INFORMATIZZ. DURANTE

UNA STAMPA D'EPOCA IN CUI E' EFFIGIATA LA PRIMA RAPPRESENTAZIONE DELL'ALCESTI DEL LULLI NEL 1674 ALLA PRESENZA DEL SOVRANO FRANCESE LUIGI XIV (DA ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL "MUSEO DELLA CANZONE" DI VALLECROSIA)









Nel contesto della sua lunga a storia la MUSICA ha indubbiamente interagito con varie sorti di rappresentazioni teatrali.
In dettaglio nell'Ellade la tragedia e la commedia erano parzialmente musicate.
In Italia ci si valse in età medievale della musica onde accompagnare i drammi liturgici , scene di rievocazione della vita di Gesù mediamente allestite in chiese all'uopo addobbate, le laudi drammatiche , fiorite in Umbria dal XIII secolo e che erano azioni sceniche di argomento mistico improvvisate dai fedeli in lingua volgare, le sacre rappresentazioni , dal XV secolo trionfanti soprattutto a Firenze sotto l'auspicio dei Medici, parimenti redatte in lingua italiana.
Peraltro la musica partecipò vieppiù a rappresentazioni profane, come nel caso del Jeu de Robirz et Marion del Adamo de la Halle e soprattutto di tanti spettacoli di varia natura allestiti in Italia a partire dal Quattrocento
Sul volgere del Cinquecento sul teatro iprese ad affermarsi la grande tradizione del MADRIGALE.
I1 Vecchi, il Banchieri ed altri ancora realizzarono opere in stile madrigalesco (costituite cioè da un coro a più voci senza strumenti) in cui si davano per impliciti un fatto od un'azione non rappresentati in scena da attori ma ricostruibili in forza del canto del coro, finalizzato a tracciare i lineamenti ora di questo, ora di quel personaggio.
Praticamente tutto ciò, per effetto di un ben congegnato meccanismo evocativo, andava a disegnare una sorta di spettacolo cui partecipare con l'orecchio e non con la vista.
L'Amphiparnaso di Orazio Vecchi fu con verisimiglianza il più famoso se non il migliore prodotto della tradizione dei MADRIGALI DRAMMATICI.
Anche alla moderna indagine tal prodotto musicale rivela la sua caratura di lavoro vivace e spiritoso nel cui contesto si assiste alle interazioni fra i due protagonisti, i giovani innamorati Lucio e Isabella, e il padre di lei Pantalone, interessato a maritar la fanciulla con il dottore bolognese Graziano.
Attraverso vicende che replicano le postulazioni della commedia classica, i due giovani riescono nell'intento di far trionfare il loro amore, coadiuvati da un servo astuto, Pedrolino e circondati da altri colorati personaggi tra cui spicca un capitano spagnolo spaccone e vanaglorioso.
Qui si individuano le origini del MELODRAMMA vale a dire uno spettacolo musicato nella sua interezza, in cui gli attori sono anche cantanti, il cui canto risulta accompagnato da un'orchestra più o meno numerosa dislocata, solitamente, nella zona anteriore della platea, fra gli spettatori e il palcoscenico.
Nel MELODRAMMA, di solito, gl'interpreti non cantavano contemporaneamente, ma alternatamente di modo che risultava opportuno abbandonare la forma polifonica per quella monodica, fatta eccezione dei cori e dei pezzi d'assieme, allorquando i personaggi cantavano in duo, in trio, in quartetto ecc.
Nello stesso memoento in cui il contrappunto vocale conseguiva i suoi apici col Palestrina, con Orlando di Lasso, con Ludovico da Victoria, un gruppo d'artisti e di dotti, che tenevano riunioni nel palazzo del conte Giovanni Bardi di Vernio in Firenze, verso il crepuscolo del Cinquccento, andava muovendo severe osservazioni alla polifonia cercando di proporre le potenzialità del canto monodico, di cui ci si intendeva avvalere allo scopo di realizzare delle rappresentazioni sullo stile delle tragedie greche.
Se in queste ultime la voce non fruiva di un accompagnamento strumentale vero e proprio, allo stato attuale delle cose, in forza dello sviluppo dell'arte musicale, esso poteva venire finalizzato: il canto sarebbe stato pertanto sostenuto da accordi, da poliedriche parti strumentali.
A simile compagine, nominata la CAMERATA FIORENTINA, risultarono ascritti musicisti di talento come Jacopo Peri (1561-1633), Giulio Caccini (1550-1618), Emilio del Cavaliere (1550 -1602), Vincenzo Galilei (1533- 1591), padre di Galileo, Ottavio Rinuccini (1562- 1621) ed altri ancora.
