cultura barocca
Il dragomanno era in particolare il funzionario addetto alle relazioni tra il signore franco da un lato e i musulmani e le altre popolazioni indigene che si trovavano sotto la sua giurisdizione. Pertanto era fondamentale per un incarico di questo tipo una approfondita conoscenza dei costumi e della lingua locali: non a caso infatti spesso un dragomanno aveva madre indigena, a testimonianza dei frequenti matrimoni misti in Terra santa, un'usanza questa che si diffuse particolarmente presso i crociati non nobili. In seguito il termine venne utilizzato con un'accezione più generica, indicando semplicemente un interprete conoscitore dell'arabo e delle lingue vicino-orientali (arabo, turco e persiano). I dragomanni erano impiegati nelle ambasciate e nei consolati, al seguito di missioni politiche e commerciali, negli uffici portuali e nelle dogane, nelle corti europee e presso i sovrani orientali. Il termine turcimanno è un sinonimo che ne condivide l'etimologia; è adoperato anche in tono scherzoso. Alessandro Manzoni lo usa ne I promessi sposi (cap. XXVII): "tanto Agnese quanto il suo turcimanno furono ben lontani di ricavare un costrutto chiaro e intero". "Caloyero" sta qui come un derivato dall'antico nome greco-bizantino "Kalògheros", che significa "venerabile nella vecchiaia, buon vecchio, che ha una bella vecchiaia"; era un titolo reverenziale dato a monaci ed eremiti bizantini di rito ortodosso.
Inf. B. D.

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