CARTIERA DEI DORIA

La Signoria dei Doria deteneva ad Isolabona una CARTIERA o aedificium papyri già affidata al maestro Bartolomeo Villano : non era una novità nel genovesato e soprattutto nell'area dell'attuale delgazione di Voltri sorgevano numerose ed attrezzate cartiere, a testimonianza di un'attività manifatturiera di rilevo nella serenissima Repubblica.
A riguardo di questa cartiera di Isolabona nel 1580 Stefano Doria, per testamento, lasciò al parente, conte Geronimo Doria di Cirié, "centocinquanta balle di papiri fatti nell' edificio di Dolceacqua".
Il Briquet (Les papiers des archives des Genes et leurs filigranes in "Atti della Società Ligure di Storia Patria", 1888) individuò carte del XV sec. di una "Cartiera di Isolabona" (la cartiera sorgeva prima del borgo di Isolabona della Signoria di Dolceacqua), in cui era la filigrana dei fabbricanti genovesi il guanto sormontato da una stella.
Presso la Biblioteca di Ventimiglia, Fondo Bono, ms. 1 (anni 1579-80) si conservano lettere di Stefano Doria, redatte su tal supporto cartaceo.
La Cartiera fu eretta tra XIV e XV secolo.
I ruderi dell'edificio evidenziano una modifica italiana alla STRUMENTAZIONE ARABA di queste aziende, l'innovazione del maglio a testa di pietra azionato da ruota idraulica: resta tuttavia improbo leggere il complesso nella sua specificità industriale senza un termine di paragone che peraltro in Italia è offerto da ben limitate PROPOSTE DI COMPARAZIONE TIPOLOGICA.
L'analisi di qualche campione di carta, trovato in area sabauda, permette di riconoscere la metodica di collatura con gelatina animale onde conferire alla carta doti di conservabilità (documento vergato su entrambi i lati del 1436 della Certosa di Pesio= Arch. Priv. M. Durante, Ventimiglia).
Per la lavorazione si usavano stracci di lino e quindi di canapa: da lettere dei ventimigliesi Battaglino Orengo (1509) ed Antonio Orengo (1521) si evince che tal carta era commercializzata su l'arco ligure e per il Piemonte (G. ROSSI, Storia del Marchesato, cit., cap. I-II).