Dopo alcuni tentativi nel nuovo stile, denominato la morzodia accompagnata si ebbero alcune complete realizzazioni, di cui la prima risultò la Dafne, con poesia del Rinuccini e musica del Peri, che venne rappresentata nell'abitazione di Jacopo Corsi, nobile mecenate fiorentino.
Della musica della Dafne è rimasto assai poco mentre si è intieramente conservata l'Euridice, il cui libretto, composto dal Rinuccini, venne musicato dal Peri col contributo del Caccini.
L'Euridice, costruita sul mito classico del poeta Orfeo, venne nel 1600 rappresentata a Palazzo Pitti in ricorrendo gli sponsali di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia.
L'orchestra, , che si esibì alla presenza della corte e di molti nobili, stava nascosta dietro la scene: tra gli strumenti si contavano un liuto grosso, una lira grande, un chitarrone (specie di liuto utilizzato per i suoni gravi) ed ancora un clavicembalo.
Fu tuttavia CLAUDIO MONTEVERDI (Cremona, 1567 - Venezia, 1643), senza dubbio uno dei più significativi musicisti di tutti i tempi, colui che consentì al MELODRAMMA di affermarsi definitivamente.
Ai servizi del Duca di Mantova dal 1590, lo servì coscienziosamente fino al 1612.
Nel 1613 venne incaricato quale maestro della repubblica di Venezia, vale a dire "maestro di cappella in San Marco", un ruolo che avrebbe rivestito sino alla morte.
I1 Monteverdi conobbe gli splendori della polifonia italiana e fiamminga, le prime forme della nascente musica strumentale, i tentativi della Camerata fiorentina per attuare il melodramma: in tale variegata temperie culturale l'artista non si mise a far parte per alcuno ma assimilò le più variegate esperienze nella sue ricchissima produzione.
Compose ben otto libri di madrigali: in essi tale forma d'arte, in un primo istante, venne trattata tradizionalmente, tramite la polifonia per sole voci: successivamente il musicista si valse del concorso degli srumenti sì che poi, alla fine del suo percorso culturale, realizzò dei madrigali anche in linea monodica e con accompagnamento strumentale.
Particolarmente bello viene tuttora giudicato il madrigale dal titolo Il combattimento di Tancredi e Clorinda che fu composto per tre voci soliste sostenute da viole e da un clavicembalo.
Questa composizione (che, tratta dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, elabora l'incontro e il duello fra due cavalieri, Tancredi, cristiano, e Clorinda, pagana) in effetti conservava la denominazione di madrigale ma all'atto pratico risultava già una CANTATA, vale a dire la forma musicale assai pù complessa con successo realizzata dai compositori del XVII secolo.
I1 Monteverdi ebbe fortuna anche quale autore di musica sacra ma il suo nome e la sua fama restano perennemente connessi ad alcuni melodrammi, come 1' Orfeo (1607), 1'Arianna (1608) e L'incoronazione di Poppea (1642), di notevole impatto drammatico e grande competenza nella rappresentazione dei diversi personaggi.
L'orchestra, nei melodrammi monteverdiani era più numerosa che in quelli della Camerata fiorentina e non soltanto aveva il fine di sostenere i cantanti ma doveva altresì collaborare all'espressione con i suoi timbri.
Come scritto il MELODRAMMA (detto ancor più frequentemente chiamato OPERA IN MUSICA , OPERA LIRICA e quindi pure soltanto OPERA) vide la luce a Firenze, donde presto si diffuse altrove, pur se sempre in un contesto di pubblico colto e aristocratico.
Così per esempio si verificò alla Corte dei Gonzaga di Mantova e nuovamente presso Carlo Emanuele I di Savoia gran fautore dell'opera in musica, che apparve a Casale e a Torino fra il primo e il secondo decennio del Seicento.
Del resto pure a Roma, dopo la rappresentazione d'alcuni lavori in luoghi distinti, i principi Barberini fecero costruire un ampio teatro sfruttando la fabbrica di un loro palazzo, sì che dal 1632 al 1656 vi fecero rappresentare parecchie opere.
Al fine della diffusione fra i ceti intermedi, e in ambito addirittura popolare, di questa nuova espressione d'arte musicale si deve però menzionare un fondamentale tentativo fatto a Venezia e che senza dubbio decise la sorte del melodramma.
Nel 1637 venne infatti aperto, a titolo sperimentale, a spettatori paganti il primo teatro pubblico.
Il grande afflusso ed il gradimento ostentato dal pubblico fecero in modo che l'esperimento divenne fenomeno continuato e positivamente fruttuoso sia dal lato culturale che economico.
