cultura barocca
Interazioni tra Beneficato Beneficante del Gandolfo, "Oldoini Corretto" con numerose, vaste integrazioni e giunte gandolfiane sopra il testo a stampa o silloge di autori liguri A. Oldoini (la breve ma basilare corrispondenza Gandolfo - Oldoini stampata, con altre integrazioni, ne "Il Beneficato Beneficante specialmente in contesto letterario ligure ponentino e storia di Ventimiglia" = vedi anche erezione di un meccanismo cultuale finalizzato a beneficiare le Anime del Purgatorio indotte quindi, in cooperazione con San Secondo protettore della città, a compensare i "benefici ricevuti, beneficando la città, coi suoi devoti cittadini". Sono considerazioni queste atte a valorizzare la figura di Domenico Antonio Gandolfo discepolo prediletto dell'Aprosio e poi Secondo bibliotecario della Librararia Aprosiana di cui finalizzò l'efficienza dotandola di ulteriori strumenti di cultura e di altri volumi che Aprosio non aveva avuto il tempo di procurarsi al punto di meritarsi l'ammirazione dei vecchi fautori dell'Aprosio. Anche se poi DOMENICO ANTONIO GANDOLFO di cui qui si legge con la vita l'intensa attività spirituale e culturale che purtroppo lo staccò da Ventimiglia portandolo nella sede prestigiosa di Roma ove venne ascritto per i suoi meriti all'Accademia d'Arcadia sì che ebbe modo di conoscere e intrattenere amicizia con illustri personaggi e grandi produttori di rinnovata cultura, ormai lontana da quel marinismo che sedusse Aprosio e che nei primi tempi fu recepita con attenzione e persino entusiasmo dallo stesso Gandolfo..

Domenico Antonio Gandolfo II Bibliotecario dell'Aprosiana di Ventimiglia lasciò un potente contributo alla cultura ligure (ma non solo) annotando e correggendo, per via di glosse ma anche di lunghi brani negli spazi bianchi concessi dalle pagine una copia dell'Oldoini con questa segnatura Oldoinus Augustinus, Athenaeum ligusticum, Perusiae, Ex typografia episcopali, 1680, 8° (cm.20.5), pp. [2], 20. 623, [4], inv. 2130, coll. I, 4 20 che studiai, con altre cose concernenti il Gandolfo, nel "I Quaderno dell'Aprosiana" e cui diedi il nome emblematico di Oldoini corretto (vedi).
Già Aprosio, che aveva sempre trattato il Gandolfo come un figlio ancor più che quale un discepolo e continuatore, aveva insegnato a quest'ultimo, trasmettendogli il desiderio di seguirne l'esempio, l'ambizione di svelare "segreti letterari" che l'epocale consuetudine per pseudonimia e crittografia aveva alimentato, sì da svelare i nomi di autori nascosti sotto falso nome e non solo per mero gioco di erudizione ma pure per esigenza biblioteconomica onde non doversi perdere gli studiosi del futuro in annose quanto improbabili ricerche. Da ciò erano derivate due opere, tuttora utili di Aprosio, ma che verosimilmente senza il supporto sinergico del bibliotecario mediceo Antonio Magliabechi e del Gandolfo stesso non avrebbero vista la luce, giammai superando lo stato di manoscritto pur circolato tra amici e fautori de "Il Ventimiglia" [con la stima per il "Maestro", Gandolfo ricambiò anche l'affetto = e de "Il Ventimiglia" -previa trasposizione del giudizio aprosiano ad opera di "Filiberto Giacinto Gandolfo Cugino Germano di detto Padre" nei Fiori- diede queste notizie tratte dalla parte rimasta inedita della Biblioteca Aprosiana (lettera G) evidenziandone oltre che le qualità spirituali anche l'ingegno, pur insistendo principalmente su quella dote predicatoria -anche se non soprattutto nel contesto dei Quaresimali- donde derivò al Gandolfo l'appellativo di Concionator non potendo ipotizzare le poi manifestate qualità poetiche ed erudite oltre che soprattutto quelle di grande sillogista dell'Ordine Agostiniano = ancora nei Fiori trattando di Aprosio come qui si vede Domenico Antonio Gandolfo , dopo tante citazioni bibliografiche, con partecipazione vivissima e riservandosi di ancora scrivere de "Il Ventimiglia", descrisse la malattia per "febre terzana" (malaria) con un decorso che dai primi sintomi del 16 febbraio 1681 lo portò a morte alle ore 23 del 23 febbraio stesso: citando poi anche le esequie di cui verosimilmente si occupò in primis]
