cultura barocca
Pompei - Officina Fullonica di L. Veranio Ipseo (Muso arch. di Napoli) .Con il nome FULLONICA si designa così l'arte e l'officina dei FULLONI, di quei lavoratori cioè che in antico si occupavano di lavare, smacchiare, apparecchiare le vesti. La toga aveva specialmente bisogno dell'opera del fullone e ciò spiega la grande diffusione che ebbe quel mestiere. I colligia di fulloni sono infatti ricordati dalle epigrafi in numerose città dell'Impero: a Roma, ad Ariccia, a Pompei, a Spoleto, a Cartagine, a Mitilene; il primo di essi sarebbe stato fondato da Numa Pompilio. Ma l'arte fullonica fu anche dai Greci conosciuta e praticata, e greco sarebbe stato quel Nicia di Megara che Plinin ricorda come il fondatore dell'arte. Un'epigrafe attica del sec. IV (C.I.A., II, 3, 1327) ci informa dell'esistenza di un gruppo di 12 fulloni, e un luogo di Ippocrate (De diaeta I, 14) ci da ragguagli sulle operazioni attraverso le quali passavano le stoffe in mano ai fulloni. Altre notizie ci dànno gli scrittori romani; ma la fonte più cospicua per la conoscenza di quest'arte è Pompei, dove le fulloniche sono numerose. La maggiore fullonica scoperta finora è quella di M. Vesonio Primo, dove si vedono ancora in situ le vasche per il lavaggio; un'altra importante è quella di L. Veranio Ipseo. Di qui provengono le note pitture con scene realistiche, ora al Museo di Napoli, che si riferiscono all'ordinaria attività di una fullonica. È rappresentato, fra l'altro, un operaio che, stando con i piedi in una vasca, vi esegue dei movimenti cadenzati, i saltus fullonii. Nella vasca erano riposti i panni da lavare, immersi in acqua mescolata a sostanze alcaline e depuranti: il nitrum, la creta fullonica, l'orina [in varie vasche per il lavaggio, i fullones pestavano i panni in una miscela di sostanze sgrassanti perché ricche di ammoniaca]. In un altro quadretto è rappresentato un lavoratore che passa una pesante spazzola sopra un panno sospeso a una verga; operazione che si diceva pectere. Un altro operaio è rappresentato in atto di portar via la gabbia di vimini (viminea cavea), sulla quale si stendevano i panni perché si impregnassero dei vapori dello zolfo (sulfure suffire). In un altro quadretto è rappresentato il pressoio (prelum), dove si mettevano i panni dopo averli inumiditi con uno spruzzo d'acqua che si faceva uscire dalla bocca. Un pressoio fullonico meravigliosamente conservato, è stato trovato a Ercolano. La sede dei fulloni a Pompei era in un sontuoso edificio sul Foro donato dalla sacerdotessa Eumachia. I fulloni avevano una particolare devozione per la civetta, l'animale sacro di Minerva, la protettrice del lavoro: ne troviamo il ricordo in iscrizioni e in un dipinto affine per il soggetto a quello di Simo, che dipinse officinam fullonis Quinquatrus celebrantis (Plin., Nat. Hist., XXXV, 143), in cui è rappresentata una processione di fulloni, che portano in giro la civetta. Bibl.: A. Jacob, in Daremberg e Saglio, Dictionn., s. v. Fullonica; L. Pernier, in De Ruggiero, Dizionario epigrafico, s. v. Fullones; M. Della Corte, Fullones, in Solemne Praeconium I. A. Galante, Napoli 1921, p. 85 segg.[FULLONICA in Enciclopedia Italiana (1932) articolo della voce di Emilio Magaldi]

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