INF. DURANTE

Il medico vulnerario cioè il medico militare ERIC MOY una cui OPERA fu inserita nel TEATRO SIMPATETICO certamente non fu uno degli autori più importanti che scrissero sulla POLVERE SIMPATETICA e sui suoi effetti terapeutici: giunge comunque significativo in quanto avendo dedicato la sua opera a GIOVANNI ANDREA II DORIA e commemorandovi una guarigione da una ferita d'arma da fuoco patita nel nord europeo da suo fratello FABRIZIO DORIA DUCA D'AVIGLIANO non solo ci informa che i DORIA utilizzavano questa medicina ritenuta estremamente giovevole per i militari, curando specificatamente le ferite per armi da fuoco o da taglio, ma rende possibile sviluppare un discorso sul ramo di DOLCEACQUA dei DORIA nel cui CASTELLO furono trovate ancora nel XVIII secolo PRODOTTI USUALI NELLA CURA SIMPATETICA.
Di seguito si propongono, in traduzione dal latino, i CAPITOLI della sua pubblicazione:
DEDICATORIA
CAPITOLO I: L'esperienza prova che la Polvere simpatetica guarisce le ferite
CAPITOLO II: La cura tramite Polvere simpatetica nulla ha a che fare con forze oscure: il VETRIOLO alla base del suo confezionamento
CAPITOLO III: Azione da lontano della Polvere simpatetica
CAPITOLO IV: Spiegazione dell'attività simpatetica
CAPITOLO V: Non potersi arrestare da un corpo oscuro un'azione simpatetica
CAPITOLO VI: Sfera di attività
CAPITOLO VII: Il principio dell'azione simpatetica non è forma occulta
CAPITOLO VIII: Il principio dell'azione simpatetica è facoltà impressa dagli astri ed affine alla loro influenza
CAPITOLO IX: Confutazione di alcune critiche mosse da Sennerto in merito alla Polvere simpatetica
CAPITOLO X: Perché la Polvere simpatetica si applica sulle bende di lino e non sulla piaga?
CAPITOLO XI: Perché la Polvere simpatetica agisce sulla parte ferita?





















ERIC MOHY DI NAZIONALITA' BELGA
LA POLVERE SIMPATETICA
Grazie alla quale si curano da lontano le ferite senza applicazione di medicamenti sulla parte affetta e senza alcun magico intervento come ipotizzato dai seguaci di Aristotele e Galeno
All'illustrissimo ed eccellentissimo Eroe Giovanni Andrea Doria, Principe di Melfi, Marchese di Santo Stefano, Conte di Loano ecc…. Viceré di Sardegna ed ora nel medesimo Regno Prefetto Generale delle Trireme
Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore
Nei perigli e negli ardui eventi della guerra ogni soldato aspira a dar prova della sua fortezza d'animo ispirandosi all'esempio glorioso, dapprima in area pedemontana e proprio ora in Belgio, dato da quel tuo generosissimo fratello che i grandi guardano senza provare invidia e gli uomini d'animo meno risoluto ammirano senza arrossire. Come lui, nelle contingenze più difficili e di fronte ai più severi interrogativi, sanno bravamente destreggiarsi quanti Apollo non educò per la mollezza che offre il denaro ma per la gloria, sì che realmente, al pari del fuoco di cui arde la fiaccola, l'ingenio vero splende nelle più difficili situazioni, per poi dimettere quel chiarore innanzi agli agi d'una fausta e luminosa condizione.
Io, nel trattare un argomento così arduo che molti acceca ed altrettanti non vogliono vedere, ho appena intrapreso un'aspra tenzone con tutti i medici fisici ed in ciò mi sono proprio ispirato al tuo illustre germano, giammai svelatosi impari al compito assunto. E tutto questo ho fatto al fine di mostrare a Te ed a tutto il consorzio dei medici che la Polvere simpatetica non solo ha guarito dalle ferite sì gran Eroe ma che essa costituisce un medicamento del tutto degno di lui, un farmaco cioè nobile ed eroico. Se mi procurerò una qualche nomea con questo mio libretto, tutta la dedicherò a te, ma se, all'opposto, ciò non accadrà te lo offrirò come quel dono ed ornamento di cui son reputati meritevoli, ancor più di quanti la conseguano, coloro che procombono cercando con coraggio una difficile vittoria . Ti auguro di star bene. Da Bruxelles, il giorno 5 di Dicembre [senza indicazione dell'anno]
ERIC MOHY devotissimo servitore della Tua Illustrissima ed Eccellentissima Persona
CAPITOLO I
L'esperienza prova che la Polvere simpatetica guarisce le ferite
L'illustrissimo e generosissimo Eroe Fabrizio Doria, Duca d' Avigliano, nell'assedio caloonense [?] rimasto ferito in una gamba da un'archibugiata, doveva affidarsi alla solerte cura dei medici. Malauguratamente nel giro di pochi giorni si manifestavano nella flessione patita un'ulcera tortuosa ed un ascesso che primieramente noi cercavamo di nettare con cautela per poi dover passare ad interventi sempre più severi. Nonostante le cure, o forse proprio per il loro reiterarsi, due anse nella parte superiore della ferita finivano per peggiorare vieppiù: cresceva intanto l'afflusso d'umori corporei verso l'affezione ed alla fine il pur resistentissimo e coraggioso Condottiero prendeva a torcersi per gli spasmi di un dolore terribile, continuamente esacerbato dallo stesso sifone per il drenaggio del materiale purulento e dalle garze che venivano usate nell'ulcerazione a guisa di tamponi curativi. Fra coloro che s'adopravano per la guarigione del ferito si trovava Ottavio Guasco, valoroso tribuno della legione germanica, che non solo era conoscitore della Polvere simpatetica ma il quale asseriva d'aver, tramite essa, guarito moltissimi individui rimasti lesi in guerra od altri scontri d'armi. Uomini di gran prestigio e d'assoluta buona fede non ritenevano opportuno dar credito a tale personaggio: però alcuni fra noi, addetti alle cure di Fabrizio Doria e ben presto trovatisi di fronte all' impotenza delle cure tradizionali -peraltro incoraggiati dal fatto che tra i soldati si narravano molte cose in merito ai pregi della citata Polvere- presero la decisione d'utilizzare come soluzione estrema il summenzionato medicamento simpatetico.
