cultura barocca
riproduzione e informatizz. B. Durante

"Il nome deriva dal tardo latino abbatia, appunto abate, termine che inizialmente si riferiva solo alla persona che reggeva l'edificio, per poi assumere il significato più esteso del complesso dei beni che erano a disposizione di tale carica religiosa. Infatti molto spesso per abbazia in toponomastica si intende non soltanto l'edificio in sé, quanto anche l'insediamento che si sviluppava intorno ad esso. Il complesso abbaziale è formato dagli edifici e dai territori circostanti che rientrano sotto il suo controllo. La principale diversità rispetto ai normali monasteri risiede nell'autonomia: l'abbazia può essere considerata come una comunità religiosa (ogni comunità deve essere composta da almeno dodici religiosi), che è retta da un abate (a volte supportato dal capitolo). Le abbazie possono o meno essere inserite all'interno di una diocesi: nel caso in cui non lo siano vengono denominate
nullius diocesis
e di fatto assumono il ruolo di diocesi loro stesse. La prima abbazia di cui si ha notizia fu fondata intorno al 320 ,che prese il nome di abadia, dal santo egizio Pacomio, che ne fece il luogo dove riunire la prima comunità monastica cenobita, elaborandone tra l'altro le regole interne. Pacomio portò avanti tale progetto poiché era dell'idea che l'ideale ascetico cristiano si sarebbe realizzato in modo migliore attraverso una comunità piuttosto che nella singola esperienza eremitica. Alla costruzione di questa prima abbazia ne seguirono altre, sia in Oriente sia in Occidente, dove però furono elaborate nuove regole interne, ispirandosi sia alla Regola benedettina, a partire dal 534 che alla Regola colombaniana di ispirazione monastica celtico-irlandese. Durante il IX e il X secolo i Saraceni fecero incursioni per tutta l'Europa, dove assaltarono, depredarono e distrussero diverse abbazie: l'Italia da questo punto di vista fu la zona più colpita, dal momento che vi era una forte presenza di tali centri religiosi. Tra le abbazie colpite si ricorda quella di Montecassino (che subì i danni dell'attacco che distrusse Cassino stesso), durante il periodo (841 - 851 ca) di incursioni di mercenari musulmani che erano stati assoldati nella guerra tra Siconolfo principe di Salerno e Radelchi principe di Benevento. Nemmeno le abbazie del Piemonte furono risparmiate dall'orda saracena, sbarcata in Provenza nell'890 e scacciata solamente nel 972 da una coalizione cristiana. Sempre in questo periodo, più precisamente dagli anni trenta del IX secolo e continuando per circa 60 anni, l'Europa centrale e occidentale fu vittima delle incursioni dei magiari, che si arrestarono solo quando il popolo ungaro decise di fermarsi e stabilirsi in Pannonia (900-901, sotto la guida di Arpàd, primo sovrano d'Ungheria). Molte delle abbazie più ricche che ressero il colpo infertole dalle incursioni saracene e ungare decisero di fortificarsi come castelli, aumentando così il loro potere territoriale e la loro autonomia. L'incastellamento delle abbazie portò però ad una progressiva crescita dell'influenza di vescovi e signori su di esse, creando molti malumori tra i religiosi di tutta Europa: conseguenza di ciò fu l'istituzione della Congregazione di Cluny (2 settembre 909). La regola cluniacense, ispirata a Benedetto d'Aniane, mirava a sottrarre monasteri e abbazie al controllo vescovale e del potere civile: per fare ciò fu formato intorno all'abbazia di Cluny un vero e proprio "impero" di priorati, autonomi, ma sottomessi al potere centrale.
L'ordine cluniacense godette di un lungo periodo di splendore, ma verso la fine dell'XI secolo e all'inizio del XII, nuovi ordini ispirati ad un ideale di povertà e austerità come l'Ordine Cistercense e quello Certosino, misero in crisi l'influenza spirituale di Cluny, accusato di potere temporale e arricchimento al di là del consentito. In particolare è l'ordine cistercense, con la sua affermazione, a fare crollare in pochi decenni la struttura con a capo l'abbazia di Cluny, facendo sue le istanze di autonomia dei monasteri, che avevano perso la loro effettiva indipendenza nel momento in cui accettavano il principio gerarchico di Cluny. I cistercensi, fondati da San Roberto, attuarono la loro istanza riformatrice degli ordini monastici rifacendosi all'attuazione stretta della Regola di San Benedetto, contrapponendo al lusso dei cluniacensi la semplicità ed il lavoro manuale. L'affermazione dei cistercensi portò anche un contributo all'espansione agricola europea durante i secoli centrali del Medioevo. Infatti monasteri e abbazie venivano ora fondati in luoghi solitari ed incolti che, grazie al lavoro di monaci e conversi laici, venivano bonificati e disboscati, creando nuovi terreni da coltivare che venivano amministrati tramite le grange. A partire dal XIII secolo l'affermazione degli Ordini Mendicanti, che si contrapponevano alla sempre maggiore ricchezza del clero, portò ad un nuovo cambiamento nella vita monastica delle abbazie. Rifacendosi alle idee di San Domenico di Guzmán e San Francesco d'Assisi, basate sulla totale mancanza di proprietà, sul voto di povertà e sulla gestione in comune dei beni da parte del religioso, i monaci cominciarono ad abbandonare