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Ritornando all'assunto di partenza e alla realizzazione da parte del Gandolfo (come detto discepolo dell'Aprosio e II Bibliotecario dell'intemelia Biblioteca Aprosiana) di quello che semplicisticamente sopra si è anche nominato "Oldoini corretto" risulta palese come siffatto lavoro in cui interagiscono stampa e manoscritto sia una trasposizione della metodologia degli studi già necessari ad Aprosio per realizzare la qui digitalizzata integralmente Visiera Alzata catalogo in ordine alfabetico per “nomi disvelati” degli pseudonimi utilizzati da vari autori, ad altri critici e bibliofili sfuggiti, onde segretamente redigere opere di varia natura: utile contributo per spiegare gli autori con pseudonimi (a volte di buon livello) d’opere altrimenti di non chiara decifrazione.
Fu lungo lavoro quello d’Aprosio (condotto prima che in quest’opera per via di lettere, relazioni, parziali scritti su altre sue pubblicazioni) al fine di indagare tra pseudonimi ed autori di plagi, lavoro che peraltro non mancò di procurargli apprezzamenti ma anche stizzite rimostranze. L’operetta non fu pubblicata dall’Aprosio ma uscì postuma solo grazie all’intervento di Antonio Magliabechi e (con meno clamore) di D.A.Gandolfo che la editarono con qualche utile aggiustamento: ad essa, rispettando la titolatura data a queste sue opere nei manoscritti da Aprosio, fu fatta seguire nello stesso volume l’omologa e parimenti qui digitalizzata Pentecoste di altri scrittori che andando in maschera fuor del tempo di Carnevale son scoperti da Gio.Pietro Giacomo Villani senese, accademico Ansioso e Infecondo..., ("Pentecoste"> continuazione della "Viziera Alzata", opera postuma curata ed aggiornata su un cannovaccio aprosiano da A. Magliabechi, bibliotecario mediceo di Firenze, quasi certamente, come nel caso della Visiera Alzata in cooperazione, prevalentemente epistolare, con D.A.Gandolfo).
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Entro un'opera oggi pressoché introvabile vale a dire Il beneficato benificante ombreggiato nella Città di Ventimiglia remunerato ne' suoi benefizi fatti all'anime del Purgatorio. Discorso, Genova, Franchelli, 1683, in 12° (variamente interagente con la I opera gandolfiana cioè: I Fiori Poetici dell' Eremo Agostiniano) Domenico Antonio Gandolfo riprese alcuni punti delle pubblicazioni "aprosiane" appena sopra citate come nel caso di una precisazione su Ludovico/Lodovico della Casa (clicca e leggi) comunicata all'Oldoini, già corrispondente di Aprosio all'interno di una lettera appunto del Gandolfo, scritta da Ventimiglia il 25 settembre del 1681, molto cordiale, con annessa risposta dell'Oldoini, parimenti gentile e, al di là delle motivazioni delle sue scelte,
assai ben disposto ad accogliere e, quando fattibile, editare le gandolfiane correzioni, chiudendo la lettera con una frase che vale tuttora e che tuttora induce a meditare =
"...Chi non vede con gl'occhi proprij, ciò che scrive, sta sottoposto ad errare, sì perche li Autori non dicono [sempre] il vero. come anche perche le cose si mutano..."