Diversi sapienti ritenevano e tuttora ritengono che questo tipo di cura non si debba collegare con l'arte d'Esculapio ma semmai con le malizie dei cacodemoni: è per questa ragione che io ho preso in mano la penna: l'ho presa per rendere edotto l'intiero consorzio medico della realtà delle cose. E si badi bene che non ho affatto alcuna pretesa che la mia sia penna degna di sofisticate Muse: si tratta semmai di quella che io uso da medico vulnerario tra il sordidume degli accampamenti militari. Del resto sappi o Lettore che me ne servo esclusivamente al fine di divulgare una verità medica e non per conseguire gloria letteraria o per segnalarmi tra fasti mondani. Se peraltro vi fosse in me dell'autentica, vana ambizione, già da lungo tempo i miei scritti striderebbero sotto i torchi, scritti per cui adesso, il mio nome d'altronde già noto per più antiche pubblicazioni, nuovamente si potrebbe diffondere per il mondo.
CAPITOLO II
La cura tramite Polvere simpatetica nulla ha a che fare con forze oscure
Deponi la tua rabbia piuttosto che digrignare i denti e dispregiare con colpevole indignazione le novità: cerca piuttosto di comprendere le cose prima di condannarle.
Questa Polvere è una medicina semplice, appartiene al mondo dei minerali, si tratta dell'Arzeg o Dilet, quello che noi chiamiamo
Vetriolo seguendo il magistero di Paracelo. Esso, senza cerimonie magiche o pronunzia di magiche formule, sparso su un panno, intinto nel sangue vivo d'una ferita od in quello già impuro dell'ulcera in essa formatasi, piaghe che, in ogni caso, devonsi sempre tener pulite, venendo nettate e con cura bendate ad opera d'esperti di medicina. Con questa tecnica, per completare una riflessione documentaria che ho già anticipato, son state guarite due ulcere irregolari e crescenti nella parte superiore della lesione d'arma da fuoco patita dall'eccellentissimo Duca d'Avigliano: in vero occorsero tre giorni affinché le piaghe venissero riassorbite e quindi sostituite da tessuti sani e comunque il rimedio giovò in maniera non irrilevante pure per altri danni collaterali.
Ed ora tocca a te, critico severo che ipotizzi arcani interventi di maghi e fattucchiere in siffatta terapia. Mostra ordunque ove risiede il supposto patto diabolico, se esso sia -come suol dirsi- esplicito o perpetrato per tacito consenso. Se pensi che quel patto sia stato sottoscritto all'origine, fra qualche demone e l'ideatore della cura, la tua qualità di raziocinio è davvero labile ed io giungo a chiedermi come abbia tu potuto formulare una postulazione di tal genere. Alla stregua di queste tue riflessioni anche l'aromatario, l'erborista e pure il medico fisico o comunque chi per primo scelse di purificare i corpi con l'uso di rabarbaro, d'agarico o di consimili catartici o che ancora sconfisse ilo morbo comiziale facendo appendere una peonia finì per macchiarsi della colpe di stregoneria e sacrilegio. Se tu neghi questo, io m'affretto a ricusare quanto ho detto finora. Ma sì…ti concedo le ipotesi più varie su ideatore, tempo, luogo, possibile patto, inizio del tutto: guardiamo però un istante agli effetti della terapia, che sono concreti, buoni e soprattutto naturali! E' da stolti tirare in gioco i cacodemoni e tramite loro voler giustificare dei processi medicamentosi che all'opposto si rivelano così limpidi e comprensibili: anzi, mi correggo, non è da stupidi, si tratta semmai da cosa tacciabile autenticamente di demonomania se non proprio di demonolatria! Eh sì…in quanto speculando alla tua guisa si suggerisce l'impressione di conoscere assai meglio i fatti delle creature infernali piuttosto che, confessiamolo!, quelli di Nostro Signore, che, ben lo sappiamo tutti, è sempre mirabile e splendente nelle sue azioni.
Discutiamo allora un po' più attentamente di siffatt6a questione!
Il Delrio sostiene che la magia superstiziosa risiede in un patto con il diavolo o, alternativamente, nel culto di cose vane. In occasione di questa terapia, per quanto sì dibattuta, non potrebbe giammai sussistere un accordo esplicito e, all'opposto, chi mai si potrebbe convincere se sta zitto ed in alcun modo s'esprime? Infatti qual patto mai dell'ideatore denunci tu? e donde ti deriva tale giudizio? Od affermi ciò in quanto hai l'impressione che un simile perverso accordo ridondi nell'operato di me che, notoriamente, agisco in buona fede e nemmeno ho mai preso in considerazione l'idea di qualche satanico sostegno? Giammai dobbiamo essere creduli e schiavi di indomabile ignoranza! E del resto non avrai ottenuto alcun significativo risultato anche quando sarai riuscito, per via di sillogismi e sofismi, che provare che l'ideatore della Polvere curativa fu addestrato da demoniaci maestri.
Un falsomaestro d'altronde conserva comunque il buon diritto di insegnare quelle cause naturali di cui è legittimo valersi: e con giustezza può anche vendere tutte queste sue lecite competenze. Del resto atteso che la cura è efficace e per nulla ingannevole, già all'origine abbiamo dissipato qualsiasi ipotesi di patto e proprio con gli identici argomenti tramite i quali è stata dissolta l'ipotesi di vana osservanza, alla maniera peraltro su cui reiteratamente ha concordato lo stesso Delrio. Comunque neppure è sostenibile che nell'applicazione d'una simile terapia concorra qualche sacrilegio o simili scorrette evenienze, cose cui peraltro si è già prima fatto cenno. Questi difetti non possono concorrere nella Polvere che in definitiva è un semplice minerale e tantomeno in chi se ne serve per guarire altre persone sofferenti: nulla del genere può altresì concernere le bende su cui vien sparsa quella medicina. Queste ultime nient'altro fanno che raccoglierla in sé, mentre il terapeuta le applica secondo le modalità seguendo modalità acclarate e senza mai rifarsi a rituali vani e profani, pronunciando magari formule di magia superstiziosa.
Tuttavia mi trovo adesso nella necessità di comprovare oggettivamente che gli effetti lenitivi e curativi della Polvere simpatetica rientrino nel contesto delle manifestazioni naturali e se avrò successo in questa mia aspirazione, o Lettore, null'altro Ti chiedo fuor che la tua stima: in caso contrario condanno questo mio fascicolo e serviti pure delle sue pagine per nettarti, dopo espletato i tuoi più vili bisogni corporali.
