cultura barocca
Informatizz. a c. di B. Durante

Non si sa con esattezza quando e da chi furono inventati gli occhiali. L''invenzione forse avvenne, quasi contemporaneamente, a fine XIII sec., in ambiente toscano e veneto: il Beato Giordano da Rivalto in una predica del 23/II/1305 declamò:
"Non è ancora vent'anni che si trovò l'arte di fare gli occhiali, che fanno vedere bene" . Di seguito affermò di aver conosciuto colui che per primo li avrebbe fabbricati, un personaggio identificato dalla tradizione in certo Salvino d'Armato degli Armati, fiorentino, citato come "inventor degli occhiali" nella lapide tombale del 1317 oggi purtroppo andata perduta. Anche FRANCESCO REDI
intervenne sulla questione esprimendo le sue osservazioni in una "LETTERA INTORNO ALL'INVENZIONE DEGLI OCCHIALI". Il primo ritratto di un uomo con occhiali appare in un affresco di Tommaso da Modena del 1352: quindi nel XV sec., in seguito all'invenzione della stampa, aumentò la richiesta di occhiali da lettura. Dapprima si potevano realizzare solo lenti convesse utili per ipermetropia e presbiopia , ma da metà l XV sec. comparvero occhiali con lenti concave per risolvere la miopia. La scoperta di due lettere scritte, la prima da Francesco Sforza il 21 ottobre 1462, l'altra da suo figlio Galeazzo Maria nel giugno 1466, all'ambasciatore di Milano in Toscana per ordinare 80 paia di occhiali, sia "apti et convenienti ad la vista longa, zoè da novene", sia "convenienti ad la vista curta, zoè de vechy", prova che, intorno alla metà del Quattrocento, gli artigiani toscani realizzavano buone quantità di occhiali, per un mercato in sviluppo. Per molto tempo gli occhiali non furono realizzati per le specifiche esigenze degli ipovedenti ma sempre in pochi tipi standard poi scelti poi dai pazienti fra i più utili per loro: una scena al riguardo è quella che ci viene proposta sopra dall'incisione cinquecentesca in cui compaiono dei venditori ambulanti nell'atto di far provare gli occhiali ai loro clienti sì che ne potessero acquistare il tipo più adatto a correggere il loro deficit visivo. La figura dell'OCULISTA è significativamente recente: l'autore ligure del manoscritto Wenzel che era un medico e che dimostrava una certa consuetudine nella cura di malattie degli occhi, per quanto uso a fare citazioni nel proporre consulti medici e a dare consigli terapeutici, non cita mai la FIGURA PROFESSIONALE DELL'OCULISTA anche quando fa riferimento allo strumento degli OCCHIALI. Papa Leone X (1475-1521 ) fu tra le prime persone importanti a disporre di lenti per correggere la miopia. I primi occhiali erano molto semplici e la stanghetta fu introdotta solo all'inizio del XVIII sec. anche se ancora nell'Ottocento prevalsero ancora gli occhiali del tipo a pince-nez. Alla fine del XIX secolo si affermano gli occhiali come si conoscono oggi, con lenti abbastanza larghe e stanghette ripiegate dietro l'orecchio. Il curiosissimo Aprosio partecipò diversamente ad un discorso sugli OCCHIALI, scrivendo "L'OCCHIALE STRITOLATO": qui proposto
******************DIGITALIZZATO INTEGRALMENTE******************.
Egli elaborò il tema ormai piuttosto comune dello STRUMENTO NECESSARIO PER RIDARE LA VISTA E QUINDI PER FAR RIORDINARE LE IDEE A CHI AVENDO PROBLEMI VISIVI MAL INTENDE LE COSE. Il frate cercò con tal suo lavoro di demolire criticamente l’opera quasi omonima dello STIGLIANI ("Dell’occhiale...",Venezia, Carampello, 1627) scritta appunto contro l’"Adone" del MARINO: in questo lavoro, provocatorio ma prolisso e privo di spessore, Angelico sostanzialmente vuole teorizzare il principio per cui come poeta (nei versi del suo Mondo Nuovo) lo Stigliani sarebbe incapace di dare competenza alle sue ideazioni di critico (quelle dell’"Occhiale" soprattutto ma anche d’altri contributi avverso il MARINO)> sistema fin troppo elementare per negare allo STIGLIANI tanto la qualità letteraria di sostanziare nei suoi lavori poetici il proprio “credo” estetico sia la valenza di critico onesto nei confronti d’altrui opere. Interessante, in pratica, risulta solo l’Introduzione in cui compare una disanima su varie polemiche letterarie e soprattutto l’asserzione ben motivata che proprio dalle discussioni e dal dibattito culturale si generi spesso occasione di buona poesia: “Le opposizioni sono quelle che danno vita ai componimenti”(p.162). E verosimilmente Aprosio era legato alla figura degli OCCHIALI per dileggiare lo STIGLIANI visto che, con il suggerimento di altre terapie, ripropone l'immagine degli OCCHIALI nel FRONTESPIZIO dell'ultima sua opera (il "VERATRO") redatta sempre in merito al CONTRASTO MARINO - STIGLIANI.