cultura barocca
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" Nel 1815-1816 Leopardi fu colpito da alcuni seri problemi fisici di tipo reumatico e disagi psicologici che egli attribuì almeno in parte - come la presunta scoliosi - all'eccessivo studio, isolamento ed immobilità in posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca di Monaldo.
La malattia esordì con affezione polmonare e febbre e in seguito gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui la doppia "gobba"), con dolori e conseguenti problemi cardiaci, circolatori e respiratori, una crescita stentata, problemi neurologici alle gambe, alle braccia ed alla vista e disturbi disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto di essere sul punto di morire.
Egli stesso si ispira a questi seri problemi di salute, di cui parlerà anche a Pietro Giordani, per la lunga cantica L'appressamento della morte e, anni dopo, per Le ricordanze, in cui definisce la sua malattia come un "cieco malor", cioè un male di non chiara origine.
L'ipotesi più accreditata è che Leopardi soffrisse della malattia di Pott (gli studiosi scartano la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche nel Novecento, di una normale scoliosi dell'età evolutiva), cioè tubercolosi ossea o spondilite tubercolare, oppure una malattia genetica ereditaria dovuta alla consanguineità dei genitori, probabilmente la spondilite anchilosante giovanile, una sindrome reumatica autoimmune che può svilupparsi in individui predisposti, ad esempio in seguito a infezione di polmonite batterica.
Nel decennio seguente, alcuni medici fiorentini, come altri medici consultati in gioventù, a parte la deformità fisica asseriranno - probabilmente in maniera erronea - che numerosi disturbi del Leopardi erano dovuti a neurastenia di origine psicologica, come lui stesso a tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi dottori.
Ma io non aveva appena vent’anni, quando da quella infermità di nervi e di viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima dei trenta, mi è stato tolto del tutto, e credo oramai per sempre ("Lettera dedicatoria dei Canti, agli amici di Toscana", 1831).
Queste patologie, se non condizionarono il suo pensiero in maniera diretta (come ribadito spesso da Leopardi), lo spinsero a indagare le cause della sofferenza umana e il significato della vita da una prospettiva originale " (tratto da "Wikipedia, l'enciclopedia libera on line" ove con queste considerazioni e la relativa bibliografia, si può consultare l'intiera voce "Giacomo Leopardi"]

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