli intenti agiografici: in realtà nulla in quest'opera sembra autorizzare la previsione di quella decisa scelta della vita religiosa che il B. avrebbe di li a poco compiuto. Nel gennaio del 1648 il B. rimase vedovo. Dal suo matrimonio erano nati Giovanni Domenico, Rodolfo, Giovan Francesco e Giovanni Battista, oltre a tre femmine. Ma le cure di una così numerosa famiglia non valsero a trattenerlo dalla decisione di votarsi alla vita religiosa. Dopo aver rinunziato nel dicembre del 1648 alla carica senatoria, entrò nell'anno successivo come semplice sacerdote nelle missioni urbane istituite dal cardinale Stefano Durazzo, per passare poi, nel 1652, nella Compagnia di Gesù. Non pare possibile trarre da questa conversione del B. alla vita religiosa troppo impegnative illazioni in sede propriamente letteraria. Vero è che l'influenza della cultura gesuitica è un elemento costante di tutta la sua attività letteraria, anche se la polemica antibarocca riceve una più articolata ed esclusiva adesione soltanto nelle opere più mature; ma che il B. fosse spinto ad entrare nella Compagnia non da un'esigenza essenzialmente stilistico-retorica - come da taluno si è voluto, nel senso appunto di una anche esterna professione di classicismo - ma piuttosto da un'esigenza morale e religiosa, è dimostrato dalla sua rinunzia alla letteratura a partire proprio dal momento del suo ingresso tra i gesuiti. L'ultima opera, Panegirici sacri, che raccoglie due prediche in onore di s. Gaetano da Thiene e di s. Andrea Avellino nelle quali si riflette il programma di sobrietà illustrato dal Satirico, è infatti del 1652. Morì a Genova nel 1665. Opere: L'orazione in onore di Giovanni Stefano Doria fu pubblicata insieme con quella recitata nella stessa occasione da L. Albrici in Nella coronatione del serenissimo Giovanni Stefano Doria duce della Repubblica di Genova, Genova 1634; Lagrime ... per la morte della signora Emilia Adorni Raggi, Piacenza 1634; Le instabilità dell'ingegno,divise in otto giornate, Bologna 1635 (ristampate a Venezia, con qualche variante, nel 1641 e nel 1642); La colonna per l'anime del Purgatorio, Genova 1635; Maria Maddalena peccatrice e convertita, pubblicata a Genova nel 1636, a Venezia nel 1662, a Milano nel 1671, tradotta in francese ad Aix nel 1674 dal frate P. de St.-André; Ilsantissimo rosario meditato, Genova 1636 e 1647; Il carnovale. Opera accademica, pubblicato a Venezia nel 1639 sotto lo pseudonimo anagrammatico di Gotilvannio Salliebregno, ristampato, sempre a Venezia, nel 1641 e nel 1663; Il geloso non geloso, che dapprima costituì la terza parte del Carnovale, fu stampata separatamente a Venezia nel 1639 e nel 1663; Gli due anelli simili, secondo il sottotitolo del manoscritto "comedia recitata nella città di Genova nel carnevale dell'anno 1637", fu stampata a Macerata nel 1671; Li comici schiavi, a Cuneo nel 1666 con lo pseudonimo di Gabriele Antonio Lusino; del B. è anche un Intermezzo, recitato con la commedia Ilfazzoletto di Francesco Maria Marini nel 1642, pubblicato dal De Marinis, pp. 309-317; erroneamente gli editori della commedia del Marini, pubblicata a Bologna nel 1683, la attribuirono al B.; Della storia spagnola. I primi quattro libri, stampata a Genova nel 1640, fu pubblicata completa col titolo L'istoria spagnola a Genova nel 1642 e dedicata al granduca di Toscana Ferdinando II; Tacito abburattato. Discorsi politici e morali, Genova 1643, antologizzato in Politici e moralisti del Seicento, a cura di B. Croce e S. Caramella, Bari 1914, pp. 175-254; Il satirico innocente. Epigrammi trasportati dal greco all'italiano e commentati, Genova 1648; La vita di s. Alessio descritta et arricchita con nuovi episodi, Genova 1648, tradotta in francese ancora dal St.