CAPITOLO III
Azione da lontano della Polvere simpatetica
Ecco…al momento vedo già insorgere la folla dei medici fisici e chiedere tutti quanti, ad una sola voce, che io subitamente dimostri, se mai vi riuscirò, come possa esteriorizzarsi senza apparenti contatti, e comunque sempre da lungi, la forza terapeutica della Polvere. E corro davvero il periglio che qualche accademico intelletto mi sanzioni con questo sillogistico argomento: "L'agente perché operi deve esser messo a contatto del suo oggetto/ Al contrario la tua Polvere esula da ogni rapporto fisico ed empiricamente dimostrabile./ Questa tua Polvere, per conseguenza, non è un agente!".
Postulando, subito dopo che, visti i risultati concreti, all'efficienza del medicamento per forza di cose deve contribuire un cacodemone: "rispondi sulla direttrice di questa forma, se ne sei capace, con un sillogismo di secondo grado!".
Obbedisco docilmente!…tiranno mio da quattro soldi! Risponderò per bene alla tua rissosa contestazione ed anche rispetterò l'accademica forma, usuale per simili dibattiti.
Ho imparato ad argomentare in maniera tale che tu finirai col perdere ogni perplessità e mi ritengo in grado di poter arricchire le tue indebolite qualità intellettive.
Non occorre che raggiunga qualche materiale contatto chi agisce qui, direttamente, su chi ne subisce l'opera o eserciti tal opera in forza di qualche idoneo mediatore: è sufficiente che la relazione tra soggetto ed oggetto avvenga tramite un opportuno interscambio di necessaria, virtuosa energia. 1 - Sintetizzando, sostengo ora che la copulazione fra chi agisce e chi ne subisce l'azione avviene certo ma non, di necessità ed anzi per nulla affatto nel caso di questa cura, in relazione ad atto concreto: si tratta piuttosto dell'esplicitazione d'una qualche forza spirituale. Può darsi che il concorso, anche, d'un interscambio fisico possa giovare: ma per nulla ne sono convinto!
Questa nostra Polvere, in effetti, esplica la sua prima azione sull'oggetto posto sotto la sua influenza e in un secondo tempo nei riguardi della parte lesa, in forza della mediazione di entità o energie che occupano o percorrono gli spazi vuoti, come il sole, il fuoco od altre forze ancora, capaci d'operare a distanza ed innescare connessioni virtuali.
E, del resto, chi mai potrebbe essere tanto stolido da sostenere il giudizio che intercorra qualche contatto fisico e non esclusivamente energetico tra il fuoco e chi ne è scaldato od ancora il sole e la camera che ne viene illuminata?
Mio piccolo dittatore…penso proprio d'averti servito, risolvendo il tuo sillogismo: riformula dunque le tue convinzioni e piuttosto elabora qualche nuova questione!
CAPITOLO IV
Spiegazione dell'attività simpatetica
Quasi certamente, adesso, parecchi archiatri si gonfieranno d'ira contro di me e saranno presto seguiti da altri ricercatori, che magari tenteranno di colpirmi con qualche loro dardo. Quei corpi, in forza dei quali si compie una determinata azione, debbono essere idonei alla finalizzazione di quest'ultima: val a dire che abbisognano di qualche specificità tale da renderli, sempre e comunque, adatti a supportare un peculiare sviluppo fenomenico. In chiave logica e naturale, ad esempio, risulta opportuno secondo la speculazione corrente che sia diafano quanto il sole fa splendere, atteso che la luce risulta sempre trattenuta dai corpi opachi. Però, se l'azione simpatetica ha il potere d'attraversare i tetti, le pareti, le rocce e in definitiva qualsiasi materiale ostacolo, qual ne è la profonda essenza? Se essa è immateriale bisogna spiegare -cosa non da poco- come possa promanare, contro ogni acquisizione scientifica, un'azione incorporea da una qualche entità corporea. Ipotizzando all'opposto un'azione naturale, o mio Dio!, qual mai ne può esser la possanza, visto che si manifesta capace di propagarsi, aumentando vieppiù la propria energia, attraverso ogni dove, quasi che sia alimentata da una sorta di soffio divino.
Mi si concede adesso l'onere di sciogliere tal nodo gordiano ed io penso di poter risolvere l'arcana questione, in primo luogo affermando che non può darsi mai un'azione senza che si esplichi attraverso un opportuno mezzo vettore. Tutti gli agenti naturali necessitano, come appena suggerito, d'un qualche strumento vettore che può essere la luce come le qualità primigenie come al limite alcuni oggetti sensibili e tangibili: ed a tal punto, mentre sostengo con fermezza che i tetti, le pareti, le rocce e qualsiasi altro corpo opaco son capaci d'azione simpatetica, contestualmente sancisco che malamente s'afferma che siffatta azione simpatetica sia immateriale, visto che attraversa corpi opachi, e nel contempo piuttosto inefficace per essere appunto trasmessa avendo necessità di valicare distanze spazio-temporali.
CAPITOLO V
Non potersi arrestare da un corpo oscuro un'azione simpatetica
La speculazione filosofica sostiene che un corpo opaco interrompe sempre qualsivoglia azione naturale o quantomeno la sminuisce o la rifrange: eppure, alla fine di questo discorso, si scoprirà documentatamente che la fisicità d'un corpo non è in grado d'interporsi efficacemente alle radiazioni delle virtù od energie d'alcune entità.
L'opaco blocca l'azione di luce e calore ed è di impedimento alle qualità prime come alla propagazione del suono, ma chi potrebbe mai asserire senza tema di smentite che risulta altresì in grado d'arrestare l'eterno fluire delle celesti potenze?
Adesso, comunque sia, tu che ti professi competente di fisica, scendi con me nell'accademica tenzone a disquisire se mai gli astri e le stelle possono spargere i loro influssi sin nelle più recondite profondità della terra.
Discuti quindi, ora, se tali forze son in grado di generare dei materiali sì che da questi altri ancora ne derivino e non di infimo valore!
Confrontati ordunque meco se quella medesima siderale influenza possa travalicare monti, rocce e finalmente gli stessi abissi del mare!
