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ABBAZIA DI MONTE OLIVETO MAGGIORE
Posta a 273 metri di altezza s.l.m. e immersa in un bosco di cipressi, pini, querce e olivi l’ Abbazia di Monte Oliveto Maggiore domina il paesaggio delle Crete Senesi e costituisce uno dei monumenti religiosi più importanti della Toscana sia per la rilevanza storico territoriale che ha sempre avuto sia per i capolavori d’ arte che custodisce: la strada migliore per arrivarvi e quella di percorrere la Via Cassia da Siena in direzione Roma fino a poco prima di Buonconvento quanto si notano, sulla sinistra, i cartelli che indicano la strada per l’ abbazia.
Storia - L’ Abbazia venne fondata nel 1319 quando alcuni nobili senesi, Bernardo Tolomei, Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini, si ritirarono in un luogo solitario ( di proprietà della famiglia Tolomei) chiamato prima Accona e poi Monte Oliveto per vivere secondo la regola di san Benedetto: la Carta fundationis del monastero Sancta Mariae de Oliveto in Acona reca la data del 26 marzo 1319 e tre giorni dopo i tre fondatori ricevettero l’ abito monastico bianco dal delegato del vescovo di Arezzo. Monte Oliveto divenne subito un monastero di grande importanza perché l’ applicazione della regola benedettina ora et labora ne fece un centro economico e culturale di grande prestigio, specialmente con l’ approvazione della Congregazione Olivetana da parte del papa Clemente VI nel 1344.
Il Beato Bernardo Tolomei coronò la sua vita con un atto di eroismo caritativo dando prova di santità morendo con altri suoi ottanta monaci durante la pese del 1348; dopo la morte di Bernardo sorsero ovunque monasteri della Congregazione di Monte Oliveto e altri monaci raggiunsero la perfezione evangelica come Santa Francesca Romana che fu figlia devota della Congregazione di Monte Oliveto e fondò le Oblate. L’ Abbazia, che estendeva i suoi possedimenti fondiari fino a Chiusure e alla Val d’ Asso, ebbe un ruolo fondamentale nell’ organizzazione agricola e sociale delle Crete Senesi fondata nel Cinquecento su aggregazioni fondiarie autonome coltivate a cereali e ortaggi e caratterizzate da campi chiusi da filari di viti localmente detti anguillacci. Frattanto nel 1400 il numero dei monaci olivetani superò le 900 unità con 53 monasteri (l’ edificio religioso di Monte Oliveto si presentava già come lo si vede attualmente), nel 1500 in Italia furono costruiti altri 30 monasteri e nel 1600 altri 10: dall’ Italia il messaggio dei monaci si diffuse in tutto il mondo.
I Monaci Olivetani
La vera denominazione dei Monaci olivetani è Monaci Benedettini di Santa Maria di Monte Oliveto : sono così chiamati perché la Congregazione è sorta a Monte Oliveto per iniziativa del Beato senese Bernardo Tolomei (1272 - 1348) che scelse come norma di vita la regola di San Benedetto; Bernardo fu sempre devota alla Maria e infatti la Congregazione da lui fondata, tra le varie Congregazioni dell’ Ordine Benedettino, ha la caratteristica di avere particolare devozione alla Madonna, come dimostra anche il colore bianco dell’ abito dei monaci . L’ Abate(o Priore) è il vero Padre del Monastero e, secondo la regola di San Benedetto, fa le veci di Cristo: nel Monastero si praticano tutte le attività che non intralciano la vita monastica e i monaci sono aiutati nel loro lavoro dagli Oblati, persone che, pur non avendo preso i voti religiosi, vivono in spiritualità e si impegnano nella comunità; il loro aiuto si chiama oblazione cioè offerta. I numerosi visitatori che passano da questa abbazia sono attratti dal canto gregoriano dei monaci: il canto risale al papa San Gregorio Magno che nel 604 riordina e codifica il repertorio liturgico che dal suo nome prenderà l’ appellativo di gregoriano; dall’ VIII al XIII sec. scorre l’ epoca d ‘oro del gregoriano che, dopo un periodo di parziale oblio, nel XIX sec. sarà restaurato nella sua primitiva purezza grazie agli sforzi dell’ Aabate Gueranger e dei suoi monaci di Solesmes (Francia) . Lo stile del canto gregoriano comporta oltre 2.100 modulazioni e questo spiega la sua ineguagliabile suggestione spirituale che afferra sia chi lo canta sia chi lo ascolta: a Monte Oliveto il canto gregoriano viene usato integralmente nella Messa Conventuale, ai Vespri, alla Compieta e, in parte, alle Lodi.
