informatizzazione a cura di B. Durante

Così [TOMMASO REGGIO] nuovo vescovo coadiutore di Ventimiglia si presenta al suo popolo il giorno di Pentecoste del 1877 mentre riapre al culto l'antica cattedrale finalmente restaurata. Tocca a lui compiere questo gesto solenne perché il vescovo Mons. Biale è impossibilitato per la malattia e l'età avanzata. Pochi giorni dopo muore l'anziano vescovo e Mons. Reggio si insedia nella diocesi. Subito invia la sua prima lettera pastorale (Agosto 1877) in cui esprime il suo impegno episcopale. La diocesi di Ventimiglia (80.000 abitanti) non è ricca e risente della poca salute del suo pastore negli ultimi anni. Lui stesso ne parla come di una "diocesi sterile, montuosa, povera senza alcuna opera di beneficienza, e fornita di benefici ecclesiastici che bastano a mala pena al magro sostentamento di un clero nella massima parte avanzato in età e impari al bisogno". Data la povertà della popolazione, il numero di sacerdoti efficienti era esiguo: inoltre costretti a lavorare per mantenersi e non gravare sui fedeli, i preti non potevano dedicarsi a tempo pieno alle cure pastorali. L'età media era superiore ai sessant'anni. II Seminario risentiva di questa situazione, ospitava otto studenti, nessun insegnante, un solo prete in funzione di rettore, prefetto, economo: i locali erano fatiscenti senza nessuna entrata fissa. Si capisce come uno dei primi pensieri del nuovo Vescovo fu il Seminario e il Clero. Per il Seminario, oltre alla sua decisione di mettervi le "sue Suore", pensò di aprire il "Convitto Vescovile" destinato a giovani "costumati e studiosi" che avrebbero potuto frequentare "con profitto le scuole pubbliche ginnasiali" con l'assistenza di esperti sacerdoti. U un'idea provvidenziale che fece aumentare il numero dei ragazzi nella speranza che "non mancheranno tra questi i chiamati al seminario, che è il primo mio intento". I convittori dovranno essere "giovanetti che diano una qualche speranza di poi vestire l'abito ecclesiastico". In realtà, da sette seminaristi dall'inizio, si arrivò a sessantasei e ad aprire un Seminario minore a Triora. Già come rettore del Seminario di Chiavari (1845 - 1851) era molto realista e sapeva che non tutti sarebbero giunti al sacerdozio: ma così formava dei buoni cristiani che avessero una stima dello stato sacerdotale. Vuole perciò che ogni seminarista sia conosciuto, compreso e aiutato a sviluppare le proprie doti, i "talenti" così da meglio servire il Signore e la gente. Formazione spirituale, teologica, apertura alla realtà quotidiana sono gli scopi che vengono codificati nella "Ratio Studiorum" da lui stesa per il Seminario indicando le varie discipline da studiare: logica, metafisica, geometria, etica cristiana e diritto, logica dogmatica sacramentarla...Così il cammino di preparazione al sacerdozio offre sicure garanzie di un buon frutto