Se nessuno fra questi ostacoli corporei risulta invalicabile per simili celestiali energie, qual meraviglia v'è allora da fare in rapporto ai presenti ragionamenti sulla Polvere simpatetica. Se in determinati materiali sono impresse ed insite facoltà ed affinità in linea con le forze degli astri, quelle terrestri sostanze, per simpatia, finiscono indubitabilmente per agire alla maniera medesima con cui dai corpi astrali s'estrinseca la forza fondamentale per la generazione dei corpi: "I forti son creati dai forti, così come i buoni (dai buoni)/ Nei giovenchi come nei puledri risiede/ l'essenza dei padri né i forti dan vita agli imbelli/ e nemmeno le aquile san generare colombe". Proprio non nutro meraviglia alcuna che un minerale, pregno di celeste energia, agisca attraverso lo spazio, valicando grandi distanze: in ciò finisce per comportarsi come un figlio che semplicemente replica la forma, le costumanze, le stesse patologie del padre se non del nonno od ancora come quelle nature ignee, calde e secche, e pure come quelle acquee, fredde ed umide, al pari infine di quelle miste che "spargono i loro semi generativi nel contesto del proprio ben specificato orto".
Soppesa quindi ora, avversario mio, la natura del suono, guarda come esso attraversa tetti, muraglie e pareti: eppure, con me convieni, che davvero effimera e ben misera è la sostanza del disperdibile suono!
Vuoi passar ad analizzare invece la facoltà terapeutica? Bene…questa dai metafisici viene detta qualità di seconda specie, la più efficace nell'agire e seconda solo alla sostanza, che è qualità di terza specie, la sola a godere di siffatta onorevole determinazione.
Soppesa nuovamente come il suono entri nella stanza, per quanto ben chiusa questa sia, insinuandosi tra i forami di finestre, porte e muri.
Ah misero!
Quanta fatica vai facendo in Cariddi!
Non vedi quanto sto dicendo dell'azione simpatetica? Cui peraltro neppure qui abbisogna ricorrere, visto che già prima dimostrai come essa si manifesti negli opachi al pari che in qualsiasi altro corpo, diafano e non.
CAPITOLO VI
Sfera di attività
Da quello che ho detto deriva comunque l'esigenza di vagliare la sfera operativa entro cui si può manifestare la Polvere simpatetica. Beh! Essa si rivela in effetti infinitamente maggiore di quella d'ogni altro sublunare agente: non tema alcune di venir smentito asserendo che può propagarsi paranco per mille miglia.
Ma, mio contraddittore, davvero non posso far a meno di pensare che pure su tale questione tu intenda vagliare il giudizio d'accademici esperti, nella fattispecie gli Astronomi.
Quanta è la distanza fra Saturno e il centro della terra? Quanto quella fra quest'ultima e le stelle? Quanti milioni di miglia essi ti elencheranno? Che strano! Tu crederai ai loro dati, al fatto che secondo il loro giudizio la possanza astrale s'innerva sin nelle estreme profondità terrestri e valuti invece con disgusto le mie analoghe postulazioni sulla Polvere simpatetica! Guarda un poco quanta è grande la tua ostinazione!: non soppesare tanto, per un istante almeno, la mia opinione! Perché certe argomentazioni le accetti senza discutere ed altre, a loro alquanto prossime nei contenuti, ti lasciano freddo, indifferente se non critico in modo aspro? Sei fatuo al momento in cui accetti determinate conclusioni o divieni arrogante quando ti intestardisci a rigettare quasi identiche asserzioni?
E' da dire che non manca spesso d'accadere che neppure ci rendiamo consapevoli di quello che abbiamo udito, sebbene ci sia stato comunicato con nitide giustificazioni razionali. Il polo attrae il ferro magnetizzato e la Luna contribuisce alla generazione di molte creature negli abissi del mare eppure sia l'uno che l'altra quanto mai soni diversi dalle cose su cui esercitano la loro influenza?
Credimi! Nei corpi celesti son insite alcune virtù alle quali potresti senza tema assegnare l'universo intiero qual sfera d'azione, eppure in alcun modo ne potresti vedere rifratto o riflesso l'influsso. Del resto i corpi fisici mentre manifestano una somma avversione per lo spazio vuoto ed inerte, all'opposto accolgono con una sorta di profondo amore e di speciale inclinazione naturale le azioni dei cieli al segno che se ne innervano, quasi che soprattutto a queste spetti il compito d'aver riguardo della conservazione e dell'accrescimento di tutto il creato.
CAPITOLO VII
Il principio dell'azione simpatetica non è forma occulta
I medici reputano tre le facoltà medicamentose. La prima è elementare: si tratta della qualità connaturale a quel mescolabile che risulta dominante in una soluzione mista. La seconda risulta generata dalle prime qualità tra loro variamente mescolate sia in materia tenue che grassa. La terza facoltà ritengo che sia la proprietà specifica di qualsiasi medicamento: cosa infatti può mai comportare la formulazione d'una qualche facoltà dipendente ed aggiunta alla proprietà medesima, non dovendosi moltiplicare senza necessità gli enti?
Affinché tu possa meglio intendere ciò valuta per bene ora la complessione fisica di qualsiasi corpo esistente in natura.
Troverai la materia prima - cioè una particolare disposizione delle qualità prime - capace di accogliere in sé la forma sostanziale. Constaterai presto che la forma di qualsivoglia corpo sublunare (qui infatti non discutiamo di corpi celesti) non impronta la materia prima d'aver organizzato in sé stessa un certo qual schema delle qualità primarie, al quale susseguono quasi subito le forme secondarie in rapporto alla distinta materia, i principi naturali tramite interferenza e mistione con le sue qualità e finalmente quella forma materiale con tutte le sue specificità, tanto autonome quanto automatiche e meccaniche, da cui dipendono le azioni fisiche di un qualsiasi corpo.
Tramite queste i catartici fan defluire gli umori, gli antidoti combattono i morbi veleniferi e pestilenziali quando non siano questi, purtroppo, a prevalere liberando le loro mortifere tossine. Grazie a tali fisiche peculiarità d'ogni corpo sublunare possono altresì realizzarsi alcuni mirabili effetti. E tra le meraviglie di questo genere possiamo menzionare alcune singolarità come quelle della torpedine marina che paralizza il pescatore, della remora che arresta il corso anche della più grande nave ed ancora dell'ematite o del diaspro che bloccano sanguinamenti e copiose emorragie. Fra siffatte eccezionalità non si può far a meno di ricordare l'azione della Polvere simpatetica che guarisce le ferite!
