Non tutti i libri hanno lo stesso destino. Pochi, capolavori o no, continuano ad essere letti attraverso lo scorrere delle generazioni, alcuni sono recuperati sotto lo stimolo di fugaci mode letterarie, moltissimi si perdono nell'oblio delle biblioteche suscitando casualmente le curiosita di qualche specialista. A quest'ultima sezione appartiene "La Biblioteca Aprosiana", un'opera che il frate letterato Angelico Aprosio (Ventimiglia 1607 - ivi 1681) pubblica nel 1673 per celebrare l'istituzione da lui realizata nella citta natale, di una sontuosa biblioteca, definitivamente sistemata dal 1661 nell'ala est del convento degli Agostiniani, l'unico edificio di rilievo che, alI'epoca, sorge nell'area intemelia ad oriente del fiume Roia.
Chi si accosta al lavoro con intenti scientifici, in genere, ne privilegia il contenuto primario che consiste in un utile elenco ragionato di quanti hanno contribuito, con donazione di libri, a <(favorire)) la biblioteca. Ad una lettura piu attenta si colgono pero neila monumentale opera frequenti digressioni dai tema base; soprattutto spicca una dettagliata biografia del frate, con frequenti cenni alla sua attivita di Nparziale)) del Marino e del marinismo ortodosso. Un'ampia sequenza narrativa e pure dedicata alla citta natale dell'Aprosio, cioe Ventimiglia; I'esistenza di tale digressione e comprensibile tenendo presente che il frate, geloso di ogni sua azione, teme che tra i dotti amici di Venezia e Genova si sparga la diceria che egli non abbia dato ai suoi preziosi volumi una sistemazione decorosa. Nel XVII secolo Ventimiglia non gode buona fama ed e reputata iocalita dal clima piuttosto insalubre. II giudizio e forse ingiusto e demolitore ma e altrettanto indubbio che agli occhi dei letterati del '600, narcisisti e cavillosi oltre misura, esso basti a squalificarla come sede ideale per una nobile ((Libraria,,, mancandole i connotati non solo dell'oasi culturale ma anche del locus amoenus, estraniato dalle violenze della storia, che permette all'animo erudito di dedicarsi alla deliberazione di quel sublime letterario che è la Poe
sia.
Ritenendo che da tale meccanismo di danneggiamento siano squalificate, oltre la località, anche la "Libraria" e la sua stessa attivita di bibliofilo, Aprosio organizza, con un criterio rigorosamente retorico, una sorta di orazione difensiva della città "calunniata", vanificandone i giudizi negativi e al contempo sublimandone gli aspetti pregevoli.
II frate non si limita infatti a confutare le critiche ma, dallo stesso meccanismo difensivo, trae l'occasione per ribaltarle e far piuttosto notare la presenza in tale localita di quelle caratteristiche, genuinita naturale e cibi semplici ma preziosi, che i poeti antichi, da Orazio a Petrarca, ritenevano necessarie per rendere gratificante e culturalmente proficua la vita in qualsiasi luogo.
A parte gli antichi già l'amatissimo Marino aveva mostrato al frate quale debba essere un .(clima.> poeticamente ideale; il letterato napoletano, alludendo alla sua patria, insiste infatti sulla bellezza del fiume (il Sebeto), sul cielo sereno, sull'assenza di miasmi fetidi (Adone, I, 102). Eletto a valore carismatico questo giudizio essenzialmente poetico, Aprosio, che ha scarsa fantasia ma grande capacita di elaborazione del proprio bagaglio erudito, organizza complesse sequenze narrative ai cui nuclei funzionali e demandato, in rapida successione logica, il compito di difendere e qualificare l'area intemelia.
Affrontata la questione senza le tortuosita espressive che gli sono consuete, Aprosio traccia, a guisa di protasi, un essenziale scorcio della localita: (
Ammette che il vento "Silocco od Euro" arrechi a Ventimiglia un certo disturbo ma attenua immediatamente l'effetto ne
gativo della constatazione sostenendo che si tratta di "cosa comune a piu d'un luogo dei marittimi della Riviera" e che l'aria della città nnon è così cattiva quanto altri se la figurano e si predica da molti che neppure la videro dalla lontana
(pp. 29-30).
Secondo il frate Ventimiglia e anzi una delle poche localita rivierasche a non essere tormentata da altri venti fastidiosi ed infatti "gli Australi non gli danno ne possono recarle nocumento, venendo difesa dal promontorio che gli fa scudo" (p. 37).
A suo giudizio il cielo è per lo più sereno e l'aria del luogo, abbastanza limpida seppur frizzantina, non nuoce affatto alla salute se si rispettano le più elementari norme igieniche senza "fare disordini e nel mangiare e nel bere che ammazzerebbero un cavallo£ (p. 30).
Poco oltre Aprosio si ripete con maggiore tensione espressiva e si sforza di informare il lettore che la città, pur demarcata da un fiume (Roia) e da un grosso torrente (Nervia), non è né umida né nebbiosa come alcuni malevoli sostengono: "ln proposito delle nebbie se ne veggiono talora nelle cime dei monti ed in altra parte nelle valli ma di rado nella città e se è succeduto per tre giorni continui nel tempo che sto scrivendo, e succeduto fuor dell'usato, sì come attestano li più vecchi della medesima" (p. 41).