[ concetto che non poteva non piacere al Gandolfo che quale predicatore, destinato a grande celebrità, amava parlare, nel caso di eventi reali e contemporanei, di cose che aveva esperimentato, poco fidandosi di possibili enfatizzazioni esorcizzate dal "passaporala", di maniera che un fatto poteva perdere i connotati originari accrescendosi di fantasie e mistificazioni sì da generare fraintendimenti (in qualche maniera, seppur non costantemente lineare, l'Aprosio nel volume de La Grillaia si pone un quesito nel Grillo XXXII "Se per iscrivere Historie, sia bene, che l'Historico vada alla Guerra" (che da qui si legge integralmente) riportando vari autori pro e contro sul dibattuto tema ma evidenziando quanto Emanuele Tesauro scrisse in merito alla necessità di pubblicare di eventi cui si è realente assistito " Le Guerre del Piemonte, trovan quasi più lingue che Occhi, più Storiografi che Testimonij.... Non è dunque maraviglia, se alcuni libri ne son venuti alla luce ottenebrati da grandi falsità, ò perche gli Autori scrivendo ciò, che non viddero, non Veggono come Scrivono " (pag. 485, Capitolo 42° della Grillaia)
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Ad integrazione di quanto appena scritto si potrebbe addirittura dire che, nel complesso di siffatte integrazioni e correzioni,
Domenico Antonio Gandolfo sia stato assai più impegnato di Aprosio nella valorizzazione dei fermenti culturali a Ventimiglia, nel suo capitanato e nella Liguria stessa.
Ed in sostanza sono da precisare ulteriori argomenti partendo dal presupposto, che nonostante le utili integrazioni documentarie e poetiche che ne completano dal 1681 la portata culturale,
l'originario Beneficato benificante ombreggiato nella Città di Ventimiglia
(che nella sostanza ha pur sempre i connotati di una splendida predica sacra tenuta nella cattedrale intemelia l'anno 1679) ha contestualmente la valenza di una produzione culturale, laddove come si leggerà nella futura proposizione critica, l'attore, cioè il dicitore o predicatore, crea una cesura di matrice religiosa e cristiana tra le due Ventimiglie da lui esaminate vale a dire quella romana o parte sostanziale del complesso demico del Municipio Imperiale di Albintimilium ( per intenderci quella città che Aprosio scrivendo a Giovanni Ventimiglia interpretò come splendida ma dispersa sì da pronunciare la frase Fuimus Troes ) e la Ventimiglia contemporanea e cristiana, quella di cui scrisse Aprosio stesso nella sua celebre Bibloteca Aprosiana del 1673.
La citata cesura (anticipata da citazioni bibliche che mai sapremo se pronunicate o più probabilmente innestate nella pubblicazione a guisa di introduzione sapienziale) ha, come in tutte le strutturazioni oratorie, una precisa funzione sì da contrapporre ad una parte iniziale depressiva e critica (l'antica grandezza romana ma poi anche medievale) le risultanze di una attuale e contemporanea decadenza, condotta fino all'estrema valenza oratoria, sin al punto cioè -evidentemente sostenuto da una pausa verbale e quindi di un inarcamento espressvo- di rimeditare il postulato di partenza, contestualmente dimensionandone le ragioni addotte in forza di motivazioni connesse alla predica stessa, cioè la fine della decadenza e le motivazioni di un rifiorire, innestate, dato il contesto, in una motivazione religiosa, vale a dire l' erezione di un meccanismo cultuale finalizzato a beneficiare le Anime del Purgatorio indotte quindi, in cooperazione con San Secondo protettore della città, a compensare i "benefici ricevuti, beneficando la città, coi suoi devoti cittadini": cosa -come si vedrà nella proposizione critica dell'intiero "Discorso"- minutamente esplicitata dal Gandolfo attraverso l'analisi dei tempi recenti e comunque posteriori all'iniziativa svolta a pro delle Anime Purganti.