Guardate con venerazione ad una meraviglia di tal genere, o medicastri, che, spregiando il lume della ragione, alla stregua di ciechi partorite di continuo mostri e chimere e parimenti, con rudimentale immaginazione, elaborate motivi e spiegazioni che non solo gli altri ma neppure voi siete in grado di comprendere.
Sono proprio quelle menzionate peculiarità e specificità che conferiscono, in un determinato corpo, particolari proprietà funzionali della forma sostanziale: facoltà che voi al contrario reputate derivare da forme misteriose, da qualità occulte od ancora da inesplicabili caratteristiche della sostanza tutta. Se voi nella forma individuate una qualche oscura proprietà, perché allora riuscite a scoprirla in certi corpi e non la vedete invece in altri?
Forse perché in alcune circostanze non si svela a sufficienza per via empirica mentre in altre, diverse emergenze ciò non accade?
Voi sbagliate! A fatica e scorrettamente voi trovate in un corpo più che in un altro! Se infatti siete in grado di percepire per via sensoriale in un corpo, perché seguendo la stessa metodica non dovreste poter leggere in un corpo diverso?
Voi sbagliate e davvero grandemente!
Senza problemi e dubitabondi interrogativi io ben so che, all'identica maniera, il ferro viene attratto dal magnete e che la torpedine paralizza l'arto del pescatore così come la pietra cade sempre verso il basso ed il fuoco sale in direzione del cielo!
E poi perché non dovreste allora definire una qualche forma misteriosa anche l'intelletto o pure la volontà!
Peraltro, in via puramente sensoriale e sperimentale, risulta fuor di dubbio come sia infinitamente più semplice verificare l'attrazione esercitata dal magnete sul ferro che registrare gli effetti di quella pur mobilissima proprietà che è l'anima: qual senso mai, ditemelo, sarebbe peraltro in grado di farvi percepire le azioni della vostra stessa mente?
A questo punto però, ne son certo, si leverà l'obiezione di qualche censore dal naso fino: gli effetti che attribuiamo alla forma occulta sono enormi, eccelsi al segno che sublimano la prestanza del principio stesso, necessitando che la causa sopravanzi il medesimo suo effetto.
Rispondo che le cose stanno così ma che discutendo in questa maniera non si riscatta necessariamente la forma occulta. Ed allora io affermo questo: la tua forma occulta non è magari un accidente? Ed infatti non potrei pensare, su questa linea di riflessioni, che tu la ritenga una forma sostanziale. Ma se si tratta di un accidente, allora è corporea e tangibile e quindi è meno nobile della stessa forma fisica e nemmeno più degna delle proprietà e delle potenze di quest'ultima: queste due infatti in un corpo fisico primeggiano tra gli accidenti!
Per riassumere, usando parole meno sofisticate, questo io ti dico.
Paragona la materia prima ad una qualche corte o sala del trono, le disposizioni alle suppellettili, la forma sostanziale ad un Principe, le proprietà e facoltà ai ministri e funzionari cui il Signore delega vari compiti, alla maniera stessa d'un Monarca che tramite i suoi baroni cura il governo del Reame. Quanto più nobile e perfetta è la forma sostanziale, tanto più nobili ed efficaci sono quelle facoltà in cui si espande la sua virtù: così accade in merito all'emanazione della potenza del principe nelle persone di ministri e funzionari.
Nel caso della corte un uomo, appunto il Signore, prevale su altri, uomini come lui: in ambito incorporeo l'anima esercita il suo dominio sulle virtù e non sulla materia che ha in comune con tutte le restanti parti.
Qui fra gli inanimati corpi sublunari eccellono i minerali, che per la loro forma fisica non poco partecipano della natura degli astri, da cui son generati: e per ciò producono effetti prossimi a quelli delle menzionate stelle, gestendo similari virtù e facoltà: "Spesso il bambinello imita i costumi paterni/ La figlia sarà simile a sua madre".
Di conseguenza se si accettano gli influssi astrali e la loro partecipazione diretta alla vita sulla terra, qual mai è il motivo, per Apollo, onde non si condivide il principio che la Polvere simpatetica opera anche da lontano?
Tu che sei un fisico, ascoltami!, davvero non puoi negare che dagli astri, dalla concava superficie di Saturno promanano influssi sin sulla terra: ed allora non ti devi affatto meravigliare che da un corpo impregnato di celeste virtù possa poi estendersi una qualche azione per 600 miglia addirittura ed anche di più.
CAPITOLO VIII
Il principio dell'azione simpatetica è facoltà impressa dagli astri ed affine alla loro influenza
Tu dici che la forma sostanziale dei corpi celesti non si individua nel concavo spazio sublunare perché verrebbe a trovarsi troppo lontana dalla sua sede istituzionale e prigioniera di un contesto naturale: e non è allora assurdo - continui - sostenere che una forma celestiale risulti infine subordinata alla materia sublunare, sì da informare di sé un organismo fisico?
Ti rispondo che non costituisce novità che un corpo fisico venga ad essere individuato ben lungi dalla sua sede connaturata. Ciò lo si riscontra nel caso del fuoco e d'altri elementi che si conservano e vegetano ben lontano dal loro luogo d'origine. Asserire che la forma celeste, la quale pur sempre è materiale, informi di sé qualche materia sublunare non è certamente più assurdo del dire che l'anima razionale, di per sé immateriale, si congiunge ad un materiale corpo umano, per il cui tramite esplica quindi le sue eccelse virtù.
Comunque condividiamo per comodità di ragionamento il tuo pensiero: non per questa ragione risulterà demolita la mia opinione.
Dirò semmai che la forma sostanziale dei minerali si avvicina estremamente alla natura propria della forma dei cieli e che per via di somiglianza e simpatia ne riproduce alquanto le non dissimili facoltà in forza delle quali anzi produce azioni potentissime. Si scopre tutto ciò negli animali che compiono le azioni più raffinate: come quelle intellettive e raziocinanti proprie dell'essere umano.