L’ Abbazia
Il complesso monastico è preceduto da una costruzione medioevale contrassegnata da una poderosa torre quadrangolare con grossi beccatelli e merlatura e rappresentava l’ avamposto di difesa del monastero: la costruzione fu iniziata nel 1393, compiuta nel 1526 e restaurata nell’ 800, e oggi è attrezzata per i servizi turistici: sull’ arco d’ ingresso della porta è posta una terracotta smaltata della scuola dei Della Robbia “ Madonna col bambino incoronata da due angeli” . Entrati nel cortile l’ arco interno della porta racchiude un’ altra terracotta robbiana San Benedetto benedicente : dal cortile si imbocca un’ ampia strada, contrassegnata da cipressi, che in leggera discesa conduce verso gli edifici religiosi; sulla sinistra si trova l’ orto botanico dell’ antica farmacia abbattuta nel 1896 e sulla destra un gruppo di alti e folti cipressi, mentre più avanti sulla sinistra si incontra una peschiera opera del 1533 di G.B. Pelori. In fondo alla discesa si dispongono il campanile romanico - gotico aperto da monofore e da un giro di trifore e la parte absidale della chiesa e a destra è posto l’ ingresso principale al monastero. Chiostro Grande. A pianta rettangolare, fu costruito fra il 1426 e il 1443: il lato più antico è formato da due loggiati sovrapposti su colonne con accanto un pozzo del 1439; in basso gira un portico ornato di affreschi raffiguranti storie di San Benedetto (tratte dal racconto di San Gregorio) eseguiti da Luca Signorelli e da Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodomia, che costituiscono una delle maggiori testimonianze della pittura italiana del Rinascimento. Lato est (opere del Sodoma). 1) San Benedetto lascia la casa paterna e si reca a studiare a Roma (veduta di Norcia); 2) Abbandona la scuola a Roma; 3) Miracolosamente riattacca il vassoio caduro di mano alla nutrice (ritratto del pittore e dei suoi familiari); 4) Il monaco Romano gli dona l’ abito da eremita (si vede la città di Subiaco); 5) Il diavolo rompe la campana che era attaccata al piatto con il cibo che veniva calato nella grotta dove vive in solitudine il santo; 6) Un prete, su invito del Signore, porta del cibo a San Benedetto nel giorno di Pasqua; 7) San Benedetto insegna il Vangelo ai contadini; 8) il santo sfugge a diverse tentazioni; 9) Acconsente a divenire l’ abate degli eremiti; 10) Spezza il bicchiere con il vino avvelenato offertogli dagli stessi eremiti insofferenti della disciplina; 11) edifica dodici monasteri. Lato est (opere del Sodoma). 12) San Benedetto riceve dei giovani romani (ritratti di molti artisti dell’ epoca tra cui il Signorelli e veduta di Roma); 13) Libera un indemoniato; 14) Fa scaturire l’acqua dal monte; 15) Fa risalire una roncola dal lago; 16) Il Santo ordina a Mauro di camminare sull’ acqua per salvare Placido; 17) Cambia un fiasco di vino in un serpente; 18) Tentativo di avvelenare il Santo; 19) la tentazione di donne provocanti. Lato ovest (opere del Signorelli). 