cultura barocca
Sul tema Cultura-Barocca detiene altro materiale di estrema rarità: ma per fruirne si richiede un contatto diretto e motivato Mons.Bonifacio disse ad A. Aprosio Nusquam bene nisi in Patria convincendolo a sistemare definitivamente la sua Biblioteca in Ventimiglia = ma Aprosio s'accorse e lo scrisse d'"essersi ingannato" dando in fondo ragione all'altra contrastante opinione e cioè che "Nessuno è Profeta in Patria" specie se ha raggiunto, come nel suo caso, una certa celebrità sì da poter vantare una posizione egemonica e conseguentemente suscitare invidia e gelosie (e tutto questo, anche prescindendo sia dai problemi creatigli dal "Tragopogono" in merito all'erezione della Biblioteca che -questione da cui fu tormentato a lungo- dal timore che i sofisticati amici dei grandi centri culturali pensassero che il suo ritorno a Ventimiglia, città provinciale e lontana, fosse non la ricerca dell'"ozio operoso", come da lui pur in qualche maniera scritto e certamente affermato ma piuttosto, cosa assai poco gratificante, una sorta di esilio obbligato, per volere dei superiori, ormai stanchi delle sue irrequietezze, benché vieppiù egli cercasse ormai di stemperare quell'appellativo di "Poeta" ma nel senso di imprevedibile, polemico e poco controllabile nella sua creatività, specie essendo un religioso). Angelico Aprosio, data l'eccentricità di Ventimiglia a fronte dei "luoghi del sapere ma soprattutto del potere e conseguentemente del controllo disciplinare" verosimilmente non si astenne, tornato nella città natale, da dar spazio, in qualche occasione, alle scorie represse della sua critica nomea qual "Poeta" di cui alcuni aspetti sarebbero riemersi, addirittura in forma scritta e non sensa iridescenze per quanto mascherate da abile illusionismo crittografico, specie a fronte del ricordo di quanti giudicava "sgarbi intollerabili", come quelli ricevuti in particolare da Suor Arcangela Tarabotti: possedendo quindi un carattere non accomodante e ritenendo, a torto, di poter far valere, senza problemi, il suo prestigio in una città di provincia priva di potenziali, perigliosi, competitori del livello della Tarabotti o d'altri ancora, non si fece scrupoli nel rivelarsi piuttosto polemico verso gli eruditi locali da lui reputati alquanto modesti e, cosa forse per lui più rischiosa, neppure represse, con opportuna simulazione alla moda del tempo, le sue pur motivate critiche sia nei confronti dei "potenti" della città, giudicati toppo avidi e preoccupati più del bene proprio che di quello comunitario, che, sorprendentemente, anche contro ecclesiastici e religiosi, da lui paragonati ai Galli d'Esopo (questi ultimi sia perché troppo poco preoccupati del patrimonio antiquario da custodire ed al contrario come i Galli della favola troppo rivolti a scontrarsi, per primeggiare l'uno sull'altro, ignorando la realtà ). Di maniera che, pur non essendosi rammaricato - avendo seguito il consiglio dell'amico teatino Basilio Bernardi - d'aver lasciato il suo patrimonio di volumi, manoscritti e reperti vari in dotazione alla "Libraria" del genovese Convento di S. Maria della Consolazione di Genova, verosimilmente, al contrario, giunse a pentirsi di essersi opposto, non senza già allora dopo lunghi pensamenti, a una richiesta più che lusinghiera fattagli, quella di lasciare la Libraria e la sua dotazione alla Biblioteca Angelica di Roma di cui era custode l'amico Gabriello Foschi, che gli avrebbe garantito un soggiorno gratuito per il resto dell'esistenza in quella sede prestigiosa.

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