REALDO-VERDEGGIA

La pressione sabauda sulla Podesteria di Triora aveva lasciato tracce importanti: procedendo dal settentrione della "Podesteria" non si può far a meno d'evidenziare la configurazione di REALDO, in val Gerbontina o di Verdeggia (vedi qui ALTA VALLE ARGENTINA) un centro compatto, fortificato dalla positura sul ciglio di un terrazzo a strapiombo e simbolo storico dell'antico INSEDIAMENTO LIGURE DI MONTAGNA sviluppatosi al di fuori delle strade di fondovalle. Per lungo tempo il borgo, sorse al confine, in fondovalle, di una fra le sacche colle quali la comunità di Briga entrava nel bacino dell'Argentina (come a Piaggia e Upega nell'alto Tanaro).
Realdo era un avamposto piemontese contro Triora: il paese sopravviveva, dai 1000 metri in su, per lo sfruttamento di boschi e pascoli, per l'opera di legnaioli e pastori, forse godeva anche di un piccolo commercio di frontiera e s'avvantaggiava di un contrabbando fattibile per la posizione.
Così due odierne frazioni di Triora si fronteggiavano, la "piemontese" Realdo e la "genovese" VERDEGGIA, che è un piccolo centro di fondovalle posto in sequenza lineare lungo uno stradino che procede in maniera serpiforme su una lingua di terra fra 2 fossati destinati a confluire nella valle. Fu inevitabile che insorgessero controversie tra sudditi di Stati ostili: per dirimere i contrasti la Repubblica mandò qui (giugno 1736) il cartografo Matteo Vinzoni. Doveva redigere una carta ( Tipo dimostrativo de Verdeggia Territorio di Triora in Arch. di Stato di Genova, Racc. Cart., Busta 3, Briga 2) che delineasse i confini fra le comunità (e fra i 2 Stati), che regolasse i diritti, che costituisse un atto certo per discussioni legali su usurpazione di pascoli e coltivi nel territorio di Verdeggia ad opera dei Sudditi Sabuadi di Realdo. La carta è un riflesso del fascino che questo ambiente, aspro e straordinario, esercitava sui primi "turisti" anche se visitatori di mestiere come il Vinzoni: vi si riconosce il mosaico formatosi in questa punta della Podesteria di Taggia.
Si vedono le particolarità della zona in cui s'alterna il verde della valle ed il cupo di rocce sfibrate dal tempo, dall'erosione, dall'opera dell'uomo alla ricerca di cave: oltre le balze di Realdo, cui Vinzoni diede risalto si nota la "Rocca Barbone,", un complesso singolare per la che diede nome al vicino torrente "il Barbone". Vinzoni, nella carta, al punto A scrisse: "Sito nell'unione delli due Valloni, ove al presente manca il Termine" (per l'antichità, per qualche frode od anche solo per i lavori agricoli non si vedeva più il "termine" o "cippo confinario" che regolava l'accesso e segnava le priorità a riguardo dell' "Alpe detta Ponta di Santa Maria").
Precisò poi che mentre in territorio genovese di Verdeggia (punto D) erano visibili le "Tre croci o cippi di confine" imprevedibili ragioni avevano mascherato i cippi corrispondenti in territorio sabaudo, ( punto E): "Sito dell'altre tre Croci al presente coperte da terra, e pietre scadute dalla montagna" (era un'affermazione e motivata per giustificare come i "piemontesi" di Realdo non riconoscessero alcun cippo di confine ed entrassero in territorio genovese a svolgere attività agricole: attività che poi, come attestavano le loro rimostranze, eran state sfruttate dai sudditi genovesi di Verdeggia come scrisse il Vinzoni commentando il punto G della sua cartografia: "Siti stati coltivati l'anno 1735 dalli Sudditi di Savoia, e poi seminati, e racolti dalli Sudditi di Genova").