A titolo proemiale nel contesto di questa
BREVE QUANTO IMPORTANTE CORRISPONDENZA TRA DOMENICO ANTONIO GANDOLFO ED AGOSTINO OLDOINI,
fra le tante osservazioni storiche gandolfiane che si leggeranno nell'opera digitalizzata del Beneficato Beneficante, dopo il cenno ai presunti tempi gloriosi del passato ventimigliese a titolo esemplificativo di come una predica religiosa potesse risultare portarice di importanti osservazioni storico-documentarie si è pensato di sistemare alcuni punti analizzati criticamente, vale a dire in primo luogo una considerazione sulla romanità dell'areale ventimigliese con l'attenzione spostata su S. Biagio della Cima reputato da Gandolfo contro l'Oldoini ed altri patria dell'imperatore Pertinace e comunque sede di ritrovamenti romani oltre che borgo enigmaticamente innestato nella storia delle 8 ville orientali di Ventimiglia (9 secondo un antico focatico provenzale), quindi per rimanere connessi alle discussioni primieramente letterarie del Gandolfo con l'Oldoini un riferimento a L. Della Casa e quindi per rimanere nel contesto dell'essenza religiosa, seppur anche in questo caso pregna di riferimenti storici, alle
osservazioni del Gandolfo contro l'Oldoini che, rifacendosi incolpevolmente come scriverà alle notizie dell'Italia Sacra dell'Ughelli, reputò "esigua" la Diocesi ventimigliese e meno significativa a fronte di altre variamente sparse in contesto italico, senza vagliarne l'importanza come "Diocesi di frontiera" o alla maniera che ne scriverà il Valsecchi "Diocesi Usbergo" contro le infiltrazioni ereticali.
Nel mero contesto religioso della
predica de Il Beneficato Beneficante
(giammai bisogna dimenticare che il
Come e forse più di Aprosio, Gandolfo fu un grande predicatore, su una linea mediata, esente dalla "buffonerie teatrali" che Aprosio rimprovarava a tanti "moderni predicatori", sì da risultare in linea oratoria con il sommo Paolo Segneri)
in merito a quella
cesura di cui si è detto tra la Ventimiglia romana e medievale e la Ventimiglia contemporanea leggendo sveltamente l'orazione sacra sembrerebbe che parlando dell'iniziativa di innescare un culto specifico quasi -cosa non vera e certo non nelle sue intenzioni- proritario per le Anime del Purgatorio
il futuro e celebre "Concionator" dell'Ordine gostiniano vale a dire
Domenico Antonio Gandolfo
abbia dato quantomeno in apparenza poco spazio al
***************PATRONO DI VENTIMIGLIA SAN SECONDO***************
(sulla base degli approfonditi studi di Mons. Ercole Crovella anche, dopo un lungo culto a Vercelli, copatrono di Torino, giudicata da lui protetta contro la peste del '600)
per certi aspetti citato al volo
rispetto al contesto principale della predica nella quale al contrario
ferma restando la sua postazione di Protettore di Ventimiglia dovrebbe San Secondo trovare nelle "Anime del Purgatorio" una basilare funzione di cooperatrici alla protezione di Ventimiglia, quasi necessaria in un'epoca tanto tormentata.
Del resto se si rimedita questa opera gandolfiana e si valutano plausibili altre sacre orazioni non si può far a meno di riandare a consultare dello stesso autore
*******le liriche scritte per San Secondo*******
nei precedenti
Fiori poetici dell'Eremo Agostiniano
anche se il Gandolfo in linea con le competenze dell'epoca immagina
Ventimiglia in lutto: come del resto ripreso in questo dipinto dell'esecuzione con sullo sfondo la città ligure
Resta comunque utile (anche per la rarità della pubblicazione) notare come al di là delle
tante liriche di contenuto spirituale (ma non solo) da lui scritte ed editate in tale sua opera
evidenziare come ampio spazio
egli avesse già dato, pur non mancando di commemorare in merito al suo Ordine e al suo Convento intemelio
Sant'Agostino
od anche
S. Nicola da Tolentino
nemmeno abbia mancato nei riguardi della
figura del Patrono di Ventimiglia
San Secondo

come qui si legge encomiato sotto forma di due liriche
.
In particolare il
Madrigale o seconda lirica dopo il Sonetto iniziale è una vera commemorazione di San Secondo come Patrono di Ventimiglia: in esso infatti si legge =
S'al piombar d'una spada,
D'esercito Tebeo Capo Secondo
Morto convien che cada,
Sospiri pur al suo morir un Mondo:
Ma ne giubili il Cielo,
Un'antica città
[Ventimiglia] lievisi il velo
Del suo dolor profondo,

Che se quella un Campion presenta a' Christo,
Questa d'un Tutelar fà novo acquisto.


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