Ma pure le scimmie, il cane, l'elefante ed altri animali assai evoluti possiedono delle loro facoltà d'elaborazione sì da comunicare vari dati ed in maniera tale da intravedere che sono vivificati da un'anima mortale od anche immortale pur se infinitamente meno nobile di quella umana. Tuttavia per le restanti forme sublunari devi appellarti a qualche altra modalità relazionale. Dirò in merito che dagli astri viene impressa nei corpi fisici una certa energia simpatetica ed antipatica: essi la trasmettono variamente nelle entità sublunari distruggendo o vivificando: per valermi di qualche utile esempio, come accade per l'olivo e la quercia, la vite e il cavolo tra cui scorre, reciprocamente, insanabile antipatia. Del resto parlando dell'uomo non accade forse che qualcuno risulti antipatico o simpatico solo ad un'occhiata?
E perché mai certi uomini rigettano alcune fanciulle reputandole meno belle e piacevoli sì che, se non intercorre il buon senso, se ne possono allontanare sgarbatamente ostentando aperto dispregio? E perché ancora determinati individui mostrano addirittura una qual sorta d'odio verso persona di nulla colpevoli e tuttavia quasi le perseguitano manifestando totale ed inspiegabile avversione sì che si possono usare i versi con cui Marziale si rivolse a Sabidio: "Non ti amo Sabidio e non so il perché/ solo questo so dirti, che non ti amo affatto"?
Perché poi altri individui ancora aborriscono certe cose inanimate o determinati bruti mentre all'opposto provano grande attrazione verso esseri o cose poco diversi?
In effetti, sin dalla nascita, dalle stelle son giunti a ciascheduno determinati influssi, quasi alla maniera di cui ancora disse un lirico poeta:"Ognuno di noi sente in maniera potente le interferenze d'una qualche stella".
CAPITOLO IX
Confutazione di alcune critiche mosse da
Sennerto in merito alla Polvere simpatetica
A questo punto ti appellerai al grande Sennerto e mi farai partecipe delle ragioni in base alle quali egli critica l'Unguento armario.
Non mi ritrarrò dalla discussione per quanto abbia gran rispetto ed una certa venerazione per un dotto di tale saggezza: peraltro venir eventualmente superato in una tenzone accademica da un archiatra di simile prestigio non sarebbe per me un disonore ad all'opposto risulterebbe ragione di grandissima fama il trionfare nel confronto.
Nel trattato da lui pubblicato sull'Unguento armario è dato di leggere: "Se le cose, tra cui sussiste una qualche interazione, non si toccano materialmente coi loro corpi è evidente che debba ipotizzarsi una via di contatto alternativa. Peraltro le cose che suol dirsi agir da lontano complicano l'emanazione dal proprio corpo e sostanza d'un qualcosa, ad esempio di ciò che i medici antichi definivano effluvio e che avrebbe dovuto esser caratterizzato da un coacervo di minutissime, atomiche particelle, destinate a spostarsi da un copro all'altro sfruttando il veicolo dell'aria o trasmigrando da un terzo corpo portante.
E' però ipotizzabile che altri corpi, i quali agiscono da uno spazio lontano su un qualche loro oggetto, niente emettano di sostanziale dal proprio corpo ma si trasferiscano sotto la caratteristica delle specie. Ed è senza dubbio per specie sensibili che corpi anche distanti ricevono luce, forma, odori e via dicendo".
Accetto entrambe queste due soluzioni, che cioè un corpo agente possa interagire da lontane col corpo a lui soggetto e che patisce quella determinata azione per automatico effluvio come per specie.
Aggiungo però anche una terza via di contatto, che tu potresti anche definire per irradiazione: in questa agiscono direttamente le stelle e la Polvere simpatetica.
Il sole non genera il suo fascio di luce alla prima maniera e, peraltro, non riesco a credere come qualcuno possa ipotizzare che il sole promani una qualche sua sostanza.
Ma nemmeno posso ritenere che qualche studioso possa rifarsi alla seconda maniera: qual vero scienziato fisico ardirebbe infatti sostenere che il sole si propaghi per specie?
Ma forse tu nemmeno sai cosa sono le specie e da sciocco le confondi con la forma! Qui allora cedo alla tua insipienza e cerco di spiegarmi meglio.
Cosa intendi per specie? Cosa per forma?
Bada di non usare scorrettamente tali termini!
Il calore e luce per me come per ogni aristotelico sono specie se non per questo senso.
Aristotele infatti ascrive le specie nella prima categoria delle qualità, la luce ed il calore nella terza. Stando ai dettami della vera filosofia anche si sostiene che il fuoco genera il calore per specie, che il sole illumina il cielo tramite specie da lui stesso emesse ma giammai tramite la luminosità derivata dalla luce. Se quel lume tu lo definisci specie, ancora una volta userai impropriamente termine e negherai, scorrettamente, che la polvere agisca per specie.
Infatti per questo senso anche le specie promanano dalla Polvere e non mi spiace affatto Sennerto quando dice:" Ad alcuni semplici ed a cose naturali non create con umano artificio la natura ha concesso l'energia da emettere fuori di sé una specie della loro medesima natura".
La nostra Polvere simpatetica è una specie e non un composto creato artificiosamente: se fosse un composto potrei comunque dimostrare che pure da questo possono venir promanate le specie, al modo che si richiede per quanto concerne l'Unguento armario.
CAPITOLO X
Perché la Polvere simpatetica si applica sulle bende di lino e non sulla piaga?
Ancora una volta ti appelli a
Sennerto e citi le sue stesse parole: "Bisogna anche spiegare perché quella parte di medicamento che sta nel recipiente farmaceutico non ha le stesse proprietà terapeutiche di ciò con è spalmata l'eventuale arma feritrice".
Ti giustifico anche questo!
Parecchi agenti fisici necessitano di una di una qualche specificità che concorra alla produzione di questo o di quel particolare effetto.
Peraltro nemmeno agiscono prima di esser forgiati e strutturati con tutti i requisiti ritenuti essenziali a siffatta azione: i fisici in merito parlano di causa senza la quale non può sussistere fenomeno. Al proposito ti chiedo perché mai il polo non agisca nel ferro che non sia stato magnetizzato o per qual ragione la torpedine non paralizzi la mano del pescatore se non quando sia stata presa dall'amo.
Per la simpatia che ha con la parte lesa e con il sangue in essa contenuto, quello che è stato rapito dalla spada feritrice attiva la Polvere in maniera tale che essa libera le sue energie e le rivolge in direzione della piaga.