Con l'ufficializzazione della struttura del teatro pubblico e l'erezione in più città venete di consimili fabbriche, si affermò il tipo dell'impresario, vale a dire colui che, per lecito fine di guadagno, scritturava poeti, musicisti, cantanti, direttori d'orchestra, strumentisti, scenografi, ballerini, da impegnare nei melodrammi che lui stesso allestiva per le scene.
Lo stretto rapporto OPERA-PUBBLICO e i correlati interessi economici fecero sì che, al fine di agevolare un successo teatrale cui sarebbe succeduto inevitabilmente un successo nei guadagni, gli impresari si impegnassero a seguire i talori mutevoli gusti delle masse.
La soluzione immediata fu quella, anche a scapito della qualità artistica, di conferire superiore importanza alla messa in scena, prioritariamente finalizzata a sbalordire il pubblico con la grandiosita e l'arditezza, ed ai cantanti, cui gli spettatori richiedevano voci eccezionali e virtuosismi da divi.
L'opera italiana venne presto esportata negli altri paesi e sostanzialmente dominò in Europa fino alla metà del 1800 allorquando pure in altri paesi si affermò un melodramma nazionale da contrapporre a quello italico.
Più che in Germania e nell'Impero d'Austria [il melodramma italiano apparve con successo senza contrasti a Vienna e a Monaco; solo la città di Amburgo tentò di contrastare l'opera italiana con alcuni musicisti tedeschi, fra cui Rheinhard Keiser (16741 739)] fu in Francia che si tentò qualche vigorosa controffensiva al primato italico.
In area transalpina peraltro fin dal Cinquecento, si tenevano a Corte balletti fastosi, detti ballets de Cour, nei quali la danza s'univa a scene varie: da siffatte espressioni d'arte teatrale derivò in maniera autonoma l'opera francese, in cui la danza aveva una superiore valenza.
In un primo tempo in Francia operarono comunque compagnie italiane che rappresentarono opere del loro contesto di provenienza ma di poi si affermarono anche degli artisti francesi quali l'abate Pietro Perrin (1620-1675) ed il musicista Roberto Cambert (1628-1677).
In forza dei successi di costoro era stato anche aperto un teatro d'opera: e fu a tal punto che il fiorentino Giambattista Lulli (1632-1687), gradito al sovrano francese, ottenne l'incarico di soprintendere a tutta l'attivita musicale francese.
Atteso che nessuna manifestazione poteva aver luogo senza il suo consenso, il Lulli, piuttosto scorrettamente, fece in modo che si inibisse ogni attività al Cambert.
Liberatosi di un agguerrito rivale egli ebbe il destro di comporre molte opere, in cui coniugò il gusto italiano con quello locale, che fece rappresentare fra grandi proclami e grazie alle quali ottenne un incontrastato successo: tra queste si possono ricordare l'Alcesti e la Prosérpina.
I1 Lulli, di umili origini (era figlio d'un mugnaio) non mascherò mai il suo carattere ambizioso forgiato tra le difficoltà di una vita avventurosa.
Poco più che fanciullo già intratteneva il pubblico danzando, recitando e suonando il violino.
Fu nel corso di una di queste esibizioni che i1 cavaliere di Guisa, notatolo, lo accolse presso di sè e lo condusse al suo seguito in Francia.
Il Lulli seppe poi acquistare il favore del sovrano francese (di cui prese a frequentare la Corte in virtù delle conoscenze del cavaliere di Guisa) per la destrezza nella danza: onde rafforzare il suo stato sociale il musicista non si trattenne dal chiedere ed ottenere la naturalizzazione quale suddito di Francia.
Ben s'intende che il Lulli era un perfetto libertino, disinibito e persin licenzioso; si narra che in punto di morte, al sacerdote che gli chiedeva il sacrificio di dare alle fiamme il suo ultimo lavoro, egli abbia risposto affermativamente, per poi, passato il pericolo, confidare ad un amico, che lo rimproverava d'aver permesso siffatta distruzione, d'essersi confermato tanto arrendevole per il fatto che del suo lavoro possedeva, in tutto segreto, una seconda copia.
In Inghilterra il teatro musicale del XVII secolo restò fondamentalmente dominio di Italiani e Francesi, pur se giova qui citare un robusto operista nazionale, Enrico Purcell (1658 ?-1695), compositore vigoroso ed autore di parecchi melodrammi oltre che di musica sacra, corale e strumentale.














Fra i molteplici interessi culturali di ANGELICO APROSIO non si è mai dato grande rilievo al TEATRO e praticamente non si è mai parlato della MUSICA, arte già di rilievo al suo tempo col fiorire del MELODRAMMA.
