cultura barocca
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante Tamarix L. è un genere di piante della famiglia delle Tamaricaceae, originario delle zone sabbiose e salmastre di India, Cina ed Europa meridionale. Il nome del genere deriverebbe dal nome francese del fiume Tamaris che scorre nella zone dei Pirenei. Comprende circa 60 specie tra alberi e arbusti sempreverdi o a foglie decidue, che possono raggiunge un'altezza di 15 m nelle specie arboree. Sono caratterizzati da una fioritura piumosa in spighe sottili, generalmente primaverile-estiva o a volte, come nella T. aphylla, anche invernale. Hanno fronde vaporose, formate da piccolissime foglie alterne, squamiformi, generalmente di colore verde glauco, simili, ad un esame superficiale, a quelle di alcune conifere. I frutti sono generalmente delle piccole capsule triangolari. Una curiosa caratteristica delle Tamerici, osservata sulle piante in riva al mare in Corsica ed in Grecia, è la "sudorazione" sotto forma di gocce di liquido chiaro ed estremamente salato, la quale durante il giorno ed in assenza di vento (che ne favorirebbe l'evaporazione) genera una vera pioggia, che colpisce chi si trova sotto la loro chioma La Tamarix gallica è la specie più diffusa in Italia come pianta ornamentale; è nota, oltre che col nome di Tamerice comune, anche con i nomi volgari di cipressina, tamarisco e scopa marina; si presenta come alberetto o arbusto, con il tronco eretto o, nelle zone ventose dei litorali marini, incurvato, con la corteccia del fusto e dei rami di colore cinerino e con profonde incisioni; la chioma, di forma irregolare, è di un bel colore verde glauco; i germogli sono di colore bruno-violaceo, con foglioline squamose ad apice acuto, ovato-lanceolate, ricoprenti quasi totalmente i rami; i fiori, piccolissimi e numerosi, di colore biancastro o rosa, sono riuniti in spighe terminali, con fioritura nei mesi da maggio a luglio; i singoli fiori sono costituiti da una corolla di 5 petali giallini o rosati, con 5 stami sporgenti e un pistillo con ovario supero, sormontato da 3 stili filiformi; il frutto si presenta come una capsula ingrossata alla base e sottile all'apice, con base triangolare. Dalla corteccia si estraggono sostanze tanniche: ma più che quale pianta medicamentosa deve la fama ai grandi poeti che l'hanno cantata da Virgilio che nelle Bucoliche scrive "non omnis arbusta iuuant humilesque myricae" ("Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici") a Giovanni Pascoli che intitola la sua prima raccolta di poesie Myricae a Gabriele D'Annunzio che ne La pioggia nel pineto scrive: ..."piove su le tamerici/salmastre ed arse..." per giungere alla "Fine dell'infanzia" della raccolta Ossi di seppia di Eugenio Montale, ove leggesi: ..."non erano che poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide..." (il testo è recuperato da "Wikipedia, l'enciclopedia libera on line che correttamente avvisa come siano da recepire solo a titolo informativo e non pratico le notazioni medicamentose attribute alla pianta in assenza della consultazione di uno specialista)

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