Inoltre, per qualificare il Roia e contemporaneamente smentire la nomea che sia nocivo alla salute, il frate scarta dal consueto registro stilistico ed organizza una sequenza narrativa modulata sull'esperienza poetica del Sannazzaro (Arc., 18, 2840): ((E per parlare del fiume, è dotato di acque perenni e cristalline che sempre scorrono sopra ghiaia ed arena non punto fangoso (p. 38).
Aprosio afferma che se a Ventimiglia si verificano degli inconvenienti per l'igiene, questi sono comuni anche in località, nel tempo, notoriamente amene come ((Sampierdarena, Albaro e Posillipo,, (p. 37).
Anzi, amplificando il discorso, produce un messaggio in apparenza difensivo ma il cui risultato, su un parametro di connessioni logiche, equivale
qualificazione dell'ambiente ventimiglie se "..Si contamina quasi ovunque l'aria dalle esalazioni, dai vapori, d; fumi, da caligini, da fetori di acqus morte, da serpi infracidite e da ca daved o ka carogne A niuno di que Mi diSf - w non fu_ di quakhe serpe o di qualche topo, per la tra scuraggine dei viHani che lassano i primi a marcire nelle pubbliche strade ove dai medesimi son portate ed i secondi infitti in una canna si pongono a seccare al sole - a nes suno degli altri difetti 6 condannata a soggiacere. (p 37f E subito dopo, sorprendentemente, tiene a precisare che a quest'unico difetto potrebbero porger rimedio li Capitani, li Commissari o Governatori, che si appellino, o li Sindaci o siano Consoli della cAtS, e lo farebbero se fossen cosi wlanU del pubblico bene quanto del proprio interesse. (p 38h H topos della natura aRerata non b raro nell'esperienza letteraria ma in questa sede si caCca di uno spunto polemico alquanto energico. In effetU, col suo discorso, il frate non si HmRa a registrare e trasmettere dei dati ma, a fivello connotativo, produce un giudizio aristocratico e dectiw che coimSka, suHa b_ di stHemi oraziang 9H intellettualmente e moralmente privHegiati escludendo i poved e i dcchC troppo roei gli uni, troppo avidi gli altri Proprio questi uNimi, viHani e .Capitani., sarebbero infattC nelSottica apro
siana, gli autentici ammorbatori di una natura di per sb incolpevole e che solo gli spiriti eletti, quali il frate e i suoi dotti lettori, possono amare ed apprezzare al di la dei danni provocati dall'umana ignoranza.
Dall'analisi delle sequenze narrative si nota che Aprosio, per difendere Ventimiglia, non procede in modo uniforme ma si adatta alle circostanze, utilizzando, di volta in volta, gli strumenti che ritiene piu idonei: dalle equivalenze logiche (<.il clima di Ventimiglia b simile a quello di altre localita ritenute salubri,,), all'entimema (((il clima della citta b buono in quanto buono b quello dei iuoghi che presentano le stesse caratteristiche>,), alle espansioni circostanziali ("a Ventimiglia non ci si ammala per l'insalubrita dell'aria ma per la poca cura della propria salute") alle allusioni parassitarie (se vi esiste qualche insalubrità è di minor gravità che in altre città ed è comunque causata dall'uomo, non dalla natura).
In definitiva l'essenza del meccanismo difensivo consiste non tanto nel negare in assoluto i giudizi negativi, azione di per sb tacciabile di faziosita, ma nel sottrarre ad essi energia sino al punto di suscitare incertezza e perplessita in quei lettori che, eventualmente, se ne servano per formulare una condanna di Ventimiglia. Secondo il piano strategico che presiede alla narrazione il lettore, che ha perduto le antiche
certezze e che non puo fruire di ulteriori documenti, si troverebbe a questo punto nella condizione di dover credere inevitabilmente alle parole del frate, che e in fondo serio testimone oculare e per il quale i pregi climatici di Ventimiglia sono di gran lunga piu rilevanti dei difetti (trasformazione, su un parametro logico, del meccanismo difensivo in meccanismo qualificante).
Nello stesso contesto Aprosio procede alla celebrazione della gastronomia locale, sforzandosi di assimilarla all9ideale alimentare ipotizzato dai poeti classici, in particolare da Orazio e Giovenale (p. 35 e p. 38). 11 frate sostiene che i veri gioielli della tavola ventimigliese sono il vino ed i pesci fluviali. 11 vino, da Alceo ad Orazio, ha sempre goduto fama di nobile bevanda e gli stessi pesci hanno riscosso di frequente le simpatie degli spiriti eletti (Orazio, Ep., 1, 5, 19 e Sat., 11, 8, 46-47). Aprosio deve avere un'autentica passione per questo regime gastronomico se un tal Jacopo Lapi in una lettera di risposta, datata 30/IV/1662, gli scrive: <