cultura barocca
La carta sei-settecentesca qui proposta col ponte ad arcate mobili sul Fiume Roia/Roja (francesismo Roya), conservata presso l'Archivio di Stato di Genova è qui ( preceduta da una più elementare carta seicentesca proveniente dall'Archivio Di Stato di Torino che si estende da BORDIGHERA al VALLONE DI LATTE) offre un'idea plausibile di come era VENTIMIGLIA ai tempi in cui la BIBLIOTECA APROSIANA era nel suo massimo fulgore.
Per quanto assai più rozza della CARTA DEL SETTECENTESCO ATLANTE VINZONIANO (ove si vede VENTIMIGLIA qual capoluogo di una più vasta giurisdizione o CAPITANATO (UNA DELLE TANTE GIURISDIZIONI DEL DOMINIO GENOVESE DI TERRAFERMA) costituito dalla CITTA' quale importante baluardo strategico e difensivo = pochi lo sanno ma Ventimiglia, sin dal medioevo nonostante la faticosa conquista genovese data proprio la protezione del fiume, era assimilate a quelle strutture difensive che gergalmente in terminologia militare d'epoca erano talora denominate "città d'acqua", come, ai tempi cinquecenteschi delle incursioni Turchesche, la forte Taggia la cui difesa suggerì anche composizioni epiche di tipo dialettale e che riuscì ad evitare la presa delle mura protette anche dal torrente Argentina (vedi qui sotto una cartografia attiva su mappa del XVIII secolo rappresentante le interazioni tra corso d'acqua, città e territorio limitrofo) - Vedi qui Carta editata, in Archivio di Stato di Genova e con relative autorizzazioni, nei testi pubblicati per le celebrazioni aprosiane del 1981 (trecentesimo anniversario della morte del grande bibliotecario) - Esamina la carta qui proposta, facendola scorrere, e visualizza il ponte a due arcate mobili = vedi il ponte chiuso in questa stampa parimenti antiquario e multimedializzata [visualizzane un particolare quando il fiume, tramite questo ponte, venne superato da Ugo Foscolo che descrisse l'areale ventimigliese nelle "Ultime Lettere di Jacopo Ortis" e quindi poco dopo la sua immagine in questa fotografia antiquaria la sua distruzione per una piena del 1861 (si faccia scorrere il testo sino a fondo immagine donde si può accedere cliccando sulle frecce all'analisi critica della storia di tale drammatico evento) = in merito a questa devastazione ed ai lavori di costruzione di una nuovo ponte leggi le considerazioni di Luigi Ricca)
Informatizzazione e testo a cura di Cultura Barocca
Viaggio multimediale nella storia di città e contado

La carta sei-settecentesca, conservata presso l'Archivio di Stato di Genova preceduta da questa più elementare carta seicentesca proveniente dall'Archivio Di Stato di Torinooffre un'idea plausibile di come era
VENTIMIGLIA
ai tempi in cui la BIBLIOTECA APROSIANA era nel suo massimo fulgore: per quanto assai più rozza della CARTA DEL SETTECENTESCO ATLANTE VINZONIANO (ove si vede VENTIMIGLIA qual capoluogo di una più vasta giurisdizione o CAPITANATO (UNA DELLE TANTE GIURISDIZIONI DEL DOMINIO GENOVESE DI TERRAFERMA) costituito dalla CITTA' e dalle sue DIPENDENZE o VILLE) questa più ANTICA MAPPA offre spunti di riflessione non meno interessanti: specie se corredata dal contributo visivo di un'altra per quanto rozza
CARTA SEICENTESCA DI VENTIMIGLIA
Proprio sul bordo inferiore di questa CARTA SEI - SETTECENTESCA si vede il COMPLESSO DI S. AGOSTINO praticamente isolato, alle cui spalle sorgeva il vasto complesso agricolo detto LI PRAI DE LI FRATI mentre poco oltre stava il piccolo complesso abitativo laico detto la BASTITA.
La cosa forse più interessante in merito alla dettagliata DESCRIZIONE DI VENTIMIGLIA fatta da APROSIO riguarda il PORTO CANALE DEL ROIA e più in particolare il PONTE SUL ROIA cui si accedeva per un tragitto, che APROSIO nella sua pubblicazione biblioteconomica BIBLIOTECA APROSIANA... chiama STRADA ROMANA (P. 51 DALL'ALTO), ridotta però a poco più di un sentiero.
A riguardo del PONTE SUL ROIA o per essere precisi sull'edificazione di un PONTE PARZIALMENTE IN MURATURA, dopo secoli di ponti lignei, esistono alcuni dati fermi:
-nel 1564 un terremoto (o magari i suoi effetti secondari) ed uno straripamento del Roia (gli atti parlano di una grave rujna) determinano la distruzione del vecchio ponte in legno che quasi annualmente doveva essere restaurato (B. DURANTE - F. POGGI, Storia della Magnifica Comunita' degli otto luoghi, Bordighera, 1986, pp. 149-155 con riferimenti archivistici).