le abbazie, per passare ad una predicazione tra la gente, nelle campagne e nelle città. Le abbazie conobbero quindi una drastica riduzione delle comunità religiose, oltre che ad una diminuzione radicale della ricchezza. Fu così che pochissime abbazie, tranne alcune quali quella di Vallombrosa, riuscirono a reggere alla riorganizzazione imposta dal mutamento portato dagli ordini mendicanti. Oltre alle motivazioni religiose c'è però da sottolineare come la decadenza delle abbazie fosse dovuta anche ad alcuni cambiamenti socio-economici del periodo: le città accrebbero il loro ruolo, creando al loro interno molta ricchezza e quindi attraendo molti lavoratori dalle campagne. La perdita di potere economico da parte dei territori rurali, da sempre i luoghi di maggior sviluppo delle abbazie, fu un fattore che pesò non poco nell'impoverimento e del progressivo sfacelo di tali monasteri. Dovendo spesso gestire patrimoni fondiari anche abbastanza vasti, gli abati dovettero adottare regole precise per garantire una stabilità economica alla comunità. L'economia curtense si prestava assai bene a questo scopo, essendo principalmente adatta a feudi che necessitavano di mantenersi in un'ottica autarchica, ed essendo già stata utilizzata con successo da molti monasteri. Le abbazie cercarono così di produrre la maggior parte di quello che gli serviva all'interno dell'edificio stesso, sopperendo alle mancanze con il commercio, a volte anche con altri monasteri. I frutti di questo sistema economico, di cui abbiamo diverse informazioni grazie ai precisi inventari che venivano tenuti dai monaci, furono nella maggior parte dei casi al di sopra delle necessità delle abbazie stesse, tanto da permettere la vendita dei beni in eccesso. Il notevole benessere economico delle abbazie, come per i monasteri, era dovuto, oltre che all'efficacia dell'economia curtense, anche alla rigida e produttiva organizzazione interna della comunità religiosa (ora et labora) e agli aiuti economici sia da parte della Chiesa stessa (principalmente attraverso le diocesi) sia da parte di sovrani, nobili o piccoli signorotti di campagna.
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Accanto all'abbazia in senso stretto un retaggio del passato è costituito dalla abbazia territoriale è una istituzione della Chiesa cattolica. Essa è definita dal Codice di diritto canonico al canone 370:
La prelatura territoriale, o l'abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata, per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio (canone 370)
Precedentemente l'abbazia territoriale era chiamata abbatia nullius (dioecesis) (in effetti nella Bibliotheca Canonica... L. Ferraris definiva le abbazie territoriali come abbazie secolari exemptae, cioè non soggette al vescovo, e le poneva a fianco delle abbazie religiose (nella lunga disanima del settecentesco autore si sottolineano i diversi momenti che comportarono il ridimensionamento del principio nullius diocesis come leggesi in questo decreto del 1659
In pratica è una forma di Chiesa particolare, equiparata alla diocesi. Si definisce grazie al suo territorio e grazie alla presenza di una abbazia (o monastero) di tipo benedettino. Storicamente, infatti, le abbazie più grandi ed importanti estendevano il proprio influsso anche al di fuori delle mura del monastero, abbracciando campi, possedimenti e anche piccoli villaggi, in cui dimoravano le persone che lavoravano nei fondi o nelle altre attività dell'abbazia. Tutto questo territorio e queste persone erano sottratte all'autorità del vescovo e della diocesi e facevano diretto riferimento all'abbazia e all'abate. Quindi l'abate di un'abbazia territoriale deve: governare la vita dell'abbazia, i rapporti tra i monaci, le questioni interne; dirigere le parrocchie e i preti del territorio facente parte dell'abbazia territoriale, esattamente come se fosse un vescovo che dirige la propria diocesi.
Papa Paolo VI, con il motu proprio Catholica Ecclesia del 23 ottobre 1976, ha disposto che in avvenire non vengano più erette abbazie territoriali, se non per motivi speciali; e ha stabilito nuovi criteri e norme per il riordinamento di questa antica struttura ecclesiastica. Tra questi, la disposizione secondo cui gli Abati non siano più consacrati vescovi, benché equiparati nel diritto canonico al vescovo diocesano (canone 381 § 2). Sei abbazie territoriali si trovano in Italia, oltre alle celebri abbazie di Monte Oliveto Maggiore e di Montecassino, sono presenti le abbazie Santissima Trinità di Cava de' Tirreni, di Santa Maria di Grottaferrata, di Montevergine e di Subiaco. L'abbazia di Nonantola è unita all'arcidiocesi di Modena.
Negli altri paesi ci sono cinque abbazie territoriali: di Wettingen-Mehrerau in Austria, Einsiedeln e di San Maurizio d'Agauno in Svizzera, di Pannonhalma in Ungheria, di Tokwon in Corea del Nord.
Fra le antiche abbazie territoriali, ora soppresse, si ricordano in Italia: l'abbazia di San Paolo fuori le mura (soppressa nel 2005); l'abbazia di Farfa (soppressa nel 1841); l'abbazia di San Salvatore Maggiore (soppressa nel 1841); l'abbazia di San Martino al Cimino (soppressa nel 1936).
DA RACCOLTA PRIVATA

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