cultura barocca
MAGGIORE SENSIBILITA' DEL GANDOLFO RISPETTO AD APROSIO PER I FERMENTI LETTERARI NELL'AGRO INTEMELIO = VEDI IN MERITO AI CITATI INTERESSI GALDOFIANI E ALLE CORREZIONI APPORTATE SU SCRITTORI LIGURI E PARTICOLARMENTE DELL'AREA INTEMELIA DAL II BIBLIOTECARIO DELL'APROSIANA IL VOLUME DELL'OLDOINI CON ANNOTAZIONI DEL GANDOLFO, DALLO SCRIVENTE NOMINATO "OLDOINI CORRETTO" =[APPROFONDIMENTO: Interazioni tra Beneficato Beneficante del Gandolfo, "Oldoini Corretto" [testo a stampa con numerose, vaste integrazioni e giunte gandolfiane] (la breve ma basilare corrispondenza Gandolfo - Oldoini stampata, con altre integrazioni, ne "Il Beneficato Beneficante"]
"VOLTA PAGINA"

In effetti Aprosio cerca di rivalutare, contro una vetusta opinione pubblica ed erudita, la nomea di Ventimiglia ritenuta città insalubre oltre che provinciale, nomea aggravata dal fatto che per le tracimazioni di Roia/Roya e Nervia la malaria è assai diffusa tanto che i benestanti specie in estate preferiscono lasciare la città per ritirarsi nei loro possedimenti della frazione di Latte certamente dall'habitat migliore ma ciò gli riesce difficile pur com si dice "arrampicandosi sugli specchi" dacché troppi hanno criticato il clima della città sì che lui stesso iniziandone la descrizione deve rifarsi ad un luogo comune scrivendo "[Ventimiglia] Giace sù la falda d'un promontorio imboccata dal vento Siloco, od Euro, il quale venendo a morire in essa, impedito daa monti vicini di passar'oltre, cagiona, che i di lei Cittadini godano aria poco salubre: cosa comune a più d'un luogo della Riviera. Non è però così cattiva, quanto altri se la figurano, e si predica da molti che pure la videro dalla lontana. Non si può negare che molti de' forastieri che ci vengono ad habitare, ci ritrovino la Sepoltura: mà sono di quelli che non si vogliono ricordare ddell'insegnamento del Savio nel Predicatore Cap. VII,. 18. Noli esse stultus, ne moriaris in tempore non tuo, facendo disordini nel mangiare e nel bere che ammazzerebbero un cavallo". Con un procedimento chiaramente erudito e funambolico, attribuendo le morti agli eccessi esistenziali, non può evitare di menzionare il vescovo Promontorio che giunto a reggere la Diocesi si ammalò gravemente dopo quattro anni, essendo però cagionevole di salute e comunque riuscendo a riprendersi conducendo vita sana e con grande riguardo (p. 30) ed anziché proporre immagini ambientali buone di Ventimiglia preferisce anteporle Albenga da lui reputata città decisamente più malsana (p. 32) (e risultando Albenga danneggiata dallo sfruttamento del Centa per la canapicoltura non nega che tale coltura, causa di inquinamenti, non avvenga anche in area intemelia seppur creando assai meno danni, pur se cita soprattutto la carenza di igiene pubblica (quinta riga dal basso di pag. 37 e prime sette righe di pag. 38) dimostrando di avere coraggio e personalità nell'attaccare pubblicamente i potenti sì da scrivere "[Ma] a quello potrebbero porger rimedio li Capitani, li Commissari, o Governatori, che si appellino: o li Sindici, o siano Consoli della Città, e lo farebbero, se fussero così zelanti del publico, quanto del proprio interesse: Ma mi perdonino se non l'intendono. E che forse nel comune non c'entra l'interesse particolare?(p. 58)". Si appiglia quindi alla gastronomia intemelia citandone la qualità dei vini e la squisitezza delle trote (p. 39) negando, cosa da qualcuno suggerita, la presenza di tormentose nebbie sulla città (pag. 41).
Retoricamente il discorso potrebbe anche reggere, specie a fronte di lettori lontani, ma Aprosio dal carattere spesso fumino e controverso cade, forse per qualche imprevisto (previsto?) scontro caratteriale con i dotti locali, in una trappola da lui stesso formulata e che contraddice in parte le cose prima sostenute con tanta fatica = e tutto ciò aviene, a scapito di Ventimiglia, quando scrive = "...e [dei poeti e letterati viventi]ci è un sol giovanetto Pauolo Agostino, figliuolo di Pauolo Girolamo Orengo, e della fù Anna Maria Galeani, di buon marito ottima moglie, il quale non lassa d'esser favorito dalle muse: e se attenderà (però lontano dalla Patria [Ventimiglia], che sottoposto a Cielo d'aria grossa, non gli può somministrare spiriti sottili) sarà il primo poeta della contrada" (pag. 258, riga 4 dal basso). Le distinte e contrastanti postulazioni aprosiane sembrerebbero una sfasatura del procedere retorico in forza anche del suo carattere ondivago e del resto proprio di tanti eruditi del suo contesto epocale. Ma le cose non stanno solo così e per intenderne la sostanza basta leggere, con discernimento, questa sua lettera al grande Leone Allacci (III colonna dell'articolo) ove si legge "Io me la passo abbastanza bene ed ingrasso nelle fatiche poiché tosto alzatomi da letto, dico messa e poi mi confino in libreria, nelle ore slitamente del coro e del mangiare da quella partendo". Il fiume Roia/Roya è in definitiva, a livello di decifrazione del messaggio, la macchina naturale che riproduce nella fisicità le discriminazioni sociali, cui il frate, come altri intellettuali del suo tempo, aspira per evitare come suggerito da alcuni di parere esser caduto in una sorta di punitivo esilio in grado di escluderlo dalle relazioni proficue con i contesti sapienzali cosa che si evince, pur pallidamente da questo altro stralcio di lettera di Jacopo Lapi (colonna III). Il fiume, nel meccanismo erudito aprosiano, esclude la Ventimiglia storica, coi suoi problemi e la sua confusione umana dalla ventimiglia ideale, il luogo ameno, inattaccabile dalle brutture del tempo, al cui centro magico sorge il convento, pia e fortificata protezione per la preziosa biblioteca e per il suo dotto artefice in grado, da solo o con pochi eletti, di praticarvi in piena tranquillità l'ambito otium negotiosum.

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