cultura barocca
Tratto da "Wikipedia, l'Enciclopedia libera on line" Damnatio memoriae è una locuzione in lingua latina che significa letteralmente condanna della memoria. Nel diritto romano indicava una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione di qualsiasi traccia che potesse tramandarla ai posteri, come se non fosse mai esistita. Si trattava di una pena particolarmente aspra riservata agli hostes, ossia ai nemici di Roma e del Senato, reali o presunti o divenuti tali dopo essere caduti in disgrazia del potere politico. L'efficacia della damnatio memoriae era favorita dalla disponibilità limitata di fonti storiche in età antica. Il suo contrario era l'apoteosi, che implicava l'attribuzione di onori divini dopo la morte. Nell'Urbe, tale sanzione - generalmente applicata dal Senato - faceva parte delle pene che potevano essere inflitte a una maiestas e prevedeva la abolitio nominis: il praenomen del condannato non si sarebbe tramandato in seno alla famiglia e sarebbe stato cancellato da tutte le iscrizioni. Inoltre si distruggevano tutte le raffigurazioni del condannato. A volte la pena, in caso di voto positivo del Senato, era seguita dalla rescissio actorum (annullamento degli atti), ossia dalla completa distruzione di tutte le opere realizzate dal condannato nell'esercizio della propria carica, perché era ritenuto un pessimo cittadino. Se tale atto avveniva in vita, allora - dal punto di vista giuridico - esso rappresentava una vera e propria morte civile. La damnatio memoriae ebbe un processo di degenerazione in età imperiale, giungendo a colpire anche dopo la loro morte persino la memoria degli imperatori spodestati o uccisi. La condanna comportava la cancellazione del nome dalle iscrizioni di tutti i monumenti pubblici, l'abbattimento di statue e monumenti onorari e lo sfregio dei ritratti presenti sulle monete (nell'immagine = "Il volto di Geta cancellato dal Tondo severiano, raffigurante la famiglia di Settimio Severo: esempio di damnatio memoriae voluta dal fratello di Geta, Caracalla.") L'istituto continuò anche nel Medioevo, giungendo a colpire perfino la memoria di papi, in particolare di Papa Formoso, oggetto di un oltraggioso processo post-mortem, il cosiddetto sinodo del cadavere. Marino Faliero, cinquantacinquesimo Doge di Venezia, fu condannato alla damnatio memoriae dopo un fallito colpo di Stato. In epoca moderna la damnatio memoriae è stata adoperata non solo nei confronti di singole persone, ma anche di ideologie o periodi storici: esempi recenti sono stati la cancellazione dei simboli legati al fascismo in Italia, compresa la conventio ad tacendum nei confronti della cosiddetta "Città del Duce", ossia Forlì, e quelli del nazismo in Germania, il disconoscimento del Governo di Vichy da parte della Repubblica Francese, la rimozione di alcune statue equestri di Francisco Franco in Spagna, la rimozione o lo sfregio delle statue e delle effigi raffiguranti Saddam Hussein in Iraq e Muammar Gheddafi in Libia. Dopo lo smantellamento dell'Unione Sovietica e l'abbandono del comunismo da parte della Russia, a molti luoghi nominati in onore di autorità comuniste, come la città di Leningrado, fu restituito il nome precedente alla Rivoluzione russa, oppure uno nuovo non connotato ideologicamente. Inoltre, le statue raffiguranti le personalità del Partito Comunista dell'Unione Sovietica furono rimosse o distrutte.

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