Ma tu ancora, usando le parole del Sennerto, potrai ribadire: "Se per beneficio del sangue vien trascinata sin entro la ferita questa forza terapeutica, perché anche le energie d'altre medicine che in particolare comportano la cura delle emorragie di sangue non dovrebbero esser condotte verso le lesioni?".
Per il fatto, ti rispondo prontamente, che questo medicamento che è la Polvere simpatetica opera in forza di una peculiare facoltà negata ad altri farmaci: chiediti perché non tutti i corpi siano parimenti attratti dal ferro magnetizzato ed avrai implicitamente la risposta al tuo quesito. Ma ancora potresti ribadire con lo stesso autore: "Se questa medicina avesse la proprietà di rigenerare lo stato originale di una parte del corpo e quella di prosciugare le secrezioni purulente sarebbe più logico spalmarle sulla lesione piuttosto che sopra il dardo il quale ne fu causa". Quanta cecità si riscontra in queste parole!
Cosa mai è asserito dai fisici rispetto al principio che alcuni agenti abbisognano d'un mezzo vettore per operare su un determinato oggetto e che alcune cose, specificatamente alcuni farmaci, per contatto diretto possono distruggere quanto da lontano riescono a curare, rigenerare e conservare alla vita: "Teneri fanciulli saprai dirti questo/ Che quelle stesse che da lontano vivifica/ Da vicino la fiamma può consumare/ Questo potrai dirti una servetta come un qualunque valletto/ Che per l'eccesso di vicinanza i lumi/ Offuscano gli occhi e rendono impossibile la vista/ Proprio mentre da lungi aiutano i primi e rendono fattibile la seconda".
Vedi adesso come poco concretamente tu argomenti, per quanto ti vada servendo del Sennerto, mentre questo assioma è già noto a quasi tutti, sin ai malati che ai barbieri.
Non genera sensazione qualcosa di sensibile posto a contatto di un senso: e ti accorgerai che nemmeno è d'obbligo ricorrere a siffatte ragioni se ti sarai ripetuto con volontà di intendere quanto abbiamo prima detto a riguardo della medicina. Abbiamo infatti elencato tre classi di facoltà a proposito di ciascun farmaco, facoltà da cui promanano effetti assai discordanti e comunque sempre diversi.
Dalle facoltà prime e seconde, dei catartici e degli antidoti, derivano senza dubbio effetti distinti rispetto a quelli propri della terza facoltà: e la Polvere applicata alla parte lesa estrinseca troppo potentemente le qualità prime, sì che aggredisce con negativa violenza quanto tocca per diretto contatto, mentre da lontano, per le sue proprietà simpatetiche, sa positivamente ricreare e rinvigorire quanto subisce la sua azione.
Questa Polvere simpatetica, applicata sulle bende, agisce quindi solo in ragione della terza facoltà e non per opera della prima né tramite la seconda facoltà, le cui energie posson fluire nella parte lesionata soltanto per via d'un necessario contatto fisico diretto.
CAPITOLO XI
Perché la Polvere simpatetica agisce sulla parte ferita?
Essendo qualsiasi ferita una interruzione del continuo risulta compito ricostruttivo del medico curante quello di riunire le parti traumaticamente resecate e divise: Galeno nel capitolo 85 della sua Arte della Medicina indica quattro possibili tecniche terapeutiche. La prima è quella di riunire le estremità delle parti, la seconda consiste nel far sì che le parti ricongiunte si conservino in tale stato, la terza detta poi di evitare che durante l'intervento qualche cosa possa contaminare la lesione, la quarta finalmente impone di mantenere sempre sane le stesse sostanze delle parti trattate.
Le prime tre parti, che esulano dall'applicazione di qualsiasi farmaco, dipendono dalla perizia e dalla solerzia del medico: soltanto la quarta ed ultima complica l'uso della Polvere simpatetica. E' necessario avere riguardo della temperatura della parte, affinché la ferita non degeneri e non vi si formi materia purulenta: poi spesso la natura basta di per sé a far rimarginare le ferite come dice Galeno nel capitolo 85 della sua citata opera: la natura è in grado di far cicatrizzare e ricomporre l'originaria unione delle parti.
In corpi robusti, sani e ben temprati può anche verificarsi che alcune lesioni si risolvano senza nemmeno comportare l'applicazione di medicamenti.
Esistono altresì dei ciarlatani che in questo nostro secolo esercitano l'arte della medicina: questi riparano sveltamente alcune modeste ferite e subito dopo vantano tra il credulo volgo i pregi d'alcuni loro mirabili unguenti e balsami vulnerari, rivelatisi straordinari ai fini di quella loro attività curativa.
Alla stessa loro stregua operano quindi, non correttamente, certi barbieri cavadenti e cavasangue che, anche nel caso delle più insignificanti ferite, fanno uso di certe loro pozioni: si tratta di azioni in cui è riprovevole non tanto l'uso di medicine, che peraltro potrebbero anche rivelarsi farmaci efficienti, quanto il loro indiscriminato abuso, specie se perpetrato al solo fine di conseguire lucrosi guadagni.
A questo punto tu elabori una nuova obiezione, dici cioè che le ferite semplici richiedono quasi soltanto il meccanico ricongiungimento delle parti tagliate e che di conseguenza assai spesso la guarigione si può mediamente conseguire con un ben modesto intervento medico affatto supportato dall'uso di farmaci.
Bada però che se le lesioni sono composte, e questo non è affatto infrequente, oltre che dell'unione per via chirurgica si impone nella cura un riempimento della cavità per cui è assai utile il concorso di medicamenti che pure si manifestano con diverse facoltà come sono i dissolventi, i detergenti, i cicatrizzanti i rigeneranti ecc.
Par quasi adirarsi Galeno allorquando nel libro III del suo De Meth. Med. dice: nel caso che la ferita sia caratterizzata dalla persistenza di una cavità potranno manifestarsi due effetti disdicevoli, cioè la comparsa di un'ulcera, che determina una pericolosa soluzione di continuità dei tessuti, e la persistenza nociva d'una cavità. Sarà di conseguenza inevitabile raggiungere nella cura un duplice scopo, val a dire conseguire la cicatrizzazione della piaga ed il celere riempimento della cavità.
Questo risultato non si può ottenere in forza di una sola medicina, visto che un tipo di farmaco serve magari a rigenerare i tessuti mentre un altro concorre alla formazione di una cicatrice.