-André nel 1674; Panegirici sacri, Genova s.d., ma 1652. Il De Marinis pubblica a pp. 333-336 il discorso pronunziato dal B. nel marzo del 1645 alla presenza di Filippo IV, estratto da una lettera dello stesso B., e la relazione finale dell'ambasceria, ristampata insieme con le istruzioni in Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, III, Spagna: 1636-1655, a cura di R. Ciasca, Roma 1955, pp. 144-150, 165-173; una lettera del B. a proposito del suo feudo di Groppoli in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo,del principato, f. 2744. Fonti e Bibl.: L. Assarino, Diverse lettere e componimenti, Venezia 1640, p. 15; Id., Ragguagli di Cipro, Bologna 1642, passim; P. G. Giustiniani, Odi encomiastiche e morali, Genova 1635, p. 149; P. F. Minozzi, Delle libidini dell'ingegno, Venezia 1636, p. 13; G. B. Manzini, Lettere, Bologna 1646, passim; Id., Discorsi problematici, Genova-Bologna 1930, passim; G. Ciampoli, Lettere. Bologna, s.d., p. 199; G. A. Interiano, Genova illustrata. Panegirico con un discorso precedente ...intorno alla poesia, Genova 1644, sestine 152 s.; B. Morando, La Rosalinda ... spiegata in diecilibri, Piacenza 1650, p. 439; G. M. Visconte, Alcune memorie delle virtù del p. A. G. B. S.genovese,della Compagnia di Gesù, Milano 1666; M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, I, pp. 92 ss.; R. Sprani, Liscrittori della Liguria,e particolarmente della marittima, Genova 1667, pp. 42 ss.; A. Aprosio, La biblioteca aprosiana, Bologna 1673, pp. 491 ss.; F. Meninni, Ritrattodel sonetto e della canzone,discorsi, Napoli 1677, pp. 135 ss.; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, pp. 54 ss.; G. Chiabrera, Letterea P. G. Giustiniani, Genova 1829, passim; G. A. Patrignani, Menologio di pie memorie d'alcuni religiosi della Compagnia di Gesù, Venezia 1730, 12 pp. I. pp. 141 ss.; G. M. Crescimbeni, Comentariiintorno alla storia della volgar poesia, Venezia 1730, IV, p. 155; F. S. Quadrio, Della storia edella ragione d'ogni poesia, II, Milano 1741, pp. 308, 673; III, ibid. 1742, pp. 365, 377; V, ibid. 1744, pp. 104, 354, 467; VI, ibid. 1749, p. 178; VII, ibid. 1752, p. 31; G. M. Mazzuchelli, GliScrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2098-2101; E. Brignole, Testamenti e codicilli, Genova 1782, pp. 27 s.; P. Napoli Signorelli, Storia critica dei teatri antichi e moderni, Napoli 1813. VI, p. 309; G. Ferrari, Corso sugli scrittori politici italiani, Milano 1862, pp. 501, 506; A. Albertazzi, Romanzieri e romanzi del Cinquecento edel Seicento, Bologna 1891, p. 182; F. Ramorino, Cornelio Tacito nella storia della cultura, Firenze 1898, pp. 34 s.; B. Croce, Saggi sulla letteraturaitaliana del Seicento, Bari 1911, pp. 386, 412 ss.; dello stesso si veda anche Lirici marinisti, Bari 1910, pp. 300, 302, che raccoglie alcuni versi del B., e la cit. Politici e moralisti del Seicento, con la nota biografica relativa al B. di S. Caramella alle pp. 303-306; M. De Marinis, A. G. B. S.e i suoi tempi, Genova 1914; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1929, pp. 88 ss.; S. Bertelli, Storiografi,eruditi,antiquari politici, in Storia dellaletteratura italiana, a cura di E. Cecchi e N. Sapegno, V, Milano 1967, pp. 399 s.; L. Bitner-L. Gross, Repertorium der diplomat. Vertreter, I, Berlin 1936, pp. 247, 250.

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