INFORMATIZZAZ. A C. DI B. E. DURANTE

Anton Francesco Doni
(Firenze 1513 - Monselice 1574)
Insieme all’Aretino, del quale fu amico e poi nemico, il Doni è uno dei più importanti rappresentanti di quei poligrafi cresciuti e sviluppati intorno all’editoria veneziana degli anni d’oro. Scrisse di tutto, fu editore per breve tempo e accademico, fondando, a sentir lui, la fantomatica Accademia dei Pellegrini di cui non sono rimaste altre prove all’infuori di lettere dello stesso Doni in cerca di finanziamenti e una Memoria anonima del XVII secolo e manoscritta presso il Museo Correr di Venezia. A questa Accademia, secondo la Memoria e secondo lo stesso Doni, dovevano afferire letterati, storici e artisti, tra i quali Sansovino, Tiziano, Giuseppe Porta, e il Vignola. Che sia esistita o no quest’accademia influenzò, forse solo idealmente le opere di Cartari, l’attività dell’editore Marcolini e certamente le opere di Doni, frutti di una cultura scanzonata, libera e polemica, che predilige la divulgazione, il volgare, l’attualità. Se da un punto di vista culturale le opere più significative del Doni, accompagnate sempre da incisioni di riuso provenienti con tutta probabilità dalla casa editrice del Marcolini, sono I Mondi, I Marmi, la Moral filosofia e la Libraria, per quanto concerne le arti pittoriche furono influenti assai più le sue Pitture, edite a Padova nel 1564. Seguendo la falsariga dei Trionfi di Petrarca Doni illustra dieci iconografie scelte (amore, fortuna, tempo, castità, religione, sdegno, riforma, morte, sonno e sogno) a rappresentare allegorie morali; probabilmente rifacendosi a tutti i manuali disponibili al tempo Doni crea però un repertorio innovativo che, nel ricorso da una parte all’ekphrasis e dall’altra all’esegesi medievale, apre la strada all’analoga sebbene più vasta operazione del Ripa. All’operetta si rifà Federico Zuccari nell’affrescare la sala della Fama in Villa d’Este a Tivoli.
[Caterina Volpi]