Infatti, come sempre sancisce Galeno la carne ha per se stessa bisogno di un medicamento vivificatore con la capacità di purificare, mentre un cicatrizzante non pulisce né deterge ma semmai contribuisce a far seccare gli umori e a costringere in un nuovo nesso la sostanza.
Rispondo allora che noi ci serviamo di medicine che rigenerano i tessuti e di cicatrizzanti non in quanto da loro venga riprodotta la carne o siano ricompattate le parti ma piuttosto allo scopo di soccorre l'attività curativa della natura. Si mira quindi con il loro uso a fermare l'avanzata dell'affezione e a disperderne tutti quegli umori perniciosi che possono variamente ritardare la guarigione: sappiamo infatti che se si collabora con la natura, prestandole opportuni sostegni, si fa sì che questa più rapidamente trova in sé le energie necessarie a risolvere tanti malanni.
Ancora Galeno nel luogo stesso di cui si è detto sancisce: Bisogna conoscere la materia della carne da rigenerare, si deve far sviluppare buon sangue e soprattutto è necessario tener sempre presente che la natura è creatrice ed autrice di quel corpo a cui vantaggio si deve rigenerare la carne.
Che cosa mai può venir detto di più congruo alla nostra opinione?
Galeno invoca quindi un giusto calore delle parti e sangue buono: ed io chiedo le medesime cose.
Penso che la ferita venga protetta e rigenerata dalla Polvere simpatetica: la guarigione è quindi collegabile al rispetto dei noti dettami galenici in sinergia però con la fruizione di questo prodigioso medicamento.
Da ciò ancora deduco che tramite polveri e pozioni, che purificano il sangue con le loro diuretiche proprietà e che supportano con le loro energie i potenti rimedi della natura, molte lesioni traggono la loro guarigione.
Ma tu ti opponi anche a ciò.
Dici che secondo quanto ha scritto proprio Galeno la risoluzione delle ferite deriva dalla natura e non dalla Polvere.
Io invece rispondo che siffatta risoluzione si deve attribuire alla natura ed alla Polvere che la aiuta. Raramente, infatti, tranne che in organismi straordinariamente robusti - cosa cui si fece cenno prima - la temperatura e l'energia della parte lesionata non degenerano, anche in modo grave, dopo aver patito una qualche traumatica lacerazione: la perdita di calore naturale e degli spiriti vitali, che mediamente fluiscono dall'interruzione del continuo, può rivelarsi estremamente perniciosa. Ed infatti, venuti meno calore e spiriti, spesso accade che la temperatura organica cresca oltre misura se non si interviene prontamente con qualche giovevole medicina.
Come detto sopra non posso certo negare che la temperatura, a riguardo di organismi alquanto forti, si mantenga qualche volta nella norma sì che questi pazienti riescono a guarire con il semplice accomodamento chirurgico, cioè senza terapie farmacologiche e con il solo concorso della natura. Ma quanto spesso accade ciò, con quale celerità di guarigione, in che tipo di ferite?
La Polvere è un sostegno fondamentale nella guarigione di molte lesioni che certi medicinali ad uso topico piuttosto che risolvere finiscono per aggravare, al modo più volte constatato da me al pari di parecchi miei autorevoli colleghi.
La maniera per cui il calore naturale viene protetto dall'attività della Polvere simpatetica e risulta parimenti sedato il dolore sarà però argomento di un successivo mio libretto, la stesura del quale, composto puranco contro detrattori e Zoili cioè critici maligni, ho già intrapresa.
Adesso, o mio carissimo Lettore, tieni piuttosto a mente ciò che ho redatto a riguardo della Polvere simpatetica: e non permettere che mentre son assente qualche imbelle e pavido individuo prenda il destro di calunniarmi. Se ha voglia di soccorrermi prendi la tua penna e questo mio libretto difendi con giuste parole contro ogni maledizione. Rispondi, sì ch'io possa liberarmi d'ogni macchia: sappi peraltro che accetterò di buon grado anche le tue possibili correzioni, visto che mi trovo ancora in un'età più degna d'apprendere che d'insegnare.
Non proclamo certezze ma di sicuro delle altissime probabilità: se poi qualche parte del presente mio lavoro è stata composta con minori argomentazioni del dovuto, tu perdonami: comunque sia mi sono infatti adoprato solo per il giovamento altrui. In caso contrario potrà esservi anche qualcuno di miglior genio, cui magari piacerà ciò che tu fischi e che potrà esaltare quanto tu eventualmente critichi. E per questa ragione a mia anticipata difesa rammento qui quel celebre oraziano verso che dice: Niente è da ogni parte beato






Don Giovanni Andrea II (dalla Cresima, battezzato come Pagano), 9° Principe di Melfi, 5° Marchese di Carrega e Torriglia, Marchese di Santo Stefano d'Aveto, Conte di Loano, Signore di Ottone, Croce in Val Trebbia, Rovegno, Laccio, Monte Tanano, Bagnaria, Cariseto, Cremonte, Casanova sul Trebbia, Foreseto, Vargo, Grondona, Garbagna, Fontanarossa, Montebruno, Gremiasco, San Sebastiano Curone, Val di Curone, Fabbrica, Montacuto, Lagopesole, Lacedonia, Forenza, Candela, San Fele e Rocchetta Sant'Antonio, Signore di Stellanello e della sua Valle con Rossi, Duranti e San Vincenzo, Patrizio Genovese, Cavaliere di Santiago, Commendatore di Caravaca e Valencia del Ventoso dell'Ordine di Santiago, Gran Protonotario del Regno di Napoli, Viceré di Sardegna 1638 (*Genova 28-XI-1607, +Cagliari 18-I-1640).
Sposò nel 1626 la Principessa Polissena Maria Landi, Principessa di Valditaro, Marchesa di Bardi, Contessa e Baronessa di Compiano, Signora di Valdena e Bedonia, figlia del Principe Federico II Landi, Principe di Valditaro, Principe del Sacro Romano Impero, Marchese di Bardi, Conte e Barone di Compiano, Signore di Begonia e Valdena, Patrizio di Parma, e di Isabella Spinola dei Marchesi di Venafro (*1608, +Genova 26-II-1679).
Fratello di Giovanni Andrea II fu Don Fabrizio Doria, Signore 1-VII-1612 e 1° Duca 15-IX-1613 di Avigliano, Patrizio Genovese, Viceré di Sardegna 1640 (*Genova 1609, +post 16-III-1644).