20) Mauro e Placido vengono inviati in Francia ed in Sicilia (unico affresco che non è del Signorelli); 21) Dio punisce Florenzo; 22) San Benedetto predica a Montecassino; 23) Caccia le forze del male; 24) Resuscita un monaco morto; 25) Conosce la data ed il luogo di quando i suoi monaci hanno mangiato fuori; 26) Rimprovera un monaco di aver violato il digiuno; 27) Scopre il falso Totila; 28) Accoglie Totila; 29) affresco mancante; 30) Predice la distruzione di Montecassino. Lato nord (opere del Signorelli) 31) Il miracolo della farina; 32) Il santo appare a dei monaci e suggerisce il progetto di un monastero; 33) Scomunica due suore e le assolve dopo morte; 34) Fa porta il corpo di Cristo sopra quello di un monaco che non veniva ricevuto dalla terra; 35) Perdona un monaco che voleva fuggire; 36) Scioglie con il solo sguardo un contadino legato. Nel vano di passaggio della chiesa si ammirano altri due capolavori del Sodoma “Gesù che porta la croce” e “Gesù alla colonna” mentre nell’ atrio vi sono dipinti di Giovanni di Paolo e una scultura di Giovanni da Verona raffigurante la “Madonna col Bambino” ; il Chiostro di Mezzo ha un porticato poggiante su pilastri poligonali ed un bell’ affresco quattrocentesco avente per tema la “Madonna col Bambino”; da chiostro di mezzo a destra si passa in un atrio (con lavabo cinquecentesco sulla cui parete soprastante si trova un affresco raffigurante l’ Adorazione dei Magi del Riccio) e da qui si va nel Refettorio, grande ambiente a volte, decorato da affreschi di fra’ Paolo Novelli con anche due frammenti di dipinti murali da riferirsi a Pietro Orioli collocati sulla parete d’ ingresso e su quella di fondo dove è posta anche la grande tela L’ Ultima cena di Lino Dinetto. La chiesa. Vi si accede dal Chiostro Grande per un atrio dove alla pareti si trovano due affreschi raffiguranti Padri eremiti nel deserto e Miracolo di San Benedetto mentre dentro una nicchia si trova Madonna col Bambino in trono, gruppo marmoreo attribuito a Giovanni da Verona; per una porta a destra si accede alla chiesa, a croce latina e con una sola navata rinnovata in grandiose forme barocche da Giovanni Antinori del 1772. Nella navata si trova anche un magnifico coro ligneo intagliato e intarsiato da fra’ Giovanni da Verona (1503 - 1505) e costituisce una delle più mirabili opere di tarsia che conti l’ Italia. Nel mezzo alla chiesa si eleva un massiccio leggio opera del 1520 di fra’ Raffaele da Brescia e al sommo della cupola Assunta tela circolare di Iacopo Ligozzi cui appartiene anche la Natività di Maria dietro l’ altare maggiore; nel transetto si apre l’ ingresso alla Cappella del Sacramento al cui altare è posto un grande crocifisso in legno della prima metà del ‘300. Biblioteca e farmacia. Dal Chiostro di Mezzo si sale al primo piano: alla prima rampa di scale Incoronazione di Maria, affresco del Sodoma e alla seconda Deposizione affresco di ignoto; a destra una scala conduce al vestibolo con personaggi dipinti a encausto dall’ olivetano Antonio Muller di Danzica e raffiguranti Personaggi e fatti della Congregazione Olivetana e fastoso candelabro ligneo del 1502; la sala della biblioteca fu costruita dallo stesso fra’ Giovanni che creò una solenne basilica a tre navate su colonne dai capitelli corinzi. Attigua è la Biblioteca monastica ricca di 40.000 volumi, pergamene e incunaboli; in fondo alla sala una rampa di scale conduce alla Farmacia contente una importante raccolta di vasi del XVII sec. che racchiudevano le erbe dalle quali ancora oggi si ricavano cordiali e digestivi; dalla biblioteca si passa alla Sala del Capitolo, detta Definitorio, dove si trovano altri dipinti quattrocenteschi.