Informatizzazione B. Durante

La Biblioteca Universitaria Alessandrina ha vissuto, nei tre secoli che vanno dalla sua nascita ad oggi, vicende complesse, molto spesso influenzate dai più generali contesti storici. Alcune volte, infatti, l’influenza positiva dei movimenti culturali e politici le ha consentito di coniugare i suoi compiti istituzionali con obiettivi "alti". Nata proprio nel clima di celebrazione della Roma papale, si è subito imposta come biblioteca vivace e fiorente dell’età barocca; ha conosciuto poi un secondo grande periodo di fermento durante la costituzione del nuovo stato italiano e la costruzione di Roma "capitale" ; si è completamente rinnovata nel ventennio nelle raccolte e nella sede, così come voleva la retorica della Roma imperiale. Altre volte invece la povertà delle risorse economiche e la mancanza di un disegno politico complessivo ne resero opaca ed angusta la vita. Esigui furono allora gli incrementi del patrimonio librario e solo il paziente e prezioso lavoro di ordinamento delle raccolte, condotto da alcuni insigni bibliotecari, riuscì a ravvivarne il clima. L’assegnazione nel 1975 al Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali è storia recente e, tuttavia, già vecchia e superata. Il decentramento dello Stato, di cui si parla, dovrà rispondere ad un’esigenza profonda, che è correlata alla nascita della biblioteca; quella di definirne nuovamente il ruolo e le funzioni e di garantirle una Amministrazione attenta, partecipe e propositiva.
Nel clima di straordinario fermento culturale del XVII secolo Alessandro VII Chigi istituì a Roma una nuova biblioteca e la chiamò, non senza una punta di civetteria, Alessandrina. La personalità ricca e complessa del papa ne segnò l’avvio, determinandone indirizzi e fisionomia. Due furono gli obiettivi del suo fondatore. Uno fu quello di aprire a Roma una biblioteca universitaria , sull’esempio delle biblioteche che, a partire dal XVI secolo, si andarono diffondendo in Italia e in Europa. L'altro fu quello di istituire una biblioteca , che per prestigio e per ricchezza fosse seconda soltanto alla Vaticana e contribuisse a celebrare la grandezza di Roma, faro di cultura e di fede . Alessandro VII stabilì la sede dell’Alessandrina nel cuore della città e ne affidò la giurisdizione alla "Studium Urbis", fondato da Papa Bonifacio VIII con la bolla "In supremae praeminentia dignitatis". Si adoperò poi senza riserve alla raccolta di fondi librari con interventi di confisca a volte duri e spregiudicati, di certo però i più cospicui e significativi nella storia della Biblioteca. Inoltre, nel 1666, destinò all'Alessandrina un appannaggio costituito dai sopravanzi della somma stabilita per i salari dei lettori dello "Studium". Il patrimonio librario fu sin dall’inizio ricco ed articolato, sì da rappresentare compiutamente il rinnovato interesse delle indagini speculative condotte, sulla base del metodo galileiano, sia in campo umanistico, sia in campo scientifico. La Biblioteca occupò l’area compresa tra la strada dell’antica Dogana e la piazza di S. Eustachio, contigua al palazzo della "Sapienza" ed alla Chiesa di S. Ivo , opera "dell'architetto romano" Francesco Borromini. La costruzione fu terminata alla fine del 1660. I lavori per la sistemazione del salone , lungo 36 metri e largo 14, illuminato da 14 finestroni superiori e 2 inferiori, vennero iniziati nel 1661. Il progetto della scaffalatura fu assegnato ancora una volta al Borromini, che già venti anni prima aveva realizzato il salone della Biblioteca Vallicelliana. Il "Trionfo della Religione" , dipinto dal pittore Clemente Majoli nella zona centrale della volta, esaltava la rinascita della fede nello splendore del barocco romano. Sulla parete orientale corta trovarono posto un busto in marmo bianco raffigurante Alessandro VII ed una iscrizione di elogio del papa. Più tardi due grandi mappamondi, opera del monaco Amanzio Moroncelli, completarono l’arredamento dell’ambiente. Nella bolla del 21 aprile 1667, con singolare coincidenza con il Natale di Roma, fu promulgato l’ordinamento della Biblioteca. L'Alessandrina era retta dal Collegio degli Avvocati Concistoriali e aveva una propria dotazione annua tratta dalle pigioni delle case e delle botteghe della Sapienza ; il Collegio nominava il bibliotecario e due custodi scelti fra i religiosi con obbligo di alloggio nell’edificio ; il furto dei libri a stampa o manoscritti era punito con la scomunica "latae sententiae" Il 6 novembre 1670 una Notificazione a stampa annunciava l’apertura dell’Alessandrina "a pubblico uso e comodità". La Biblioteca possedeva già 35.000 volumi circa ed era dotata di un catalogo alfabetico per autori e di un catalogo per materie. Nell'ultimo trentennio del secolo, i pontefici successivi ad Alessandro VII non dedicarono la stessa sua cura e lo stesso appassionato interessamento né all'Alessandrina, né tantomeno allo "Studium", che, anzi, decadeva rapidamente. Le uniche concessioni furono: Un Rescritto di Clemente IX del 1668 che consentì all'Alessandrina di vendere per proprio profitto 1200 duplicati; un Breve di Clemente XI che concesse alla Biblioteca il privilegio di far stampare per proprio uso gli Ordinari dell'Ufficio divino, i Diari, i Pronostici e i Lunari; un Breve di Innocenzo X che autorizzò l'Alessandrina a tenere libri e manoscritti proibiti riservandone la lettura a chi fosse provvisto di regolare licenza. Il patrimonio librario della Biblioteca si arricchì solo della collezione di manoscritti donata da Pietro Francesco De Rubeis, decano del Collegio degli Avvocati Concistoriali, della ricca libreria del dr. Giuseppe Carpani, lettore di diritto civile all'Università nel 1673, di alcune donazioni personali di papa Clemente XI e del Collegio delle Settesale [a c. di Maria Concetta Petrollo Pagliarani - Mirtella Taloni ]