-nel 1582, su petizione dei Parlamentari intemeli e dei Sindaci delle Ville, esisteva una autorizzazione alla realizzazione di un ponte in muratura usufruendo di peculiari vantaggi fiscali.
-nel 1585 da una petizione del Sindaco Michele Aprosio si apprende che era prevista per la primavera l'inizio della costosa opera.
-nel 1587 la richiesta di ulteriori esenzioni a Genova lascia intendere che l'opera del ponte ( come quella di una fortezza alla marina, verisimilmente il Torrione) procedeva a rilento.
-L'opera procedette comunque e venne alla fine conclusa.
E' interessante notare che l' 11-VIII-1782 la lunga impresa in merito al PONTE ANTICO fu data per compiuta e che, come si può in qualche modo vedere dalle riproduzioni ottocentesche il PONTE [poi gravemente danneggiato da una piena del fiume del 1861 (vedi le considerazioni di Luigi Ricca)] e di cui restano solo i BASAMENTI DEGLI ANTICHI PILONI poco a sud dell'attuale ponte stradale) sarebbe stato costruito (previo accordo fra i Sindaci della Comunità degli Otto Luoghi e quelli della Comunità di Ventimiglia) con 2 ARCATE APERTE per rendere possibile l'accesso dei bastimenti al ricovero portuale che si trovava all'altezza dell'attuale frazione di Roverino (Sez. Archivio di Stato di Ventimiglia, Notaio Pietro Antonio Aprosio, filza n.37, 1778-1783, atto n. 353).
Ancora nel 1870, quando si andava ultimando il PONTE NUOVO sul Roia, era attivo, per quanto gravemente malconcio ma quasi necessario viste le esigenze viarie della città, il PONTE VECCHIO.
Il PONTE NUOVO (quello che attualmente serve il traffico stradale e pedonale fra la città moderna e quella medievale, oltre che -seppur non più da solo- il traffico verso la Francia) nei repertori fotografici antichi si vede nella sua compiutezza, dalle linee architettoniche compatte e, naturalmente, non provvisto di arcate mobili vista l'irrilevanza, da parecchio tempo, del fiume sia come porto canale che come attracco.
Un' altra preziosità di questa immagine sta nel fatto che è una inconfutabile prova fotografica -fra le ultime prove esistenti- di FORTE S. PAOLO ancora notevole, rispetto al centro abitato nella sua considerevole mole.
APROSIO aveva una buona competenza anche dell'AREA DI NERVIA (proprio lui, contro le credenze comuni alimentate dall'erudito G. LANTERI, aveva intuito che sotto quei terreni, divenuti una prebenda episcopale, cioè una proprietà agricola della CATTEDRALE dovevano stare (come di fatto stavano sepolti da oltre un migliaio d'anni) i resti dell'antico NUCLEO DEMICO DELLA ROMANA ALBINTIMILIUM: come ancora ribadì, nella sua attiva vecchiaia, a P. 74 della sua BIBLIOTECA APROSIANA...): tuttavia non si sbilanciò quasi mai a dissertare di questa zona, sì che le migliori documentazioni su come poteva essere nel seicento, fatte le debite considerazioni, derivano da una modesta ma utile cartografia del XVIII secolo, ai tempi della GUERRA DI SUCCESSIONE AL TRONO IMPERIALE D'AUSTRIA (peraltro tanto rovinosa anche per il CONVENTO AGOSTINIANO INTEMELIO E LA BIBLIOTECA APROSIANA divenute sede di un avamposto austriaco) in cui le spie delle contrapposte forze (franco-spagnoli o gallo-ispani ed austro-piemontesi si contendevano Ventimiglia ed il suo contado, avendo come linea di divisione dei rispettivi quartieri il fiume Roia: a Ventimiglia stavano i franco-spagnoli, nell'area di Nervia e lungo la sua valle erano le forze austro-piemontesi) continuamente registravano lo spostamento delle truppe e la realizzazione di nuove fortificazioni.
Fra tutte è utilissima questa
CARTA
che, per quanto graficamente modesta, permette più d'ogni altra di visualizzare quanto dal lato insediativo fosse davvero precaria la ZONA DI NERVIA oltre 1000 anni prima sede di una importante CITTA' (con case, ville, terme, teatro ed altri monumenti di rilievo) dell'IMPERO DI ROMA, ormai una CITTA' MORTA E SEPOLTA (come il geniale Aprosio aveva intuito) sotto la terra agricola e la sabbia che preannunciava la linea del mare.

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