Anche questa è una delle tante piccole cose che sono sfuggite nelle indagini sull'erudito ventimigliese che percorre molteplici delle vie erudite ed intellettuali oltre che interpretative destinate a condurre sin al momento peculare ACCADEMIA ROMANA D'ARCADIA.
Un segnale importante dell'interesse del frate intemelio per le RAPPRESENTAZIONI SCENICHE, MUSICALI E NON è per esempio già dato dalla sua ammirazione sia per GIAN FRANCESCO BUSENELLO [di cui nel repertorio de La Biblioteca Aprosiana... scrisse alle pp. 83-84 e poi ancora a p. 113 dove più apertamente ne parlò come di un amico] sia di PAOLO VENDRAMIN [parimenti citato nello stesso repertorio aprosiano]
Resta comunque fuor di dubbio che la RAPPRESENTAZIONE TEATRALE, e soprattutto la MUSICA, intese come espressioni d'arte connesse al TEATRO se non all'attività di GIROVAGHI e MERCANTI DI MERAVIGLIE nel XVI secolo erano guardate ancora con sospetto, specie in ambiente ecclesiale come detta la lettura non improba neppure dall'originale latino del seguente CANONE:
L'attività degli ATTORI e delle ATTRICI, per quanto apprezzata e spesso altamente retribuita, non era considerata, già in epoca di ROMA IMPERIALE, impiego onorevole al punto che si può leggere in un'EPIGRAFE DI TIPO CENSORIO il seguento severissimo AMMONIMENTO.
Con l'AFFERMAZIONE DEL CRISTIANESIMO la severità nella salvaguardia della professione divenne DIVIETO E CONDANNA MORALE nei riguardi della MUSICA PROFANA CONVIVIALE consentendosi, pur tramite un'attenta supervisione, la MUSICA SACRA (destinata alla sublimazione delle cerimonie).
Nonostante parecchie restrizioni la MUSICA MEDIEVALE, specie col trascorrere del tempo, conobbe una crescente autonomia e libertà che venne però bruscamente arrestata dall'evento storico epocale della CONTRORIFORMA CINQUECENTESCA.
Aprosio che fu lettore al servizio dell'Inquisizione e Vicario intemelio dell'Inquisizione era però stato in precedenza soggetto a rischio di investigazioni ecclesiastiche: la sua passione per il lubrico ed il lascivo lo portavano peraltro istintualmente a sondare quel mondo teatrale in cui, meglio che altrove la VITA ASSUMEVA I SUOI CONNOTATI PIU' VERI, NEL GRANDE QUANTO NELL'INFIMO.
Non a caso fu ammiratore e raro proprietario di un'OPERA NOTORIAMENTE AUDACE E GUARDATA CON SOSPETTO INQUISITORIALE qual fu al suo tempo la pur straordinaria commedia spagnola LA CELESTINA.
Una troppo palesata propensione culturale per le RAPPRESENTAZIONI SCENICHE avrebbe potuto costituire un serio problema per un religioso già definito un MERCURIO cioè un personaggio quantomeno IRREQUIETO!
Egli, che oltretutto era un CENSORE DEI PUBBLICI COSTUMI quale PREDICATORE DI QUARESIMALI, non poteva esporsi oltre misura in un contesto di generale irrigidimento moralistico, in cui si stavano preparando tutta una serie di INTERVENTI DI CONTROLLO sull'ATTIVITA' SCENICA, MUSICALE E NON, come si evince dalla lettura dei seguenti CANONI:
-CANTANTI DAL XVII AL XVIII SECOLO: REGOLAMENTAZIONE CANONICA DI RAPPRESENTAZIONI MUSICALI IN CHIESE E LUOGHI SACRI
-LA CHIESA DI FRONTE A CANTO / DANZA CORALE / CORO : INTERPRETAZIONI CANONICHE
-LA CHIESA DI FRONTE A CASTRATO / SPADONE / EUNUCO : LE INTERPRETAZIONI CANONICHE.
La curiosità intellettuale dell'erudito intemelio non conosceva però limiti e, ben sapendo che affrontare di petto le questioni poteva costituire un dramma, preferiva aggirarle e disquisirne magari sotto la specie di un APPARENTE IMPEGNO MORALISTICO E CENSORIO come si evince dalle sue dissertazioni sugli
EVIRATI CANTORI o CASTRATI DELLE CANTORIE ECCLESIASTICHE,
come anche sul presunto
PERICOLOSO RUOLO DELLA DONNA CHE CANTA ED ATTRAE,
per giungere alfine ad una più estesa dissertazione sulla sostanziale
PERICOLOSITA' MORALE DI FESTE, BALLI E DANZE.